Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Lady_Levi_Malfoy    11/12/2016    2 recensioni
Mancavano pochi giorni alla riconquista del Wall Maria. La missione in cui stavano per imbattersi era suicida e lo sapevano tutti, ma scoprire la verità era più importante di ogni cosa. Forse per gli altri, per Levi no: a lui importava solo una persona.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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La sera stava per calare anche sul loro ultimo giorno trascorso nelle mura. Levi aveva abbandonato la sua squadra perché come a ogni missione andassero a salutare i cari che erano loro rimasti. Lui non aveva più nessuno da rassicurare sul suo ritorno: tutta la sua vita, per quanto poco gli piacesse, si era ridotta all'interno dell'esercito e non aveva nessuno ad attenderlo. Si sedette sul camminamento delle mura e assaporò la vertigine che gli dava ancora ogni volta veder quello spazio senza confini che lo aspettava prepotentemente fuori. Gli gridava che era libero, che poteva sempre abbandonare quel mondo di orrori e cercare qualcosa di meglio. In fondo che cosa lo aveva trattenuto fino ad allora? «Ehi, posso restare un po' con te?». La voce di Erwin in qualche modo rispose alla sua domanda silenziosa. Aveva l'aria stanca con la quale tornava dalle riunioni e faceva un cenno per indicare il posto al suo fianco. Sì, esisteva ancora una ragione per rimanere in mezzo ai suoi simili. Gli fece segno di sedersi ed Erwin si sistemò accanto a lui respirando a fondo. Era dalla sera prima che non si vedevano e Levi non era sicuro di come comportarsi. «Come facevi a sapere che ero qui?» chiese sospettoso. «Non lo sapevo, infatti» rispose l'altro tranquillo «Sono venuto qui per riposare un po', ma sono contento di averti incontrato». Lo guardò negli occhi e Levi sentì il bisogno di stringerlo per la giacca e baciarlo. Erwin ricambiò abbracciandolo, poi si voltò a guardare il sole che stava ormai tramontando coprendo con pennellate vermiglie tutto ciò che sfiorava. Il cielo aveva assunto tutti i colori dell'iride e spargeva una luce calda e dorata. Erwin intrecciò le sue dita con quelle di Levi e osservò le nubi come se quella luce color bronzo gli rivelasse qualcosa di comprensibile a lui soltanto. «Non è in mondo meraviglioso?» chiese tenendo lo sguardo sull'orizzonte. Levi non seppe rispondere: quello che vedeva era bellissimo, ma era lo stesso mondo che voleva strapparlo all'uomo che amava. Erwin sembrò capire ciò a cui stava pensando e cominciò a dire «Senti, Levi, se domani dovessi...». Levi non volle ascoltare una parola di più e lo interruppe brusco. «Ti prego, non parliamone. Non questa sera. Facciamo finta che domani non esista: voglio fingere per almeno una notte di avere una vita normale. Felice, forse». Il comandante lo guardò, poi acconsentì comprensivo. Tornò a guardare il grande sole rosso che scompariva dietro l'orizzonte e si aggiustò distrattamente il ciuffo. Levi sorrise a quel gesto involontario e, senza che l'altro se lo aspettasse, lo agguantò per una spalla e gli scompigliò la testa a tradimento. «Lascia in pace i tuoi capelli!» esclamò divertito. Erwin protestò per scherzo mentre cercava di liberarsi, poi cedette volentieri e si lasciò tirare giù dall'altro. Si sdraiò sul camminamento e appoggiò la testa sulle sue cosce mentre Levi continuava ad accarezzagli i capelli. «Dal momento che non hai pietà per i tuoi sottoposti, dovresti almeno dare pace alla tua frangia che non ha nessuna voglia di stare là dove la sistemi la mattina» continuò con tono giocoso «Sei un maniaco della disciplina». «Questo ormai dovresti saperlo» replicò l'altro cercando di ripristinare l'ordine tra le sue ciocche chiare. Levi gli fermò la mano e gliela baciò, ma rincarò la dose per provocarlo «Andiamo, ammettilo: quanto tempo dedichi ogni mattino per pettinarti così da damerino?». Erwin gli mordicchiò per gioco il polso per liberarsi e ribatté «Smettila di insultare i miei capelli!». Il tono di Levi si ammorbidì e, chinatosi su di lui, lo baciò appena più e più volte per zittirlo, poi ammise «Scherzo, in realtà mi sono innamorato di te anche perché sei biondo». «Una grande dichiarazione, non c'è che dire» commentò Erwin fingendosi offeso. Non ci riuscì che per pochi secondi, poi lo guardò con curiosità e domando serio «Quando ti sei innamorato di me?». Levi non ci pensò quasi prima di rispondere «Praticamente subito. Non so quando me ne sono accorto davvero, ma so dirti quando per la prima volta mi sei sembrato diverso da tutto il resto del mondo» gli accarezzò una guancia guardando lontano «Ero appena entrato nell'esercito: combattevo cercando a tutti di dimostrare quanto fossi migliore, per una sorta di vendetta personale, e nel bene o nel male impressionavo chiunque mi vedesse... tu invece sei arrivato da me e, senza nessun interesse, mi hai detto semplicemente che avevo usato troppo gas». «E continui a farlo». Levi lo ignorò per proseguire il suo racconto «Mi hai smontato: hai mandato il mio orgoglio a fottersi e mi sono accorto di due cose. La prima era che tu non indossavi nessuna maschera, ti mostravi al mondo esattamente come eri senza paura. E questo ci faceva sembrare tutti delle merde al tuo confronto. La seconda era che mi andava bene anche se vedevi che ero una merda: eri l'unica persona al mondo a cui avrei potuto mostrare tutto di me; l'unico da cui mi sarei lasciato correggere e aiutare». Erwin accolse quella confessione in silenzio, ma tutto in lui diceva che era felice di quello che aveva sentito. Levi attese un po', poi domandò a sua volta «E tu? Quando ti sei innamorato di me?». IL comandante scoppiò a ridere e rispose «Ufficialmente ieri, quando per la prima volta mi sono accorto che non eri interessato a me solo perché ti davo uno stipendio». «Questo è perché sei un ottimo stratega, ma quando si deve parlare dei tuoi affari personali fai pena» replicò Levi «Se ne erano accorti tutti tranne te». «Devo ammettere la mia cecità» riconobbe Erwin alzando la mano in segno di scusa «Però, sai, c'era già stato un momento, molto tempo prima, in cui inconsciamente avevo preso ad amarti. È stato dopo la morte dei tuoi amici» le mani che Levi teneva sulle sue spalle si irrigidirono «Quando ho visto il tuo dolore, la tua disperazione, hai cambiato per sempre qualcosa di me. Li ho sentiti come se fossero miei e al tempo stesso mi sono accorto che tu avevi nel cuore più di chiunque altro. Da quel giorno ho giurato che tutto ciò che avrei fatto sarebbe stato per creare un mondo in cui saresti stato ricompensato per quella perdita. Non lo sapevo ancora, ma lì ho deciso che ti avrei amato». Levi non rispose nulla, perché non era certo che la voce avrebbe retto. Per la prima volta dopo anni sentì sciogliersi un poco la scheggia di ghiaccio che si portava nel cuore dalla morte dei suoi amici. Si strinse con tutte le forze che aveva alla schiena di Erwin e per ricomporsi alzò gli occhi verso il cielo che si copriva del velluto scuro della notte. Proprio sopra di lui si trovava una luce distante e flebile, come se l'avessero dimenticata per caso nell'immensità di quel manto nero, ma lui la indicò con un dito ed esclamò «Guarda, una stella!». Erwin la cercò con gli occhi e per farlo si tirò di nuovo su. «La prima stella...» mormorò. Si voltò verso di lui e raccontò come non si era mai spinto a fare «Sai, quando ero bambino io e mio papà avevamo un gioco: subito dopo il tramonto, nei giorni di bel tempo, uscivamo in cortile e aspettavamo che comparisse la prima stella. Il primo che la vedeva vinceva un premio». «Che genere di premio?» chiese Levi sorpreso dal fatto che il comandante si fosse aperto su un passato su cui era sempre reticente. «Qualunque cosa. Un biscotto, un sasso trovato per strada, una storia prima di andare a dormire...». «Quindi io cosa vinco?» lo interruppe Levi rivolgendogli un mezzo sorriso. Erwin sembrò colto alla sprovvista, ma poi sorrise e rispose con slancio «Ciò che vuoi». Per tutta risposta Levi gli mise le braccia attorno al collo e avvicinò il suo viso al proprio. Erwin lo baciò appena in modo dolce e Levi lo lasciò fare per un po', poi però si insinuò con la lingua tra le sue labbra e lo costrinse ad aprirsi a lui. Lo baciò ardentemente, stringendolo e quasi sedendoglisi sopra. Non gli importava che qualcuno li vedesse, non gli importava che fosse evidente il suo desiderio anche se non poteva averlo là in mezzo agli spalti. Rimase stretto a lui baciandolo come se fosse l'unico modo di possederlo veramente per sé solo, senza condividerlo con il resto del mondo che dirigeva. Erwin gli cinse la vita in un gesto che gli veniva spontaneo e che a Levi piaceva fino a impazzire: sentire le sue dita che gli accarezzavano i fianchi lo compiaceva allo stremo e percepì che anche il compagno avrebbe voluto avere il pieno controllo sul suo corpo, ma fu costretto a rinunciare perché lassù erano troppo visibili. Si separarono con il fiato ansimante e Levi fece per tornare al suo posto, ma Erwin lo trattenne e appoggiò la propria fronte alla sua per sentirlo vicino. Levi si accoccolò tra le sue gambe e tornò a guardare a notte tenendogli la mano. «Ho visto il cielo per la prima volta quando tu mi hai permesso di uscire all'aperto» disse a un certo punto, perso nei propri pensieri «E ogni sera provo la stessa emozione. Ogni volta che alzo gli occhi mi stupisco di quanto sia bello e mi spavento perché mi sembra impossibile che sia vero. Non è possibile che una simile meraviglia esista davvero per un criminale come me». La sua frase era morta in una sorta di accusa ferita, ma Erwin rispose con voce rassicurante «Ci sono le stelle a confermarlo». Indicò la manciata di piccole perle che li sovrastava e continuò «Le stelle serviranno sempre a mostrarti la differenza tra il cielo e il soffitto buio sotto cui hai vissuto. Se guardi le stelle ti rendi conto che questo dono è vero e che quindi tu lo meriti». Quella frase lo lasciò senza parole. Annaspò per diversi secondi prima di mormorare «Davvero merito di vivere?». Tutto il suo passato gli passò davanti premendogli sul cuore: lui non vedeva né giustificazioni né salvezza per quello che era stato costretto a diventare. Erwin si accorse del suo turbamento e rispose calmo «Chiunque sia stato amato ha il suo posto nel mondo» si chinò sul suo collo «Guarda le stelle per ricordarti che almeno per me sei stato la cosa più bella di tutta la mia vita». Levi avrebbe voluto trovare le parole adatte per rispondergli, ma l'altro si alzò prima che potesse farlo e scese dagli spalti per tornare all'interno. Levi si alzò a sua volta e lo seguì tenendosi al suo fianco. Camminarono così per diversi minuti, ognuno perso nei propri pensieri, ma a un certo punto Levi si accorse che Erwin si era fermato ed era rimasto indietro di un paio di passi. Si voltò stupito e si accorse che lo guardava con un'ombra negli occhi che prima non gli aveva visto, forse perché l'aveva tenuta nascosta a causa della promessa fatta di fingere che andasse tutto bene. Ora, guardando il suo volto fino ad allora determinato, Levi si sentì in colpa per averlo fatto recitare una tranquillità che non aveva. «Va tutto bene?» chiese con delicatezza. Erwin lo osservò, immobile salvo per gli occhi adombrati, e impiegò diversi secondi prima di ammettere «Levi, ho paura...». Levi non rispose, ma lo strinse forte a sé, questa volta come avrebbe fatto come un bambino, e rimasero così fino a quando non riuscirono a passarsi un po' di calore l'uno con l'altro.
   
 
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