Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: SemplicementeCassandra    04/12/2016    0 recensioni
Alessandra è un'abitudinaria, il mese di agosto coincide da almeno un decennio con la piccola Alassio. Ma nell'estate del 2008 con il tormentone di Estelle che le rimbomba nelle orecchie e nel "Budello", un ricordo creduto lontano si concretizza per diventare, forse, qualcosa in più. Non è casuale che Alassio venga ricordata come la "città degli innamorati"e Alessandra lo sa bene. Se lo ricorda ogni volta che osserva un paio di occhi marroni, simili ai suoi ma più profondi, che la tormentano nelle notti insonne e la abbagliano di giorno. In un mese che dell'estate conserva qualche sporadico giorno di sole è giunta l'ora di chiudere i conti con un passato ingombrante, una ferita ancora aperta che appare impossibile da ricucire.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Buonasera!! Ecco qui il terzo capitolo dove si approfondiscono un po' di più la relazione tra i due protagonisti e le dinamiche del gruppo. Ringrazio tutti/e voi che avete letto i primi due capitoli, che avete inserito la storia tra le seguite, preferite o da ricordare, mille parole non basterebbero per esprimere quanto vi sia grata per il supporto.
Che dire...spero che vi piaccia!
A prestissimo...spero!

Cassandra

CAPITOLO III: La Suerte

Ci sono giornate nella vita in cui senti dentro, nel cuore o nell'anima che dir si voglia, che accadrà qualcosa di anomalo che ti cambierà la vita. Non so se sia stata soltanto una suggestione frutto della mia fama da sensitiva, ma quella mattina mi svegliai con la consapevolezza che ci sarebbe stata una svolta, non sapevo ancora se nella mia vita in senso lato o soltanto in quello strano rapporto con Matteo. Un senso di anticipazione, una serie di brividi lungo il corpo che mi suggerivano di stare all'erta, aspettare in silenzio che qualcosa cambiasse. Il mio sesto senso non mi aveva mai tradito.
Il tramonto era l'ora perfetta per restare in spiaggia con i piedi affondati nella sabbia ancora calda, farsi cullare dalle placide onde del mare per confidarsi i segreti più intimi. C'era un non so che di consolatorio nel tramonto, l'illusione che persino la più terribile delle giornate potesse giungere al termine e al contempo l'idea che la giornata non fosse ancora conclusa, che ci fosse sempre qualcosa per cui rimanere con il fiato in sospeso. Un tempo ci piaceva radunarci a tardo pomeriggio, una coca cola in mano per i più piccoli e uno Spritz per Matteo per dimostrare agli altri di essere il maggiore del gruppo, qualche chiacchiera senza genitori ad origliare, confessioni proibite e risate a non finire erano all'ordine del giorno. Quella sera, come tante altre ormai da anni, ognuno pensava ai fatti propri, alcuni giocavano con il cellulare, altri si sfidavano in un'apparentemente interminabile partita a carte. Matteo poco distante leggeva un libro, il capo reclinato sulla sedia e l'espressione imperturbabile, concentrata, le sopracciglia un po' aggrottate. Mi sorpresi a guardarlo più del necessario per riscoprire i particolari del suo viso e confrontarli con quelli scolpiti nella mia mente. Mi riscossi prima che fosse troppo tardi, mi guardai intorno per controllare che nessuno mi avesse visto e sospirai provando a movimentare la compagnia, sapevo di non poter contare su Valerio ancora impegnato nei suoi doveri da bagnino.
-Ragazzi facciamo qualcosa stasera?- domandò inaspettatamente Elena anticipandomi. La guardai positivamente sorpresa e annuii.
-Potremmo incontrarci per un aperitivo da qualche parte, non so, e proseguire la serata alla Suerte, come ai vecchi tempi- proposi non aspettandomi grandi consensi. Matteo chiuse il libro con uno scatto guardandosi intorno per qualche secondo intorno ma fui veloce a distogliere gli occhi prima che i nostri sguardi potessero incrociarsi.
-Ma Ale, lo sai che stasera c'è la partita- mi rispose a sorpresa Paolo senza nemmeno spostare gli occhi dalla crepe grondante di Nutella che teneva in bilico su un tovagliolo. Non risposi, sbuffai solamente per esprimere il mio disappunto seguito da qualche mormorio infastidito, a quanto pare non ero l'unica a sentire la mancanza di tempi dove tutto appariva più semplice. In quei giorni trascorsi insieme non avevamo avuto nessun incontro serale, neanche nel solito locale, per avere vent'anni eravamo un gruppo davvero monotono e noioso. Avevamo aspettato a lungo di poter essere tutti abbastanza grandi per poter entrare nelle discoteche senza problemi, ricordo ancora i pianti e le notti insonne con lo stomaco accartocciato per l'invidia. Una sola vota avevamo organizzato una serata, il ferragosto di un paio di anni prima, ma appena la metà della compagnia aveva aderito con la scusa che le discoteche quella sera fossero troppo affollate. Inutile dire che mi ritrovai con Giacomo, Nick e pochi altri, Paolo era stato il primo a tirarsi indietro in favore di un allettante gelato in piazza Partigiani. Prediligeva sempre serate tranquille con un partita di calcio, sport di cui capiva e penso capisca ancora davvero poco, o film comici di seconda scelta.
-Ed ecco a voi l'unico ragazzo sulla terra che non sa distinguere un rigore da una punizione. Ma non ti vergogni? Fossi in te non le guarderei più le partite -. Nel momento più inopportuno Matteo si intromise andando ad aggiungere legna su un fuoco che chiedeva a gran voce di essere spento, tanto che lo osservai con disapprovazione. Paolo e Matteo non erano mai andati d'accordo, sin da ragazzi si era instaurata tra di loro una strana competizione che mai nessuno era riuscito a comprendere fino in fondo, senza dubbio erano due personalità contrastanti, opposte oserei dire. Vitale ed energico Matteo, sebbene a volte un po' esaltato e presuntuoso, infantile e perennemente annoiato Paolo ma buono, ingenuo come il pane.
-E smettetela un po', siete sempre lì a battibeccare come due bambini! Io do ragione ad Ale, andiamo a "la Suerte", è un po' che non vediamo una discoteca- mi spalleggiò stranamente Elena sorridendomi. Gli altri ragazzi si unirono alla nostra idea, eccitati, Nick si lasciò andare in un grido di giubilo muovendosi poi in modo scomposto quasi fosse già in discoteca. La sua energia era contagiosa. Soltanto i due litiganti non si unirono al gruppo, impegnati com'erano ancora a discutere tra di loro sul risultato dell'imminente partita, nessuno prestava più loro attenzione. Chiamai Paolo aspettando pazientemente che mi rispondesse.
-Va bene, amore mio non ti lascio sola, vengo anche io- annuì Paolo dopo un momento di esitazione, abbandonando almeno momentaneamente la delusione per l'assenza di quella partita tanto agognata.
Ci girammo tutti contemporaneamente verso Teo, l'unico che non aveva ancora espresso la sua opinione.
-Vengo vengo- disse con tono arrendevole, un po' annoiato, come se lo avessimo costretto ma tutti sapevamo che faceva parte del personaggio che con cura si era costruito negli ultimi anni. Sorrisi allora, soddisfatta che la mia idea fosse andata in porto.
-Scusatemi un attimo, ragazzi, faccio una chiamata e torno- annunciai a gran voce ma ognuno era già tornato alle proprie attività, con il cellulare in mano rivolsi un'occhiata veloce a Matteo ed Elena seduti vicini sul lettino di lei.

Mi incamminai in direzione del Torione senza accennare a chiamare mia madre che non sentivo ormai da qualche giorno, da quando era partita per un viaggio di lavoro in Germania. La telefonata era soltanto un pretesto per allontanarmi un po' dal gruppo e dall'aria pesante che si respirava ormai da un po'. La sola presenza di Paolo riusciva ad irritarmi.
Ne approfittai per pensare ,senza interruzioni, alla mia vita e alla grande confusione che dopo anni quella stessa persona era ancora in grado di suscitare in me. Lasciai vagare la mente osservando la linea dell'orizzonte farsi leggermente più scura all'imbrunire. Salutati con nostalgia gli anni del liceo f
requentavo ormai da due anni Scienze Politiche e provavo a mantenermi gli studi con un piccolo lavoretto come commessa in una libreria dismessa di libri di seconda mano o scrivendo di tanto in tanto qualche articolo per alcuni quotidiani sportivi locali in attesa di sfondare nel mondo del giornalismo. Matteo era diventato calciatore quasi professionista giocando in una squadra di provincia della serie C e durante la settimana lavorava come commercialista nello studio del padre per mettere qualche soldo da parte. Più volte durante i miei brevi soggiorni a Varese avevo avuto la tentazione di andare ad assistere alle sue partite, di nascosto o in compagnia di Paolo, ma non avevo mai avuto il coraggio di fronteggiare il suo sguardo lontano dal contesto alassino. Una volta, forse due, era capitato di incontrarsi in centro o in qualche bar in attesa di un caffè ma le conversazioni erano quasi assenti, nulla più di un comunissimo ciao privo di importanza. Sembravamo due semplici conoscenti ed era come se il nostro passato insieme, che tanto serbavo con cura, non avesse lo stesso effetto su di lui.
-Allora stai proprio diventando una bambina cattiva, non lo sai che non si dicono le bugie?-
Sussultai nel sentire la voce sarcastica e pungente di Matteo alle mie spalle ma non mi voltai, non volevo vederlo e non avevo bisogno di lui...dovevo pensare e la sua presenza non aiutava il flusso disordinato dei miei pensieri. Se James Joyce fosse entrato nella mia testa in quel momento si sarebbe messo a ridere.
-Che fai, mi segui? Non credo di doverti delle spiegazioni, Matteo- risposi tentando di nascondere il leggero rossore che mi imporporava le guance all'idea che mi avesse seguito e che, apparentemente, avesse prestato attenzione al mio discorso più di quanto il suo atteggiamento non avesse dimostrato. Ad alimentare il mio rossore ci pensò il suo sorriso e la vista ravvicinata del suo torace scolpito, molto più muscoloso e maturo di quanto i miei ricordi ormai annebbiati non riportassero. Come potessi ancora arrossire come un bambina dopo anni è ancora un mistero ma i raggi del sole che gli colpivano il volto contribuivano a renderlo ancora più bello. La sua pelle era abbronzata, resa ancora più dorata dalla tenue luce del tramonto, i suoi occhi scuri risaltavano ancora più del solito. Non avrei dovuto pensarlo ma in quel momento, con la sola compagnia di qualche gabbiano, dei bagnini e dei loro rastrelli lo trovai stupendo.
-A me no, ma al tuo compagno che ti cerca si. Sempre se può davvero essere chiamato "compagno"-avevo perso il filo del discorso come spesso succedeva in presenza di Matteo. Dopo i passi avanti che credevo di aver fatto negli ultimi anni, era bastata una chiacchierata “vis à vis “ per vanificare i miei sforzi.
-Stiamo insieme Matteo, è ovvio che lo sia, ma non per questo gli devo sempre delle spiegazioni. Stare insieme a una persona non vuol dire avere il potere di comandarla a piacere, forse non ti è chiaro-. Non volevo alludere a nulla con quelle parole, si trattava di una banale constatazione, ma Matteo indurì lo sguardo percependolo come un attacco personale verso il nostro passato o più probabilmente verso la sua relazione con Elena. Feci per mettere una pezza alla situazione ma Matteo avanzò di un passo puntandomi il dito contro.
-Bel fidanzato, complimenti. Non mi ricordavo avessi gusti così pessimi in fatto di uomini, anzi, ne sono sicuro. Potresti scrivere un libro “Dalle stelle alle stalle”-. Sentii la punta di un coltello affilato e immaginario affondare nel mio cuore a quelle parole. Il nostro passato era rimasto un tabù per anni tra di noi, come se quei momenti trascorsi insieme fossero stati un sogno condiviso e velocemente dimenticato, nulla al di fuori della nostra mente testimoniava che qualcosa fosse realmente accaduto. Non una parola, non un gesto che potesse suggerire che Matteo ricordasse anche soltanto di aver condiviso una storia con me. L'arroganza della sua voce, il presupposto di conoscere tutto di me e delle mie scelte, mi fece male e infervorare contemporaneamente
-Forse dovresti controllare meglio nella tua memoria, non sia mai che insieme alle certezze tu possa trovare qualcosa di indesiderato-. Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene, come una pentola a pressione sul punto di esplodere Matteo sembrava altrettanto nervoso, quella conversazione lo metteva a disagio, si torturava le mani muovendosi sul posto, incapace di stare fermo.
-Poi mi spiegherai un giorno come hai fatto a passare da me a lui...ancora non capisco, è da coglioni!- Ancora quel tono, quell'arroganza! Fui io ad avvicinarmi di un altro passo, diminuii la distanza fino a sentire il suo indice premermi contro il petto ma non me ne curai, dovevo riversare su di lui tutta la mia rabbia, la mia frustrazione. Non potevo accettare il suo discorso, non dopo anni di rifiuto e indifferenza dove aveva dimostrato quanto valessi davvero per lui...nulla.
-Sei geloso Matteo? Nella vita si cambia, si fanno delle scelte. La mia è stata quella di smettere di farmi prendere per il culo da un ragazzo bello ma senza spina dorsale. Ho preferito qualcuno che mi amasse davvero e mi rendesse felice anche se, devo ammetterlo, la bellezza non è la sua principale dote.- Sperai di riuscire a fingere e che non notasse il tremolio della mia voce. Un ragazzo con la maglia da bagnino ci passò accanto guardandoci con sospetto prima di riprendere a camminare in direzione del porto, Matteo riprese più sicuro e deciso che mai.
-E tu ti accontenti di lui?? Non ci credo. Sei sempre stata una persona ambiziosa, che combatte per quello che vuole.- Com'eravamo finiti a parlare di noi quando tutto era iniziato in modo così casuale?
-Cosa stai insinuando si può sapere? Io ti ho mai detto qualcosa riguardo la tua storia con Elena? Non mi pare. Eppure lei non mi sembra questo mostro di simpatia, potevi certamente trovare qualcosa di meglio.- Scacciai con un gesto infastidito della mano quella voce fastidiosa che ripeteva come i titoli di coda alla fine di un film un incrocio di labbra troppo scomodo per potercisi anche solo soffermare. "
Non pensare che potresti essere tu, non pensarci" il cuore batteva, e le mani sudavano. Quando sarebbe finita la tortura? Un altro passo nella mia direzione.
-Magari qualcuno come te?- mi domandò con un tono che non seppi se definire ironico o serio ma il mio cuore non accennava a rallentare, tanta era la frenesia generata dalle sue parole.
-Vaffanculo Matteo!- Ci guardammo per qualche secondo, una bolla di tensione ci circondava e spingeva ancora più vicini l'uno all'altra. I nasi a sfiorare, le labbra che fremevano per potersi rincontrare e le mani che bruciavano dalla voglia di accarezzare il corpo dell'altro. Gli sguardi erano incatenati, il lucchetto dalle antiche origini sembrava essersi richiuso ma alla sola idea che potesse riaprirsi mi si spezzava il cuore. Il marrone dei suoi occhi non mentiva, anche lui sentiva quell'ondata inarrestabile di sentimenti che sentivo fluire nel mio corpo, poco dopo ne ebbi l conferma quando puntai lo sguardo sui pugni che saldamente stringeva lungo i fianchi.
-La leonessa è tornata!- sussurrò inclinando di poco il viso, il suo respiro mi solleticò le labbra. Se qualcuno ci avesse visto dall'esterno avrebbe osservato l'immagine di due ragazzi caduti preda della più insana della passioni, eppure non riuscivo a staccarmi dal suo corpo.
Sciolse i pugni e con uno scatto alzò le braccia e mosse , veloce , una mano sul mio volto, lungo la mia guancia in una carezza sottile e fugace, quasi rubata. Durò un attimo e poi scomparve.
-Non parliamone più ti prego, o la prossima volta rischi un ceffone- accennò un sorriso e io cedetti ancora una volta sotto il suo sguardo, ero debole, troppo debole.
-Mi domandavo quanto tempo avresti impiegato prima di capire che avevi bisogno di sfogarti.-
-Mi conosci...-  Gli istanti passavano e il mondo continuava a correre intorno a noi sulla spiaggia pressoché deserta.
-Starei qui a farmi insultare da te tutto la sera ma a causa della tua bella idea dobbiamo raggiungere gli altri che avranno ormai chiamato "Chi l'ha visto?"-. Scossi la testa, il momento magico ormai spezzato e mi allontanai tornando a respirare.  Lo precedetti di almeno un paio di passi camminando con le braccia incrociate al petto...lo sentivo ridacchiare. Tornammo verso la spiaggia, mantenendoci sempre a debita distanza l'uno dall'altro per evitare di cadere in tentazione. Non potevo lasciare campo libero all'attrazione che ancora provavo per lui di fronte agli altri e avevo sbagliato ad abbassare le difese anche pochi minuti prima. Matteo doveva rimanere un amico, nulla di più, ma la verità era un'altra. Matteo ed io non eravamo mai stati amici , neanche per un secondo, neanche nel nostro primo incontro, con lui era così o tutto o niente, o sconosciuti o amanti, senza vie di mezzo o grigi insignificanti. Era e sarebbe stato sempre il mio primo ragazzo, quello che rimane marchiato a fuoco nel cuore fino alla fine, indelebile, la persona che ti fa provare l'ebrezza dell'amore per la prima volta , il cuore palpitante e le farfalle che svolazzano in festa nello stomaco.

Il vecchio campanile della parrocchia principale suonò otto rintocchi e mi resi conto di quanto fossi in ritardo sulla mia tabella di marcia. Dovevo ancora correre a casa per prepararmi e sconfiggere almeno quella sera il ritardo cronico. Salutai velocemente tutti con l'auspicio di vederci, puntuali, alle 22.30 di fronte alla discoteca prima di incamminai con tranquillità verso casa che distava appena un centinaio di metri dalla spiaggia.
-Gobba? Gobba? Com'è che vi chiamate già voi della rubentus?- mi voltai confusa per controllare che non si stessero riferendo a me, e sospirai vedendo Matteo, ancora vicino al chiosco, con due caschi in mano.
-Di nuovo con questa storia? Siete voi i prescritti!- gli sorrisi avvicinandomi a lui.
-Sì, cambia discorso che è meglio .-
-Cosa volevi?- domandai rabbrividendo a causa dell'umidità della spiaggia.
-Stavo andando a casa anche io devo prepararmi prima che Giacomo occupi il bagno, sai quanto è lungo. Deve sistemarsi i capelli, stendere la crema idratante...-
-Si, taglia corto...- lo interruppi con impazienza e in risposta lui mosse la mano come a scacciare una mosca prima di continuare.
-E mi stavo domandando se alla juventina davanti a me andrebbe un passaggio offerto da un povero interista?-
-Un passaggio fa sempre comodo, certo, non sei Claudio Marchisio, ma potrei anche accontentarmi- risposi prendendolo in giro.
Afferrai il casco e mi preparai a montare sulla sua moto "storica". Una scarica di eccitazione mi attraversò la schiena al pensiero di stringere le mie braccia attorno al suo busto possente. -Stai scherzando vero? Lo zaino con le stelle non lo voglio sul mio motorino...- mi disse indicando con un cenno la mia borsa da spiaggia marcata Juventus, regalo di un amico che giocava nella primavera.
-Se non viene lui non vengo neanche io, siamo un pacchetto completo!-
-E va bene, ma tienimelo lontano, non voglio essere contagiato.- Sbuffai e salii dietro di lui cingendogli la vita con le braccia, conoscevo bene le sue manie di grandezza e la sua voglia di mostrarsi agli altri, non a caso io e Valerio lo chiamavamo spesso Narciso.
-Andrai piano vero?- domandai conoscendo già la risposta.
-Tu tieniti e lascia guidare me, sarà divertente-.Come se non avessi parlato partì a tutta velocità impennando addirittura poco oltre la curva e ricevette in cambio qualche insulto di troppo. Per fortuna nel giro di pochi minuti, non avrei mai confessato che avrei preferito che il viaggio fosse un po' più lungo, arrivai a casa sana e salva e lo lasciai con la promessa di rivederci dopo.
-Nemmeno un bacino per ringraziarmi?- Ancora una volta sentii le gote accaldate a causa dell'imbarazzo, avrei dovuto smetterla di arrossire per nulla.
-Mi dispiace ma non lo meriti- risposi in fretta prima di chiudere la porta. Già nella doccia mi lamentai con me stessa per non essere rimasta quel tanto che bastava per vedere la sua reazione.
Mi lavai velocemente per ripulirmi del sale che iniziava a infastidirmi con un bagnoschiuma al cocco, un rituale d'obbligo dopo una giornata in spiaggia ormai da qualche anno. Matteo e che continuavo a usare dopo anni senza mai stancarmi forse per quella stessa ragione. Paolo odiava il cocco, ne era quasi allergico, eppure non riuscivo a staccarmi da quella dolce consolazione serale come se utilizzando quel bagnoschiuma potessi sentire la solitudine che mi caratterizzava abbandonarmi almeno per qualche ora.

Inevitabilmente ripensai a Matteo e all'imminente serata, la sola idea di essere destinati a trascorrere un'intera serata insieme mi scaturiva i brividi, brividi di eccitazione. Il suo profumo forte, il respiro fresco al profumo di menta che sfiorava il mio , riuscivo quasi a sentire le sue mani che con delicatezza percorrevano il mio corpo come fosse una statua preziosa da maneggiare con attenzione per non rovinarla. Le sue labbra carnose e invitanti che si avvicinavano alle mie pronte per donarmi ciò che da troppo tempo bramavo.
Chiusi l'acqua di scatto e mi affrettai ad uscire dalla doccia rimproverandomi per aver superato i limiti con l'immaginazione.

Disposi con cura gli abiti scelti per la serata prima di asciugare velocemente i capelli, usai un filo di  matita nera per contornare gli occhi lievemente a mandorla ed evidenziare il marrone caldo e il mascara per rendere le mie ciglia ancora più lunghe. Un tocco di rossetto color mattone non troppo acceso. Con delicatezza tolsi l'abito dall'armadio e lo indossai con attenzione, attenta a non rovinare i capelli e il trucco. Era un abito semplice e fresco, senza spalline, una forma a cuore sul décoletté per evidenziare le mie forme morbido lungo i fianchi per nascondere le maniglie dell'amore che avevo sempre odiato. Mi osservai un'ultima volta allo specchio e una smorfia simile ad un sorriso mi affiorò spontanea sulle labbra. Non ero bella, non mi piacevo granché a causa della corporatura robusta, le spalle grosse e poco femminili, quella pancetta che mai ero riuscita ad eliminare nonostante le molte diete, eppure quella sera mi sembrava quasi di risplendere.  
In macchina continuai a pensare. Sembrava passato così tanto tempo dall'ultima sera in discoteca tutti insieme, avevo appena compiuto diciotto anni ed eravamo molto più uniti, raramente discutevamo o forse preferivamo divertirci piuttosto che trascorrere le serate guardando film visti e rivisti o ubriacandoci. Sentivamo ancora addosso gli occhi preoccupati dei nostri genitori e non tornavamo mai dopo l'una, Matteo escluso perché aveva la macchina e poteva tornare all'ora che voleva. Ricordo ancora quella volta che mi portò a Sanremo per farmi una sorpresa, tornammo oltre il coprifuoco per via del traffico sull'Aurelia e per punizione mia madre non mi permise di uscire di casa per giorni. Ma a me non importava, avevo vissuto una delle serate più belle della mia vita, forse la più bella. Ci eravamo baciati a lungo seduti su quelle pietre piccole e nere, così scomode, talmente vicini da sembrare un unico corpo, sotto le nuvole di quella serata dei primi di Agosto incuranti della realtà che spaventosa ci attendeva ad Alassio.
"La Suerte" quella sera era davvero sorprendente ma la mia opinione era di parte considerato lo stato d'animo della serata. Vidi di fronte all'entrata metà della compagnia e mi affrettai a raggiungerla dopo aver parcheggiato poco lontano, all'inizio della salita, osservai con piacere l'eleganza che ognuno aveva riservato agli abiti. Salutai tutti velocemente con un cenno del capo ma abbracciai Valerio che per l'occasione si era unito a noi.
-Bene, sei arrivata anche tu! Adesso mancano solo Matteo ed Elena poi possiamo entrare. Belin ma dove si sono cacciati quei due!- Mormorò a bassa voce facendo ridere i vicini, me compresa. Paolo mi si avvicinò con un sorriso per nulla convincente e non appena mi accorsi delle sue braccia che si allungavano in cerca del mio busto mi allontanai di un passo continuando a parlare con Valerio.
Una brusca sterzata, poco lontano da noi,  catturò la nostra attenzione e scossi la testa alla teatralità di Matteo. Ad Elena non doveva essere piaciuto particolarmente lo spettacolo a giudicare da come la vedevo discutere animatamente con il guidatore con tanto di gesti improvvisati nello spazio ridotto dell'abitacolo ma Matteo, impassibile davanti allo sgomento della fidanzata si limitò a spegnere il motore passandosi una mano fra i capelli per scompigliarli ulteriormente.  Vidi Giacomo, il più responsabile del gruppo, andare a bussare al finestrino della fiammante Mini con una buona dose di pazienza.
-Oh, quanto tempo che non vi vedo- disse ironicamente Teo, guadagnandosi mormorii soffocati  mentre la sua ragazza salutava tutti con un piccolo cenno della mano ma, a giudicare dalla sua espressione, anche quel piccolo movimento doveva essere un sforzo immane.
-Paolo, che sorpresa! E io che pensavo che saresti rimasto a casa...che peccato!- esclamò ancora spostando lo sguardo sul resto del gruppo, indugiò per qualche secondo su di me prima di voltarmi le spalle. Esalai un sospiro che non mi ero resa conto di aver trattenuto.
-Ok ok gli animi sono già abbastanza caldi, credo sia il caso di entrare- dissi tentando di stemperare la tensione che seguì le parole di Matteo anche se sapevo che Paolo non avrebbe mai risposto ad una sua provocazione.
I primi a farsi spazio tra la folla furono Nico e Giacomo, seguiti poi da tutti gli altri. Salutammo con un cenno il buttafuori all'ingresso, un amico di Valerio, la mano un po' sudata di Paolo cercò la mia alla ricerca di sicurezza così mi feci largo fra la folla di corpi sudati e lo trascinai al bar dove già una lunga coda attendeva muovendosi scompostamente.
-Tesoro, cosa prendi?- mi domandò ingenuamente Paolo che non finiva mai di stupirmi in negativo. Quale fidanzato non conosce le abitudini della propria compagna? Ecco un altro dei motivi per cui la nostra relazione sarebbe naufragata presto: due persone che non si conosco non possono stare insieme, men che meno da anni, è una storia priva di fondamenta e di conseguenza di futuro. Aprii la bocca per rispondere senza tuttavia risultare scocciata o arrabbiata, troppo abituata alla routine.
-Martini bianco- affermò con sicurezza qualcuno alle mie spalle e il mio cuore tremò. Mi sembrava impossibile pensare che qualcuno mi conoscesse a tal punto da ricordarsi dopo anni il mio aperitivo preferito, soprattutto se durante quel periodo tra di noi non c'era stato altro che conversazioni di facciata. Quella consapevolezza non contribuì a consolarmi ma solo a rendermi più miserabile, erano considerazioni che avrei poi tratto da sola, nel buio della mia camera da letto. Guardai quindi Matteo con ammirazione e annuii con la testa nascondendo un sorriso.
-Ma Ale lo sai che è alcolico e che io non sopporto l'alcol- controbatté inutilmente Paolo ma non gli prestai attenzione dal momento che ero concentrata ad osservare due labbra carnose ad appena cinquanta centimetri dalle mie. Il movimento delle persone aveva portato i nostri corpi a scontrarsi, trattenni un brivido quando il suo braccio fresco entro in contatto con il mio e per qualche secondo credetti di aver immaginato la sensazione di una lieve carezza sul polso nudo.
- Lo devo bere io, non tu quindi...- risposi in un sussurro lasciato in sospeso, appena udibile, non spostando di un misero centimetro lo sguardo.
-Tu Matteo vuoi qualcosa?- domandò ancora Paolo incurante di ciò che stava accadendo davanti ai suoi occhi. Ci muovevamo come ballerini in una danza antica, ci avvicinavamo e distanziavamo in pochi secondi per poi sfiorarci, guardarci, ci studiavamo a vicenda consapevoli che in mezzo alla folla nessuno avrebbe prestato attenzione al nostro comportamento. Mi sbagliavo, degli occhi chiari e freddi ci osservavano da lontano, nascosti nell'ombra, e un po' aggrottati per vedere meglio.
- Un Mojito grazie! - rispose con un po' di ritardo Matteo, non guardò Paolo ma gli voltò le spalle ed io attesi che Paolo si allontanasse prima di dirigermi verso il tavolino prenotato da Nick, ben lontano dal chioschetto e dalla pista da ballo, in grado di garantire una buona dose di tranquillità per non dover urlare tutta la sera sopra la musica per poter conversare. Mi accomodai sulla sedia in fondo al tavolo, con le spalle rivolte alla piscina sottostante illuminata dalle luci colorate e da una sfera stroboscopica un po' in stile anni '80. Osservai Matteo guardarsi attorno prima di prendere posto sul bracciolo della mia poltroncina bianca, in pelle - di quelle che nelle sere d'estate rappresentano una vera e propria tortura per le gambe nude - e posare delicatamente ma con decisione la mano calda e grande sulla mia coscia appena scoperta. Alzai infine lo sguardo soffermandomi sui suoi occhi prima, poi sulla mascella ben definita ricoperta da un filo di barba non lasciato al caso.
-Non si saluta più?- mi domandò con finto tono disinteressato.
-Scusa, hai ragione! Ciao Matteo!- risposi ironicamente con un sorriso beffardo, rimanendo seduta e salutandolo con un impersonale gesto della mano.
-Quello è un saluto? No, secondo me sai fare di meglio.- Mi fissò per qualche istante ma quando vide che non avevo intenzioni di muovermi mi spronò nuovamente. - Io sto aspettando- disse continuando a osservarmi senza alcun cenno di cedimento negli occhi e allargando le braccia per enfatizzare le parole, le labbra leggermente socchiuse.
Lo scrutai attentamente nella sua totalità, la cura adottata nello scegliere gli abiti, il portamento elegante e signorile. Indossava una camicia bianca appena sbottonata, in netto contrasto con la pelle dorata, abbinata a un paio di jeans scuri a vita bassa e le solite "Converse" un po' rovinate con la bandiera americana. I capelli erano tenuti fermi dal gel e anche senza avvicinarmi riuscivo a sentirne il pungente aroma della menta. Con lentezza alzai appena il busto dallo schienale e sporgendomi un po' gli strinsi le braccia attorno al colletto della camicia mentre le sue mi cinsero fermamente la schiena avvicinandomi al suo torace ed impedendomi il minimo movimento; le sue labbra umide si posarono con dolcezza sulla mia guancia accaldata generando  mille brividi che iniziarono a percorrermi la schiena nuda. Lasciai che i denti mordessero con forza il mio labbro inferiore per tenere a freno il desiderio che sentivo crescere nel mio cuore di avvicinare la bocca alla sua e sentirmi avvolgere come un tempo. Quelle labbra erano lì davanti a me, con quel rosso tentatore, quella carnosità degna di un frutto di stagione maturo, come il più pericoloso dei peccati. L'atmosfera si stava surriscaldando troppo velocemente e sapevo che di lì a poco non sarei più riuscita a fermarmi, avrei accorciato quella misera distanza senza pensare ai se, i forse, i perché. Almeno per una volta Matteo fu il più responsabile dei due, tanto che quasi pensai di essermi sbagliata, di aver frainteso il suo respiro accelerato. Quando allontanai con lentezza la fronte dal rifugio che aveva trovato nell'incavo del suo collo e tornai a guardarlo intensamente negli occhi mi resi conto per la loro vivacità e luce che non mi ero, senza alcun dubbio, sbagliata.
-Fossero tutti così i saluti...- mormorò lasciando la frase in sospeso e con ancora le braccia avvolte attorno alle mie spalle. Annuii solamente, incapace di proferire parola a causa della nebbia che da qualche minuto aveva avvolto il mio cervello.
Per evitare danni irreparabili, lottai contro il mio cuore e districandomi dalla morsa che erano le sue braccia appoggiai nuovamente la schiena contro la sedia spostando il corpo il più lontano possibile dal calore del suo che mi attraeva più di una torta al cioccolato per una donna in piena sindrome premestruale. Un silenzio imbarazzato da parte mia calò sulla tavola e il rossore che ancora mi invadeva le guance non mi permetteva di guardare Matteo negli occhi costringendomi a pilotare lo sguardo verso un punto indefinito oltre la piscina.
La gente si muoveva disordinatamente, talvolta allungandosi con le braccia al punto tale da toccare un vicino di cui, con il novanta per cento delle probabilità, non conosceva nemmeno il nome. Seguivano il ritmo, in massa, ballavano come se fossero stati catturati da un vortice o meglio ancora un incantesimo che non dava loro scampo ma a giudicare dalle risate che sovrastavano la musica l'idea di liberarsene sembrava ben lontano dalle loro intenzioni. Un'insana voglia di mischiarmi a loro, di essere di nuovo una fra tante che non deve nascondersi dal mondo, che è libera di essere chi vuole senza curarsi del parere della gente che la circonda mi colpì. Prima che potessi muovere anche un solo passo però, Paolo si avvicinò al tavolo reggendo in una sola mano i nostri bicchieri e poco dietro di lui Elena con in mano una birra e il Mojito di Matteo.
- Non sapete che fatica prendere questi bicchieri, c'era un mucchio di gente.-
-Grazie Paolo- disse Matteo allontanandosi dalla mia sedia e spostandosi dal lato opposto forse credendo di allontanare qualsiasi tipo di tentazione. Mi sentii immediatamente vuota.
-Avete visto quanta gente in pista?- domandò invece Giacomo seduto accanto a Nick, e quasi sobbalzai dal momento che non mi ero resa conto di quando ci avessero raggiunto - questo è davvero troppo anche per me. -
-Ma se sei l'anima della festa! Tutti aspettano te e dj Nick!- L'intero tavolo si mise a ridere e per un minuto la compagnia sembrò essere tornata quella di un tempo.
La serata proseguì in modo tranquillo senza troppi eccessi. Dopo aver terminato il mio bicchiere scesi a ballare e mi sentii bene, bella per una volta, complice anche la discreta attenzione maschile che ricevevo. Altri ragazzi si avvicinavano a ballare ma la mia attenzione era rivolta soltanto a Matteo che poco distante rideva ad una battuta del fratello. Avevo perso qualsiasi traccia di Paolo e un po' mi sentivo in colpa ma il fatto che neanche lui fosse venuto a cercarmi mi alleggeriva la coscienza.
Stanca e sudata mi allontanai verso la scaletta che porta direttamente sulla spiaggia per riposare le orecchie e fumare una meritata sigaretta. Non ero sola, tante coppiette camminavano mano nella mano lasciando simili a una scia le loro impronte e messaggi d'amore. La malinconia mi assalì a tal punto che mi circondai il busto con le braccia benché non avessi freddo.
-Ti fa male!- Un sussurro lieve ma suadente, pronunciato direttamente sul mio orecchio mi fece trasalire. Rabbrividii nel sentire le sue labbra tracciare i contorni della mia cartilagine, sfiorarla appena e inumidirla. Mi voltai lentamente conoscendo già la persona che avrei trovato davanti ai miei occhi grazie al profumo che avrei riconosciuto anche in un milione di anni.
-Le abitudini sono dure a morire, lo sai meglio di me.- Ci guardammo intensamente negli occhi, il mio marrone chiaro fuso con il suo più intenso. Sorrisi e alzai una mano per sistemargli un ciuffo ribelle che dispettoso gli era caduto sulla fronte, poi mi voltai di nuovo verso il mare e mi sedetti su un divanetto buttando fuori il fumo prima di parlare.
-Stanco di bere?- scosse la testa, lentamente, prima di prendere posto accanto a me, le nostre gambe così vicine da sfiorarsi.
-Non si è mai stanchi di bere, ti cercavo ma non ti ho più vista.-
-Avevo bisogno di fermarmi un attimo e prendere una boccata di aria pulita- conclusi ironicamente. La battuta doveva essere davvero pessima perché Matteo rise gettando il capo indietro e rivelando il collo.
-Hai ripreso il corso di ballo? Eri la migliore là dentro.-
-Vorrei averne il tempo. Ho seguito il ritmo e mi sono lasciata trasportare anche se capisco che per uno come te che non sente il ritmo neanche con la cassa a venti centimetri sia una cosa difficile da concepire.- Il ballo stava a Matteo come un pesce a Sestriere.
-Ammetto che il ballo era uno dei miei punti deboli. Cosa ti dice che con gli anni non sia migliorato?-
-Ma smettila! Il tuo era un caso disperato anche se a malincuore devo dire che senza le prove non ho la certezza di quello che affermo.-
-Mi stai lanciando una sfida? Fossi in te non lo farei perché potresti scottarti.-
-Amo le sfide.- Lo guardai negli occhi, determinata. Matteo mi sorrise e senza alcun preavviso mi strappò la sigaretta dalle mani portandosela con lentezza alle labbra. Distolsi lo sguardo, o almeno ci provai, la tentazione era così forte mentre io ero troppo debole. Dopo aver aspirato mi sorrise nuovamente consapevole di quale effetto avesse avuto su di me il suo gesto e mi indicò di seguirlo con un segno del capo.
Sulla scala a chiocciola i nostri corpi sudati strisciarono fra loro e fui tentata, più di una volta, di afferrargli la mano e stringere le sue dita tra le mie. Per poco non lo feci, le destra si stava per chiudere attorno al suo polso quando mi resi conto che non potevo, non lì in pubblico almeno. Venni poi travolta dalla consapevolezza che non avrei potuto comunque accarezzargli le dita, stringerle fra le mie perché quel ruolo non spettava più a me ma alla ragazza che in quello stesso istante sorrideva raggiante a Matteo mandandogli una bacio.Scossi la testa pur di non pensarci.
Ci avvicinammo alla pista e facendoci spazio, talvolta sbracciando e calpestando piedi, raggiungemmo il centro del locale. Immediatamente il dj, piuttosto famoso a detta di Giacomo, mise una nuova canzone, una di quelle conosciute con cui la radio tormenta ogni ora i suoi ascoltatori, di quelle canzoni impossibili da dimenticare, che ti entrano dentro e a cui tutti nel bene e nel male leghiamo un ricordo.
-Questa può andare bene maestra?- Quasi risi nell'osservare Matteo guardarmi a sua volta: eravamo gli unici due immobili in mezzo a centinaia di corpi ondeggianti.
-Stai zitto un po' e balla!- gli urlai ridendo. Iniziai a muovermi anche io seguendo il ritmo e muovendo i fianchi lentamente, passandomi le mani fra i capelli e portandomeli su una spalla ma il ragazzo davanti a me non accennava a seguirmi, si limitava ad osservare i miei movimenti con occhi attenti. Gli afferrai le braccia e me le avvolsi intorno alla vita spingendo il bacino contro il suo forse in un gesto troppo affrettato ma che sembrò risvegliarlo dal torpore in cui era caduto. Iniziò quindi ad ondeggiare seguendo più il movimento dei mie fianchi che il ritmo della canzone. Era quello che volevo sin dall'inizio, averlo così vicino da riuscire a distinguere i battiti accelerati del suo cuore muoversi in sincronia con quelli del mio, sentirmi avvolta dal suo profumo. Mi avvicinai ancora di più non smettendo un solo istante di muovermi e gli riallacciai i bottoni della camicia che nel frattempo avevano abbandonato l'asola. Mi afferrò per i polsi tirandomi verso di sé, i nostri visi erano divisi da pochi centimetri.
-Se non la smetti rischio di fare qualcosa di cui potrei pentirmi presto.- I suoi occhi erano bollenti e un semplice incrocio di sguardi mi fece ardere a tal punto che dovetti voltargli le spalle. La canzone cambiò e io presi a muovermi con un andamento sempre più dolce e lento, talvolta sfiorando appena il suo torace e ogni volta gioivo all'interno sentendolo emettere sospiri suadenti. Ballammo ancora tre forse quattro canzoni ma presto, troppo presto, Nick ci raggiunse informandoci del fatto che eravamo gli ultimi rimasti. Con un sospiro rassegnato mi allontanai da Matteo guardandolo un'ultima volta negli occhi e sfiorandogli con dolcezza la guancia accaldata. Poi mi voltai e uscii facendomi strada fra i corpi sudata e raggiunsi il gruppo sulla passeggiata.
-E' stata proprio una bella serata vero ragazzi?- stava dicendo Nicola ma pochi gli diedero risposta, Elena intenta ad aspettare Matteo davanti alla macchina, Paolo appoggiato alla balaustra con la testa a penzoloni per il sonno e Giacomo piuttosto bianco in volto.
-Hai ragione Nick, davvero una bella serata.- ci raggiunse Matteo con in mano le chiavi della macchina e il volto bagnato.
-Scusate se vi ho fatto aspettare ma dovevo darmi una rinfrescata.- Mi fece l'occhiolino e io pur di non arrossire fui costretta a iniziare il giro di saluti lasciandolo per ultimo. Elena quasi non mi salutò se non per un vago cenno della testa prima di salire in macchina e appoggiare la testa contro il finestrino. Estrassi il pacchetto di sigarette dalla borsa e ne accesi una fermandomi ad osservare gli altri salire sulle proprie macchine.
-Amore vieni con me?- mi chiese Paolo appoggiato alla macchina di Nick. Scossi la testa e dopo un abbraccio vidi salire in macchina anche lui. Rimase solo Matteo appoggiato ad una panchina di legno intento a controllare il cellulare, almeno in apparenza, sapevo che stava fingendo per guadagnare tempo senza che gli altri sospettassero nulla. Mi si avvicinò accostando la schiena alla balaustra, iniziò a parlare con tono basso adatto all'atmosfera ma non distolse mai lo sguardo dall'orizzonte dove una luna a tre quarti si specchiava nel mare placido.
-Volevo ringraziarti per la serata e per il ballo anche se credo di non essere riuscito a convincerti dei miei miglioramenti- sorrisi liberandomi della cenere in eccesso, una bava di vento mi solleticò il collo sudato.
-No, direi di no. Qualche progresso c'è ma devi ancora migliorare parecchio.-
-Mi mancava uscire tutti insieme, andare a ballare. Hai avuto una buona idea.- Lo guardai perplessa mentre si staccava dal supporto metallico, ridusse la distanza tra di noi portandomi dietro le orecchie un ciuffo di capelli. Alzai lo sguardo e lo vidi titubante.
-Dovremmo rifarlo al più presto- risposi con voce tremolante. Matteo non accennava a ritirare la mano, la lasciò lì, sospesa a mezz'aria fra la mia guancia e la mia fronte, come se fosse indeciso su cosa fare.
-Magari anche soltanto noi due- Lo guardai di scatto a quella proposta improvvisa e così priva di senso. Non potevamo uscire da soli una sera, come se nulla fosse successo, Matteo era fidanzato.
Non ebbi tempo di emettere una risposta. Matteo abbassò il volto verso il mio, le nostre labbra si avvicinarono a tal punto che riuscii a sentire il profumo di menta rimastogli in bocca dopo i mojito consumati. Esitò qualche secondo, indeciso su cosa fare e io temetti che mi avrebbe baciato con la sua ragazza a pochi passi da noi nella sua stessa macchina. Lo temevo, sì, ma non c'era nulla che bramassi di più.
Mi diede invece un dolce e prolungato bacio sulla guancia, seguito da una breve carezza e un sussurrato -Buonanotte zebrina!-
Rimasi lì, immobile e incapace di rispondere.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: SemplicementeCassandra