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Autore: Pleasantville    20/12/2016    0 recensioni
(questa storia vede l'introduzione di un solo nuovo personaggio da cui sarà narrata, dall'inizio dell'apocalisse ad Atlanta, fino a Negan)
< S-signora? > riesco a dire con un filo di voce.
Questa solleva il capo e incontro uno sguardo feroce, animalesco lanciato da due occhi di un azzurro acquoso, come fossero ciechi.
Indietreggio d'istinto, mentre lei continua ad avvicinarsi. Adesso allunga un braccio nella mia direzione, come volesse afferrarmi, accompagnata da un suono graffiante che le esce dalla bocca.
Sono confusa, pietrificata dalla paura. Cos'è quella cosa? Cosa diavolo è?! Ad un incidente del genere ci sono poche probabilità di sopravvivenza, soprattutto di uscirne in quel modo! Nessuno si sarebbe rialzato e nessuno starebbe ancora in piedi dopo aver perso quell'enorme quantità di sangue!
Sbatto le palpebre più volte e finalmente riesco a prendere di nuovo il controllo dei miei muscoli. Indietreggio altri due passi, poi mi volto e corro verso il negozio, dove mi chiudo la porta alle spalle.
Non so perché reagisco così. Tutto ciò che so è che il mio istinto di sopravvivenza mi dice di stare lontano da quell'essere e basta. Qualunque cosa sia trovarmi tra quelle mani non deve essere affatto piacevole.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Daryl Dixon, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2

E' ancora lì. Batte repentina contro la porta da ormai mezz'ora o un'ora, forse, non ne sono sicura; ho perso la cognizione del tempo. Sento il suo lamento: si propaga per il locale buio facendomi rabbrividire.
Sto accovacciata a terra, le spalle poggiate al bancone. La mia mente è in preda ad un ragionamento febbrile, nell'invano tentativo di trovare una spiegazione razionale. Peccato che qui di razionale ci sia ben poco, se non nulla!
I muscoli della mia bocca si contraggono in una sorta di sorriso nervoso. E' la paura.
Scuoto la testa e mi alzo in piedi di scatto < Basta! E' solo uno scherzo di pessimo gusto! > dico < Si, solo uno scherzo... > ripeto tra me e me < E non farò il loro gioco, non me ne starò barricata qui dentro! Io adesso torno a casa! E domani, chiunque sia l'autore imbecille di questa cosa, la pagherà!" >. Non appena finisco di pronunciare queste parole mi sento patetica. Non ci credo neanch'io. E' solo un maldestro tentativo di farmi coraggio e di nascondere a me stessa, che in realtà, me la sto facendo sotto dalla paura. Perché, parliamoci chiaro, chi dovrebbe aver mai interesse a far spaventare me? Una ragazza qualunque, una commessa qualunque di un qualunque e insulso negozio d'antiquariato! Andiamo, chi sarebbe tanto malato da architettare tutta questa messa in scena, con effetti speciali che neanche il miglior film di Hollywood si potrebbe sognare, per spaventare me?
Io, però, continuo a ripetermelo < E' tutto uno scherzo... > nella speranza che dopo averlo detto cinquanta volte inizi a crederci sul serio.
Mi reco nel piccolo magazzino alle spalle del negozio. Qui il signor Clark tiene la merce con poche probabilità di vendita, almeno è quello che dice lui; ma in realtà nel magazzino ci sono solo gli oggetti che non vuole vendere, quelli a cui è particolarmente affezionato. Come quel pugnale risalente alla prima guerra mondiale, appartenuto a suo padre, il tenente Jackson Clark, eroe di guerra premiato con medaglia al valore, che solo armato di esso aveva ucciso una miriade di nemici, informazioni derivanti sempre da ciò che amava raccontare il signor Clark, ovviamente.
Ed è proprio sul baule di cuoio consumato che i miei occhi si posano. Lo apro: all'interno, oltre il vestito da sposa della defunta signora Clark, c'è una custodia di velluto rosso contenente il pugnale. Questo ha la lama talmente usurata che non andrebbe bene neanche per tagliare un panetto di burro. Lo prendo comunque e lo infilo in tasca, poi vado alla porta del magazzino, che dà su una stradina secondaria. Con una mano stretta attorno al manico del pugnale e l'altra sulla maniglia, tiro un lungo respiro ed esco fuori.
L'aria fredda della sera mi colpisce in pieno viso, ma non ci faccio molto caso; sono tesa come una corda di violino.
Cammino a passi veloci, guardandomi in giro di tanto in tanto. Da fuori sono sicura di star sembrando un assassino che cerca di allontanarsi il più in fretta possibile dal luogo del delitto. Per strada non c'è nessuno e questo accresce la mia inquietudine. Voglio solo arrivare a casa, mettermi a letto e svegliarmi domani mattina come se tutto questo fosse solo un incubo. Anzi, meglio voglio svegliarmi proprio in questo istante. Magari mi sono addormentata sul bancone del negozio e adesso sto facendo uno di quei sogni super realistici.
Mi do un pizzicotto.
"Ahi".
Niente, è tutto vero.
UEEE-UEEE
Mi irrigidisco, poi mi volto. Un'auto della polizia mi si affianca. Ci sono due poliziotti, quello alla guida abbassa il finestrino e si affaccia:
< Signorina, che fa da sola per strada a quest'ora?" >.
La domanda mi stupisce. < Torno a casa dal lavoro... > rispondo come fosse una cosa ovvia < Quest'ora? Che ore sono, scusi? Non sarà più tardi delle 19:00... > osservo.
< Signorina, oggi pomeriggio è stato diramato il copri fuoco per le 18:00, non lo sa? E' stato annunciato da tutte le radio e telegiornali locali... > mi risponde lui.
< Io... no... > ribatto con un filo di voce. Da quando avevo messo piede in negozio quella mattina i miei contatti con il mondo esterno si erano praticamente interrotti.
Il poliziotto mi fissa con la fronte aggrottata.
Un brivido mi percorre la schiena. Devo avere una pessima cera. Forse sta pensando che sia sotto effetti di stupefacenti. Istintivamente stringo la mano che tengo ben salda in tasca e mi ricordo del coltello. Cavolo! Già ai loro occhi starò sembrando una sciroccata, mi manca solo che mi perquisiscano e mi trovino con un'arma addosso e abbiamo concluso questa giornata in bellezza!
< Ma non ha sentito dei disordini che si stanno verificando in città? > continua, ma fa appena in tempo a terminare la domanda che si sentono dei rumori di spari giungere da qualche isolato più in là, poi un boato ed una nuvola di fumo si solleva tra i palazzi.
< Torni a casa in fretta e faccia attenzione! > mi ordina il poliziotto, che subito sgomma via in direzione del fumo.
Che diavolo sta succedendo?!
Adesso non so perché, sarà che la mia voglia di mettermi nei guai supera di gran lunga quella di starne lontano, sarà il mio eccesso di curiosità, sarà che non mi voglio per niente bene, ma mi dirigo anch'io verso quel caos.
Voglio sapere. Se sta accadendo qualcosa di brutto, veramente brutto voglio vederlo di nuovo, una volta per tutte e come si deve. Non voglio stare sospesa tra incubo e realtà, non voglio sentirmi come una pazza. Quello che ho visto prima, l'ho visto solo io... non voglio sentirmi così ancora un istante di più... continuare a dubitare dei propri sensi, della propria mente, di se stessi...
Più mi avvicino, più il mio cuore aumenta i battiti. Di nuovo spari che squarciano il silenzio. L'allarme di una macchina inizia a squillare con insistenza.
Una parte di me dice che sono ancora in tempo per tornare indietro, correre a casa, l'altra invece mi ripete che devo proseguire.
Vedo una donna con un bambino in braccio correre nella mia direzione. Quando mi è accanto si ferma, voltandosi: ha lo sguardo sbarrato dal terrore < El diablo! > mi urla, poi riprende la sua corsa.
La strada ad un certo punto è chiusa da delle transenne, il fumo ormai è vicino e gli spari sono cessati da qualche secondo. Non mi costa fatica scavalcarle.
Ci sono auto della polizia ovunque, come a formare un muro. I poliziotti che avevo incontrato prima, insieme ad altri, rannicchiati dietro le portiere, imbracciando i fucili. Il fumo proviene da un condominio posto di fronte, di preciso esce copioso da una finestra del sesto piano. L'appartamento sta andando a fuoco.
C'è un gruppo di residenti qualche metro più là. Famiglie con bambini che piangono, avvolti nelle coperte. Qualche anziano che seguita a farsi il segno della croce.
Mi avvicino rendendomi conto che è un quartiere prettamente ispanico.
< Cosa sta accadendo? > domando.
Un uomo si gira < Guardalo da te > mi dice facendomi segno di salire sul cofano di un'auto parcheggiata, per vedere oltre il muro della polizia.
Salgo accompagnata dallo scricchiolio metallico della carrozzeria che non sembra molto d'accordo.
Ci sono delle persone in mezzo alla strada, alcuni vestiti con abiti da casa, altri sembrano dei normali passanti. Sull'asflato c'è del sangue, così come sui loro vestiti. Qualcuno è steso a terra, qualcun'altro si sta rialzando o si trascina. Dalle loro bocche esce quel verso... di nuovo quel verso. Stavolta però non è solo uno, ma più che insieme creano un coro che mi fa accapponare la pelle.
Sotto la finestra da cui esce il fumo, c'è l'auto da dove proviene il suono insistente dell'allarme. Ha il tettuccio ammaccato e un corpo riverso sopra.
< Una di quelle cose si è buttata di sotto facendo scattare l'allarme di quella dannata macchina! > mi spiega infastidito l'uomo di prima.
La polizia apre di nuovo il fuoco. Vedo i proiettili trafiggere quei corpi, entrare nella loro carne. Il sangue schizza fuori dal loro petto, gambe, braccia. C'è chi cade, ma si rialza. C'è chi continua ad avanzare imperterrito.
< Non muoiono... > sussurro strozzata.
< Sono già morti > mi risponde secco l'uomo < Questa è la fine del mondo >. 
   
 
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