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Autore: SemplicementeCassandra    25/11/2016    0 recensioni
Alessandra è un'abitudinaria, il mese di agosto coincide da almeno un decennio con la piccola Alassio. Ma nell'estate del 2008 con il tormentone di Estelle che le rimbomba nelle orecchie e nel "Budello", un ricordo creduto lontano si concretizza per diventare, forse, qualcosa in più. Non è casuale che Alassio venga ricordata come la "città degli innamorati"e Alessandra lo sa bene. Se lo ricorda ogni volta che osserva un paio di occhi marroni, simili ai suoi ma più profondi, che la tormentano nelle notti insonne e la abbagliano di giorno. In un mese che dell'estate conserva qualche sporadico giorno di sole è giunta l'ora di chiudere i conti con un passato ingombrante, una ferita ancora aperta che appare impossibile da ricucire.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Buonasera !! Ecco il secondo capitolo, spero che vi piaccia. Ringrazio chi ha recensito il primo e ha inserito la storia, ora in fase di revisione, tra le seguite. 

Buona lettura e fatemi sapere, se vi va, cosa ne pensate. 
A presto. 

CAPITOLO II: La nostra bolla

Sentivo solo un mormorio di sottofondo mentre con la coda dell'occhio osservavo l'ingresso dello stabilimento balneare in attesa di vedere Matteo da un momento all'altro. Non sapevo se credere o meno alle sue parole e l'ansia mi tormentava ormai da ore. L'estate precedente era stata un vero incubo, per me e per gli amici di sempre, a causa di continui litigi ingiustificati, provocazioni, battute al veleno. Io e Matteo non sembravamo più capaci di comportarci come amici, troppo rancore e delusioni giacevano dalla mia parte e nonostante non sapessi dire con certezza quali fossero le sue motivazioni sapevo che c'era qualcosa. Persino la serata di ferragosto si era conclusa nel peggiore dei modi, con un bicchiere di vino rovesciato sulla sua camicia candida e una litigata a fare da sottofondo ai fuochi d'artificio. Nulla mi diceva che anche quell'anno non ci sarebbero stati problemi, eppure la conversazione del giorno precedente mi aveva lasciato addosso una sensazione particolare, difficile da catalogare. 
-Ale? Ale ci sei o no?- mi voltai sorpresa al richiamo di Elena che quel giorno sembrava piuttosto felice, così felice da intavolare una discussione di sua spontanea volontà, peccato che avessi ascoltato si e no le prime cinque parole del discorso e non sapessi di cosa stesse parlando.
-Ti dispiacerebbe dirmi cosa c'è al chiosco di così interessante da non riuscire a distogliere lo sguardo?-
-Nulla Elena nulla, sono solo un po' stanca e distratta. Tutto qui- le risposi spostandomi in modo tale da non avere più la tentazione di voltarmi: continuare ad aspettare era privo di senso, avrei dovuto immaginare sin dall'inizio che le sue non erano altro che parole vuote. Sentii una punta di delusione insinuarsi sotto pelle, in profondo, deglutii per mandarla via, allontanarla, ma quella rimase lì come a ricordarmi ancora una volta quanto fossi fragile nei suoi confronti. 
-A me più che stanca sembri ansiosa! È venti minuti che ti parlo e tu continui a guardare sconsolata verso Mario, aspetti qualcuno?- La strana curiosità di Elena mi infastidiva più del necessario tanto da farmi sbuffare apertamente senza preoccuparmi del fatto che avrebbe potuto offendersi. Pensai di chiedere al bagnino un cambio di ombrellone così da contrastare in anticipo un mese di conversazioni vuote, sguardi di fuoco a ancor più temibili tornei a carte. 
-Io penso di saperlo Ele, vuoi un suggerimento? Inizia per P e finisce con aolo.- Rimasi ferma, irrigidita quasi, al suono di una voce bassa e profonda, diversa dalle altre e sempre pregna di ironia. Sentii caldo, molto caldo, ed ero certa che non fosse dovuto al sole di agosto; così come si era manifestata la delusione mi abbandonò. 
-Amore, finalmente sei arrivato! Credevo non ti ricordassi più la strada.-
-Solo qualche faccenda da sbrigare prima di pranzo...-. La loro conversazione non era che un sottofondo ai miei pensieri, prestai loro poca attenzione tanto ero intenta a contrastare il fiume di ricordi che spingeva contro gli argini della mia memoria. 
-Io e Alessandra ti stavamo aspettando, ti va di venire a fare una passeggiata? Oggi si muore di caldo.- Mi riscossi soltanto sentendo il mio nome ma non alzai lo sguardo. Quante bugie, quanta falsità. 
-Vieni anche tu Ale?- Sentendomi tirata in causa decisi di smettere di fare finta di nulla e mi costrinsi ad alzare il volto incrociando immediatamente gli occhi di Matteo. Il suo sguardo mi inchiodò al lettino, penetrante, caldo, la sua non sembrava una domanda di circostanza, nonostante il tono molle e un po' annoiato, ma Elena al suo fianco non era dello stesso avviso. La vidi battere energicamente il piede sulla sabbia umida, impaziente, mentre mi osservava con un cipiglio infastidito. La sua proposta era rivolta solo ed unicamente al suo ragazzo. 
-No Matteo, grazie, preferisco abbronzarmi un po'-
-Allora avevo ragione, stiamo aspettando il principe azzurro!! Come vuoi, come vuoi...stai attenta che nell'attesa non ti crescano i primi capelli bianchi-. Il suo tono ironico nascondeva qualcosa di più, sembrava voler continuare, ma era chiaro quanto la presenza di Elena gli impedisse di lasciarsi andare. 
Sul momento non seppi come rispondere, non ero più abituata al nostro quotidiano scambio di battute e quasi feci fatica a trovare una risposta adeguata. Non avrei potuto dirgli di aver già incontrato il principe azzurro, sarebbe stata una bugia e Matteo mi conosceva così bene che se ne sarebbe accorto in pochi secondi, chiunque se ne sarebbe accorto. Come avevo potuto scegliere Paolo? Io che per anni avevo decantato l'importanza di scegliere una persona con cui conversare, sullo stesso piano intellettuale per non annoiarsi mai, mi ero infine legata più ad un bambino che ad un uomo. 
-Dici che si abbinano con un corpo abbronzato?- domandai sorridendo. Aveva già la risposta pronta come se avesse previsto una domanda simile ma non ebbe tempo di controbattere.
-Matteo andiamo?- ci interruppe Elena. Mi aspettai che Matteo si voltasse abbandonando la conversazione a metà per seguirla ma non lo fece, indugiò per qualche istante accanto all'ombrellone e poi con un gesto veloce la invitò di incamminarsi. -Ti raggiungo in un attimo-. 
Fui rapida a nascondere la sorpresa, conoscendolo, sapevo che sarebbe tornato all'attacco su Paolo. Prese posto sul lettino accanto al mio, di solito vuoto. 
-Non lo so, dovrei osservare meglio il corpo prima di poter giudicare- continuò come se nulla ci avesse interrotto. Si avvicinò maggiormente e l'aria intorno a me divenne irrespirabile, satura del suo profumo fresco e della sua presenza. Non immaginai i suoi occhi scivolare lungo il mio viso, il mio collo, le mie spalle. Trattenni a stento un sospiro sorpreso, stava forse insinuando qualcosa? Tornò a guardarmi con occhi carichi di malizia. Sì, avevo colto perfettamente il suo riferimento e quasi spontaneamente mi ritirai nascondendomi meglio sotto il copricostume sentendo le guance avvampare. -Ma continuiamo a parlare di Paolo, è un argomento parecchio interessante.- Confusa per il cambio di rotta nella conversazione lo guardai con un sopracciglio inarcato.
-Sei forse geloso Matteo?- mi azzardai a chiedere in tono sarcastico aspettandomi una risposta tagliente ma ancora una volta rimasi sorpresa. 
-Non so, tutto potrebbe essere. Eppure, credo di conoscere bene ciò di cui si vanta tanto di possedere-. Rimasi interdetta, boccheggiante. Non aveva ancora perso quel sorriso ironico e irriverente, attese che le sue parole mi entrassero dentro prima di alzare un sopracciglio. Roteai gli occhi per il tono un po' arrogante, quello che da sempre usava nei confronti di Paolo. Si alzò senza dire altro, come se la nostra conversazioni fosse finita così, senza un senso e all'improvviso, e raggiunse Elena a riva.

Potevo vedere le mie mani tremare per la tensione. Non ero un oggetto eppure Matteo dopo anni ancora non era riuscito a capirlo, non ero di proprietà di nessuno, men che meno di Paolo o sua. Le sue parole mi avevano portato a riflettere più del necessario, stesa su un lettino al sole, non badavo alla dolce melodia del mio Ipod, ma riflettevo sul comportamento di Paolo, sul mio. Possibile che prima di allora non mi fossi mai resa veramente conto di quanto la "relazione" mia e di Paolo non potesse definirsi una tale? Seguivamo vite diverse, la nostra era una storia a distanza, io a Torino e lui a Varese, ci vedevamo raramente per un pomeriggio insieme e fino a poco tempo prima mi accontentavo. Potevo uscire con le compagne di università, lavorare per uno dei quotidiani locali senza impedimenti ma quando tornavo a casa ero sempre più sola. Non potevo affermare con certezza di non aver mai pensato di tradire Paolo, la tentazione si era presentata un paio di volte durante qualche serata in piazza Vittorio, ma la mia moralità aveva prevalso su tutto. Non ne valeva la pena. Ma in quel momento desiderai averlo fatto, anche soltanto per spezzare quel circolo vizioso che mi aveva tenuto legata a Paolo, immobile, incapace di reagire fino al giorno prima. Ancora una volta, Matteo si era rivelato fondamentale per scuotere i miei sentimenti, quasi risvegliandomi dal torpore in cui ero caduta. Avrei dovuto porre rimedio a quella situazione il prima possibile, ma per il momento decisi di spostare in un cassetto della mente quei pensieri per godermi, almeno per qualche minuto, i caldi raggi del sole.
La pace durò poco, prima di poter ascoltare la quarta canzone della riproduzione casuale, una mano grossa e poco gentile mi scosse il braccio. Mossi gli occhi ripetutamente oscurandomi il viso con una mano per poter osservare Paolo. Non feci caso alla maglietta gialla sporca di cioccolato, né all'espressione un po' assonnata nonostante fosse già quasi mezzogiorno.
-Cucciola, buongiorno!- mi disse sedendosi sul lettino. Sbuffai infastidita ma lo seguii con il busto, dovevo mantenere la farsa ancora per qualche giorno.
-Ciao Paolo, sei arrivato da tanto?- gli domandai senza interesse aggiustandomi il costume.
-Non molto, una decina di minuti. Giacomo è andato a fare il bagno con Nicola e sai che io non so nuotare, quelli vanno sempre al largo. Mi annoio da solo-. Compresi il motivo per cui fosse venuto da me, come sempre, non per trascorrere del tempo insieme ma per non rimanere da solo. Approfittai dell'occasione per avvicinarmi alla riva con Paolo imbronciato dietro di me che mi seguiva come un bambino con la propria mamma. Ed era così che mi sentivo qualche volta, una mamma un po' inesperta e svogliata, che doveva prendersi cura di un bambino incapace di gestirsi. Osservandolo quasi provai tenerezza nei suoi confronti, ma mai amore, rividi quel bambino paffuto e un po' ingenuo che trascorreva le giornate sotto l'ombrellone con un fumetto in mano. 
-Se vuoi raggiungerli ti accompagno, magari non ci spingiamo tanto al largo. - Lo sospinsi verso l'acqua posandogli una mano sulla schiena. In lontananza potevo vedere le sfocate figure dei ragazzi nuotare con tanto di maschera e boccaglio, di Matteo ed Elena neanche l'ombra, ma forse era meglio così data l'ultima esperienza.
Il litorale era deserto per essere i primi di agosto e si sentiva nell'aria un cambiamento imminente, qualcosa di negativo che iniziava a leggersi sui quotidiani e a cui pochi prestavano davvero attenzione.
L'acqua era fredda e come d'abitudine rimasi ferma un po' prima di immergermi per abituarmi al cambio di temperatura. Paolo si avvicinò con l'intento di abbracciarmi, quasi un ringraziamento per non averlo abbandonato, ma mi sentivo in colpa nei suoi confronti, in colpa per non averlo mai amato davvero, nemmeno all'inizio della relazione. Strinsi forte gli occhi: dovevo lasciarlo, il prima possibile per evitare che soffrisse di più. L'unica consolazione era che nemmeno lui mi aveva mai amato, ero più un passatempo per non rimanere soli, un premio da sfoderare agli amici cosicché non lo prendessero in giro per essere l'unico del gruppo a non aver mai avuto una relazione. Avevamo entrambi buttato via gli ultimi anni della nostra vita. 
Paolo si avvicinò e mi strinse in un abbraccio al quale feci fatica ad abituarmi prima ancora di vederlo abbassare il capo e avvicinare la bocca alla mia. Ma quelle braccia, quelle labbra, erano estranee e non mi appartenevano, il mio cuore sembrava urlarmi di allontanarmi , andarmene da lì perché voltandomi avrei trovato braccia più accoglienti, familiari. Braccia e labbra conosciute, imparate a memoria anche in pochi giorni, giorni di tenerezze e baci a fior di labbra, timorosi di spingersi verso qualcosa di più. Lottai con tutte le mie forze per tornare alla realtà e poi accadde.
Una doccia gelata, mi riscosse e se da una parte avrei voluto ringraziare l'autore dello scherzo per il semplice fatto di avermi riportato alla realtà mi rimangiai tutto non appena presi coscienza dell'immagine davanti ai miei occhi.
-Ops, ho interrotto qualcosa?- chiese Matteo con un sorriso innocente dipinto sulle quelle labbra piene, e un po' mordicchiate, un'abitudine che aveva quando si concentrava. 
Paolo fece per rispondere ma lo fulminai con un solo sguardo, quella era la mia battaglia, il mio gioco, e il mio avversario, non avrei permesso a nessuno di intercedere per me. Non ero realmente arrabbiata e Matteo lo avrebbe intuito nel giro di pochi secondi ma in quel momento volevo solo liberarmi da un peso e ottenere una piccola rivincita dopo il discorso sullo sdraio.
-Tu dici?- Non gli diedi il tempo di replicare. Nel tempo di un battito di ciglia si ritrovò completamente bagnato, soltanto dopo mi accorsi che era ancora vestito e alzai lo sguardo per guardarlo negli occhi dove vi lessi divertimento e sfida.
Bastarono pochi sguardi, intuii i suoi pensieri e iniziai a correre inseguita prontamente da lui. Per quanto fossi più giovane di lui le mie capacità respiratorie mi abbandonarono dopo non molto ma sapevo sin dall'inizio di non avere possibilità di vittoria: intere settimane trascorse seduta ad un banco non potevano competere con quattro allenamenti di calcio settimanali. Non passò molto tempo prima che mi afferrasse da dietro e prendendomi in braccio mi trascinasse con lui in acqua.
-E questo a cosa lo devo?- domandai una volta riemersa trattenendo a stento una risata. Non ottenni risposta, in compenso venni nuovamente trascinata sott'acqua dalla sua forza.
Giocammo come due bambini sotto gli sguardi invidiosi o infastiditi degli altri ma a noi non sembrava importare del mondo intorno, eravamo come sospesi all'interno di una bolla nostra e di nessun altro, assenti erano i contatti con l'esterno tanto che non mi accorsi di come anche gli altri si fossero avvicinati e alcuni avessero iniziato a spruzzarsi. Non rivolsi uno sguardo alle occhiate sbieche di Elena o al sorriso amaro e forse consapevole di Paolo, era come se il tempo si fosse fermato in quella parentesi di paradiso dove l'età è solo un numero e non esistono fidanzati ingombrati di cui tener conto. Quante giornate avevamo trascorso così da bambini, con le nostre madri in piedi sulla riva, le mani sui fianchi, a tarda sera in attesa che noi uscissimo dall'acqua. Ricordavo ancora l'odioso fischietto con cui il bagnino ci richiamava quando ormai in spiaggia non era rimasto nessuno, la faccia scocciata di Matteo che essendo il più grande provava a fare quello responsabile afferrandomi la mano e preannunciando vendetta per il giorno seguente. Anche allora, eravamo noi gli unici a giocare in acqua fino a tardi incuranti della lunga doccia che ci aspettava e del solito ritardo a cena per il quale ci saremmo guadagnati un rimprovero. 
Furono gli stessi ragazzi a interrompere il momento avvisandoci dell'avvicinarsi dell'una. La voglia di abbandonare il paradiso era poca e Matteo doveva pensarla allo stesso modo a giudicare dal modo in cui dovetti pregarlo di lasciarmi il polso per poter uscire.
-Non è finita qui, lo sai. Voglio la rivincita.-
-Sogna Matteo, sogna.- e gli sorrisi con un misto di dolcezza e malizia osservando la sua maglietta bianca e fradicia.
Mi allontanai tornando verso la spiaggia dove ad attendermi trovai Giacomo.
-Vi divertite ancora con poco...crescerete mai ?- mi domandò ironicamente accompagnandomi alle docce, sotto il tono scocciato, mi parve di leggere una punta di divertimento. Non sapevo come fossimo passati dalla battute provocatorie al giocare come bambini ma la tregua momentanea non poteva che essere un toccasana per i restanti membri del gruppo.
- Sei solo invidioso Jack. La prossima volta unisciti a noi- lo invitai apostrofandolo con quel soprannome ormai divenuto leggenda nello stabilimento per tutti coloro che conoscevano l'ossessione di Giacomo per gli Stati Uniti. 
-Non mi va, sai il rapporto che lega me e Matteo. E poi io sono un uomo non un bambino come il cretino che mi ritrovo per fratello. -
-Ma se vi volete un bene dell'anima! E poi, lo sai, “muore davvero soltanto chi smette di essere giovane nel cuore”-. Mi osservò perplesso e attese che uscissi dalla doccia per rispondermi. Mi asciugai controllando il cellulare; ero in estremo ritardo per l'appuntamento con la mia migliore amica. Ginevra mi aspettava al bar da ormai venti minuti e conoscendola avrei dovuto trovare una scusa molto più che credibile.
-Carina questa, di chi sarebbe?- domandò finalmente Giacomo e impiegai qualche secondo per capire che si stava riferendo alla frase di poco prima.
-Mia?- risposi incerta con un filo di ironia nella voce.
-Ah, tu e le tua citazioni...dove la trovi tutta questa immaginazione?-
Infilai in fretta gli abiti e mi guardai velocemente allo specchio: capelli in disordine, occhiaie dopo una notte insonne e vestiti stropicciati, facevo pena ma sapevo che non avrei dovuto impressionare nessuno.
-Leggo Giacomo, qualcosa che dovresti fare anche tu. Aiuta sai?- risi della sua espressione offesa e lo salutai con un rumoroso bacio sulla guancia. Avevo quasi oltrepassato il chiosco quando mi voltai di nuovo, per salutare il bagnino ma non solo, la tentazione di cercare con lo sguardo Matteo fu così travolgente che non riuscii a resistere. Mi sorpresi di vederlo seduto sul mio lettino, un asciugamani in un mano e gli occhiali da sole nell'altra, ma ancora di più mi stupii di vederlo rivolto nella mia direzione con gli occhi puntati nei miei; accennò un sorriso al quale ricambiai timidamente, ancora incerta su cosa fosse cambiato in così poco tempo e per quanto potesse davvero durare. 
In lontananza, con il fiatone per la corsa, scorsi Ginevra seduta al tavolo intenta a leggere il menù con l'ipod nelle orecchie e mi sentii felice di rivederla di nuovo dopo mesi di lontananza, lei a Roma e io nella grigia Torino. 
Avevo sentito la mancanza delle sue parole confortanti, dei suoi abbracci caldi in cui dopo gli esami difficili avevo desiderato perdermi, quei rimproveri che solo una persona che ti vuole bene può farti. Tra alti e bassi eravamo amiche da un vita. Osservai attentamente le diverse opzioni di panini sul tavolino e mi crogiolai nella sicurezza che solo l'abitudine può donare.
-Capisco che sono in ritardo ma non mi sembra il caso di svaligiare l'intero Bar - le dissi alle spalle cogliendola di sorpresa e risi vedendola sussultare prima di stritolarmi in un abbraccio soffocante.
-Figurati se non eri in ritardo! Ormai ti conosco, non ci faccio neanche più caso ma il mio stomaco brontolava così-
-Tranquilla Gin, non mi sono offesa - le risposi lasciandomi cadere sull'unica sedia vuota. 
Dopo aver ordinato la sorpresi scrutarmi con occhi indagatori e seppi che di lì a poco avrebbe iniziato una sorta di interrogatorio.
- Sei stanca Ale? Hai delle occhiaie terribili- mi domandò affrontando con noncuranza l'argomento dopo le solite chiacchiere di poco conto. Le risposi osservando la bottiglia di coca cola davanti a me e staccandone con attenzione l'etichetta, pur di non farle leggere la bugia nei miei occhi. 
-Solo qualche problemino, niente di più.-
-E' successo qualcosa? Di me puoi fidarti, lo sai.- Volevo raccontare ciò che sentivo dentro ma avevo paura di essere fraintesa tanto quello che stavo provando mi sembrava complicato.
-E' che - mi interruppi per respirare profondamente. Virginia sapeva poco nulla di Matteo e di quello che solitamente succedeva ad Alassio a causa della mia tendenza a reputare Torino e Alassio due mondi separati e paralleli con nessuna possibilità di scontrarsi.
-Secondo te, l'amore prima o poi finisce? Intendo dire, se hai amato una persona, l'hai amata tanto, è possibile che questo amore non termini mai? Io sono così confusa. Mi sono ritrovata in una situazione scomoda all'improvviso, nessuno mi ha avvertito ed ho così paura di soffrire ancora. Mi sembra impossibile smettere di guardarlo, osservarlo, tremo al suono della sua voce come se avessi ancora undici anni e...Dio com'è frustrante questa situazione! Sono bastate poche ore per mandare completamente in confusione il mio cervello, ma che mi passa per la testa.-
La sua espressione era piuttosto confusa ma non potevo biasimarla, nemmeno io riuscivo a sbrogliare la matassa dei miei pensieri. 
-Posso affermare con certezza che non stai parlando di Paolo, i tuoi occhi brillano e non succede mai quando parli di lui. Non conosco questo ragazzo, prima o poi dovrai presentarmelo, ma non vedo dove sia il problema...buttati, come hai sempre fatto!-
Grugnii per trasmetterle la frustrazione che sentivo ammontare ad ogni parola. Non potevo lasciarmi coinvolgere, ma Ginevra non avrebbe mai capito. Credevo che nessuno, nonostante i miei sforzi, avrebbe mai potuto comprendere davvero lo strano rapporto che mi legava a Matteo, come un cordone ombelicale che nonostante venga reciso continua a tenere madre e figlio uniti. Con Matteo avevo condiviso qualcosa che irreparabilmente mi spingeva sempre a tornare tra le sue braccia.
-Sarà...non lo so. Forse devo pensarci a mente lucida, dopo tutto la vacanza è appena cominciata.- Addentai il panino e rimasi in silenzio non sapendo che altro dire. Avevo sbagliato ad aprirmi così, non potevo pretendere che gli altri mi aiutassero senza conoscere la storia, eppure il desiderio di custodire gelosamente quel passato così importante e vivido era una sensazione talmente prepotente che avrei preferito risolvere i miei problemi da sola piuttosto che raccontare ad altri anche un solo particolare.
-Tra qualche giorno viene giù anche Ema, pensavo che sarebbe stato carino organizzare una cena insieme, magari puoi portare anche il tuo uomo misterioso- mi disse infine girando il cucchiaino nella tazza del caffè ma la mia attenzione era rivolta altrove, verso la coppia di giovani che era appena passata mano nella mano dall'altra parte della strada. Lui le porse il casco e salì sul motorino, lei attese prima di salire a sua volta e stringere le braccia attorno al busto muscoloso del ragazzo. In una nuvola di sabbia e polvere scomparvero...avrei riconosciuto quello scooter ovunque.

  
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