Capitolo 23: Verifiche,
chiarimenti e
incontri indesiderati
Giovedì 8 Aprile
“Bella,
svegliati.”
“No
grazie, passo.”
Ingrid alzò gli
occhi al cielo,
avvicinandosi al letto dell’amica con la spazzola in meno,
intenta a sistemarsi
i capelli mentre Isabella era ancora rintanata sotto le coperte,
mugugnando che
quel giorno avrebbe fatto sciopero.
“Andiamo Bella,
dobbiamo scendere!”
“No, è sabato.”
La risposta secca e decisa
della
Caposcuola lasciò interdetta la tedesca per un attimo,
portandola a chiedersi
se non fosse davvero sabato e lei si fosse sbagliata…
lanciò un’occhiata in
direzione di Imogen, che era seduta sul suo letto e si stava mettendo
le
scarpe. La ragazza scosse il capo con aria sconsolata, desiderando
ardentemente
a sua volta che fosse davvero arrivato il fine settimana.
“Vorrei tanto
Bella, ma temo che sia
giovedì. Andiamo, su!”
Ingrid sospirò,
avvicinandosi
all’amica e scostando le coperte, facendola sbuffare. La
rossa prese il cuscino
e se lo premette sul viso, insultando mentalmente i Fondatori per aver
creato
Hogwarts.
“Che
barba… per me è sabato, altro
che giovedì…”
“Piantala di fare
la pigrona, abbiamo
anche verifica!”
“Ah
già… ok, ho capito. Accio.”
Senza nemmeno alzarsi Bella
puntò
pigramente la bacchetta contro il bagno, facendo planare verso di lei
spazzola
e cosmetici.
“Non ti alzi
neanche?”
“No, oggi va
così… che ore avete
detto che sono?”
“Le
8.”
“CHE? E IO COME
FACCIO A RENDERE LA
MIA FACCIA PRESENTABILE IN 5 MINUTI?”
“Io ho provato a
svegliarti, ma tu
hai ripetuto per dieci minuti che era sabato!”
*
Chissà
di cosa sta parlando… bah, non ho voglia di pensarci
Isabella Burton
inarcò un
sopracciglio, osservando pigramente Lumacorno blaterare ma senza
sentire una
parola… la sua testa era ancora qualche piano più
in alto, sotto le coperte.
Dietro di lei Ingrid e Jane
stavano
discutendo a bassa voce sulla Pozione Polisucco che dovevano ultimare,
mentre
nella fila accanto Oliver e Dante avevano nascosto gli appunti di
Medimagia
sotto al banco per ripassare durante la doppia ora di Pozioni.
“Ehy,
Bella!”
Che
barba, non si può neanche sonnecchiare in pace…
“Scusate ragazzi,
ma non sono in
grado di aiutarvi stamattina. Il mio cervello è
disconnesso.”
La Corvonero si
voltò verso i due,
parlando con un tono talmente piatto e pacato che sia Jane che Ingrid
ridacchiarono, cogliendo le facce deluse e sgomente dei due Grifondoro.
“Perché,
di solito com’è?”
“Black, impara a
sussurrare
decentemente almeno! Ti avranno sentito anche i gargoyle!”
“Ma io volevo
che mi
sentissi, infatti!”
Isabella fece per replicare
ma si
tappò la bocca appena in tempo, stampandosi sul viso un
sorriso innocente
quando Lumacorno si piazzò davanti al suo banco.
“Come procede,
Burton?”
Bella
domanda, non so neanche cosa sto preparando…
“Splendidamente,
signore.”
Isabella sorrise amabilmente
all’insegnante, che lanciò un’occhiata
al calderone della ragazza. Rimase in
silenzio per un istante, durante il quale sia Dante che Oliver e
Antares
sperarono di assistere per la prima volta ad un rimprovero verso la
perennemente perfetta Isabella Burton… ma rimasero a bocca
asciutta e con le
mascelle snodate quando l’uomo sorrise con aria soddisfatta:
“Non avevo
dubbi… eccellente Burton.”
“CHE? HA MESSO
COSE A CASO E HA FATTO
GIUSTO? Ma come fa?”
Dante sgranò gli
occhi con orrore,
chiedendosi come fosse possibile quando invece lui spesso e volentieri
non
riusciva a preparare una pozione correttamente anche impegnandosi.
“Bella
domanda…”
Antares inarcò un sopracciglio, guardando
la compagna quasi con una nota sospettosa negli occhi azzurri e
chiedendosi
perché non riuscisse mai a metterla con in castagna davanti
agli insegnanti, neanche quando praticamente dormiva in piedi.
In effetti anche la
Caposcuola sembrò
vagamente perplessa, ma poi sorrise, rifilando una linguaccia ai tre
compagni:
“Alla
faccia vostra!”
“Burton, hai detto
qualcosa?”
“Certo che no
signore, chiedevo solo
a Black se mi prestava il suo coltello d’argento.”
Isabella sfoggiò
un sorriso innocente
a trentadue denti, facendo sbuffare sommessamente Antares: avrebbe
anche fatto
a meno di prestarglielo, ma non poteva rifiutarsi davanti a
Lumacorno…
“Grazie Black, gentilissimo!”
“Ma falla finita
Burton!”
Il ragazzo
sbuffò, rifilando
un’occhiata torva alla compagna e facendola ridacchiare
mentre si rigirava il
coltello tra le mani, improvvisamente tornata perfettamente sveglia.
*
“Portala a Luisa,
ok? E’ importante…
e questa è per Stephanie, ma devi portarla a casa sua, non
al Dipartimento, mi
raccomando.”
Charlotte
accarezzò le piume color
crema del gufetto che si era appollaiato sulla finestra davanti a lei,
legandogli le due lettere ad una zampa.
Il piccolo rapace
tubò, puntandole
contro gli occhioni ambrati. Charlotte gli sorrise, sperando che fosse
un modo
per dirle che aveva capito quello che doveva fare… non
poteva certo presentarsi
al Dipartimento con una sua lettera per Stephanie, di certo
l’amica sarebbe
finita nei guai.
Le aveva scritto comunque la
sera
prima, quando aveva saputo che i tedeschi si erano dati alla pazza
gioia e
avevano fucilato 28 civili e un centinaio di partigiani.
L’Auror
guardò il piccolo gufo
planare fuori dalla finestra, svolazzando e allontanandosi velocemente
dalla
sua visuale e dalla Guferia.
Rimase comunque
lì per un po’ a
guardare il Lago, appoggiandosi al davanzale senza cornice, scavato
semplicemente nella pietra.
Chissà come se la
cavavano, a Londra…
di sicuro sia Maghi che Babbani stavano dando di matto, ognuno faceva
quello
che poteva per limitare i danni ma non sembrava essere mai abbastanza.
Malgrado tutto un lieve
sorriso le
comparve sul volto, immaginandosi con una punta di divertimento
Stephanie dare
di matto al Dipartimento, circondata da un buon numero di maschilisti
idioti
che non la ritenevano all’altezza per fare qualcosa sul
campo… poveretta.
Rilassati,
tempo qualche settimana e poi tornerò… li
conciamo per le feste, quei vecchi
bigotti
Le aveva scritto
così, alla fine
della lettera, intuendo che la collega volesse che tornasse almeno
quanto lo
voleva lei… insomma, senza Charlotte Stephanie con chi
poteva fare il verso e
prendere in giro il suo odiatissimo superiore che quasi la trattava da
segretaria?
Sfortunatamente
però al termine del
suo congedo mancavano ancora due mesi e mezzo… e 10
settimane erano davvero
molto, troppo lunghe.
Sarebbe rimasta ad Hogwarts
per
neanche due mesi, poi sarebbe dovuta tornare a Londra… e non
aveva la minima
idea di cosa avrebbe fatto per le tre settimane che sarebbero rimaste
per stare
alla larga dal suo lavoro.
Conoscendosi, era
improbabile che
sarebbe riuscita a non fare niente… ma qualcosa si sarebbe
inventata.
Quanto a Luisa…
beh, le aveva scritto
perché sperava che l’avrebbe aiutata a risolvere
la confusione che aveva in
testa. Non si era mai definita una persona vigliacca, ma negli ultimi
tempi
scappare era diventata una specie di specialità per
lei… e non a caso
praticamente evitava accuratamente di trovarsi davanti a William
Cavendish da quasi
una settimana.
E qualcosa le diceva che lui
non ne
era molto contento…
*
“Scacco in 5
mosse. Mi dici che ti
succede? Non ti avevo mai battuto così
rapidamente.”
Regan inarcò un
sopracciglio,
osservando Will con aria confusa e leggermente scettica, chiedendosi
perché
avesse la testa su un altro pianeta.
Per tutta risposta William
sbuffò,
lanciando un’occhiata torva alla scacchiera come se fosse lei
l’artefice dei
suoi guai prima di riprendere a torturarsi nervosamente le mani, cosa
che
faceva da ormai diversi giorni.
“Niente…
tutto bene.”
“Con quel tono
aspro non direi…
problemi con tuo padre?”
“No, mio padre per
me è come se non
esistesse. Ma vorrei tanto capire perché diamine mi
evita!”
William sbuffò,
puntando gli occhi
sul vetro della finestra con aria decisamente torva e con una gran
voglia di
spiegazioni. Regan inarcò un sopracciglio, cercando di
trovare un senso nella
frase del collega… senso che non riuscì proprio a
cogliere:
“Ma scusa, se dici
che per te non
conta perché ti preoccupi se ti ignora?"
“Ma che hai
capito, non parlo di mio
padre! Mi ignora da tutta la vita praticamente, non me ne importa
niente…”
“E allora di CHI
stai parlando?”
Il Pozionista inarcò un sopracciglio,
guardando il collega con aria leggermente confusa… Will
contrasse la mascella,
non avendo molta voglia di rispondere a quella domanda: gli dava
già piuttosto
fastidio anche senza dirlo ad alta voce.
Fortunatamente per lui
però la porta
si aprì, facendo entrare una Lyanna leggermente esasperata:
“Ciao! Ho
incontrato Lumacorno che
tornava da una lezione… non mi mollava più!
Quell’uomo è una macchinetta quando
deve chiacchierare… Giocate a scacchi?”
“Si, ma ho appena
stracciato Will…
giochi con me? Mi sa che lui non è in vena oggi.”
Regan sorrise alla collega,
accennando all’uomo che sbuffò, guardando il
pavimento con aria torva mentre
Lyanna gli lanciava un’occhiata, trattenendosi dal
ridacchiare: quando aveva aperto
la porta aveva perfettamente colto l’occhiata speranzosa che
Will aveva rivolto
alla soglia della stanza, quasi come se avesse sperato di vedere
Charlotte.
“Ah no? Che ti
succede Will?”
Malgrado lo sapesse
benissimo Lyanna
sorrise angelicamente, parlando al collega senza ottenere una vera e
proprio
risposta: Will si limitò a stringersi nelle spalle, lo
sguardo basso mentre
malediceva mentalmente una certa individua:
“Niente…”
“Pare che sia
scocciato perché
qualcuno lo evita.”
“Ah sì?
Mi chiedo proprio di chi possa
trattarsi…”
Lyanna sorrise,
trattenendosi dal
ridere mentre Will la fulminava con lo sguardo e Regan continuava ad
apparire
leggermente confuso.
Charlotte non le aveva detto
niente,
ma nei giorni precedenti si era accorta che la collega aveva evitato
accuratamente Will… e ogni volta in cui aveva provato a
menzionare l’argomento
aveva deliberatamente glissato.
Non ci voleva molto a capire
a chi si
stesse riferendo William… ma in 31 anni di vita e in 8 di
matrimonio Lyanna
Goblets aveva capito che l’altro sesso non aveva la stessa
capacità di
percezione delle donne.
“Lyanna, hai visto
CeCe? Non la vedo
da ieri… in effetti è molto evasiva di
recente.”
“Non
l’ho vista di recente, ma credo
che volesse mandare un paio di lettere… forse è
alla Guferia. Will, tu non devi
spedire niente?”
La donna si rivolse al
collega,
sorridendogli dolcemente con gli occhi scuri luccicanti di
divertimento:
qualche mese prima avrebbe giurato che non avrebbe più
rivissuto situazioni del
genere… ma a quanto sembrava tornare ad Hogwarts
l’aveva davvero fatta tornare
in quegli anni.
Will esitò per un
attimo,
osservandola di rimando prima di annuire lentamente, alzandosi in piedi:
“Ora che mi ci fai
pensare sì… ci
vediamo dopo.”
Prima che qualcuno potesse
chiedergli
qualunque cosa William era già diretto alla porta, uscendo
dalla stanza e
avviandosi nel corridoio a passo svelto senza neanche chiudersela alle
spalle,
lasciando che sbattesse sui cardini da sola.
“Ma che sta
succedendo qui? Charlotte
non si fa mai vedere in giro, Will è perennemente di cattivo
umore e tu ti
comporti come se sapessi qualcosa che io ignoro… Lyanna,
parla!”
“Ok, ora ti
spiego… ma come fai a non
arrivarci? Tua moglie
dovrebbe farti un corso di acume sentimentale, Reg.”
*
“Ma voi due state
ancora
ripassando?”
Ingrid inarcò un
sopracciglio, rivolgendo a Dante e ad Oliver un’occhiata
esasperata mentre i
due ragazzi camminavano accanto a lei, diretti in Sala Grande per il
pranzo ma
con ancora gli appunti tra le mani.
“Certo, non
vogliamo prendere una S!
Devo prendere almeno una A.”
“Già,
stessa cosa per me…”
Dante annuì come
se Oliver avesse
detto qualcosa di incontestabile, facendo alzare gli occhi al cielo ad
Ingrid
prima di notare una certa calca nell’Ingresso… ma
non per entrare in Sala
Grande come spesso succedeva, quanto più per leggere
qualcosa che sembrava
essere stato appeso sul muro.
“Che
succede?”
“Avranno appeso
qualche avviso…
andiamo a vedere!” Oliver
sfoggiò un
sorriso allegro prima di prendere la ragazza per mano e trascinarsela
dietro
senza tante cerimonie, scendendo in fretta la scalinata principale.
“Olly vai piano,
non voglio finire
smaltata sul pavimento!”
“Ma figurati
biondina, ti tengo io!”
“Che
succede?”
Una voce pimpante e allegra
fece
voltare Dante, ma il Grifondoro dovette abbassare lo sguardo per poter
guardare
in faccia Bella, che era comparsa accanto a lui e osservava
l’ingresso con gli
occhi cerulei carici di curiosità.
“Hanno appeso
qualcosa… Ma Jane non
era con te?”
“Sono qui infatti!” La
voce leggermente seccata della fidanzata
lo fece voltare dall’altra parte, alla sua
sinistra… e sorrise allegramente trovandosi
accanto la sua “piccolina”, mettendole un braccio
sulle spalle.
“Ah, eccoti!
Scusa, non ti avevo
vista… Su, andiamo a vedere cosa succede!”
Il Grifondoro si
trascinò dietro Jane
fino al muro dove venivano appese le comunicazioni… e come
sempre non dovette
faticare molto per passare davanti, visto che tutti si spostavano
automaticamente per fargli spazio.
Isabella invece
sbuffò incrociando le
braccia al petto, restando dietro alla calca che si era affollata
intorno alla
pergamena… come al solito avrebbe dovuto aspettare che quel
branco di scimmioni
si levasse dai piedi per leggere qualcosa.
“Come mai rimani
qui in disparte?”
Non si voltò
neanche, riconoscendo
perfettamente la voce e cogliendo distintamente la nota ironica.
“Sai
com’è, amo guardare un branco di
scimmie che si calpestano a vicenda per leggere un avviso. Tu invece,
oltre a
volermi prendere in giro perché rimani qui?”
Isabella alzò lo
sguardo per guardare
Antares, che si strinse nelle spalle:
“So già
cosa c’è scritto.”
“Fantastico…
sono sempre l’ultima a
leggere queste cose, ci sono persino dei tredicenni più alti
di me!”
Il tono seccato e aspro
della ragazza
lo fecero sorridere appena, ma si trattenne dal ridacchiare mentre la
Corvonero
parlava di nuovo:
“Vorrei
proprio sapere chi è l’imbecille che li appende
sempre così in alto…”
Isabella scrutò
la calca davanti a
lei mentre un inusuale silenzio piombava tra lei e il compagno,
portandola ad
alzare di nuovo lo sguardo dopo qualche istante: Antares era rivolto di
nuovo verso
di lei, osservandola restando impassibile.
“…
Fammi indovinare, l’hai appeso tu.”
“Già.”
“Oh beh,
ovviamente non volevo darti
dell’imbecille… ma già che ci sei mi
potresti dire cosa c’è scritto? Sai, non
ho fatto colazione e vorrei pranzare prima delle
16…”
Isabella sfoggiò un sorriso angelico, dando
al ragazzo qualche colpetto sul braccio. Antares sorrise leggermente a
sua
volta, guardandola con aria divertita prima di parlare:
“Scusa, ma temo di
avere molta fame
anche io… ci vediamo a lezione, buona
fortuna!”
Senza trattenere un
sorrisetto il
ragazzo se la diede a gambe, muovendosi velocemente per raggiungere la
porta
aperta della Sala Grande, sparendo rapidamente dal campo visivo della
rossa. Ad
Isabella non restò così che sbuffare,
arrendendosi all’inevitabile:
“Ti
pareva… grazie tante.”
Se non altro ora era chiaro
perché
gli avvisi erano sempre così alti… un
po’ perché Black li appendeva adattandoli
alla sua altezza e un po’ perché si divertiva a
vederla in difficoltà, senza
ombra di dubbio.
*
“Ehy…
ce ne hai messo di tempo! Ti
eri persa?”
Ingrid sorrise con allegria
a Bella
quando la rossa prese finalmente posto davanti a lei, leggermente scura
in
volto:
“Stendiamo un velo
pietoso… Allora,
ti vedo contenta in prossimità della gita.”
“Certo che sono
contenta, tu ci sei
stata diverse volte… io soltanto una.”
“Naturalmente. Mi
chiedo chi potrebbe
volerci andare con te, sabato prossimo…”
Isabella inarcò
un sopracciglio,
parlando con un tono assorto vagamente falso mentre masticava
distrattamente un
grissino.
La bionda le
riservò un’occhiata
leggermente seccata ma arrossì comunque, facendo sorridere
leggermente l’amica:
“Ho indovinato?
Non per vantarmi, ma
sono sempre stata perspicace.”
“Modesta, anche.
Solo perché Olly mi
ha chiesto di andarci insie-“
“Tranquilla non mi
devi spiegare niente,
lo so da quando ti ho vista sorridere a trentadue denti che te lo aveva
chiesto…
mi passi il purè per favore? Non mangio da ieri, tra poco
inizierò a masticare
il tavolo!”
“Se
mi avessi ascoltata e ti fossi svegliata in
orario…”
“Shh!
Silenzio!”
*
Antares si era appena seduto
al
tavolo dei Serpeverde quando una voce decisamente familiare lo fece
sussultare,
spuntando dal nulla accanto a lui:
“Sabato
vieni con me.”
“Per
la barba… La zia ci ha tartassato con
le buone maniere per anni e
tu te ne spunti così? Complimenti vivissimi.”
Antares sbuffò,
lanciando un’occhiata
torva a suo cugino e ringraziando mentalmente per non aver preso nulla
in mano
quando Altair era comparso accanto a lui… probabilmente
avrebbe mandato per
aria un vassoio, in quel caso.
“Non farmi la
predica con il Galateo
Ant, sappi solo che sabato prossimo verrai con me ad
Hogsmeade… infondo sono il
tuo cugino preferito, no?”
“No.”
“Come
no?”
“No, la mia
preferita è Cassiopea.”
“…
Allora il tuo cugino maschio
preferito! E se mi dici che
preferisci Orion o Cygnus a me avrai una brutta pausa pranzo!”
“Ok,
può andare. Ma perché tanta
premura? Non ci vai con una delle tue tante conquiste?” Antares
inarcò un sopracciglio, rivolgendo
un’occhiata leggermente scettica al cugino mentre si serviva
il pranzo nel
piatto d’oro… ricordava di aver sempre visto
Altair in giro per il paese con
una qualche ragazza, in effetti.
“No, vado con il
mio cugino musone
preferito… a Febbraio sei rimasto rintanato nei Sotterranei,
ma questa volta
andrà diversamente. Insomma, so che eri in lutto per il tuo
amico eccentrico,
ma…”
“Non parlare male
di Rod! Pensa al
TUO migliore amico, piuttosto!”
Il tono quasi offeso e la
faccia
seccata di Antares fecero ridacchiare leggermente il cugino, che diede
una
pacca sulla spalla del Caposcuola con aria divertita:
“Ok,
scusa… sei un po’ irascibile
quando si tratta di Lestrange, vero? Come sei tenero Anty.”
“Chiamami
ancora così e questo piatto finisce dritto sulla tua bella
faccia, Altair.”
*
Ok, poteva farcela
Doveva farcela.
Insomma, ormai studiava da
sette anni…
quanti esami e verifiche aveva affrontato in quell’arco di
tempo? Tante… forse
anche troppe.
Quindi quella non avrebbe
fatto differenza:
doveva ricordarsi le cose, per forza.
Dante sbuffò,
osservando la domanda
con aria grave.
E invece no. Come un certo
Babbano di
quel tempo avrebbe detto, la sua testa era una specie di tabula
rasa.
Possibile che non
ricordasse? Eppure
ricordava di aver letto qualcosa a riguardo…
Il Grifondoro
sbuffò, decidendo di
passare oltre per concentrarsi sulla domanda successiva… e
dire che lui ci
aveva sperato fino all’ultimo, che fosse tutto un gran Pesce
d’Aprile.
Dal canto suo, Lyanna era
seduta
sulla cattedra, osservando i ragazzi quasi con leggera compassione: ci
era
passata anche lei neanche troppo tempo prima, dopotutto.
Gli occhi scuri della donna
si
posarono su Dante Julius, provando improvvisamente un gran moto di
tenerezza nei
confronti di quel ragazzo tanto alto quanto di buon cuore… e
nel cogliere la
sua faccia non proprio allegra Lyanna scivolò giù
dal tavolo, sorridendo prima
di parlare ad alta voce:
“Sapete ragazzi,
mi sono appena
ricordata di aver… scordato una cosa in Sala Insegnanti.
Torno subito.”
Senza smettere di sorridere
Lyanna
uscì dalla stanza a passo svelto, cogliendo comunque le
espressioni sgomente e
allo stesso tempo sollevate dei ragazzi.
Una vocina nella sua testa
le suggerì
che forse era troppo buona… ma la mandò a quel
paese in fretta: in un mondo
contaminato dalla guerra, i piccoli gesti di bontà non erano
mai abbastanza, specialmente
se si trattava di ragazzi.
Ovviamente non appena fu
sparita
dietro la porta un insieme di mormorii si diffuse nell’aula,
mentre quasi tutti
si rivolgevano al compagno più vicino per chiedere qualcosa:
non era mai
successa una cosa simile, in effetti… ma di certo non
avrebbero protestato.
A parte forse una certa
ragazza dai
capelli color carota, che si ritrovò a sospirare quando
ricevette più di
qualche domanda sulla verifica:
“Ma
perché chiedete sempre a me? Andate da Black!”
*
William guardava le carte
con
cipiglio torvo, chiedendosi come accidenti procedere… ma
come facevano a
piacere i Solitari, a Charlotte?
Lui proprio non riusciva ad
andarne
fuori…
Contrasse leggermente la
mascella,
dicendosi di non pensare a lei… gli era sfuggita da sotto al
naso un’altra
volta, quella mattina: quando era arrivato alla Guferia non
l’aveva trovata, e
neanche sul tragitto. Come faceva a non farsi trovare con tanta
facilità? Non
la vedeva nemmeno ai pasti, e nelle rare
occasioni in cui era successo si era sempre seduta a qualche sedia di
distanza
per evitare di dargli modo di parlarle.
E ovviamente non poteva fare
una
scenata nel bel mezzo della Sala Grande, lei lo sapeva...
Sbuffò, prendendo
le carte per
rimettere in ordine il mazzo con nervosismo: se pensava di nascondersi
per le
successive settimane, si sbagliava di grosso… prima o poi
sarebbe riuscito a
trovarsi faccia a faccia con Charlotte Selwyn.
Quasi come se qualcuno
avesse
improvvisamente deciso di fargli un favore la porta si aprì
e voltandosi Will
quasi sorrise: beh, non pensava che ci sarebbe voluto così
poco… ma tanto meglio.
“Beh, chi non
muore si rivede. Ciao Charlotte.”
Negli ultimi giorni non
aveva quasi
mai messo piede in quella stanza… a parte il pomeriggio
precedente, quando Will
aveva avuto lezione e sapeva per certo che non l’avrebbe
incontrato.
Aveva incrociato Lyanna che,
per qualche
misterioso motivo, ci era appena stata… e le aveva detto di
non preoccuparsi,
che non c’era nessuno e che poteva tranquillamente prendere
il suo mantello.
Così, quando
aveva aperto la porta, l’aveva
fatto senza alcuna esitazione… e dopo due secondi avrebbe
voluto diventare
invisibile, o in alternativa rincorrere Lyanna Goblets per tutto il
castello.
Quando gli occhi di Will
Cavendish
incontrarono i suoi dopo giorni, una sola parola si fece spazio tra i
suoi
pensieri:
Merda
“Ciao.
Io… dovevo prendere una cosa,
ma se hai da fare ti lascio solo.”
“Non ci provare
neanche! Se pensi di
filartela un’altra volta ti sbagli di grosso,
Charlotte.”
Will si alzò di
scatto, deciso ad
impedirle di darsela a gambe: in men che non si dica la porta si chiuse
alle
spalle di Charlotte e con un pigro colpo di bacchetta Will la chiuse a
chiave.
“Will. Per favore,
apri.”
“No, non penso che
lo farò… prima ci
facciamo una chiacchierata che voglio fare da qualche giorno.”
Will sfoggiò un
sorriso, rimettendo
la bacchetta nella tasca interna della giacca prima di incrociare le
braccia al
petto, appoggiandosi allo schienale della poltrona dove fino a poco
prima si
era seduto.
“Will…
non costringermi a
Schiantarti.”
Charlotte
sospirò, restando immobile mentre
parlava, in piedi davanti alla porta chiusa. Lui però non si
scompose,
limitandosi a sorriderle quasi con un luccichio divertito negli occhi
castano-verdi:
“Non lo
farai.”
“Sicuro?”
“Io sono sempre
sicuro di quello che
dico CeCe, infatti sbaglio molto di rado… Magari un mese fa
l’avresti anche
fatto, ma oggi no.”
Charlotte sospirò
sommessamente, un
po’ perché a malincuore sapeva che aveva ragione,
anche se le costava
ammetterlo: no, non l’avrebbe Schiantato… in
compenso però si stava già
appuntando mentalmente di fare un discorsetto a Lyanna al
più presto.
“Non chiamarmi
così, per favore.”
“Perché
no? Andiamo Charlotte… non
risollevare il muro. Non ha senso. Mi dici perché mi eviti
da una settimana,
invece? E non provare a dire “no,
che
dici, non ti evito”, perché sappiamo
entrambi che lo stai facendo eccome.”
Will sbuffò,
rivolgendole un’occhiata
quasi seccata. Lo stupì però il suo silenzio,
visto che si era aspettato
repliche su repliche…
Charlotte invece non disse
nulla per
qualche istante, fissando lo sguardo su un punto del muro mentre
pensava alla
sua domanda… e a cosa rispondere.
Non lo sapeva bene neanche
lei, in
effetti… forse perché infondo era una codarda con
i fiocchi.
“Non…
non lo so. Non volevo parlare
con te.”
“E
perché, di grazia?”
“Credo che tu lo
sappia, Will… sei
molto intelligente, no?”
Il sarcasmo non lo
scalfì neanche
lontanamente, troppo occupato ad osservarla per darci peso. Lo sapeva? Forse sì, in
effetti… ma voleva comunque che
glielo dicesse.
“Si, sono una
persona intelligente… e
anche tu. Per questo non capisco perché ti comporti
così… Dimmi quello che ti
passa per la testa invece di evitarmi.”
Will sbuffò,
parlando con un tono
seccato e quasi gelido, scrutandola attentamente per non lasciarsi
sfuggire
nessun cambiamento espressivo sul volto della donna.
Charlotte però
non aprì bocca,
continuando a non guardarlo… e dopo qualche istante Will
fece qualche passo
avanti, prendendola per un braccio e piazzandosi davanti a lei:
“Charlotte,
guardami per favore.”
Stranamente
obbedì, sollevando
leggermente il capo per guardarlo in faccia.
“Perché
mi eviti da quando ti ho baciata
Selwyn? E non rifilarmi qualcosa del tipo che non provi niente per me
et
similia, perché se così fosse mi avresti
assestato uno schiaffo.”
Odiava ammetterlo, ma aveva
ragione…
del resto non si era tirata indietro, non subito almeno.
“Non è
questo.”
Charlotte abbassò lo sguardo,
evitando di guardarlo negli occhi e parlando con un filo di voce. Per
una volta
non era sulla difensiva e non indossava nessuna maschera
d’impassibilità, tanto
che suo malgrado Will si addolcì leggermente, parlando con
un tono più calmo:
“E allora cosa
c’è?”
“E’…
complicato. Io sono molto
complicata… e adesso ho un sacco di cose per la testa,
troppe per concentrarmi su altro.”
“Hai avuto una
settimana di tempo e
mi rifili QUESTA come scusa? Mi deludi Charlotte.”
“Non ridere!
Insomma… io sono seria!”
“Anche io. Ok,
ascoltami… Pensi che
io sia la persona più facile del mondo? Assolutamente no.
Perciò se sei
complicata benissimo, non avrò vita facile dovendoti
sopportare e viceversa. Comincio
ad essere stanco di non avere nessun legame vero, Charlotte…
E anche se so che
non me ne darai mai una vinta, almeno non mi
annoierò.”
Per la prima volta dopo giorni Will sorrise, alzando una mano per accarezzarle il viso. Charlotte roteò gli occhi ma non riuscì a restare seria, sorridendo leggermente a sua volta:
“Sicuro? Non vuoi
una graziosa,
accondiscendete bambolina invece di una testarda, impulsiva e
problematica come me?”
“Ne ho avute tante
di graziose
bamboline CeCe… ci ho messo molto a capire cosa volessi, ma
credo di esserci
finalmente arrivato. Insomma, sei indubbiamente problematica ma credo
di riuscire a sopportarti.”
Sperando di averla convinta
e che non
lo prendesse a pugni Will si chinò leggermente, baciandola
per la seconda
volta.
E con suo gran sollievo,
questa volta
Charlotte non scappò.
*
Chiuse il libro tirando
quasi un
sospiro di sollievo, felice di aver finalmente finito.
Non si era affatto pentito
di essersi
rintanato in Biblioteca per fare i compiti, lì
c’era molta più calma rispetto
alla caotica e affollata Sala Comune… e nessuno aveva potuto
dirgli niente
nonostante l’ora leggermente tarda, con sua gran
soddisfazione.
Stava per infilare tutte le
sue cose
nella borsa quando il rumore di passi affrettati lo fece voltare,
incuriosito:
chi poteva correre per la Biblioteca a quell’ora?
Il ragazzo non fece
però in tempo a
voltarsi, perché quella persona l’aveva
già raggiunto… e quando sedette accanto
a lui, si diede dello stupido per essersi anche chiesto di chi potesse trattarsi:
“Che ci fai qui?
Non dovresti essere
in giro per il castello a controllare che nessuno passeggi a
quest’ora?"
Antares inarcò un
sopracciglio, guardando
Isabella con aria leggermente confusa: per tutta risposta la ragazza
sfoggiò un’espressione
quasi schifata, passandosi una mano tra i capelli.
“Lo stavo facendo
infatti… ma non puoi
neanche immaginare COSA ho visto.”
“Non mi
dire… il mostro della Camera
dei Segreti ha deciso di farsi un giro?”
“Sono seria,
simpaticone! Ho avuto un’esperienza
traumatica!”
La rossa sbuffò, parlando con un tono grave
che lo incuriosì, guardandola in attesa:
“Beh,
sentiamo… che ti è successo
Burton di tanto orribile? Hai incrociato il camaleonte di Julius?
“PEGGIO.”
“Non mi dire che
hai visto la Hobskin
con la maschera sul viso!”
“No, no,
peggio!”
Antares sgranò
gli occhi, iniziando
quasi a preoccuparsi… cosa poteva esserci di peggio?
“Come peggio? Che
accidenti hai visto
Burton?”
“Lumacorno…
con i bigodini e in pigiama!”
Isabella gemette con aria
grave,
nascondendo il viso tra le mani mentre cercava di cancellare
quell’immagine
orrenda dalla proprio testa… ma aveva il sentore che non se
ne sarebbe mai
liberata.
Antares invece rimase in
silenzio per
un istante, osservandola senza muovere un muscolo… ma dopo
qualche secondo fece
l’ultima cosa che la Corvonero si sarebbe aspettata:
scoppiò a ridere.
Stentando a crederci Bella
alzò lo
sguardo, puntando gli occhi sul ragazzo con stupore… non
ricordava di averlo
mai sentito ridere.
“Che hai da
ridere? Non c’è niente di
divertente!”
La ragazza
sfoggiò un’espressione
quasi offesa, ma lasciò perdere quando capì che
il Serpeverde non avrebbe
smesso per un bel po’, riempiendo la Biblioteca con le sue
risate alla sola
idea di Bella che s’imbatteva in Lumacorno in tenuta notturna
e sbiancava di colpo:
“E dimmi
Burton… la camicia da notte
ce l’aveva?”
“Imbecille…”
Isabella si alzò,
sbuffando e
allontanandosi dal tavolo a passo di marcia, tornando al suo turno
mentre il
ragazzo continuava a ridersela… ma alla fin fine sorrise
anche lei, mentre
spariva dietro uno scaffale.
Ci sentiamo tra qualche giorno con il seguito, di sicuro prima di Natale... buona serata e a presto!
Signorina
Granger