Buonasera!!
Ecco qui il terzo capitolo dove si approfondiscono un po' di
più la relazione tra i due protagonisti e le dinamiche del
gruppo. Ringrazio tutti/e voi che avete letto i primi due capitoli, che
avete inserito la storia tra le seguite, preferite o da ricordare,
mille parole non basterebbero per esprimere quanto vi sia grata per il
supporto.
Che dire...spero che vi piaccia!
A prestissimo...spero!
Cassandra
CAPITOLO
III: La Suerte
Ci
sono giornate nella vita in cui senti dentro, nel cuore o nell'anima
che dir si voglia, che accadrà qualcosa di anomalo che ti
cambierà
la vita. Non so se sia stata soltanto una suggestione frutto della
mia fama da sensitiva, ma quella mattina mi svegliai con la
consapevolezza che ci sarebbe stata una svolta, non sapevo ancora se
nella mia vita in senso lato o soltanto in quello strano rapporto con
Matteo. Un senso di anticipazione, una serie di brividi lungo il
corpo che mi suggerivano di stare all'erta, aspettare in silenzio che
qualcosa cambiasse. Il mio sesto senso non mi aveva mai tradito.
Il
tramonto era l'ora perfetta per restare in spiaggia con i piedi
affondati nella sabbia ancora calda, farsi cullare dalle placide onde
del mare per confidarsi i segreti più intimi. C'era un non
so che di
consolatorio nel tramonto, l'illusione che persino la più
terribile
delle giornate potesse giungere al termine e al contempo l'idea che
la giornata non fosse ancora conclusa, che ci fosse sempre qualcosa
per cui rimanere con il fiato in sospeso. Un
tempo ci piaceva radunarci a tardo pomeriggio, una coca cola in mano
per i più piccoli e uno Spritz per Matteo per dimostrare
agli altri
di essere il maggiore del gruppo, qualche chiacchiera senza genitori
ad origliare, confessioni proibite e risate a non finire erano
all'ordine del giorno. Quella sera, come tante altre ormai da anni,
ognuno pensava ai fatti propri, alcuni giocavano con il cellulare,
altri si sfidavano in un'apparentemente interminabile partita a
carte. Matteo poco distante leggeva un libro, il capo reclinato sulla
sedia e l'espressione imperturbabile, concentrata, le sopracciglia un
po' aggrottate. Mi sorpresi a guardarlo più del necessario
per
riscoprire i particolari del suo viso e confrontarli con quelli
scolpiti nella mia mente. Mi riscossi prima che fosse troppo tardi,
mi guardai intorno per controllare che nessuno mi avesse visto e
sospirai provando a movimentare la compagnia, sapevo di non poter
contare su Valerio ancora impegnato nei suoi doveri da bagnino.
-Ragazzi
facciamo qualcosa stasera?- domandò inaspettatamente Elena
anticipandomi. La guardai positivamente sorpresa e annuii.
-Potremmo
incontrarci per un aperitivo da qualche parte, non so, e proseguire
la serata alla Suerte, come ai vecchi tempi- proposi non aspettandomi
grandi consensi. Matteo chiuse il libro con uno scatto guardandosi
intorno per qualche secondo intorno ma fui veloce a distogliere gli
occhi prima che i nostri sguardi potessero incrociarsi.
-Ma
Ale, lo sai che stasera c'è la partita- mi rispose a
sorpresa Paolo
senza nemmeno spostare gli occhi dalla crepe grondante di Nutella che
teneva in bilico su un tovagliolo. Non risposi, sbuffai solamente per
esprimere il mio disappunto seguito da qualche mormorio infastidito,
a quanto pare non ero l'unica a sentire la mancanza di tempi dove
tutto appariva più semplice. In quei giorni trascorsi
insieme non
avevamo avuto nessun incontro serale, neanche nel solito locale, per
avere vent'anni eravamo un gruppo davvero monotono e noioso. Avevamo
aspettato a lungo di poter essere tutti abbastanza grandi per poter
entrare nelle discoteche senza problemi, ricordo ancora i pianti e le
notti insonne con lo stomaco accartocciato per l'invidia. Una sola
vota avevamo organizzato una serata, il ferragosto di un paio di anni
prima, ma appena la metà della compagnia aveva aderito con
la scusa
che le discoteche quella sera fossero troppo affollate. Inutile dire
che mi ritrovai con Giacomo, Nick e pochi altri, Paolo era stato il
primo a tirarsi indietro in favore di un allettante gelato in piazza
Partigiani. Prediligeva sempre serate tranquille con un partita di
calcio, sport di cui capiva e penso capisca ancora davvero poco, o
film comici di seconda scelta.
-Ed ecco a voi l'unico ragazzo
sulla terra che non sa distinguere un rigore da una punizione. Ma non
ti vergogni? Fossi in te non le guarderei più le partite -.
Nel
momento più inopportuno Matteo si intromise andando ad
aggiungere
legna su un fuoco che chiedeva a gran voce di essere spento, tanto
che lo osservai con disapprovazione. Paolo e Matteo non erano mai
andati d'accordo, sin da ragazzi si era instaurata tra di loro una
strana competizione che mai nessuno era riuscito a comprendere fino
in fondo, senza dubbio erano due personalità contrastanti,
opposte
oserei dire. Vitale ed energico Matteo, sebbene a volte un po'
esaltato e presuntuoso, infantile e perennemente annoiato Paolo ma
buono, ingenuo come il pane.
-E
smettetela un po', siete sempre lì a battibeccare come due
bambini!
Io do ragione
ad Ale, andiamo a "la Suerte", è un po' che non vediamo
una discoteca- mi spalleggiò
stranamente Elena sorridendomi. Gli altri ragazzi si unirono alla
nostra idea, eccitati, Nick si lasciò andare in un grido di
giubilo
muovendosi poi in modo scomposto quasi fosse già in
discoteca. La
sua energia era contagiosa. Soltanto i due litiganti non si unirono
al gruppo, impegnati com'erano ancora a discutere tra di loro sul
risultato dell'imminente partita, nessuno prestava più loro
attenzione. Chiamai Paolo aspettando pazientemente che mi
rispondesse.
-Va bene, amore mio non ti lascio sola, vengo anche
io- annuì Paolo dopo un momento di esitazione, abbandonando
almeno
momentaneamente la delusione per l'assenza di quella partita tanto
agognata.
Ci
girammo tutti contemporaneamente verso Teo, l'unico che non aveva
ancora espresso la sua opinione.
-Vengo vengo- disse con tono
arrendevole, un po' annoiato, come se lo avessimo costretto ma tutti
sapevamo che faceva parte del personaggio che con cura si era
costruito negli ultimi anni. Sorrisi allora, soddisfatta che la mia
idea fosse andata in porto.
-Scusatemi un attimo, ragazzi, faccio
una chiamata e torno- annunciai a gran voce ma ognuno era
già
tornato alle proprie attività, con il cellulare in mano
rivolsi
un'occhiata veloce a Matteo ed Elena seduti vicini sul lettino di
lei.
Mi
incamminai in direzione del Torione senza accennare a chiamare mia
madre che non sentivo ormai da qualche giorno, da quando era partita
per un viaggio di lavoro in Germania. La telefonata era soltanto un
pretesto per allontanarmi un po' dal gruppo e dall'aria pesante che
si respirava ormai da un po'. La sola presenza di Paolo riusciva ad
irritarmi.
requentavo
ormai da due anni Scienze Politiche e provavo a mantenermi gli studi
con un piccolo lavoretto come commessa in una libreria dismessa di
libri di seconda mano o scrivendo di tanto in tanto qualche articolo
per alcuni quotidiani sportivi locali in attesa di sfondare nel mondo
del giornalismo. Matteo era diventato calciatore quasi professionista
giocando in una squadra di provincia della serie C e durante la
settimana lavorava come commercialista nello studio del padre per
mettere qualche soldo da parte. Più volte durante i miei
brevi
soggiorni a Varese avevo avuto la tentazione di andare ad assistere
alle sue partite, di nascosto o in compagnia di Paolo, ma non avevo
mai avuto il coraggio di fronteggiare il suo sguardo lontano dal
contesto alassino. Una volta, forse due, era capitato di incontrarsi
in centro o in qualche bar in attesa di un caffè ma le
conversazioni
erano quasi assenti, nulla più di un comunissimo ciao privo
di
importanza. Sembravamo due semplici conoscenti ed era come se il
nostro passato insieme, che tanto serbavo con cura, non avesse lo
stesso effetto su di lui.
Ne
approfittai per pensare ,senza interruzioni, alla mia vita e alla
grande confusione che dopo anni quella stessa persona era ancora in
grado di suscitare in me. Lasciai
vagare la mente osservando la linea dell'orizzonte farsi leggermente
più scura all'imbrunire. Salutati con nostalgia gli anni del
liceo
f
-Allora stai proprio diventando una
bambina cattiva, non lo sai che non si dicono le bugie?-
Sussultai
nel sentire la voce sarcastica e pungente di Matteo alle mie spalle
ma non mi voltai, non volevo vederlo e non avevo bisogno di
lui...dovevo pensare e la sua presenza non aiutava il flusso
disordinato dei miei pensieri. Se James Joyce fosse entrato nella mia
testa in quel momento si sarebbe messo a ridere.
-Che fai, mi
segui? Non credo di doverti delle spiegazioni, Matteo- risposi
tentando di nascondere il leggero rossore che mi imporporava le
guance all'idea che mi avesse seguito e che, apparentemente, avesse
prestato attenzione al mio discorso più di quanto il suo
atteggiamento non avesse dimostrato. Ad alimentare il mio rossore ci
pensò il suo sorriso e la vista ravvicinata del suo torace
scolpito,
molto più muscoloso e maturo di quanto i miei ricordi ormai
annebbiati non riportassero. Come potessi ancora arrossire come un
bambina dopo anni è ancora un mistero ma i raggi del sole
che gli
colpivano il volto contribuivano a renderlo ancora più
bello. La sua
pelle era abbronzata, resa ancora più dorata dalla tenue
luce del
tramonto, i suoi occhi scuri risaltavano ancora più del
solito. Non
avrei dovuto pensarlo ma in quel momento, con la sola compagnia di
qualche gabbiano, dei bagnini e dei loro rastrelli lo trovai
stupendo.
-A me no, ma al tuo compagno che ti cerca si. Sempre se
può davvero essere chiamato "compagno"-avevo perso il filo
del discorso come spesso succedeva in presenza di Matteo. Dopo i
passi avanti che credevo di aver fatto negli ultimi anni, era bastata
una chiacchierata “vis à vis “ per
vanificare i miei
sforzi.
-Stiamo insieme Matteo, è ovvio che lo sia, ma non per
questo gli devo sempre delle spiegazioni. Stare insieme a una persona
non vuol dire avere il potere di comandarla a piacere, forse non ti
è
chiaro-. Non volevo alludere a nulla con quelle parole, si trattava
di una banale constatazione, ma Matteo indurì lo sguardo
percependolo come un attacco personale verso il nostro passato o
più
probabilmente verso la sua relazione con Elena. Feci per mettere una
pezza alla situazione ma Matteo avanzò di un passo
puntandomi il
dito contro.
-Bel fidanzato, complimenti. Non mi ricordavo avessi
gusti così pessimi in fatto di uomini, anzi, ne sono sicuro.
Potresti scrivere un libro “Dalle stelle alle
stalle”-. Sentii la
punta di un coltello affilato e immaginario affondare nel mio cuore a
quelle parole. Il nostro passato era rimasto un tabù per
anni tra di
noi, come se quei momenti trascorsi insieme fossero stati un sogno
condiviso e velocemente dimenticato, nulla al di fuori della nostra
mente testimoniava che qualcosa fosse realmente accaduto. Non una
parola, non un gesto che potesse suggerire che Matteo ricordasse
anche soltanto di aver condiviso una storia con me. L'arroganza della
sua voce, il presupposto di conoscere tutto di me e delle mie scelte,
mi fece male e infervorare contemporaneamente
-Forse dovresti
controllare meglio nella tua memoria, non sia mai che insieme alle
certezze tu possa trovare qualcosa di indesiderato-. Sentivo il
sangue ribollirmi nelle vene, come una pentola a pressione sul punto
di esplodere Matteo sembrava altrettanto nervoso, quella
conversazione lo metteva a disagio, si torturava le mani muovendosi
sul posto, incapace di stare fermo.
-Poi mi spiegherai un giorno
come hai fatto a passare da me a lui...ancora non capisco, è
da
coglioni!- Ancora quel tono, quell'arroganza! Fui io ad avvicinarmi
di un altro passo, diminuii la distanza fino a sentire il suo indice
premermi contro il petto ma non me ne curai, dovevo riversare su di
lui tutta la mia rabbia, la mia frustrazione. Non potevo accettare il
suo discorso, non dopo anni di rifiuto e indifferenza dove aveva
dimostrato quanto valessi davvero per lui...nulla.
-Sei geloso
Matteo? Nella vita si cambia, si fanno delle scelte. La mia
è stata
quella di smettere di farmi prendere per il culo da un ragazzo bello
ma senza spina dorsale. Ho preferito qualcuno che mi amasse davvero e
mi rendesse felice anche se, devo ammetterlo, la bellezza non
è la
sua principale dote.- Sperai di riuscire a fingere e che non notasse
il tremolio della mia voce. Un ragazzo con la maglia da bagnino ci
passò accanto guardandoci con sospetto prima di riprendere a
camminare in direzione del porto, Matteo riprese più sicuro
e deciso
che mai.
-E tu ti accontenti di lui?? Non ci credo. Sei sempre
stata una persona ambiziosa, che combatte per quello che vuole.-
Com'eravamo finiti a parlare di noi quando tutto era iniziato in modo
così casuale?
-Cosa stai insinuando si può sapere? Io ti ho mai
detto qualcosa riguardo la tua storia con Elena? Non mi pare. Eppure
lei non mi sembra questo mostro di simpatia, potevi certamente
trovare qualcosa di meglio.- Scacciai con un gesto infastidito della
mano quella voce fastidiosa che ripeteva come i titoli di coda alla
fine di un film un incrocio di labbra troppo scomodo per potercisi
anche solo soffermare. "Non
pensare che potresti essere tu, non pensarci"
il cuore batteva, e le mani sudavano. Quando sarebbe finita la
tortura? Un altro passo nella mia direzione.
-Magari qualcuno come
te?- mi domandò con un tono che non seppi se definire
ironico o
serio ma il mio cuore non accennava a rallentare, tanta era la
frenesia generata dalle sue parole.
-Vaffanculo Matteo!- Ci
guardammo per qualche secondo, una bolla di tensione ci circondava e
spingeva ancora più vicini l'uno all'altra. I nasi a
sfiorare, le
labbra che fremevano per potersi rincontrare e le mani che bruciavano
dalla voglia di accarezzare il corpo dell'altro. Gli sguardi erano
incatenati, il lucchetto dalle antiche origini sembrava essersi
richiuso ma alla sola idea che potesse riaprirsi mi si spezzava il
cuore. Il marrone dei suoi occhi non mentiva, anche lui sentiva
quell'ondata inarrestabile di sentimenti che sentivo fluire nel mio
corpo, poco dopo ne ebbi l conferma quando puntai lo sguardo sui
pugni che saldamente stringeva lungo i fianchi.
-La leonessa è
tornata!- sussurrò inclinando di poco il viso, il suo
respiro mi
solleticò le labbra. Se qualcuno ci avesse visto
dall'esterno
avrebbe osservato l'immagine di due ragazzi caduti preda della
più
insana della passioni, eppure non riuscivo a staccarmi dal suo
corpo.
Sciolse i pugni e con uno scatto alzò le braccia e mosse ,
veloce , una mano sul mio volto, lungo la mia guancia in una carezza
sottile e fugace, quasi rubata. Durò un attimo e poi
scomparve.
-Non
parliamone più ti prego, o la prossima volta rischi un
ceffone-
accennò un sorriso e io cedetti ancora una volta sotto il
suo
sguardo, ero debole, troppo debole.
-Mi domandavo quanto tempo
avresti impiegato prima di capire che avevi bisogno di sfogarti.-
-Mi
conosci...- Gli istanti passavano e il mondo continuava a
correre intorno a noi sulla spiaggia pressoché deserta.
-Starei
qui a farmi insultare da te tutto la sera ma a causa della tua bella
idea dobbiamo raggiungere gli altri che avranno ormai chiamato "Chi
l'ha visto?"-. Scossi la testa, il momento magico ormai spezzato
e mi allontanai tornando a respirare. Lo precedetti di almeno
un paio di passi camminando con le braccia incrociate al petto...lo
sentivo ridacchiare. Tornammo verso la spiaggia, mantenendoci sempre
a debita distanza l'uno dall'altro per evitare di cadere in
tentazione. Non potevo lasciare campo libero all'attrazione che
ancora provavo per lui di fronte agli altri e avevo sbagliato ad
abbassare le difese anche pochi minuti prima. Matteo doveva rimanere
un amico, nulla di più, ma la verità era
un'altra. Matteo ed io
non eravamo mai stati amici , neanche per un secondo, neanche nel
nostro primo incontro, con lui era così o tutto o niente, o
sconosciuti o amanti, senza vie di mezzo o grigi insignificanti. Era
e sarebbe stato sempre il mio primo ragazzo, quello che rimane
marchiato a fuoco nel cuore fino alla fine, indelebile, la persona
che ti fa provare l'ebrezza dell'amore per la prima volta , il cuore
palpitante e le farfalle che svolazzano in festa nello stomaco.
Il
vecchio campanile della parrocchia principale suonò otto
rintocchi e
mi resi conto di quanto fossi in ritardo sulla mia tabella di marcia.
Dovevo ancora correre a casa per prepararmi e sconfiggere almeno
quella sera il ritardo cronico. Salutai velocemente tutti con
l'auspicio di vederci, puntuali, alle 22.30 di fronte alla discoteca
prima di incamminai con tranquillità verso casa che distava
appena
un centinaio di metri dalla spiaggia.
-Gobba? Gobba? Com'è che vi
chiamate già voi della rubentus?- mi voltai confusa per
controllare
che non si stessero riferendo a me, e sospirai vedendo Matteo, ancora
vicino al chiosco, con due caschi in mano.
-Di nuovo con questa
storia? Siete voi i prescritti!- gli sorrisi avvicinandomi a
lui.
-Sì, cambia discorso che è meglio .-
-Cosa volevi?-
domandai rabbrividendo a causa dell'umidità della spiaggia.
-Stavo
andando a casa anche io devo prepararmi prima che Giacomo occupi il
bagno, sai quanto è lungo. Deve sistemarsi i capelli,
stendere la
crema idratante...-
-Si, taglia corto...- lo interruppi con
impazienza e in risposta lui mosse la mano come a scacciare una mosca
prima di continuare.
-E mi stavo domandando se alla juventina
davanti a me andrebbe un passaggio offerto da un povero
interista?-
-Un passaggio fa sempre comodo, certo, non sei Claudio
Marchisio, ma potrei anche accontentarmi- risposi prendendolo in
giro.
Afferrai il casco e mi preparai a montare sulla sua moto
"storica". Una scarica di eccitazione mi attraversò la
schiena al pensiero di stringere le mie braccia attorno al suo busto
possente. -Stai scherzando vero? Lo zaino con le stelle non lo voglio
sul mio motorino...- mi disse indicando con un cenno la mia borsa da
spiaggia marcata Juventus, regalo di un amico che giocava nella
primavera.
-Se non viene lui non vengo neanche io, siamo un
pacchetto completo!-
-E va bene, ma tienimelo lontano, non voglio
essere contagiato.- Sbuffai e salii dietro di lui cingendogli la vita
con le braccia, conoscevo bene le sue manie di grandezza e la sua
voglia di mostrarsi agli altri, non a caso io e Valerio lo chiamavamo
spesso Narciso.
-Andrai piano vero?- domandai conoscendo già la
risposta.
-Tu tieniti e lascia guidare me, sarà divertente-.Come
se non avessi parlato partì a tutta velocità
impennando addirittura
poco oltre la curva e ricevette in cambio qualche insulto di troppo.
Per fortuna nel giro di pochi minuti, non avrei mai confessato che
avrei preferito che il viaggio fosse un po' più lungo,
arrivai a
casa sana e salva e lo lasciai con la promessa di rivederci
dopo.
-Nemmeno un bacino per ringraziarmi?- Ancora una volta
sentii le gote accaldate a causa dell'imbarazzo, avrei dovuto
smetterla di arrossire per nulla.
-Mi dispiace ma non lo meriti-
risposi in fretta prima di chiudere la porta. Già nella
doccia mi
lamentai con me stessa per non essere rimasta quel tanto che bastava
per vedere la sua reazione.
Mi lavai velocemente per ripulirmi del
sale che iniziava a infastidirmi con un bagnoschiuma al cocco, un
rituale d'obbligo dopo una giornata in spiaggia ormai da qualche
anno. Matteo e che continuavo a usare dopo anni senza mai stancarmi
forse per quella stessa ragione. Paolo odiava il cocco, ne era quasi
allergico, eppure non riuscivo a staccarmi da quella dolce
consolazione serale come se utilizzando quel bagnoschiuma potessi
sentire la solitudine che mi caratterizzava abbandonarmi almeno per
qualche ora.
Inevitabilmente
ripensai a Matteo e all'imminente serata, la sola idea di essere
destinati a trascorrere un'intera serata insieme mi scaturiva i
brividi, brividi di eccitazione. Il suo profumo forte, il respiro
fresco al profumo di menta che sfiorava il mio , riuscivo quasi a
sentire le sue mani che con delicatezza percorrevano il mio corpo
come fosse una statua preziosa da maneggiare con attenzione per non
rovinarla. Le sue labbra carnose e invitanti che si avvicinavano alle
mie pronte per donarmi ciò che da troppo tempo bramavo.
Chiusi
l'acqua di scatto e mi affrettai ad uscire dalla doccia
rimproverandomi per aver superato i limiti con l'immaginazione.
Disposi
con cura gli abiti scelti per la serata prima di asciugare
velocemente i capelli, usai un filo di matita nera per
contornare gli occhi lievemente a mandorla ed evidenziare il marrone
caldo e il mascara per rendere le mie ciglia ancora più
lunghe. Un
tocco di rossetto color mattone non troppo acceso. Con delicatezza
tolsi l'abito dall'armadio e lo indossai con attenzione, attenta a
non rovinare i capelli e il trucco. Era un abito semplice e fresco,
senza spalline, una forma a cuore sul décoletté
per evidenziare le
mie forme morbido lungo i fianchi per nascondere le maniglie
dell'amore che avevo sempre odiato. Mi osservai un'ultima volta allo
specchio e una smorfia simile ad un sorriso mi affiorò
spontanea
sulle labbra. Non ero bella, non mi piacevo granché a causa
della
corporatura robusta, le spalle grosse e poco femminili, quella
pancetta che mai ero riuscita ad eliminare nonostante le molte diete,
eppure quella sera mi sembrava quasi di risplendere.
In
macchina continuai a pensare. Sembrava passato così tanto
tempo
dall'ultima sera in discoteca tutti insieme, avevo appena compiuto
diciotto anni ed eravamo molto più uniti, raramente
discutevamo o
forse preferivamo divertirci piuttosto che trascorrere le serate
guardando film visti e rivisti o ubriacandoci. Sentivamo ancora
addosso gli occhi preoccupati dei nostri genitori e non tornavamo mai
dopo l'una, Matteo escluso perché aveva la macchina e poteva
tornare
all'ora che voleva. Ricordo ancora quella volta che mi portò
a
Sanremo per farmi una sorpresa, tornammo oltre il coprifuoco per via
del traffico sull'Aurelia e per punizione mia madre non mi permise di
uscire di casa per giorni. Ma a me non importava, avevo vissuto una
delle serate più belle della mia vita, forse la
più bella. Ci
eravamo baciati a lungo seduti su quelle pietre piccole e nere,
così
scomode, talmente vicini da sembrare un unico corpo, sotto le nuvole
di quella serata dei primi di Agosto incuranti della realtà
che
spaventosa ci attendeva ad Alassio.
"La Suerte" quella
sera era davvero sorprendente ma la mia opinione era di parte
considerato lo stato d'animo della serata. Vidi di fronte all'entrata
metà della compagnia e mi affrettai a raggiungerla dopo aver
parcheggiato poco lontano, all'inizio della salita, osservai con
piacere l'eleganza che ognuno aveva riservato agli abiti. Salutai
tutti velocemente con un cenno del capo ma abbracciai Valerio che per
l'occasione si era unito a noi.
-Bene, sei arrivata anche tu!
Adesso mancano solo Matteo ed Elena poi possiamo entrare. Belin ma
dove si sono cacciati quei due!- Mormorò a bassa voce
facendo ridere
i vicini, me compresa. Paolo mi si avvicinò con un sorriso
per nulla
convincente e non appena mi accorsi delle sue braccia che si
allungavano in cerca del mio busto mi allontanai di un passo
continuando a parlare con Valerio.
Una brusca sterzata, poco
lontano da noi, catturò la nostra attenzione e
scossi la testa
alla teatralità di Matteo. Ad Elena non doveva essere
piaciuto
particolarmente lo spettacolo a giudicare da come la vedevo discutere
animatamente con il guidatore con tanto di gesti improvvisati nello
spazio ridotto dell'abitacolo ma Matteo, impassibile davanti allo
sgomento della fidanzata si limitò a spegnere il motore
passandosi
una mano fra i capelli per scompigliarli ulteriormente. Vidi
Giacomo, il più responsabile del gruppo, andare a bussare al
finestrino della fiammante Mini con una buona dose di pazienza.
-Oh,
quanto tempo che non vi vedo- disse ironicamente Teo, guadagnandosi
mormorii soffocati mentre la sua ragazza salutava tutti con
un
piccolo cenno della mano ma, a giudicare dalla sua espressione, anche
quel piccolo movimento doveva essere un sforzo immane.
-Paolo, che
sorpresa! E io che pensavo che saresti rimasto a casa...che peccato!-
esclamò ancora spostando lo sguardo sul resto del gruppo,
indugiò
per qualche secondo su di me prima di voltarmi le spalle. Esalai un
sospiro che non mi ero resa conto di aver trattenuto.
-Ok ok gli
animi sono già abbastanza caldi, credo sia il caso di
entrare- dissi
tentando di stemperare la tensione che seguì le parole di
Matteo
anche se sapevo che Paolo non avrebbe mai risposto ad una sua
provocazione.
I primi a farsi spazio tra la folla furono Nico e
Giacomo, seguiti poi da tutti gli altri. Salutammo con un cenno il
buttafuori all'ingresso, un amico di Valerio, la mano un po' sudata
di Paolo cercò la mia alla ricerca di sicurezza
così mi feci largo
fra la folla di corpi sudati e lo trascinai al bar dove già
una
lunga coda attendeva muovendosi scompostamente.
-Tesoro, cosa
prendi?- mi domandò ingenuamente Paolo che non finiva mai di
stupirmi in negativo. Quale fidanzato non conosce le abitudini della
propria compagna? Ecco un altro dei motivi per cui la nostra
relazione sarebbe naufragata presto: due persone che non si conosco
non possono stare insieme, men che meno da anni, è una
storia priva
di fondamenta e di conseguenza di futuro. Aprii la bocca per
rispondere senza tuttavia risultare scocciata o arrabbiata, troppo
abituata alla routine.
-Martini bianco- affermò con sicurezza
qualcuno alle mie spalle e il mio cuore tremò. Mi sembrava
impossibile pensare che qualcuno mi conoscesse a tal punto da
ricordarsi dopo anni il mio aperitivo preferito, soprattutto se
durante quel periodo tra di noi non c'era stato altro che
conversazioni di facciata. Quella consapevolezza non
contribuì a
consolarmi ma solo a rendermi più miserabile, erano
considerazioni
che avrei poi tratto da sola, nel buio della mia camera da letto.
Guardai quindi Matteo con ammirazione e annuii con la testa
nascondendo un sorriso.
-Ma Ale lo sai che è alcolico e che io
non sopporto l'alcol- controbatté inutilmente Paolo ma non
gli
prestai attenzione dal momento che ero concentrata ad osservare due
labbra carnose ad appena cinquanta centimetri dalle mie. Il movimento
delle persone aveva portato i nostri corpi a scontrarsi, trattenni un
brivido quando il suo braccio fresco entro in contatto con il mio e
per qualche secondo credetti di aver immaginato la sensazione di una
lieve carezza sul polso nudo.
- Lo devo bere io, non tu
quindi...- risposi in un sussurro lasciato in sospeso, appena
udibile, non spostando di un misero centimetro lo sguardo.
-Tu
Matteo vuoi qualcosa?- domandò ancora Paolo incurante di
ciò che
stava accadendo davanti ai suoi occhi. Ci muovevamo come ballerini in
una danza antica, ci avvicinavamo e distanziavamo in pochi secondi
per poi sfiorarci, guardarci, ci studiavamo a vicenda consapevoli che
in mezzo alla folla nessuno avrebbe prestato attenzione al nostro
comportamento. Mi sbagliavo, degli occhi chiari e freddi ci
osservavano da lontano, nascosti nell'ombra, e un po' aggrottati per
vedere meglio.
- Un Mojito grazie! - rispose con un po' di
ritardo Matteo, non guardò Paolo ma gli voltò le
spalle ed io
attesi che Paolo si allontanasse prima di dirigermi verso il tavolino
prenotato da Nick, ben lontano dal chioschetto e dalla pista da
ballo, in grado di garantire una buona dose di tranquillità
per non
dover urlare tutta la sera sopra la musica per poter conversare. Mi
accomodai sulla sedia in fondo al tavolo, con le spalle rivolte alla
piscina sottostante illuminata dalle luci colorate e da una sfera
stroboscopica un po' in stile anni '80. Osservai Matteo guardarsi
attorno prima di prendere posto sul bracciolo della mia poltroncina
bianca, in pelle - di quelle che nelle sere d'estate
rappresentano
una vera e propria tortura per le gambe nude - e posare
delicatamente ma con decisione la mano calda e grande sulla mia
coscia appena scoperta. Alzai infine lo sguardo soffermandomi sui
suoi occhi prima, poi sulla mascella ben definita ricoperta da un
filo di barba non lasciato al caso.
-Non si saluta più?- mi
domandò con finto tono disinteressato.
-Scusa, hai ragione! Ciao
Matteo!- risposi ironicamente con un sorriso beffardo, rimanendo
seduta e salutandolo con un impersonale gesto della mano.
-Quello
è un saluto? No, secondo me sai fare di meglio.- Mi
fissò per
qualche istante ma quando vide che non avevo intenzioni di muovermi
mi spronò nuovamente. - Io sto aspettando- disse continuando
a
osservarmi senza alcun cenno di cedimento negli occhi e allargando le
braccia per enfatizzare le parole, le labbra leggermente
socchiuse.
Lo scrutai attentamente nella sua totalità, la cura
adottata nello scegliere gli abiti, il portamento elegante e
signorile. Indossava una camicia bianca appena sbottonata, in netto
contrasto con la pelle dorata, abbinata a un paio di jeans scuri a
vita bassa e le solite "Converse" un po' rovinate con la
bandiera americana. I capelli erano tenuti fermi dal gel e anche
senza avvicinarmi riuscivo a sentirne il pungente aroma della menta.
Con lentezza alzai appena il busto dallo schienale e sporgendomi un
po' gli strinsi le braccia attorno al colletto della camicia mentre
le sue mi cinsero fermamente la schiena avvicinandomi al suo torace
ed impedendomi il minimo movimento; le sue labbra umide si posarono
con dolcezza sulla mia guancia accaldata generando mille
brividi che iniziarono a percorrermi la schiena nuda. Lasciai che i
denti mordessero con forza il mio labbro inferiore per tenere a freno
il desiderio che sentivo crescere nel mio cuore di avvicinare la
bocca alla sua e sentirmi avvolgere come un tempo. Quelle labbra
erano lì davanti a me, con quel rosso tentatore, quella
carnosità
degna di un frutto di stagione maturo, come il più
pericoloso dei
peccati. L'atmosfera si stava surriscaldando troppo velocemente e
sapevo che di lì a poco non sarei più riuscita a
fermarmi, avrei
accorciato quella misera distanza senza pensare ai se, i forse, i
perché. Almeno per una volta Matteo fu il più
responsabile dei due,
tanto che quasi pensai di essermi sbagliata, di aver frainteso il suo
respiro accelerato. Quando allontanai con lentezza la fronte dal
rifugio che aveva trovato nell'incavo del suo collo e tornai a
guardarlo intensamente negli occhi mi resi conto per la loro
vivacità
e luce che non mi ero, senza alcun dubbio, sbagliata.
-Fossero
tutti così i saluti...- mormorò lasciando la
frase in sospeso e con
ancora le braccia avvolte attorno alle mie spalle. Annuii solamente,
incapace di proferire parola a causa della nebbia che da qualche
minuto aveva avvolto il mio cervello.
Per evitare danni
irreparabili, lottai contro il mio cuore e districandomi dalla morsa
che erano le sue braccia appoggiai nuovamente la schiena contro la
sedia spostando il corpo il più lontano possibile dal calore
del suo
che mi attraeva più di una torta al cioccolato per una donna
in
piena sindrome premestruale. Un silenzio imbarazzato da parte mia
calò sulla tavola e il rossore che ancora mi invadeva le
guance non
mi permetteva di guardare Matteo negli occhi costringendomi a
pilotare lo sguardo verso un punto indefinito oltre la piscina.
La
gente si muoveva disordinatamente, talvolta allungandosi con le
braccia al punto tale da toccare un vicino di cui, con il novanta per
cento delle probabilità, non conosceva nemmeno il nome.
Seguivano il
ritmo, in massa, ballavano come se fossero stati catturati da un
vortice o meglio ancora un incantesimo che non dava loro scampo ma a
giudicare dalle risate che sovrastavano la musica l'idea di
liberarsene sembrava ben lontano dalle loro intenzioni. Un'insana
voglia di mischiarmi a loro, di essere di nuovo una fra tante che non
deve nascondersi dal mondo, che è libera di essere chi vuole
senza
curarsi del parere della gente che la circonda mi colpì.
Prima che
potessi muovere anche un solo passo però, Paolo si
avvicinò al
tavolo reggendo in una sola mano i nostri bicchieri e poco dietro di
lui Elena con in mano una birra e il Mojito di Matteo.
- Non
sapete che fatica prendere questi bicchieri, c'era un mucchio di
gente.-
-Grazie Paolo- disse Matteo allontanandosi dalla mia sedia
e spostandosi dal lato opposto forse credendo di allontanare
qualsiasi tipo di tentazione. Mi sentii immediatamente vuota.
-Avete
visto quanta gente in pista?- domandò invece Giacomo seduto
accanto
a Nick, e quasi sobbalzai dal momento che non mi ero resa conto di
quando ci avessero raggiunto - questo è davvero troppo anche
per me.
-
-Ma se sei l'anima della festa! Tutti aspettano te e dj Nick!-
L'intero tavolo si mise a ridere e per un minuto la compagnia
sembrò
essere tornata quella di un tempo.
La serata proseguì in modo
tranquillo senza troppi eccessi. Dopo aver terminato il mio bicchiere
scesi a ballare e mi sentii bene, bella per una volta, complice anche
la discreta attenzione maschile che ricevevo. Altri ragazzi si avvicinavano a ballare ma la mia attenzione
era rivolta soltanto a Matteo che poco distante rideva ad una battuta del fratello. Avevo perso qualsiasi traccia di Paolo e un po' mi sentivo
in colpa ma il fatto che neanche lui fosse venuto a cercarmi mi
alleggeriva la coscienza.
Stanca e sudata mi allontanai verso la
scaletta che porta direttamente sulla spiaggia per riposare le
orecchie e fumare una meritata sigaretta. Non ero sola, tante
coppiette camminavano mano nella mano lasciando simili a una scia le
loro impronte e messaggi d'amore. La malinconia mi assalì a
tal
punto che mi circondai il busto con le braccia benché non
avessi
freddo.
-Ti fa male!- Un sussurro lieve ma suadente, pronunciato
direttamente sul mio orecchio mi fece trasalire. Rabbrividii nel
sentire le sue labbra tracciare i contorni della mia cartilagine,
sfiorarla appena e inumidirla. Mi voltai lentamente conoscendo
già
la persona che avrei trovato davanti ai miei occhi grazie al profumo
che avrei riconosciuto anche in un milione di anni.
-Le abitudini
sono dure a morire, lo sai meglio di me.- Ci guardammo intensamente
negli occhi, il mio marrone chiaro fuso con il suo più
intenso.
Sorrisi e alzai una mano per sistemargli un ciuffo ribelle che
dispettoso gli era caduto sulla fronte, poi mi voltai di nuovo verso
il mare e mi sedetti su un divanetto buttando fuori il fumo prima di
parlare.
-Stanco di bere?- scosse la testa, lentamente, prima di
prendere posto accanto a me, le nostre gambe così vicine da
sfiorarsi.
-Non si è mai stanchi di bere, ti cercavo ma non ti ho
più vista.-
-Avevo bisogno di fermarmi un attimo e prendere una
boccata di aria pulita- conclusi ironicamente. La battuta doveva
essere davvero pessima perché Matteo rise gettando il capo
indietro
e rivelando il collo.
-Hai ripreso il corso di ballo? Eri la
migliore là dentro.-
-Vorrei averne il tempo. Ho seguito il ritmo
e mi sono lasciata trasportare anche se capisco che per uno come te
che non sente il ritmo neanche con la cassa a venti centimetri sia
una cosa difficile da concepire.- Il ballo stava a Matteo come un
pesce a Sestriere.
-Ammetto che il ballo era uno dei miei punti
deboli. Cosa ti dice che con gli anni non sia migliorato?-
-Ma
smettila! Il tuo era un caso disperato anche se a malincuore devo
dire che senza le prove non ho la certezza di quello che
affermo.-
-Mi stai lanciando una sfida? Fossi in te non lo farei
perché potresti scottarti.-
-Amo le sfide.- Lo guardai negli
occhi, determinata. Matteo mi sorrise e senza alcun preavviso mi
strappò la sigaretta dalle mani portandosela con lentezza
alle
labbra. Distolsi lo sguardo, o almeno ci provai, la tentazione era
così forte mentre io ero troppo debole. Dopo aver aspirato
mi
sorrise nuovamente consapevole di quale effetto avesse avuto su di me
il suo gesto e mi indicò di seguirlo con un segno del capo.
Sulla
scala a chiocciola i nostri corpi sudati strisciarono fra loro e fui
tentata, più di una volta, di afferrargli la mano e
stringere le sue
dita tra le mie. Per poco non lo feci, le destra si stava per
chiudere attorno al suo polso quando mi resi conto che non potevo,
non lì in pubblico almeno. Venni poi travolta dalla
consapevolezza
che non avrei potuto comunque accarezzargli le dita, stringerle fra
le mie perché quel ruolo non spettava più a me ma
alla ragazza che
in quello stesso istante sorrideva raggiante a Matteo mandandogli una
bacio.Scossi la testa pur di non pensarci.
Ci avvicinammo alla
pista e facendoci spazio, talvolta sbracciando e calpestando piedi,
raggiungemmo il centro del locale. Immediatamente il dj, piuttosto
famoso a detta di Giacomo, mise una nuova canzone, una di quelle
conosciute con cui la radio tormenta ogni ora i suoi ascoltatori, di
quelle canzoni impossibili da dimenticare, che ti entrano dentro e a
cui tutti nel bene e nel male leghiamo un ricordo.
-Questa può
andare bene maestra?- Quasi risi nell'osservare Matteo guardarmi a
sua volta: eravamo gli unici due immobili in mezzo a centinaia di
corpi ondeggianti.
-Stai zitto un po' e balla!- gli urlai ridendo.
Iniziai a muovermi anche io seguendo il ritmo e muovendo i fianchi
lentamente, passandomi le mani fra i capelli e portandomeli su una
spalla ma il ragazzo davanti a me non accennava a seguirmi, si
limitava ad osservare i miei movimenti con occhi attenti. Gli
afferrai le braccia e me le avvolsi intorno alla vita spingendo il
bacino contro il suo forse in un gesto troppo affrettato ma che
sembrò risvegliarlo dal torpore in cui era caduto.
Iniziò quindi ad
ondeggiare seguendo più il movimento dei mie fianchi che il
ritmo
della canzone. Era quello che volevo sin dall'inizio, averlo
così
vicino da riuscire a distinguere i battiti accelerati del suo cuore
muoversi in sincronia con quelli del mio, sentirmi avvolta dal suo
profumo. Mi avvicinai ancora di più non smettendo un solo
istante di
muovermi e gli riallacciai i bottoni della camicia che nel frattempo
avevano abbandonato l'asola. Mi afferrò per i polsi
tirandomi verso
di sé, i nostri visi erano divisi da pochi centimetri.
-Se non la
smetti rischio di fare qualcosa di cui potrei pentirmi presto.- I
suoi occhi erano bollenti e un semplice incrocio di sguardi mi fece
ardere a tal punto che dovetti voltargli le spalle. La canzone
cambiò
e io presi a muovermi con un andamento sempre più dolce e
lento,
talvolta sfiorando appena il suo torace e ogni volta gioivo
all'interno sentendolo emettere sospiri suadenti. Ballammo ancora tre
forse quattro canzoni ma presto, troppo presto, Nick ci raggiunse
informandoci del fatto che eravamo gli ultimi rimasti. Con un sospiro
rassegnato mi allontanai da Matteo guardandolo un'ultima volta negli
occhi e sfiorandogli con dolcezza la guancia accaldata. Poi mi voltai
e uscii facendomi strada fra i corpi sudata e raggiunsi il gruppo
sulla passeggiata.
-E' stata proprio una bella serata vero
ragazzi?- stava dicendo Nicola ma pochi gli diedero risposta, Elena
intenta ad aspettare Matteo davanti alla macchina, Paolo appoggiato
alla balaustra con la testa a penzoloni per il sonno e Giacomo
piuttosto bianco in volto.
-Hai ragione Nick, davvero una bella
serata.- ci raggiunse Matteo con in mano le chiavi della macchina e
il volto bagnato.
-Scusate se vi ho fatto aspettare ma dovevo
darmi una rinfrescata.- Mi fece l'occhiolino e io pur di non
arrossire fui costretta a iniziare il giro di saluti lasciandolo per
ultimo. Elena quasi non mi salutò se non per un vago cenno
della
testa prima di salire in macchina e appoggiare la testa contro il
finestrino. Estrassi il pacchetto di sigarette dalla borsa e ne
accesi una fermandomi ad osservare gli altri salire sulle proprie
macchine.
-Amore vieni con me?- mi chiese Paolo appoggiato alla
macchina di Nick. Scossi la testa e dopo un abbraccio vidi salire in
macchina anche lui. Rimase solo Matteo appoggiato ad una panchina di
legno intento a controllare il cellulare, almeno in apparenza, sapevo
che stava fingendo per guadagnare tempo senza che gli altri
sospettassero nulla. Mi si avvicinò accostando la schiena
alla
balaustra, iniziò a parlare con tono basso adatto
all'atmosfera ma
non distolse mai lo sguardo dall'orizzonte dove una luna a tre quarti
si specchiava nel mare placido.
-Volevo ringraziarti per la serata
e per il ballo anche se credo di non essere riuscito a convincerti
dei miei miglioramenti- sorrisi liberandomi della cenere in eccesso,
una bava di vento mi solleticò il collo sudato.
-No, direi di no.
Qualche progresso c'è ma devi ancora migliorare parecchio.-
-Mi
mancava uscire tutti insieme, andare a ballare. Hai avuto una buona
idea.- Lo guardai perplessa mentre si staccava dal supporto
metallico, ridusse la distanza tra di noi portandomi dietro le
orecchie un ciuffo di capelli. Alzai lo sguardo e lo vidi
titubante.
-Dovremmo rifarlo al più presto- risposi con voce
tremolante. Matteo non accennava a ritirare la mano, la
lasciò lì,
sospesa a mezz'aria fra la mia guancia e la mia fronte, come se fosse
indeciso su cosa fare.
-Magari anche soltanto noi due- Lo guardai
di scatto a quella proposta improvvisa e così priva di
senso. Non
potevamo uscire da soli una sera, come se nulla fosse successo,
Matteo era fidanzato.
Non ebbi tempo di emettere una risposta.
Matteo abbassò il volto verso il mio, le nostre labbra si
avvicinarono a tal punto che riuscii a sentire il profumo di menta
rimastogli in bocca dopo i mojito consumati. Esitò qualche
secondo,
indeciso su cosa fare e io temetti che mi avrebbe baciato con la sua
ragazza a pochi passi da noi nella sua stessa macchina. Lo temevo,
sì, ma non c'era nulla che bramassi di più.
Mi diede invece un
dolce e prolungato bacio sulla guancia, seguito da una breve carezza
e un sussurrato -Buonanotte zebrina!-
Rimasi lì, immobile e
incapace di rispondere.