Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Signorina Granger    11/12/2016    6 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
1944: Gellert Grindelwald rappresenta più che mai una minaccia e la Camera dei Segreti è stata misteriosamente aperta da circa un anno; nemmeno Hogwarts è un luogo sicuro.
Nella speranza di preparare i suoi studenti a ciò che potrebbe aspettarli dopo il Diploma, il Preside Armando Dippet convoca alcuni tra i suoi più talentuosi ex studenti per far seguire delle lezioni nuove, creando così una classe speciale formata dai più capaci studenti dell’ultimo anno.
Queste nuove lezioni li aiuteranno ad affrontare la crudeltà della vita vera?
Oppure anche i loro nuovi insegnanti si ritroveranno ad imparare qualcosa da loro?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 22: Raccontarsi (Parte I)
 
Giovedì 1 Aprile 
 
Stai alla larga da me
 
Era consapevole che Lumacorno stesse blaterando qualcosa sulla Pozione Polisucco, ma non lo stava ascoltando… era troppo concentrato sull’insetto che, non si sapeva come, si era infilato nei Sotterranei fino all’aula di Pozioni.
Antares Black sprofondò nella sedia, desiderando ardentemente di sparire nel nulla mentre seguiva nervosamente gli spostamenti di quella maledetta vespa che ronzava sopra le loro teste.  
Non era l’unico ad essersene accorto, ma Lumacorno non sembrava farci molto caso… Antares invece moriva dalla voglia di scappare dall’aula, e in fretta.
 
No, non venire qui! Vai di là!
 
Antares sbuffò, continuando a fissare nervosamente la vespa… aveva la sensazione che ce l’avesse proprio con lui, chissà perché. 
Quando poi l’insetto si abbassò e fece per planare sui banchi il Serpeverde fece quasi schizzare la mano in aria, attirando l’attenzione dell’insegnante: 
“Si Black?”
“Signore… posso andare in bagno?” 
“Certo, vai pure.” 
 
Lumacorno annuì con fare sbrigativo prima di riprendere a parlare, mentre il ragazzo sorrideva con sollievo e si alzava, ignorando le risatine di suo cugino mentre quasi correva fuori dalla stanza, alla larga dalla vespa.
 
“Non so perché, ma ho la sensazione che Black se la stesse filando… non ti ha dato quest’impressione?” 
“Non saprei.”     Bella si strinse nelle spalle con noncuranza, continuando a tenere gli occhi chiari puntati sulla pergamena mentre scriveva in fretta per stare al passo con la parlantina di Lumacorno. Oliver però inarcò un sopracciglio, guardandola quasi con aria sospettosa:
“Bella… a me non la dai a bere. Che hai fatto?”
 
“Assolutamente niente!”     Isabella alzò lo sguardo per puntarlo sull’amico, sorridendo a mo’ di angioletto innocente…. Peccato che ormai Oliver Miller non si facesse più ingannare da quel visino da bambola:
“Bella.”
 
“Andiamo, è il Primo d’Aprile… è lecito! Così impara il signorino Black a filarsela con i sotterfugi di fronte ai turni.” 
Bella sorrise con lieve soddisfazione, alzando lo sguardo sulla vespa che ronzava sopra le loro teste… se solo Antares Black avesse saputo che era finta…
 
                                                                                           *

 
“Notizie della mamma?” 
 
Ingrid esitò per un attimo prima di scuotere il capo, sospirando leggermente di fronte alla domanda della sorellina Astrid:
 
“No... o almeno, niente di rilevante. Non credo stia migliorando, piccoletta.”  
“Grazie per dirmi le cose Ingrid... papà non voleva mai dirmi niente, dice che sono “troppo piccola”.” 
“Sciocchezze, non sei piccola... e non credo sarebbe giusto tenerti all’oscuro di quello che succede alla nostra famiglia. Chissà come sta papà...”  
Ingrid sospirò, appoggiando il capo contro quello della sorella minore mentre stavano sedute una accanto all'altra, sulla riva del Lago Nero. 
Tra le due calò il silenzio per un po’, mentre entrambe osservavano il Lago e pensavano ai loro genitori, lontani sia tra loro due che rispetto alle figlie.  
“Almeno della mamma possiamo avere notizie... con papà è diverso.” 
 
“Sono sicura che sapremo presto come sta, Astrid... anzi, te lo prometto. Anche io vorrei scrivergli, ma se non lo facciamo è solo per il suo bene, potrebbero intercettare le lettere facilmente.” 
La Tassorosso annuì, anche se non sembrava molto convinta dalle parole della sorella maggiore, che però sorrise e l’abbracciò, facendole il solletico:
 
‘Ma ora levati quel muso lungo, infondo hai ancora la tua strepitosa sorellina, non ti puoi certo lamentare!”  
“Sul “strepitosa” avrei da ribattere, veramente... ahia!” 
 
                                                                               *
 
“Ciao… Ti va di giocare? Lyanna sta preparando la sua lezione e Regan chiacchiera con Silente.” 
William sfoggiò un sorriso innocente, che venne accolto con una buona dose di scetticismo dalla sua destinataria, che si chiuse la porta della stanza alle spalle mentre si guardava intorno con aria sospettosa, quasi come se fosse certa che ci fosse qualcosa ad aspettarla dietro ogni angolo.
Gli occhi verdissimi di Charlotte vagarono dal camino spento, all’armadio chiuso, alle poltroncine fino al tavolo dove il suo collega preferito era seduto, guardandola quasi con leggero divertimento mentre teneva il mazzo da gioco in mano: 
“Che c’è Charlotte? Paura di perdere?”
“Certo che no. Mi preoccupa di più quello che qualcuno potrebbe aver architettato per farsi quattro risate a mio discapito.”
 
La donna lo fulminò con lo sguardo, raggiungendolo e sedendosi di fronte a lui – ma solo dopo aver controllato sotto al cuscino della sedia – con la stessa espressione scettica stampata in faccia: 
“Andiamo Charlotte… pensi davvero che ti abbia fatto uno scherzo?”
“Dopo quello dei mantelli, non mi stupirebbe.”

 
La donna roteò gli occhi e lui sorrise, scuotendo il capo mentre il mazzo si auto-mescolava magicamente:
 
“Giuro che non ti spaventerò… non ti voglio traumatizzare prima di giocare a carte, non mi piace vincere facile.” 
“Bene. Hai trovato pane per i tuoi denti allora… perché a me piace vincere e basta.”
 
                                                                              *
 
“Ehi... ti sei nascosto perché temi che qualcuno possa farti uno scherzo?” 
Oliver quasi sussultò, voltandosi di scatto ma sorridendo leggermente nel trovarsi davanti Bella, rilassandosi all’istante: 
“Non proprio... volevo solo stare un po’ da solo.” 
“Devo andare o posso farti compagnia?”  
“No, in quanto mia suggeritrice ufficiale sei ammessa.... non è che hai un piano per farmi uno scherzo, vero?” 
 
“Tranquillo, non è mia intenzione.” Bella sorrise innocentemente, andando invece a sedersi accanto a lui, sul bordo della piscina vuota del Bagno dei Prefetti.  
“A cosa stai pensando?” 
“A niente...”  Oliver si strinse nelle spalle, giocherellando distrattamente con la cravatta rossa-oro mentre Isabella sbuffava, lanciando all’amico un’occhiata di sbieco:
 
“Certo, e io sono la Dama Grigia. Quando vogliamo stare da soli abbiamo sempre qualcosa per la testa Olly... andiamo, cosa c'è che non puoi dire a me?” 
 
“Pensavo a quando abbiamo parlato con Ingrid oggi... a quando ha nominato Ethan." 
Tra i due calò il silenzio per qualche istante, mentre Oliver si ostinava a tenere lo sguardo basso, fisso sulla sua cravatta che teneva ancora tra le dita mentre Bella rimuginava su quanto sentito, ricordando anche troppo bene quanto di cattivo umore fosse stato l'amico quando Ethan se n'era andato, non tornando ad Hogwarts per il settimo anno.
 
“Glie l'hai detto?” 
“A Ingrid? No... una volta mi ha chiesto se lo conoscevo, sapendo che aveva studiato qui. Le ho detto di sì, ma non che eravamo amici.”  
“Vi scrivete mai?” 
“No, ma gli ho detto io di non farlo... probabilmente è meglio così.”   Oliver sbuffò appena, lanciando un'occhiata torva alla vetrata del bagno, dove la sirena dai capelli rossicci li stava osservando con curiosità. 
 
“Lo so che ti manca Olly... lo so anche troppo bene, ad inizio anno eri più musone che mai. Ma credo che dovresti lasciar perdere questa storia, anche se mi rendo conto che dev’essere frustrante.” 
“Certo che lo è. I Purosangue sono degli imbecilli. Senza offesa.”  
“Nessuna offesa tesoro, lo so benissimo... mio padre non è molto meglio di quello di Ethan, sai? Insomma, se si fosse mai curato minimamente di me credo che anche lui avrebbe protestato se fossi diventata molto amica di in Nato Babbano. Il Signor Gallagher è un vecchio bigotto Olly, lascia stare... e lo sa anche Ethan, lo sai che disprezza la sua famiglia.” 
 
Oliver annuì, ricordando chiaramente tutte le volte in cui, nel corso degli anni, aveva sentito il suo migliore amico parlare della sua famiglia, di quanto secondo lui fossero fissato con la questione del Sangue... ai suoi genitori non era mai andato giù che fosse amico di un Nato Babbano. 
“Tu lo senti mai?”  
“Ogni tanto... mi ha chiesto di terrei d'occhio, in effetti.”   Isabella sorrise con aria divertita, già immaginando la reazione del Grifondoro che non tardò ad arrivare: Oliver si voltò verso la rossa, guardandola con gli occhi fuori dalle orbite: 
“E me lo dici solo ORA? Siamo ad Aprile! Aspetta... è un Pesce d’Aprile?” 
“Forse sì, forse no... non lo saprai mai, Miller!”  
Isabella rise, alzandosi e mettendosi di nuovo in piedi prima di trotterellare fuori dal Bagno dei Prefetti, seguita immediatamente dal Grifondoro:
 
“Bella, aspetta! Se tu e Ethan parlate di me me lo devi dire, capito? BURTON, DOVE CORRI, SONO PIÙ VELOCE DI TE!”  

                                                                             *
 
“Il peso della conoscenza mi opprime...”
“Lo dici a me? Non mi sento più le braccia.” 
 
Jane sospirò, appoggiando i libri di Pozioni sul tavolo con aria sconsolata: e lei che ad inizio anno si era messa a saltellare allegramente quando Lumacorno aveva annunciato che avrebbero preparato alcune tra le pozioni più importanti nel programma in vista dei M.A.G.O.... ora che aveva un’infinita relazione da scrivere sulla Pozione Polisucco, era molto meno felice.  
“Io volevo portarli al posto tuo, ma mi hai guardata con la faccia da “Dante smettila di trattarmi come una bambina, posso fare da sola!” E ho preferito stare alla larga.” 
 
Dante sorrise con aria innocente, cercando di non ridere di fronte allo sguardo seccato della ragazza, che prese posto al tavolo borbottando che lei non aveva quella vocetta che lui ostinava a sfoggiare quando le faceva il verso. 
 
“Ok, la smetto di prenderti in giro... farò il bravo, dobbiamo fare i compiti prima di Medimagia.” 
 
“Ma se ogni volta ti scrivo io metà della relazione...” 
“Solo perché sei il mio tesoro e non vuoi che io mi prenda indietro con i compiti, vero zuccherino?” 
“Approfittatore.” 
“Che carina che sei quando mi rimproveri!” 
“Guarda che ho un libro di 1000 pagine in mano.” 
“Sciocchezze, non riusciresti mai a darmelo in testa, non lo potresti sollevare abbastanza in alto.”  
“Vuoi mettermi alla prova?” 
 
Jane sbuffò appena, girando le pagine del libro con aria torva, parlando con un tono tagliente e quasi seccato... e al sentire quelle parole combinate a quel tono Da te inarcò un sopracciglio, guardandola quasi con aria sospettosa:
 
“Jane… non hai fatto colazione, vero?” 
“No... a Lizzy non è suonata la sveglia, abbiamo fatto tardi... e non ci vedo più dalla fame.” 
 
Jane gemette, appoggiando la testa sul libro e perdendo definitamente la forza di fare i compiti, rimpiangendo la colazione che non aveva avuto il tempo di fare. 
A quelle parole Dante sbuffò sonoramente, mettendosi immediatamente in quella che la ragazza chiamava “mamma orsa” e parlando con tono seccato:
“Jane, te lo dico sempre che devi mangiare... Altrimenti poi diventi intrattabile e non sei più dolce e carina come al solito! E poi secondo me sei troppo magra.”
 
“Grazie tante...” 
“Vado a prenderti qualcosa da mangiare... torno subito.” 
“La Jones ti ucciderà.” 
“Sciocchezze, mi adora!”     Dante sorrise, ma non fece in tempo a sparire dietro uno scaffale che la voce della suddetta Bibliotecaria giunse alle loro orecchie, di certo attratta dal timbro inconfondibile del ragazzo:
“JULIUS, TU NON PORTERAI CIBO QUI DENTRO FINCHÉ IO SARÒ VIVA, HAI CAPITO BENE?” 
 
Jane soffocò una risata mentre Dante se la dava a gambe, con la Bibliotecaria ben poco allegra alle calcagna: altro che adorarlo, probabilmente Eloise Jones faceva il segno della croce ogni volta in cui Dante Julius metteva piede in Biblioteca...
 
                                                                                 *
 
“Interessante scelta.”  
 
Oliver sfoggiò una smorfia, sentendosi raggelare prima di voltarsi, alzando letalmente lo sguardo sulla donna che si era fermata accanto al suo banco, osservando quello che lui e Dante stavano facendo.  
Lyanna però non stava guardando lui o il compagno di banco, aveva invece gli occhi scuri fissi sul banco, in particolare sul rotolo di pergamena appoggiato davanti ad Oliver. 
La mano della donna andò a sfiorare la pergamena, indicando uno spazio ancora vuoto sulla griglia del Tris:
 
“Io avrei messo il cerchio lì... così lo blocchi da entrambe le parti.” 
 
“Ah... grazie.” 
“Figurati.” 
Lyanna sorrise quasi allegramente prima di superarli, avvicinandosi di nuovo alla cattedra mentre i due Grifondoro la seguivano con lo sguardo, gli occhi fuori dalle orbite:
“Pazzesco. Lumacorno ci avrebbe uccisi.” 
“Decisamente... comunque io seguo il suo consiglio... beccati questa Julius!” 
 
Oliver sorrise con aria trionfante mentre invece il compagno sbuffava... ma nessuno dei due ebbe il tempo di dire altro, perché la voce di Lyanna lo fece bloccare:
 
“D'accordo ragazzi... spero davvero che oggi abbiate scritto quello che ho detto, perché giovedì prossimo farete una verifica.” 
Lyanna sorrise amorevolmente, soffermandosi casualmente con lo sguardo su due certi Grifondoro che per poco non svennero, diventando immediatamente pallidi:
 
Porca Morgana... tu hai scritto qualcosa?” 
“No, ero troppo impegnato a giocare... merda.” 
 
Dante piegò le labbra in una smorfia e per qualche istante i due restarono in silenzio, mentre ognuno pensava la stessa cosa... poi si voltarono in perfetta sincronia verso il banco dietro al loro, sfoggiando due sorrisi angelici:
 
Bella... lo sai che ti vogliamo bene, vero?” 
“Davvero? Io invece no, approfittatori.” 
 
Isabella sbuffò, incrociando le braccia al petto e fulminando i due Grifondoro con lo sguardo, mentre Jane ridacchiava, seduta accanto a lei:
“Tranquilli ragazzi... magari era uno scherzo!” 
“Giusto... prof, era un Pesce d’Aprile, vero?” 
 
Dante alzò la mano, sfoggiando un sorriso a metà tra il speranzoso e il nervoso che venne ricambiato dall’insegnante, che annuì con un lieve cenno del capo:
“Si Dante, scherzavo... volevo vedere le vostre facce terrorizzate e capire cosa si prova a mettere gli studenti nel panico.” 
 
“Meno male… ho perso due anni di vita.” 
Dante sorrise con sollievo, abbandonandosi allo schienale della sedia mentre anche Oliver esultava mentalmente... ma quando Lyanna era praticamente sul punto di uscire dall'aula si voltò verso gli studenti, sfoggiando un sorrisetto divertito:
 
“Anzi no. Questo era il Pesce d’Aprile... mi raccomando, studiate!” 
 
L'ultima cosa che Lyanna Goblets vide furono le mascelle dei ragazzi che sfioravano il pavimento di pietra, poi se la diede letteralmente a gambe, impedendo loro di sollevare qualunque protesta. 
 
 
                                                                                  *
 
 
“Avreste dovuto vedere le vostre facce quando avete sentito la parola “verifica”, siete diventati pallidissimi!”   Ingrid rise mene camminava lungo il corridoio in compagnia di Bella, Jane, Oliver e Dante... e gli ultimi due avevano due perfette facce da funerale.
 
“Perché non si può tornare indietro nel tempo? Bella ti prego... ti prometto che non te lo chiederò mai più!” 
 
“Non ci credo neanche un po’ Olly, perdonami... Ma perché non li chiedete a Jane o a Ingrid invece che sempre a me?” 
 
“Beh, perché siamo assolutamente certi che tu abbia scritto proprio tutto! Senza offesa, ragazze...” 
 
Dante sorrise in direzione di Jane e Ingrid prima di tornare a rivolgersi alla Corvonero, guardandola quasi con aria implorante in compagnia di Oliver. Dopo un attimo di esitazione la rossa sbuffò, annuendo leggermente mentre apriva la borsa:
 
“Va bene, ma solo perché di sicuro mi dareste il tormento per l'eternità... tenete. E vi ordino di prendere un bel voto.” 
 
"Sissignora!" 
 
Oliver sfoggiò un sorriso allegro mentre prendeva gli appunti dell'amica, che roteò gli occhi chiari mentre borbottava che prima o poi avrebbe iniziato a farsi pagare per dispensare in giro i compiti. 
 
In effetti la rossa stava per allontanarsi nel corridoio quando si bloccò, scorgendo qualcosa appollaiato sulla spalla di Dante: 
 
“D-Dante...” 
 
“Come mai quella faccia Bella? Bluff, ciao! Eccoti qui, non ti vedo da un po’!” 
 
Dante sorrise, alzando una mano per accarezzare la testa squamosa del camaleonte che si era appollaiato sulla sua spalla, gli enormi occhi fissi su un’Isabella improvvisamente pallidissima:
 
“Oddio, perché mi fissa? È inquietante... oddio, non mi vuole mordere vero?” 
 
“Si, può darsi. Gli stanno antipatiche le persone dai capelli rossi. Vuoi tenerlo?” 
 
Dante sfoggiò un sorrisetto, prendendo il camaleonte e porgendole alla Corvonero, che come da manuale indietreggiò scuotendo il capo, deglutendo a fatica:
 
Tienilo lontano da me... oddio, ma perché mi fissa?” 
 
“Te l'ho detto, odia i capelli rossi.”   Dante sorrise con cipiglio divertito, mentre invece Jane sbuffava e lo fulminava con lo sguardo, intimandogli silenziosamente di smetterla di fare l’idiota e di terrorizzare apposta Bella. 
 
Quando poi Bluff divenne dello stesso colore dei capelli della ragazza e le mostrò la sottilissima lingua biforcuta Bella giro sui tacchi, borbottando che i Rettili non potevano essere animali da compagnia mentre se la dava a gambe lungo il corridoio.
 
“Dante, sei un cretino! Lo sai che odia i rettili, cosa le vai a dire dei capelli rossi!” 
 
“Ed dai, scherzavo... è pur sempre il primo di Aprile, no? E poi glie l'ho detto mille volte, Bluff è buonissimo... vero?”   Dante sorrise, rimettendosi l'animale sulla spalla come faceva spesso e volentieri, lasciando che il camaleonte diventasse nero e rosso, mimetizzandosi con la divisa del suo proprietario. 
Sapendo di non poter obbiettare Jane si limitò a scuotere il capo, prendendo il ragazzo per un braccio per andare insieme a lui verso la Sala Grande per la cena, con Ingrid e Olly che ancora sghignazzavano per la reazione di Isabella di fronte al camaleonte:
“Povera Bella, li odia proprio!” 
 
“Decisamente... ricordo che una volta suo fratello le fece uno scherzo con un serpente finto, lei non gli parlò per una settimana intera.” 
 
Oliver sorrise mentre percorreva il corridoio semi-buio insieme alla Corvonero, ricordando il muso che l’allora dodicenne Isabella Burton aveva tenuto al fratello maggiore per giorni.
 
“Ieri ero nella Sala dei Trofei, stavo curiosando in giro per il castello... ho visto che c'è una targa con il nome di Nicholas... è dell'anno in cui è morto, perché glie l'hanno data?” 
 
“Immagino sia stata una specie di commemorazione... sai, Nicholas Burton piaceva praticamente a tutti, ed era anche Caposcuola. Quando è morto si è sentito, poco ma sicuro.”  
“Sembra che qui nessuno sia quello che sembra... com’è che abbiamo tutti qualcosa di cui non voglia parlare? Bella e suo fratello, Jane e suo padre – sì, me l'ha accennato – Dante e il suo... problemino. Tu hai qualcosa da nascondere, Olly?” 
“No... io sono un libro aperto.” 
 
“E allora perché te la sei data a gambe quando ho nominato Ethan Gallagher? E Bella si è cucita la bocca alla velocità della luce... L’ho conosciuto ed è un ragazzo simpatico, un po’ fuori dalle righe. Ce lo vedrei come tuo amico.” 
“Lo eravamo, infatti... siamo diventati amici al primo anno, anche a lui piaceva molto il Quidditch... piace. Ma credo che tu sappia come funzionano queste cose, a non tutti i Purosangue piacciamo noi Nati Babbani. Lui non si fa questi problemi, ma la sua famiglia si. Credo che suo padre l'abbia voluto trasferire a Durmstrang proprio per questo, qui coltivava “amicizie poco accettabili”.” 
 
Oliver sfoggiò una smorfia, ricordando la lettera che gli aveva scritto Ethan diversi mesi prima, spiegandogli perché non sarebbe tornato ad Hogwarts per l'ultimo anno di scuola. Ingrid però gli sorrise dolcemente, accarezzandogli il braccio:
 
“Non conosco suo padre, ma è per forza un idiota. Se ti avesse conosciuto la penserebbe diversamente, sei un Nato Babbano ma sei una bellissima persona.” 
Ingrid gli sorrise e Oliver ricambiò leggermente, certo che fosse sincera e che non glielo stesse dicendo solo per tirarlo su di morale. Dopo un attimo di silenzio però il Grifondoro parlò di nuovo, riallacciandosi al discorso della ragazza:
 
“Dicevi che qui hanno tutti qualcosa di cui non vogliono parlare... e tu Ingrid? Che cos'è che non ci dici?” 
 
“È ora di cena Olly, muoviti.”  
“Tanto prima o poi me lo dirai... stanne certa.” 

 
                                                                             *
 
“Fatemi-passare-devo-allontanarmi-da-questo-piano-per-favore-spostatevi!”
 
Non era possibile. Ci aveva messo un quarto d’ora a convincere quel branco di dodicenni a procedere con ordine senza calpestarsi l’un l’altro… Ed ecco che arrivava qualcuno a scombinare tutto il suo duro lavoro. Antares Black si voltò, cercando con lo sguardo chi fosse la causa di quel trambusto… e con somma sorpresa si rese conto di conoscerla molto bene:
 
“Ma che cavolo… Burton, cosa fai?” 
Antares sbuffò, inarcando un sopracciglio mentre abbassava lo sguardo sul tornado dai capelli rossi che stava creando scompiglio per tutto il corridoio, zigzando tra gli studenti per filarsela dal piano e correre in Sala Grande:
 
“Ah, ciao Black… Non lo vedi, cerco di passare!”
 
“Beh, aspetta un attimo, lo sai che a quest’ora c’è il pienone sulle scale… ma hai così fame?”
“No, devo solo stare lontana da Dante Julius e dal suo… animaletto."
 
Isabella piegò le labbra in una smorfia, rabbrividendo all’idea di trovarsi nei paraggi di quella cosa dagli occhi enormi che la fissavano con aria poco rassicurante… per quanto Dante si ostinasse a dire che fosse innocuo, lei continuava a non poterlo sopportare.


“Ah certo, il camaleonte… hai paura dei rettili, Bella?”        Il Serpeverde sorrise con leggero divertimento, osservando la ragazza anche se conosceva già la risposta alla sua domanda. Come da manuale la Corvonero sbuffò, rivolgendogli n’occhiataccia prima di parlare:
 
“Oh, taci… Tu sei scappato dall’aula di Pozioni per colpa di quella vespa, non negarlo!”
 
“E’ DIVERSO. Quelle… pungono. E fanno male!”      
“Io sono del parere che anche i Camaleonti non sono così innocenti… insomma, è impossibile che siano sempre immobili! Nascondono qualcosa…”
“Oh, certo. Sono sicuro che hanno un piano per conquistare il mondo… e a quel punto daranno la caccia alle nanette dai capelli color carota. Coraggio Burton, piantala con le cavolate a vai a cenare, a stomaco vuoto ragioni poco.”
 
“Non mi trattare come un cagnolino! E NANETTA LO DICI A TUA SORELLA!”
 
“Sono figlio unico.”
“Allora a tua cugina! Anzi no, Cassy non è bassa… beh, a qualunque membro della tua famiglia!”

 
Isabella sbuffò, incrociando le braccia al petto con aria offesa e accorgendosi solo in quel momento che metà degli studenti che li circondavano li stavano fissando con leggera curiosità:
“Beh, che avete da guardare? Il cabaret Burton-Black è finito… andate a mangiare!”
 
 
                                                                                       *

 
“Questa volta ti batto.” 
 
“Beh, la speranza è pur sempre l'ultima a morire.” 
 
 Charlotte sfoggiò un sorriso angelico che le fece guadagnare un’occhiataccia da parte di William, che sbuffò leggermente prima di tornare a guardare le carte che teneva in mano: insomma, aveva pur sempre una Scala a Colore di Picche... era praticamente impossibile che Charlotte potesse batterlo ancora una volta. 
“Ok Will... vediamo che hai. Vedo.” 
 
Will appoggiò le carte sul tavolo a ventaglio, incrociando le braccia al petto senza smettere di guardarla quasi a volerla sfidare di avere una combinazione migliore della sua. 
Gli occhi verdi dell’Auror indugiarono su tutte e cinque le carte prima di guardare il collega, restando impassibile:
 
“Scala a Colore? È il secondo punteggio più alto.” 
“Lo so. Vedo.”   Will sorrise, sentendosi già arrivato al traguardo mentre Charlotte guardava le sue carte, parlando di nuovo:
“Vediamo se hai fatto i compiti Cavendish… Qual è il punteggio più alto?” 
 
“La Scala Reale.” 
“E sai dirmi qual è il seme con più valore?”
 
“I cuori...” Will inclinò le labbra in una smorfia, già prevedendo cosa stesse per vedere: a meno che non stesse bluffando spudoratamente, lo stava per battere di nuovo. 
Charlotte invece sorrise, annuendo prima di appoggiare le carte sul tavolo a ventaglio, proprio come aveva fatto lui poco prima:
 
“Già... perciò temo proprio di non averti battuto Will... ti ho stra battuto.” 
“Non è possibile... Scala di Cuori? Secondo me tu bari Selwyn.” 
 
“No che non baro, sono semplicemente brava. Non ti piace perdere, vero Will?”   Charlotte rise mentre si alzava dalla sedia, imitata dal collega che però sbuffò:
 
“A nessuno piace perdere Charlotte, solo che molti non lo ammettono. Come fai a vincere sempre?” 
 
“È solo un gioco... e io gioco da anni, per tua sfortuna. Mi ha insegnato da piccola mio fratello, e anche lui non era mai molto felice, quando lo battevo ripetutamente. Dai, andiamo… ormai è ora di cena e siamo chiusi qui a giocare da quasi due ore.” 
Charlotte sorrise, ricordando le innumerevoli partite giocate con Sean fin da quando aveva 8 anni... e nel giro di un anno aveva iniziato a batterlo quasi perennemente, diventando più brava di lui, con grande sdegno del fratello maggiore.

 
Charlotte fece per avvicinarsi alla porta, ma la voce del collega la bloccò: dal canto suo, William aveva quasi sentito il cervello ronzargli quando l’aveva sentita nominare suo fratello… ecco che tornava sempre allo stesso punto: sai qualcosa che forse non dovresti sapere.
“Ci giochi ancora?”
“Come?”
“Con tuo fratello, intendo.”
“Perché me lo chiedi?”    Si fermò, voltandosi verso di lui e guardandolo a metà tra il confuso e il sospettoso, osservandolo stringersi leggermente nelle spalle:
 
“Così per chiedere… ho solo notato che quando parli di Sean lo fai sempre al passato.” 
 
Charlotte fece per replicare, ma le parole le morirono in bocca, consapevole che aveva ragione: del resto non avrebbe avuto senso usare il presente, visto che non c’era più.
“E’ una domanda insolita… e perché me lo chiedi proprio ora?”
 
“Sei TU che ti metti sempre sulla difensiva, Charlotte… lo fai anche ora. E’ come se avessi qualcosa di cui non vuoi parlare. Sbaglio?”
 
William inarcò un sopracciglio, restando immobile dietro alla sedia che aveva occupato fino a poco prima, tenendo le mani strette sullo schienale.   Charlotte non rispose, limitandosi a fissarlo di rimando per un istante, mentre rielaborava quanto aveva appena sentito… e al contempo le saltarono in mente anche altri scordi di conversazioni passate:
 
“Andiamo Charlotte, hai capito che intendo... so che c'è ben altro di cui preoccuparsi al momento, so quello che hai dovuto affrontare.” 
“Davvero, Will? Che cosa sai?”     

“Niente di preciso, naturalmente... ma immagino che non sia sempre facile essere un Auror, specialmente adesso. Tutto qui.” 

“Odio quando qualcuno fa il sibillino con me William. Se devi dirmi qualcosa, dilla e basta. Non nasconderti dietro ad una domanda.”         Contorse leggermente la mascella, stringendo le mani a pugno mentre teneva gli occhi fissi su William, quasi ordinandogli con lo sguardo di parlare.
“Non chiamarmi…”
“Dillo e basta.”
 
 
Will però non aprì bocca per qualche istante, esitando leggermente… e mentre sentiva il battito cardiaco accelerarle di colpo Charlotte prese una decisione: se non avrebbe parlato, avrebbe comunque fatto in modo di sapere. Ne aveva abbastanza, di persone che non le parlavano apertamente.
 
La vide portarsi una mano alla tasca interna della giacca e fece per imitarla, ma per sua sfortuna Charlotte era stata addestrata apposta per essere più veloce del suo interlocutore:
 
“Charlotte, non osare…”      
“Legilimens.”
 
                                                                                          *
 
“Ciao… sei in anticipo!”
 
“Preferisco arrivare prima, per evitare la calca di studenti nei corridoi… che giornata tetra.”
 
Regan sbuffò, voltandosi verso una delle grande finestre della Sala Grande: il cielo si era parecchio ingrigito rispetto al mattino… non sembrava affatto Primavera, in effetti.
Lyanna annuì, voltandosi a sua volta verso le vetrate:
 
“Già… è stata una giornata un po’ apatica, ma a lezione mi sono divertita. CeCe e Will?”
“Immagino che stiano arrivando… credo che abbiano passato metà del pomeriggio a sfidarsi ad un torneo di Poker all’ultimo sangue.”
Regan alzò gli occhi al cielo, tamburellando con le dita sul tavolo mentre aspettava che la cena venisse servita nella Sala ancora quasi vuota.  
“Hai convinto Will a non parlare con lei di suo fratello?” 
“Non saprei… insomma, gli ho detto cosa ne penso, ma Will fa sempre quello che vuole, alla fine.”
Il Pozionista sbuffò leggermente, sapendo che difficilmente il collega gli avrebbe dato retta… ma lui l’aveva avvertito, quindi se lo avesse trovato tagliuzzato avrebbe detto una semplice frase: “te l’avevo detto”.
 
“Tu la conosci meglio di me Reg… pensi davvero che la prenderebbe male?”
“Non lo so. La conosco da anni, ma è difficile prevedere qualcosa quando si tratta di CeCe, specialmente in questo periodo. Io credo… che non se la prenderebbe con lui, almeno non subito. Forse reagirebbe male, ma in un altro senso.”
 
Lyanna inarcò un sopracciglio, quasi a volergli chiedere a cosa si riferisse… ma Regan non aggiunse altro, tenendo gli occhi fissi sulla porta a doppia anta della Sala Grande, già aperta e in attesa di accogliere gli studenti di Hogwarts.  Ovviamente non poteva immaginare che quanto aveva detto si stesse praticamente avverando solo un paio di piani più in alto.  
 
                                                                                        *
 
“Basta.”
Con uno strattone allo stomaco Charlotte riaprì gli occhi, barcollando e trovandosi con la schiena contro la porta chiusa della stanza.
 
“Non avresti dovuto farlo.”    Will sospirò, passandosi una mano tra i capelli mentre puntava gli occhi su di lei, sollevato di essere riuscito a “farla uscire” dalla sua testa. Sfortunatamente però non faceva pratica con L’Occlumanzia da un po’, e Charlotte era riuscita a vedere quello che le interessava.
“Due mesi. Lo sai da due mesi e non me l’hai…”       L’Auror non finì la frase, chiudendo gli occhi e respirando profondamente, dicendosi di rilassarsi.
 
Conta CeCe. Conta.
“Regan diceva che l’avresti presa male. Charlotte, stai calma… Non ti voglio giudicare.”
Conta
William fece un passo verso di lei ma Charlotte scosse il capo con veemenza, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento mentre cercava la maniglia della porta con la mano:
 
“Per favore, non ti avvicinare.”
“Charlotte, va tutto bene. Nessuno ti giudica qui.”
Avrebbe voluto contare i battiti per rilassarsi, ma erano così rapidi che non ci riusciva… quanto ai respiri, ormai quasi non li sentiva più, così come la voce di Will.
 
Deglutì a fatica, aprendo la porta mentre le pareti della stanza iniziavano a vibrare, minacciandosi di chiudersi sopra di lei.
 
Uscì in fretta dalla stanza, non volendo restare davanti a William e sotto il suo sguardo, faticando a respirare normalmente mentre appoggiava una mano sulla parete fredda. 
Per favore, non adesso
 
Possibile che non si fosse accorta di niente per settimane?
Stupida
E da quel che aveva visto nel ricordo di Will, lo sapeva che Lyanna… perché anche dopo mesi le persone continuavano a trattarla come una bomba ad orologeria?   
 
Improvvisamente le tornarono in mente i suoi genitori, il modo dubbioso e quasi preoccupato con cui l’avevano guardata, come un animale pericoloso chiuso in gabbia.  
Quasi senza rendersene conto Charlotte si lasciò scivolare sul pavimento, contro la parete del corridoio mentre le pareti s’inclinavano, facendola sentire schiacciata contro il pavimento e senza aria.
Smise di fare caso agli studenti che si erano fermati di fronte alla scena mentre la vista le si annebbiava leggermente e l’aria non ne voleva sapere di arrivare al polmoni.
 
Dopo un istante sentì due mani afferrarle le spalle e si ritrovò di nuovo davanti a Will, che la guardò restando impassibile: 
“Te l’ho detto CeCe… va tutto bene. Devi solo respirare. E’ facile… l’hai sempre fatto, perché smettere ora?”
 
“N-non…”
“Non parlare. Respira e basta.” 
 
Charlotte scosse leggermente il capo, quasi a volergli dire che non ci riusciva mentre le si inumidivano gli occhi.
Lo sapeva che era facile… però non ci riusciva lo stesso.
Ed era davvero stanca di provarci, di combattere una battaglia contri se stessa che andava avanti da mesi.
                                                       
“Sei tu il tuo peggior nemico, Charlotte… Quando avrai fatto ordine nella tua testa e nel tuo cuore, allora la smetterai di stare male e di avere attacchi di panico.”
 
E come si faceva, a fare ordine nella propria testa?  
Non lo sapeva ancora… e non aveva più voglia di provarci.
Era davvero stanca.
Deglutì, puntando gli occhi sul soffitto e trovandolo tremolante, quasi come se fosse un ologramma.  
Stanca
 
Smise di sentire le mani di Will stringerle le spalle e fece per chiudere gli occhi, trovando le palpebre improvvisamente molto pesanti.  
Aveva bisogno di riposarsi un po’…
Avrebbe voluto dormire, ma Will non sembrava della stessa opinione: lo schiaffo in pieno viso le fece aprire gli occhi di scatto, sussultando e respirando di riflesso, facendo arrivare finalmente un po’ di aria ai polmoni.
“Non addormentarti Charlotte… lo so che sei stanca, dormirai dopo… ora devi respirare, capito?”
Puntò di nuovo gli occhi sul volto del collega, che parlava con un timbro pacato e controllato… ma gli occhi castano-verdi di Will tradivano apprensione, quasi paura.  
“E’ facile CeCe… così.”    Will respirò profondamente e Charlotte lo imitò, boccheggiando leggermente ma riuscendo finalmente a respirare.
Dopo qualche istante il respiro tornò finalmente regolare e Will le sorrise, annuendo mentre le accarezzava i capelli:
 
“Visto, non era difficile...” 
Con gli occhi ancora lucidi Charlotte cercò con la mano il bavero della giacca di William, stringendo la stoffa nella mano prima di appoggiare il viso sul suo petto, parlando con un filo di voce e pronunciando un parola che di rado si sentiva uscire dalle sue labbra:

“Grazie.” 
“Non c’è di che.”  
Will le rivolse un debole sorriso e fu l’ultima cosa che Charlotte vide prima di chiudere gli occhi, perdendo i sensi mentre lui la sollevava dal pavimento, con diversi studenti ancora intorno: 

“Lo spettacolo è finito, andate a cena… e fatemi passare, per favore.” 
 
                                                                                    *
 
“Come mai tanta fretta?”
“Dopo ho la ronda, devo fare i compiti presto… vado in Biblioteca, ci vediamo dopo.” 
Bella sbuffò, sfoggiando un’espressione leggermente tetra mentre salutava Ingrid, dirigendosi senza troppa allegria verso la scalinata principale.
 
La bionda fece per dirigersi verso la sua Sala Comune ma si bloccò, fermata da una mano che le prese il braccio.
Si voltò di scatto, rilassandosi all’istante quasi si ritrovò davanti Oliver, sorridendogli leggermente:
 
“Ah, sei tu… mi hai spaventata!”
 
“Scusa, ma volevo fermarti prima che scappassi… Credo che io e te dobbiamo farci una chiacchierata.”
“A proposito di cosa?” 
“Di te, ovviamente. Te l’ho detto, non puoi fuggire sempre.”   Oliver le sorrise, ignorando l’espressione poco allegra della ragazza prima di trascinarsela dietro sulle scale, soddisfatto di averla colta alla sprovvista e di non averle dato modo di svignarsela.
 
“Oliver, devo fare i compiti!” 
“Ti prego, trova una scusa più credibile… Puoi fare di meglio, ne sono certo. Allora… perché non mi parli un po’ di te, Ingrid?”
Le sorrise ma la bionda non ricambiò, limitandosi a sbuffare con aria seccata e a guardarlo con scetticismo: 
“Non è una domanda che si dovrebbe fare quando ci si incontra e non dopo più di un mese?”
 
“Forse… ma mi sono reso conto di sapere poco e niente di te, o almeno della tua vita prima di venire in Scozia.”
Oliver le sorrise allegramente, sedendosi su una sedia e invitandola a fare lo stesso.
Sapendo di non avere vie di fuga Ingrid sospirò, obbedendo e prendendo posto sulla sedia accanto a quella del ragazzo nell’aula vuota dove l’aveva portata.
 
“Ok, mi arrendo. Sei veramente testardo, sai?”
 
 
“Credo che i Grifondoro lo siano un po’ tutti… Sai Ingrid, hai ragione: sembra che qui tutti abbiano un tallone d’Achille, qualcosa di cui non vogliono parlare… ma i segreti hanno vita molto breve ad Hogwarts e prima o poi tutti ne parliamo… non credi che sia arrivato anche il tuo turno?”

“Fingerò di sapere cosa sia questo tallone di Achille. Forse, ma io preferirei continuare a tenere la mia vita per me… non è che non mi fido di te Olly, sei la persona che ispira più fiducia che io abbia incontrato qui.” 
“Grazie! E allora cosa c’è?”
 
“Te l’ho già detto Oliver… sono venuta qui perché io e mia sorella siamo più al sicuro in Inghilterra, con Silente e tutto il resto.”
“Questo lo so… ma vorrei capire perché a Durmstrang o a casa tua, in Germania, non lo siete."
“E’ per mio padre.”           Il sussurro di Ingrid risultò appena percettibile alle orecchie del ragazzo, che non disse nulla e si limitò a guardarla, invitandola silenziosamente a continuare e a spiegarsi meglio.
 
Ingrid sospirò, abbassando lo sguardo mentre pensava ai suoi genitori, chiedendosi se dovesse parlarne finalmente con qualcuno o meno… forse l’avrebbe aiutata, dopotutto.
“Sta con Grindelwald?”
“No… no, è proprio questo il punto. Mio padre si è pubblicamente schierato contro di lui… e qui è molto diverso dal Nord, Olly… lì ci sono molte più persone che lo appoggiano.”
 
Ingrid si morse leggermente il labbro, ricordando quando lei e Astrid si erano ritrovate all’improvviso nell’ufficio di Dippet in compagnia di Silente, che era spuntato dal nulla con due enormi tazze di cioccolata calda in mano per le due giovani streghe e un sorriso rassicurante stampato in faccia.
 
“Gli è successo qualcosa?”

“Quasi. Lui sta bene, o almeno credo… non siamo in contatto, ha detto che era meglio per me e per Astrid. Papà parlava di andare via da un po’, e una notte sono spuntati due tizi poco simpatici… lui se l’è cavata, ma mia madre non ha avuto la stessa fortuna. E’ viva, ma è ancora in ospedale… non può fare praticamente niente, non da sola.”
 
 
La ragazza deglutì, pensando alla madre che non vedeva da settimane… non voleva neanche immaginare a come dovesse stare, chiusa in ospedale senza la sua famiglia accanto.
 
“Mi dispiace… Vieni qui.”    
 
Oliver sospirò, allungando le braccia mentre gli occhi chiari di Ingrid s’inumidivano leggermente, abbracciandola e sentendosi al contempo quasi in colpa per averle chiesto di parlargli.
Accidenti alla tua linguaccia, Oliver Miller
 
“Mi dispiace biondina… forse non dovevo insistere.”
 
“No… non ne aveva mia parlato con nessuno, a parte mia sorella. Forse è meglio averne parlato con qualcuno. E non chiamarmi mai più biondina, ti ricordo che ho studiato Arti Oscure.”

 
La ragazza sbuffò, parlando con tono leggermente seccato mentre invece il Grifondoro rideva, allontanandosi leggermente da lei per poterla guardare in faccia, asciugandole le guance umide con le dita:
“Eccola che si mette in modalità SS…”
 
“Olly, piantala!”  






...........................................................................................................................
Angolo Autrice:

Ed eccomi con un altro maxi capitolo... e dire che l'ho persino diviso in due parti.
Beh, mi sembra di aver capito che non vi dispiacciono i capitoli lunghi, quindi tanto meglio... spero che vi sia piaciuto, grazie per le recensioni!

Non so quando aggiornerò con la seconda parte, ma di certo arriverà prima del prossimo weekend... perciò ci sentiamo in settimana!

Signorina Granger
 
 
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Signorina Granger