Buonasera !! Ecco il secondo capitolo, spero che vi piaccia. Ringrazio chi ha recensito il primo e ha inserito la storia, ora in fase di revisione, tra le seguite.
Buona
lettura e fatemi sapere, se vi va, cosa ne pensate.
A presto.
CAPITOLO II: La nostra bolla
Sentivo solo un
mormorio di sottofondo mentre con la coda dell'occhio osservavo
l'ingresso dello stabilimento balneare in attesa di vedere Matteo da un
momento all'altro. Non sapevo se credere o meno alle
sue parole e l'ansia mi
tormentava ormai da ore. L'estate precedente era stata un vero incubo,
per me e per gli amici di sempre, a causa di continui litigi
ingiustificati, provocazioni, battute al veleno. Io e Matteo non
sembravamo più capaci di comportarci come amici, troppo
rancore e delusioni giacevano dalla mia parte e nonostante non sapessi
dire con certezza quali fossero le sue motivazioni sapevo che c'era
qualcosa. Persino la serata di ferragosto si era conclusa nel peggiore
dei modi, con un bicchiere di vino rovesciato sulla sua camicia candida
e una litigata a fare da sottofondo ai fuochi d'artificio. Nulla mi
diceva che anche quell'anno non ci sarebbero stati problemi, eppure la
conversazione del giorno precedente mi aveva lasciato addosso una
sensazione particolare, difficile da catalogare.
-Ale? Ale ci sei o no?- mi voltai sorpresa al richiamo di Elena che
quel giorno sembrava piuttosto felice, così felice da
intavolare una discussione di sua spontanea volontà, peccato
che avessi ascoltato si e no le prime cinque parole del discorso e non
sapessi di cosa stesse parlando.
-Ti dispiacerebbe dirmi cosa c'è al chiosco di
così interessante da non riuscire a distogliere lo sguardo?-
-Nulla Elena nulla, sono solo un po' stanca e distratta. Tutto qui- le
risposi spostandomi in modo tale da non avere più la
tentazione di voltarmi: continuare ad aspettare era privo di senso,
avrei dovuto immaginare sin dall'inizio che le sue non erano altro che
parole vuote. Sentii una punta di delusione insinuarsi sotto pelle, in
profondo, deglutii per mandarla via, allontanarla, ma quella rimase
lì come a ricordarmi ancora una volta quanto fossi fragile
nei suoi confronti.
-A me più che stanca sembri ansiosa! È venti
minuti che ti parlo e tu continui a guardare sconsolata verso Mario,
aspetti qualcuno?- La strana curiosità di Elena mi
infastidiva più del necessario tanto da farmi sbuffare
apertamente senza preoccuparmi del fatto che avrebbe potuto offendersi.
Pensai di chiedere al bagnino un cambio di ombrellone così
da contrastare in anticipo un mese di conversazioni vuote, sguardi di
fuoco a ancor più temibili tornei a carte.
-Io penso di saperlo Ele, vuoi un suggerimento? Inizia per P e finisce
con aolo.- Rimasi ferma, irrigidita quasi, al suono di una voce bassa e
profonda, diversa dalle altre e sempre pregna di ironia. Sentii caldo,
molto caldo, ed ero certa che non fosse dovuto al sole di agosto;
così come si era manifestata la delusione mi
abbandonò.
-Amore, finalmente sei arrivato! Credevo non ti ricordassi
più la strada.-
-Solo qualche faccenda da sbrigare prima di pranzo...-. La loro
conversazione non era che un sottofondo ai miei pensieri, prestai loro
poca attenzione tanto ero intenta a contrastare il fiume di ricordi che
spingeva contro gli argini della mia memoria.
-Io e Alessandra ti stavamo aspettando, ti va di venire a fare una
passeggiata? Oggi si muore di caldo.- Mi riscossi soltanto sentendo il
mio nome ma non alzai lo sguardo. Quante bugie, quanta
falsità.
-Vieni anche tu Ale?- Sentendomi tirata in causa decisi di smettere di
fare finta di nulla e mi costrinsi ad alzare il volto incrociando
immediatamente gli occhi di Matteo. Il suo sguardo mi
inchiodò al lettino, penetrante, caldo, la sua non sembrava
una domanda di circostanza, nonostante il tono molle e un po' annoiato,
ma Elena al suo fianco non era dello stesso avviso. La vidi battere
energicamente il piede sulla sabbia umida, impaziente, mentre mi
osservava con un cipiglio infastidito. La sua proposta era rivolta solo
ed unicamente al suo ragazzo.
-No Matteo, grazie, preferisco abbronzarmi un po'-
-Allora avevo ragione, stiamo aspettando il principe azzurro!! Come
vuoi, come vuoi...stai attenta che nell'attesa non ti crescano i primi
capelli bianchi-. Il suo tono ironico nascondeva qualcosa di
più, sembrava voler continuare, ma era chiaro quanto la
presenza di Elena gli impedisse di lasciarsi andare.
Sul momento non seppi come rispondere, non ero più abituata
al nostro quotidiano scambio di battute e quasi feci fatica a trovare
una risposta adeguata. Non avrei potuto dirgli di aver già
incontrato il principe azzurro, sarebbe stata una bugia e Matteo mi
conosceva così bene che se ne sarebbe accorto in pochi
secondi, chiunque se ne sarebbe accorto. Come avevo potuto scegliere
Paolo? Io che per anni avevo decantato l'importanza di scegliere una
persona con cui conversare, sullo stesso piano intellettuale per non
annoiarsi mai, mi ero infine legata più ad un bambino che ad
un uomo.
-Dici che si abbinano con un corpo abbronzato?- domandai sorridendo.
Aveva già la risposta pronta come se avesse previsto una
domanda simile ma non ebbe tempo di controbattere.
-Matteo andiamo?- ci interruppe Elena. Mi aspettai che Matteo si
voltasse abbandonando la conversazione a metà per seguirla
ma non lo fece, indugiò per qualche istante accanto
all'ombrellone e poi con un gesto veloce la invitò di
incamminarsi. -Ti raggiungo in un attimo-.
Fui rapida a nascondere la sorpresa, conoscendolo, sapevo che sarebbe
tornato all'attacco su Paolo. Prese posto sul lettino accanto al mio,
di solito vuoto.
-Non lo so, dovrei osservare meglio il corpo prima di poter giudicare-
continuò come se nulla ci avesse interrotto. Si
avvicinò maggiormente e l'aria intorno a me divenne
irrespirabile, satura del suo profumo fresco e della sua presenza. Non
immaginai i suoi occhi scivolare lungo il mio viso, il mio collo, le
mie spalle. Trattenni a stento un sospiro sorpreso, stava forse
insinuando qualcosa? Tornò a guardarmi con occhi carichi di
malizia. Sì, avevo colto perfettamente il suo riferimento e
quasi spontaneamente mi ritirai nascondendomi meglio sotto il
copricostume sentendo le guance avvampare. -Ma continuiamo a parlare di
Paolo, è un argomento parecchio interessante.- Confusa per
il cambio di rotta nella conversazione lo guardai con un sopracciglio
inarcato.
-Sei forse geloso Matteo?- mi azzardai a chiedere in tono sarcastico
aspettandomi una risposta tagliente ma ancora una volta rimasi sorpresa.
-Non so, tutto potrebbe essere. Eppure, credo di conoscere bene
ciò di cui si vanta tanto di possedere-. Rimasi interdetta,
boccheggiante. Non aveva ancora perso quel sorriso ironico e
irriverente, attese che le sue parole mi entrassero dentro prima di
alzare un sopracciglio. Roteai gli occhi per il tono un po' arrogante,
quello che da sempre usava nei confronti di Paolo. Si alzò
senza dire altro, come se la nostra conversazioni fosse finita
così, senza un senso e all'improvviso, e raggiunse Elena a
riva.
Potevo vedere le mie mani tremare per la tensione. Non ero un oggetto
eppure Matteo dopo anni ancora non era riuscito a capirlo, non ero di
proprietà di nessuno, men che meno di Paolo o sua. Le sue
parole mi avevano portato a riflettere più del necessario,
stesa su un lettino al sole, non badavo alla dolce melodia del mio
Ipod, ma riflettevo sul comportamento di Paolo, sul mio. Possibile che
prima di allora non mi fossi mai resa veramente conto di quanto la
"relazione" mia e di Paolo non potesse definirsi una tale? Seguivamo
vite diverse, la nostra era una storia a distanza, io a Torino e lui a
Varese, ci vedevamo raramente per un pomeriggio insieme e fino a poco
tempo prima mi accontentavo. Potevo uscire con le compagne di
università, lavorare per uno dei quotidiani locali senza
impedimenti ma quando tornavo a casa ero sempre più sola.
Non potevo affermare con certezza di non aver mai pensato di tradire
Paolo, la tentazione si era presentata un paio di volte durante qualche
serata in piazza Vittorio, ma la mia moralità aveva prevalso
su tutto. Non ne valeva la pena. Ma in quel momento desiderai averlo
fatto, anche soltanto per spezzare quel circolo vizioso che mi aveva
tenuto legata a Paolo, immobile, incapace di reagire fino al giorno
prima. Ancora una volta, Matteo si era rivelato fondamentale per
scuotere i miei sentimenti, quasi risvegliandomi dal torpore in cui ero
caduta. Avrei dovuto porre rimedio a quella situazione il prima
possibile, ma per il momento decisi di spostare in un cassetto della
mente quei pensieri per godermi, almeno per qualche minuto, i caldi
raggi del sole.
La pace durò poco, prima di poter ascoltare la quarta
canzone della riproduzione casuale, una mano grossa e poco gentile mi
scosse il braccio. Mossi gli occhi ripetutamente oscurandomi il viso
con una mano per poter osservare Paolo. Non feci caso alla maglietta
gialla sporca di cioccolato, né all'espressione un po'
assonnata nonostante fosse già quasi mezzogiorno.
-Cucciola, buongiorno!- mi disse sedendosi sul lettino. Sbuffai
infastidita ma lo seguii con il busto, dovevo mantenere la farsa ancora
per qualche giorno.
-Ciao Paolo, sei arrivato da tanto?- gli domandai senza interesse
aggiustandomi il costume.
-Non molto, una decina di minuti.
Giacomo è andato a fare il bagno con Nicola e sai che io non
so nuotare, quelli vanno sempre al largo. Mi annoio da solo-. Compresi
il motivo per cui fosse venuto da me, come sempre, non per trascorrere
del tempo insieme ma per non rimanere da solo. Approfittai
dell'occasione per avvicinarmi alla riva con Paolo imbronciato dietro
di me che mi seguiva come un bambino con la propria mamma. Ed era
così che mi sentivo qualche volta, una mamma un po'
inesperta e svogliata, che doveva prendersi cura di un bambino incapace
di gestirsi. Osservandolo quasi provai tenerezza nei suoi confronti, ma
mai amore, rividi quel bambino paffuto e un po' ingenuo che trascorreva
le giornate sotto l'ombrellone con un fumetto in mano.
-Se vuoi raggiungerli ti accompagno, magari non ci spingiamo tanto al
largo. - Lo sospinsi verso l'acqua posandogli una mano sulla schiena.
In lontananza potevo vedere le sfocate figure dei ragazzi nuotare con
tanto di maschera e boccaglio, di Matteo ed Elena neanche l'ombra, ma
forse era meglio così data l'ultima esperienza.
Il litorale era deserto per essere i primi di agosto e si sentiva
nell'aria un cambiamento imminente, qualcosa di negativo che iniziava a
leggersi sui quotidiani e a cui pochi prestavano davvero attenzione.
L'acqua era fredda e come d'abitudine rimasi ferma un po' prima di
immergermi per abituarmi al cambio di temperatura. Paolo si
avvicinò con l'intento di abbracciarmi, quasi un
ringraziamento per non averlo abbandonato, ma mi sentivo in colpa nei
suoi confronti, in colpa per non averlo mai amato davvero, nemmeno
all'inizio della relazione. Strinsi forte gli occhi: dovevo lasciarlo,
il prima possibile per evitare che soffrisse di più. L'unica
consolazione era che nemmeno lui mi aveva mai amato, ero più
un passatempo per non rimanere soli, un premio da sfoderare agli amici
cosicché non lo prendessero in giro per essere l'unico del
gruppo a non aver mai avuto una relazione. Avevamo entrambi buttato via
gli ultimi anni della nostra vita.
Paolo si avvicinò e mi strinse in un abbraccio al quale feci
fatica ad abituarmi prima ancora di vederlo abbassare il capo e
avvicinare la bocca alla mia. Ma quelle braccia, quelle labbra, erano
estranee e non mi appartenevano, il mio cuore sembrava urlarmi di
allontanarmi , andarmene da lì perché voltandomi
avrei trovato braccia più accoglienti, familiari. Braccia e
labbra conosciute, imparate a memoria anche in pochi giorni, giorni di
tenerezze e baci a fior di labbra, timorosi di spingersi verso qualcosa
di più. Lottai con tutte le mie forze per tornare alla
realtà e poi accadde.
Una doccia gelata, mi riscosse e se da una parte avrei voluto
ringraziare l'autore dello scherzo per il semplice fatto di avermi
riportato alla realtà mi rimangiai tutto non appena presi
coscienza dell'immagine davanti ai miei occhi.
-Ops, ho interrotto qualcosa?- chiese Matteo con un sorriso innocente
dipinto sulle quelle labbra piene, e un po' mordicchiate, un'abitudine
che aveva quando si concentrava.
Paolo fece per rispondere ma lo fulminai con un solo sguardo, quella
era la mia battaglia, il mio gioco, e il mio avversario, non avrei
permesso a nessuno di intercedere per me. Non ero realmente arrabbiata
e Matteo lo avrebbe intuito nel giro di pochi secondi ma in quel
momento volevo solo liberarmi da un peso e ottenere una piccola
rivincita dopo il discorso sullo sdraio.
-Tu dici?- Non gli diedi il tempo di replicare. Nel tempo di un battito
di ciglia si ritrovò completamente bagnato, soltanto dopo mi
accorsi che era ancora vestito e alzai lo sguardo per guardarlo negli
occhi dove vi lessi divertimento e sfida.
Bastarono pochi sguardi, intuii i suoi pensieri e iniziai a correre
inseguita prontamente da lui. Per quanto fossi più giovane
di lui le mie capacità respiratorie mi abbandonarono dopo
non molto ma sapevo sin dall'inizio di non avere possibilità
di vittoria: intere settimane trascorse seduta ad un banco non potevano
competere con quattro allenamenti di calcio settimanali. Non
passò molto tempo prima che mi afferrasse da dietro e
prendendomi in braccio mi trascinasse con lui in acqua.
-E questo a cosa lo devo?- domandai una volta riemersa trattenendo a
stento una risata. Non ottenni risposta, in compenso venni nuovamente
trascinata sott'acqua dalla sua forza.
Giocammo come due bambini sotto gli sguardi invidiosi o infastiditi
degli altri ma a noi non sembrava importare del mondo intorno, eravamo
come sospesi all'interno di una bolla nostra e di nessun altro, assenti
erano i contatti con l'esterno tanto che non mi accorsi di come anche
gli altri si fossero avvicinati e alcuni avessero iniziato a
spruzzarsi. Non rivolsi uno sguardo alle occhiate sbieche di Elena o al
sorriso amaro e forse consapevole di Paolo, era come se il tempo si
fosse fermato in quella parentesi di paradiso dove l'età
è solo un numero e non esistono fidanzati ingombrati di cui
tener conto. Quante giornate avevamo trascorso così da
bambini, con le nostre madri in piedi sulla riva, le mani sui fianchi,
a tarda sera in attesa che noi uscissimo dall'acqua. Ricordavo ancora
l'odioso fischietto con cui il bagnino ci richiamava quando ormai in
spiaggia non era rimasto nessuno, la faccia scocciata di Matteo che
essendo il più grande provava a fare quello responsabile
afferrandomi la mano e preannunciando vendetta per il giorno seguente.
Anche allora, eravamo noi gli unici a giocare in acqua fino a tardi
incuranti della lunga doccia che ci aspettava e del solito ritardo a
cena per il quale ci saremmo guadagnati un rimprovero.
Furono gli stessi ragazzi a interrompere il momento avvisandoci
dell'avvicinarsi dell'una. La voglia di abbandonare il paradiso era
poca e Matteo doveva pensarla allo stesso modo a giudicare dal modo in
cui dovetti pregarlo di lasciarmi il polso per poter uscire.
-Non è finita qui, lo sai. Voglio la rivincita.-
-Sogna Matteo, sogna.- e gli sorrisi con un misto di dolcezza e malizia
osservando la sua maglietta bianca e fradicia.
Mi allontanai tornando verso la spiaggia dove ad attendermi trovai
Giacomo.
-Vi divertite ancora con poco...crescerete mai ?- mi domandò
ironicamente accompagnandomi alle docce, sotto il tono scocciato, mi
parve di leggere una punta di divertimento. Non sapevo come fossimo
passati dalla battute provocatorie al giocare come bambini ma la tregua
momentanea non poteva che essere un toccasana per i restanti membri del
gruppo.
- Sei solo invidioso Jack. La prossima volta unisciti a noi- lo invitai
apostrofandolo con quel soprannome ormai divenuto leggenda nello
stabilimento per tutti coloro che conoscevano l'ossessione di Giacomo
per gli Stati Uniti.
-Non mi va, sai il rapporto che lega me e Matteo. E poi io sono un uomo
non un bambino come il cretino che mi ritrovo per fratello. -
-Ma se vi volete un bene dell'anima! E poi, lo sai, “muore
davvero soltanto chi smette di essere giovane nel cuore”-. Mi
osservò perplesso e attese che uscissi dalla doccia per
rispondermi. Mi asciugai controllando il cellulare; ero in estremo
ritardo per l'appuntamento con la mia migliore amica. Ginevra mi
aspettava al bar da ormai venti minuti e conoscendola avrei dovuto
trovare una scusa molto più che credibile.
-Carina questa, di chi sarebbe?- domandò finalmente Giacomo
e impiegai qualche secondo per capire che si stava riferendo alla frase
di poco prima.
-Mia?- risposi incerta con un filo di ironia nella voce.
-Ah, tu e le tua citazioni...dove la trovi tutta questa immaginazione?-
Infilai in fretta gli abiti e mi guardai velocemente allo specchio:
capelli in disordine, occhiaie dopo una notte insonne e vestiti
stropicciati, facevo pena ma sapevo che non avrei dovuto impressionare
nessuno.
-Leggo Giacomo, qualcosa che dovresti fare anche tu. Aiuta sai?- risi
della sua espressione offesa e lo salutai con un rumoroso bacio sulla
guancia. Avevo quasi oltrepassato il chiosco quando mi voltai di nuovo,
per salutare il bagnino ma non solo, la tentazione di cercare con lo
sguardo Matteo fu così travolgente che non riuscii a
resistere. Mi sorpresi di vederlo seduto sul mio lettino, un
asciugamani in un mano e gli occhiali da sole nell'altra, ma ancora di
più mi stupii di vederlo rivolto nella mia direzione con gli
occhi puntati nei miei; accennò un sorriso al quale
ricambiai timidamente, ancora incerta su cosa fosse cambiato in
così poco tempo e per quanto potesse davvero durare.
In lontananza, con il fiatone per la corsa, scorsi Ginevra seduta al
tavolo intenta a leggere il menù con l'ipod nelle orecchie e
mi sentii felice di rivederla di nuovo dopo mesi di lontananza, lei a
Roma e io nella grigia Torino.
Avevo sentito la mancanza delle sue parole confortanti, dei suoi
abbracci caldi in cui dopo gli esami difficili avevo desiderato
perdermi, quei rimproveri che solo una persona che ti vuole bene
può farti. Tra alti e bassi eravamo amiche da un vita.
Osservai attentamente le diverse opzioni di panini sul tavolino e mi
crogiolai nella sicurezza che solo l'abitudine può donare.
-Capisco che sono in ritardo ma non mi sembra il caso di svaligiare
l'intero Bar - le dissi alle spalle cogliendola di sorpresa e risi
vedendola sussultare prima di stritolarmi in un abbraccio soffocante.
-Figurati se non eri in ritardo! Ormai ti conosco, non ci faccio
neanche più caso ma il mio stomaco brontolava
così-
-Tranquilla Gin, non mi sono offesa - le risposi lasciandomi cadere
sull'unica sedia vuota.
Dopo aver ordinato la sorpresi scrutarmi con occhi indagatori e seppi
che di lì a poco avrebbe iniziato una sorta di
interrogatorio.
- Sei stanca Ale? Hai delle occhiaie terribili- mi domandò
affrontando con noncuranza l'argomento dopo le solite chiacchiere di
poco conto. Le risposi osservando la bottiglia di coca cola davanti a
me e staccandone con attenzione l'etichetta, pur di non farle leggere
la bugia nei miei occhi.
-Solo qualche problemino, niente di più.-
-E' successo qualcosa? Di me puoi fidarti, lo sai.- Volevo raccontare
ciò che sentivo dentro ma avevo paura di essere fraintesa
tanto quello che stavo provando mi sembrava complicato.
-E' che - mi interruppi per respirare profondamente. Virginia sapeva
poco nulla di Matteo e di quello che solitamente succedeva ad Alassio a
causa della mia tendenza a reputare Torino e Alassio due mondi separati
e paralleli con nessuna possibilità di scontrarsi.
-Secondo te, l'amore prima o poi finisce? Intendo dire, se hai amato
una persona, l'hai amata tanto, è possibile che questo amore
non termini mai? Io sono così confusa. Mi sono ritrovata in
una situazione scomoda all'improvviso, nessuno mi ha avvertito ed ho
così paura di soffrire ancora. Mi sembra impossibile
smettere di guardarlo, osservarlo, tremo al suono della sua voce come
se avessi ancora undici anni e...Dio com'è frustrante questa
situazione! Sono bastate poche ore per mandare completamente in
confusione il mio cervello, ma che mi passa per la testa.-
La sua espressione era piuttosto confusa ma non potevo biasimarla,
nemmeno io riuscivo a sbrogliare la matassa dei miei pensieri.
-Posso affermare con certezza che non stai parlando di Paolo, i tuoi
occhi brillano e non succede mai quando parli di lui. Non conosco
questo ragazzo, prima o poi dovrai presentarmelo, ma non vedo dove sia
il problema...buttati, come hai sempre fatto!-
Grugnii per trasmetterle la frustrazione che sentivo ammontare ad ogni
parola. Non potevo lasciarmi coinvolgere, ma Ginevra non avrebbe mai
capito. Credevo che nessuno, nonostante i miei sforzi, avrebbe mai
potuto comprendere davvero lo strano rapporto che mi legava a Matteo,
come un cordone ombelicale che nonostante venga reciso continua a
tenere madre e figlio uniti. Con Matteo avevo condiviso qualcosa che
irreparabilmente mi spingeva sempre a tornare tra le sue braccia.
-Sarà...non lo so. Forse devo pensarci a mente lucida, dopo
tutto la vacanza è appena cominciata.- Addentai il panino e
rimasi in silenzio non sapendo che altro dire. Avevo sbagliato ad
aprirmi così, non potevo pretendere che gli altri mi
aiutassero senza conoscere la storia, eppure il desiderio di custodire
gelosamente quel passato così importante e vivido era una
sensazione talmente prepotente che avrei preferito risolvere i miei
problemi da sola piuttosto che raccontare ad altri anche un solo
particolare.
-Tra qualche giorno viene giù anche Ema, pensavo che sarebbe
stato carino organizzare una cena insieme, magari puoi portare anche il
tuo uomo misterioso- mi disse infine girando il cucchiaino nella tazza
del caffè ma la mia attenzione era rivolta altrove, verso la
coppia di giovani che era appena passata mano nella mano dall'altra
parte della strada. Lui le porse il casco e salì sul
motorino, lei attese prima di salire a sua volta e stringere le braccia
attorno al busto muscoloso del ragazzo. In una nuvola di sabbia e
polvere scomparvero...avrei riconosciuto quello scooter ovunque.