Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Segui la storia  |       
Autore: Stella94    07/12/2016    2 recensioni
Dal primo capitolo:
"─Dove andrai?
Gli domandò con voce gracile, quasi con timore. Perché non voleva pensarlo nuovamente lontano, non voleva pensare che stava per perderlo ancora, non voleva pensare che non poteva più raggiungerlo, che lo aveva riabbracciato solo per dirgli addio.
Jon si voltò verso di lei. Il fuoco gli illuminò il profilo del viso più maturo di come ricordava. Aveva occhi grandi e profondi, due cerchi oscuri ricolmi di ombre nelle quali ci si specchiava vedendosi fragile, vulnerabile, un fuscello nella balia della tempesta.
─Dove andremo semmai."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
                                                                                                   
                                                                                   Incubo
 
 
 
 



Sansa Stark stava correndo a perdifiato, lungo un sentiero tetro, pieno di ombre e buchi neri.
Non sapeva dove si trovasse, ma quel luogo la spaventata, immenso e privo di luce appariva come un pozzo nel quale non riusciva a riconoscerne il fondo.
Si trovava in quel posto da giorni, ne era stata intrappolata per un tempo indefinito e tenebroso, durante il quale aveva pianto disperata, cercando di reclamare un aiuto che non era arrivato.
Poi si era alzata, e aveva deciso che correre l’avrebbe portata lontana. Così avanzava, incespicando tra le gonne, inciampando nella nebbia. Ma qualcosa nel buio prese vita e una luce divampò sempre più grande, sempre più forte, accecante.
Sansa sorrise, le lacrime a rigarle il viso gonfio di frustrazione. Seguì quel bagliore, poteva essere l’ennesimo inganno, ma Sansa era già in trappola e restare ferma sarebbe stato come arrendersi alla sua dipartita. Doveva tentare, almeno provarci fino in fondo.
La luce prese la forma di una porta, e la porta si aprì rivelando un nuovo mondo di meraviglie e cose mai viste.
Sansa rimase senza fiato. Ad attenderla dall’altra parte una distesa verdeggiante di prati fioriti, sotto un cielo alto scombro di nuvole. C’era una soave musica, un’arpa liberava note melodiose e dolci. Era un luogo incantevole, ma troppo perfetto per essere il posto giusto.
Sansa si guardò indietro, e anche l’oscurità era svanita. Al suo posto si ergevano le mura alte, imperiose e scalfite dal tempo di Grande Inverno, i vessilli della casa Stark che garrivano al vento sopra le torri alte.
Devo tornare a casa.
Le suggerì una voce nella sua testa. Ma quel luogo incantato la tentava più di quanto negli anni passati avesse fatto il desiderio di vedere la sua vecchia dimora.
Appartieni a Grande Inverno.
Sansa lo sapeva. La cosa giusta era ritornare sui propri passi, fare in fretta prima che la strada ritornasse nuovamente buia.
Ma ecco che l’arpa suonava più forte, intonando la melodia di una vecchia canzone che lei conosceva. Guardò meglio oltre la porta di luce. C’erano bambini che correvano nei prati acciuffando farfalle, fanciulle che danzavo facendo svolazzare i loro abiti leggeri di seta dai colori sgargianti.
Vorrei poter danzare anch’io con loro.
Si guardò nuovamente alle spalle. Grande Inverno stava scomparendo in una cortina di nebbia grigia.
Non posso. Devo tornare a casa.
Ma Sansa lasciò che l’ombra inghiottisse nuovamente quelle mura familiari e amate, e attraversò senza rimpianti la porta di luce.
Ma anche quella luce divenne tenebra, e il paesaggio si colorò di nero.
Sansa precipitò nel vuoto e urlò.
 
Quando aprì gli occhi stava ansimando, la fronte umida di sudore.
Un incubo.
L’ennesimo.
Si guardò intorno passandosi una mano sul viso.  Si trovava in una locanda, lungo la strada per raggiungere Porto Bianco.
Era ancora nuda, i vestiti ormai asciutti sparsi sul pavimento. Nel stropicciarsi gli occhi la realtà le apparve più nitida e ogni cosa assunse la sfumatura giusta, quella che più conosceva.
Aveva dormito parecchio, si sentiva indolenzita ma stranamente riposata come non le succedeva da tempo. Prima che l’incubo la svegliasse, Sansa ricordava un confortevole calore che l’aveva cullata per tutta la notte, dei sussurri dolci, rassicurazioni, mani sul suo viso e lungo la sua schiena. L’ultimo ricordo che aveva della notte trascorsa, era lei che chiudeva gli occhi, con la guancia contro il petto duro e accogliente di Jon. Lui che le baciava la fronte…
Si girò intorno trovando l’altra metà del letto vuota. Con il cuore in gola si accorse di essere sola, gli abiti del fratello scomparsi, così come Lungo artiglio, e la sua bisaccia. Deglutì presa dal panico.
Non poteva averla abbandonata, non lui. Non Jon. Ma dove poteva essere andato così di soppiatto, senza avvisarla della sua assenza o premurarsi di lasciarle un biglietto in cui le spiegava il motivo della sua fuga tanto repentina?
Lo chiamò un paio di volte ricevendo solo il silenzio come risposta, e dei chiacchiericci che provenivano dalla sala comune al piano inferiore, risate, colpi di tosse, qualcuno che inveiva contro un altro.
Si strinse il lenzuolo al petto. Aspettò quelli che le parvero interminabili minuti, di panico e incertezza.
Forse aveva capito, si era reso conto di quanto fosse impossibile fuggire via da un abominevole individuo come Ramsay.
In fondo il Lord suo marito non era sulle tracce di un guardiano della notte dato per morto, ma sulle sue; Sansa Stark, lady di Grande Inverno.
Sansa non sapeva cacciare, non sapeva combattere, non sapeva stare a cavallo, neppure impugnare una daga. Nel fuggire via lasciandola all’oscuro delle sue intenzioni, Jon non si era liberato solo di un’ingombrante presenza che poteva costargli la vita, ma anche di un fardello inutile e pesante sulle spalle già provate. Poteva biasimarlo?
Jon era stato vittima di un tradimento, ucciso da chi riteneva meritevole della sua fiducia quanto un fratello. Quando lei era accorsa nelle sue braccia alla Barriera, Jon era già in fuga, desideroso di lasciarsi il Nord alle spalle, l’intero continente occidentale alle spalle, per tentare la fortuna e vivere una vita che in quelle terre maledette, impregnate di sangue, non avrebbe mai potuto avere.
Lo capiva. Tra loro due non c’era mai stato nessun tipo di rapporto fraterno. Sansa aveva trascorso metà della sua vita a disprezzarlo, a deriderlo chiamandolo bastardo, a lanciargli occhiate truci e piene di risentimento, a fare finta che nei banchetti e nelle feste non esistesse tanto da voltargli le spalle ogni qual volta Jon tentava di porgerle la mano.
Stupida. Non crescerai mai.
Come poteva essere meritevole del suo affetto? Jon si era dimostrato gentile con lei, proteggendola con la sua spada, riscaldandola usando il suo corpo per non farla più tremare, raccontandole cose che voleva sentire tanto profondamente da farla sentire a casa.
Ma forse anche quello era solo un inganno, come la porta di luce del suo incubo che si era trasformata nella sua tomba.
No, non può essere. L’ho visto nei suoi occhi.
Sansa ricordava com’era stato facile annegare in quello sguardo di pura tenebra. Dentro ci aveva trovato cose oscure, fredde, sconosciute, ma proibite e bellissime, tanto che era stata certa di aver sentito fiorire dentro di se un sentimento nuovo, mai provato, stupefacente. Suo.
Eppure era rimasta sola, il freddo aveva ricominciato a farla tramare.  Piegò le gambe contro il petto.
Non devo piangere. Non devo piangere. Non devo piangere.
Ma eccole le lacrime, calde e traditrici, solchi invisibili di dolore sul suo viso già colmo di rimpianto.
Cosa avrebbe fatto adesso? Dove sarebbe andata?
Era una donna sola, ricercata dai più temibili degli aguzzini, non aveva soldi, ne armi e ne cavalli.
Forse Liana mi prenderà con se. Forse mi vorrà come sua sguattera. Le ricordo la figlia, ha detto, forse avrà pietà delle mie lacrime.
Ma suonava come una follia.
Si strinse le gambe con le braccia, incredibile come la mente le sembrava vuota e offuscata. Prese a singhiozzare, mormorando frasi sconnesse. Ma in quella confusione di frustrazione e rimpianto, solo un nome riuscì a pronunciare chiaramente, e urlandolo sempre più forte, fino a sentirlo rimbombare nelle orecchie.
Jon! Jon! Jon!
La porta si spalancò con un tonfo sordo, e Jon comparve dietro di essa, con un’espressione allarmata, ancora ansimante.
Era completamente vestito, asciutto e pulito. Stringeva un fagotto sotto un braccio, le labbra spalancate per prendere aria.
Quando Sansa lo vide, fu come se il suo cuore si spalancasse, così lo stomaco, il centro del petto. Nelle zone aperte e vulnerabili, entravano cose meravigliose e calde, come il sollievo, la felicità, il conforto.
─Sansa? ─ Balbettò Jon ancora provato ─Cos’è successo perché stai piangendo?
E lei aprì le braccia, senza preoccuparsi che il lenzuolo potesse scivolarle dal petto, e Jon capì che l’aveva fatto perché non le importava nulla. Aveva bisogno del suo abbraccio, di sentirlo contro di se, di sentire che c’era per davvero.
Si precipitò sul letto accettando il suo invito. Jon la tenne stretta contro il corpo, il viso nascosto nel collo del ragazzo.
Sansa sentiva le sue mani grandi e fredde dietro la schiena nuda, la sua presa era salda, ma delicata e attenta, come se fosse stata un oggetto fragile e prezioso che doveva custodire con cura.
─Ho pensato che te ne fossi andato via ─ spiegò provata e imbarazzata ─Che mi avessi abbandonata qui, da sola.
Jon aveva un buon profumo, non era come quelli degli altri uomini. Era come annusare la liberà sconfinata, un leggero sentore d’acqua salmastra, un pizzico di limone, pino tagliato. Le piaceva perché poteva riconoscerlo tra mille, e tra mille l’avrebbe scelto.  Era il modo in cui lo sentiva, e sapeva che gli stava accanto anche ad occhi chiusi, e allora poteva lasciarsi andare ai sogni.
─Ma come puoi pensare una cosa del genere? ─ Sentendo il tono della sua voce, deluso e smarrito, Sansa provò vergogna per aver creduto che potesse lasciarla sola sul serio ─Ho promesso di proteggerti, ricordi?
Tirò su col naso e lo osservò, le mani ferme sulle sue spalle. Jon aveva gli occhi grandi quella mattina, ancora un po’ spossati dal sonno, le lunghe ciglia gettavano ombre sottili sulle guance.
Sembrava uscito da un ricordo, uno lontano, felice, rimpianto.
─Dove sei stato allora?
─A procurarti qualcosa da mangiare. Guarda qui. ─ lasciò la presa su di lei solo per mostrarle il fagotto che aveva portato con se. Lo aprì con cura con una mano, mentre l’altra reggeva il contenuto. Il tessuto di cotone bianco si rivelò l’involucro di una pagnotta ancora calda e croccante. Emanava un profumo invitante e dolce, Sansa sentì lo stomaco contorcersi dai crampi della fame ─Liana lo ha appena tolto dal forno. Avevo chiesto se avessero quelle tortine al limone, ricordo che ti piacevano tanto. Ma non sapeva neppure cosa fossero. Nella sala comune c’è una tazza di latte di capra che ti aspetta. Liana non ha…
Sansa si allungò per dare un bacio sulla guancia al ragazzo. Veloce e inaspettato interruppe le sue parole facendolo azzittire.
Quando si tirò indietro, vide qualcosa di diverso nel suo sguardo. Gli occhi prima vacui e svigoriti, ora sembravano vivi, più intensi, di una profondità affascinante e seducente.
Le guance avevano preso la colorazione di un tenero rosa pallido, e le labbra leggermente schiuse sembravano parlare di uno stupore che non era in grado di nascondere.
─Sei così gentile con me.
Forse avrebbe dovuto essere anche lei stupita, imbarazzata, confusa, stranita. Si rese improvvisamente conto del suo aspetto, e di quanto fosse vicino suo fratello e di quanto lo fosse stato.
Forse fu lo stesso pensiero che per un attimo sfiorò la mente di Jon, perché giurò di vederlo osservarla dalla testa, alle spalle nude, al petto nascosto dal lenzuolo, che però lasciava ben visibili le sue forme tonde e pronunciate.
─Ho buone notizie.
Jon le consegnò il pane per andare a chiudere la porta lasciata aperta. Sansa strappò una mollica e la portò alla bocca. Era buono e soffice, o era semplicemente la fame a farle sembrare qualsiasi cosa un pasto squisito e prelibato.
─Davvero?
─Ho trovato qualcuno che ci aiuterà a raggiungere Porto Bianco in pochi giorni. E soprattutto mi sono assicurato una cabina in una nave diretta a Dorne.
─Cosa stai dicendo?
Sansa lasciò perdere il suo pezzo di pane stupefatta e confusa.
─Ho conosciuto il nipote di Liana, un certo Tristifer. ─ Spiegò Jon rimanendo diritto nella stanza che si stava dipingendo della luce bianca di un sole pallido e fioco ─Un tipo abbastanza sfrontato e irriverente, ma mi ha raccontato che è il figlio di un capitano di una nave mercantile, Il Sorriso della Fanciulla, e che suo padre è sempre alla ricerca di mozzi volenterosi per le sue traversate. E così mi sono proposto io come aiutante, e gli ho spiegato che sono disposto a lavorare senza pretendere alcun guadagno, in cambio di un posto sulla sua imbarcazione per me e per mia moglie. Attualmente la nave è proprio ormeggiata a Porto Bianco.
Sansa abbassò gli occhi, stringendo le labbra. Jon sembrava così entusiasta del suo piano che quasi aveva paura a rivelargli le sue perplessità. Forse stava diventando eccessivamente paranoica, e quella effettivamente era davvero una buona notizia.
Nell’osservare suo fratello lo scoprì fermo con le mani aperte, come nell’attesa di un urlo di gioia, delle sue braccia pronte a stringersi intorno al suo collo, ringraziandolo con sincera gratitudine. Ma Sansa scosse solo la testa.
─E tu ti fidi di questo Tristifer?
─No! ─ Esclamò avvilito ─Ma non c’è atra scelta. Non abbiamo più soldi, né cavalli. L’esercito di Bolton ci sta alle calcagna, una volta saliti su quella nave saremo al sicuro. E quando arriveremo a Dorne, prederemo un’altra imbarcazione che ci poterà dritti a Walano. O potremmo restare a Lancia del Sole, o qualsiasi altro posto tu preferisca.
Era una prospettiva che certamente l’allettava. Era come se stesse per uscire dalle ombre, scorgendo luce e meravigliose possibilità oltre una porta splendente.
Ma poi ripensò al sogno, al modo in cui aveva voltato le spalle a Grande Inverno, varcando quella soglia oltre la quale aveva intravisto cose incantevoli e bellissime, precipitando poi in un baratro ancora più buono delle ombre in cui si era trovata.
Non voglio essere codarda.
Jon tornò a sedersi sul letto, interpretando il suo silenzio come una strana forma di paura e indecisione. Sfiorò le sue dita abbandonate sul grembo.
─Sansa, andrà tutto bene, te l’ho prometto. 
Ritornò ad osservalo in quei suoi occhi grandi e lucidi. Se anche lui avesse dei ripensamenti, non vi era alcuna traccia nel suo sguardo tutto spigoli e ardimento.
Annuì, non ancora del tutto sicura, ma tanto bastò per fargli assottigliare la lebbra, sistemarsi la cappa calda sulle spalle.
─Finisci di mangiare e vestiti ─ Le disse alzandosi dal letto ─Io ti aspetto fuori. Dobbiamo fare in fretta. C’è una nave che ci aspetta.  
 
 
CONTINUA..
 

 
Un nuovo capitolo giunge al termine, ed eccoci qui all’inizio del viaggio! Vediamo una Sansa molto più restia a lasciarsi andare, rispetto a un Jon che è molto determinato. Il fatto che Jon ha visto la morte, è morto, è stato tradito, ed è come colui che adesso vuole cominciare a vivere la sua vita in modo diverso, viversela a pieno, perché sa che potrebbe finire da un momento all’altro. Sansa ha conosciuto gli uomini, ha visto cosa si nasconde nelle sue menti, sa che possono tradire, sa che possono giocare, e non è sempre pronta a fidarsi.
Sono due personaggi che stanno affrontando lo stesso discorso in modo diverso, vedremo questo a cosa li porterà.
Grazie mille come sempre per il vostro appoggio! Non dimenticate di farmi sapere cosa ne pensate! Allora prossima cari!! 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: Stella94