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Autore: effe_95    02/01/2017    6 recensioni
Questa è la storia di diciannove ragazzi, i ragazzi della 5 A.
Questa è la storia di diciannove ragazzi e del loro ultimo anno di liceo, del loro affacciarsi a quello che verrà dopo, alla vita. Questa è la storia di Ivan con i suoi tatuaggi , è la storia di Giasone con le sue stelle da contare, è la storia di Italia con se stessa da trovare. E' la storia di Catena e dei fantasmi da affrontare, è la storia di Oscar con mani invisibili da afferrare. E' la storia di Fiorenza e della sua verità, è la storia di Telemaco alla ricerca di un perché, è la storia di Igor e dei suoi silenzi, è la storia di Cristiano e della sua violenza. E' la storia di Zoe, la storia di Zosimo e della sua magia, è la storia di Enea e della sua Roma da costruire. E' la storia di Sonia con la sua indifferenza, è la storia di Romeo, che non ama Giulietta. E' la storia di Aleksej, che non è perfetto, la storia di Miki che non sa ancora vedere, è la storia di Gabriele, la storia di Lisandro, è la storia di Beatrice che deve ancora imparare a conoscersi.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I ragazzi della 5 A
 
50.Pietosamente, Ghiaccio e Non lo farà.


Aprile

Cristiano quella mattina non aveva la più pallida idea di come avrebbe affrontato la giornata.
La sera prima non era riuscito a chiudere occhio, aveva passato tutto il tempo a cambiare fianco nel letto, a togliersi e rimettersi le coperte addosso, spegnere ed accendere la luce, tapparsi le orecchie con il cuscino o contare le pecore in altre lingue.
Purtroppo per lui, nulla di tutto ciò era riuscito a coprire i gemiti fastidiosi di quella specie di donna che suo padre si era portato a casa.
Emanuele Serra era tornato il giorno precedente dopo settimane di assenza, Cristiano non ne era stato particolarmente entusiasta, soprattutto quando si era portato dietro quella donnaccia volgare e ignorante.
Non aveva potuto far nulla per impedirlo, si era limitato ad ignorarli entrambi e passare il maggior tempo possibile con Marta, studiando seduto al tavolo della cucina mentre lei preparava la cena canticchiando sotto voce.
Osservando il cielo limpido fuori la finestra, durante quella prima ora di un tedioso lunedì mattina di metà Aprile, Cristiano si ritrovò a pensare che nemmeno Marta doveva aver dormito quella notte. La sua camera si trovava proprio di fronte quella di Emanuele Serra, che per tutta la notte non aveva fatto altro che scoparsi la sua volgare donna.
Cristiano si lasciò andare ad un sospiro rassegnato e osservò con occhi nostalgici un uccello planare e nascondersi tra i rami di un pino, se avesse avuto un carattere meno apatico, meno disinteressato, probabilmente non avrebbe mai sopportato quella situazione.
Se fosse stato un’altra persona, avrebbe urlato e gridato fino a sgolarsi.
Ma dopotutto, Cristiano era convinto di non avere il diritto di poter intervenire o dire la sua, era suo padre ad avere in mano la sua vita, era lui ad occuparsi di tutto.
Mai come in quel momento Cristiano aveva desiderato essere già grande abbastanza.
<< Cosa sono questi sospiri esasperati? >>.
Cristiano registrò lentamente le parole di Zosimo, il suo vicino di banco aveva cercato di richiamare la sua attenzione punzecchiandolo sul gomito con la punta affilata della matita, Cristiano si ritrovò a pensare che doveva averla temperata apposta perché facesse male.
<< Niente >> Si limitò a replicare massaggiando il gomito punzecchiato.
Zosimo gli rivolse un sorriso pericoloso e malandrino, gli pizzicò il braccio senza alcuna pietà e immediatamente dopo, prima che Cristiano potesse protestare, picchiettò sul giornale che il suo vicino di banco aveva tentato inutilmente di nascondere.
<< Perché nascondi un giornale sotto i quaderni? Stai cercando lavoro? >>.
Cristiano percepì un fastidioso calore alle guance quando Zosimo gli rivolse quelle domande con estrema naturalezza, rivolse uno sguardo veloce ad Oscar, l’altro suo compagno di banco, ma non sembrava che si fosse accorto di qualcosa, era distratto dalla professoressa.
<< Davvero non sono affari tuoi >> Ringhiò tra i denti accartocciando il giornale.
Zosimo fece spallucce, si rilassò sulla sedia e incrociò le gambe sotto il banco.
<< Se vuoi scappare di casa non ci trovo nulla di male Cris, davvero >>.
Cristiano sospirò pesantemente e abbassò tutto il peso delle spalle curvando la schiena, era da un po’ di tempo che aveva capito ormai che con Zosimo mentire o nascondersi era inutile. Aveva anche cominciato ad apprezzarlo per questo.
Zosimo possedeva la capacità di percepire ogni suo stato d’animo o cambiamento d’umore.
<< Ultimamente … >> Cristiano incespicò un po’ mentre pronunciava quella parola, aveva la voce bassa e incerta, non voleva farsi sentire da Oscar, non voleva che Zosimo provasse pietà o compassione per lui, ma sentiva davvero il bisogno di dirlo a qualcuno <<  Ultimamente non ho altro che un desiderio. Vorrei prendere Marta e portarla via da quella casa, vorrei poter essere abbastanza indipendente da prendermi cura di lei e staccarmi definitivamente da quell’uomo >> Cristiano strinse forte il pugno e la pagina di giornale finì con lo stracciarsi completamente, sospirò e allentò la presa, tanto comunque non avrebbe trovato nulla che facesse al caso suo, ne era certo << Vorrei allontanarlo dalla mia vita, far finta che non esista ma … >>.
<< Ma è tuo padre, ed è l’unico legame che hai, giusto? >>.
Quando Cristiano incrociò gli occhi di Zosimo non vi lesse né compassione né altro, solo un’infinita comprensione. Gli fu immensamente grato per questo.
<< No, non è l’unico. Io … io sto cercando di recuperare un legame del passato ma … >>
Ma davvero non so come farlo.
<< Uhm >> Zosimo incrociò le braccia al petto e mise su un cipiglio serio che Cristiano ancora non gli aveva mai visto << Quindi quello che vuoi è crearti una nuova vita con Sonia, giusto? Stai cercando di portarla indietro, vero? >>.
Cristiano sentì il battito cardiaco accelerare pericolosamente al suono di quelle parole.
<< Come fai a … ? >>.
<< Cris, tu e Sonia siete i soli a credere che nessuno se ne sia accorto. C’è stato qualcosa tra di voi, direi che è successo più o meno tra il primo e secondo anno, giusto? >>.
Cristiano doveva aver messo su un’espressione piuttosto scandalizzata, perché Zosimo si lasciò andare ad una risatina divertita, risatina che irritò particolarmente il suo vicino.
<< Beh, come diavolo te ne sei accorto? >> Sbottò Cristiano infastidito.
<< Perché ti osservavo Cris, quale altro motivo dovrebbe esserci? >>.
<< Quindi sei tipo uno stalker eh? >>.
<< Nah! >> Zosimo gli tirò un pugno sul braccio e gli fece l’occhiolino, pensando che Cristiano avesse davvero un viso migliore quando sorrideva, anche se il sorriso somigliava ad un ghigno << Per chi mi hai preso? Comunque Cris, non è questo il punto >>.
Cristiano accartocciò definitivamente il giornale e fece per metterlo sotto il banco, ma Zosimo glielo strappò di mano, lo spiegò come meglio gli riuscì e lo sbatté sul banco dell’amico, attirando così anche l’attenzione di Oscar.
<< E allora qual è? >> Domandò Cristiano con estremo imbarazzo.
<< Il punto è che puoi farlo! Se adesso butti questo giornale, tutti i tuoi buoni propositi se ne andranno a quel paese, non credi? Lo puoi fare Cristiano, sei una persona forte >>.
Cristiano non si era mai visto in quel modo.
Era Zosimo quello forte, no?
E allora perché sentirselo dire valse più di mille altre parole, o gesti o altro?
<< Pensi che … >>.
<< Si! >> Zosimo lo interruppe senza nemmeno permettergli di continuare la frase, con una sicurezza e fermezza tale da annichilirlo << Porterai indietro Sonia, diventerai indipendente e creerai il tuo futuro lontano da quell’uomo, senza necessariamente spezzare quel legame. Ce la farai, garantisce il sottoscritto! >>.
<< Allora sono nei guai >>.
Zosimo ridacchiò divertito al commento di Cristiano, notando finalmente che la ruga di preoccupazione sulla sua fronte era finalmente sparita. Contemporaneamente alla sua risata allegra, anche la campanella annunciò la fine della prima ora con brio, Zosimo osservò il vicino di banco segnare diligentemente i compiti sul diario e ripiegare con cura il giornale.
Sorrise sotto i baffi e riportò l’attenzione sul professor Riva, che era appena entrato in aula con l’aria allegra ed elettrizzata di chi aveva qualcosa in mente.
Zosimo prevedeva due ore molto lunghe e stancanti.
<< Buongiorno ragazzi! Cosa sono quelle facce stanche? >>.
Cristiano trovò leggermente irritante il tono di voce del professore, un leggero mal di testa aveva cominciato a pulsare nella tempia sinistra a causa del sonno mancato, e la voce di Costantino Riva non faceva altro che aumentare il fastidio.
<< Oggi ho in mente qualcosa di divertente per ripassare tutto il programma! >> Un mormorio diffuso di protesta e sconcerto serpeggiò tra i banchi, ma Costantino lo ignorò continuando a parlare con entusiasmo << Vi dividerete in otto squadre da due, più una da tre. Lascerò che scegliate il vostro compagno liberamente. Io farò una domanda generale sul programma sia di latino che di greco, la squadra che alzerà per prima la mano avrà la possibilità di rispondere. Ogni domanda giusta varrà un punto. >>
Il professore spiegò diligentemente le regole mentre strappava un foglio di quaderno, Cristiano trovava piuttosto noiosa l’idea, ma era un buon modo per non pensare.
<< Cosa vince chi fa più punti? >> Domandò Telemaco senza alzare la mano.
<< Un otto sul registro! >>.
Annunciò Costantino Riva guardando i suoi alunni con un sorriso raggiante sulle labbra.
<< Io non ci proverò nemmeno >> Borbottò Zosimo al suo fianco stiracchiandosi.
Era piuttosto rilassato per essere uno che sapeva di non avere nessuna possibilità di alzare la propria media scolastica.
<< Benissimo, cominciamo allora. Sonia, tu sei la prima! Chi vuole andare in squadra con Sonia? >>. Tutta la noia e l’apatia che si stavano lentamente impossessando di Cristiano scivolarono immediatamente via nel sentire quelle parole.
Nella classe cadde un silenzio imbarazzante ed opprimente, fatto di sguardi circospetti, occhi bassi o scrollate di spalle. Cristiano spostò lo sguardo su Sonia, non poteva vederle il viso da quella posizione, ma era piuttosto sicuro che vi avrebbe letto indifferenza e noncuranza. E poi … se avesse continuato a scavare sotto la maschera, come gli altri non facevano mai, avrebbe notato le spalle curve, le mani intrecciate e tese sul ventre, la ruga di dolore tra gli occhi.
Avrebbe notato tutte quelle cose che stava notando.
Cristiano si rese conto per la prima volta di una cosa quel giorno, si rese conto che se il professore avesse proposto quello stupido gioco qualche mese prima, anche per lui sarebbe calato quel silenzio imbarazzante.
Nessuno avrebbe alzato la mano per lui.
In quel momento invece sapeva di avere almeno una persona in quella stanza che ci avrebbe provato, Zosimo avrebbe alzato quella mano contro ogni pronostico.
Ma per Sonia?
<< Andiamo raga- >>.
<< Io, vado io in squadra con Sonia >>.
Cristiano non ebbe dubbi al riguardo, non appena si era reso conto che nessuno avrebbe colmato quel silenzio la sua mano si era mossa da sola, come se un filo invisibile fosse passato attraverso il cuore muovendo così anche il suo braccio.
Tutta la classe si girò a guardarlo, ma a lui non importava.
Aveva deciso che avrebbe cominciato a costruire il suo futuro da quello, da lei.
Quando fece cambio posto con Miki e si mise seduto accanto a Sonia, lei non lo stava guardando ed evitava appositamente il suo sguardo, non si erano rivolti la parola da quel giorno al Luna Park, ma a Cristiano non importava.
Zosimo aveva detto che ce l’avrebbe fatta.
E lui ci credeva, ci credeva davvero.
<< Non ho bisogno della tua pietà! Perché l’hai fatto?! >>.
Sbottò dopo un po’ Sonia, mentre gli altri formavano lentamente le restanti coppie, Cristiano osservò distrattamente Gabriele che si spostava accanto a Romeo, e fece spallucce.
Perché proprio non sopporto di vedere la persona che amo trattata così pietosamente.
Cristiano quelle parole non le pronunciò ad alta voce ma Sonia le percepì lo stesso, tacitamente, implicitamente, nel cuore.
Grazie.
 
Enea si rese conto che ricevere un astuccio in faccia faceva piuttosto male.
Faceva male, ma era stato comunque meno doloro del vedere gli occhi di Lisandro infiammati dalla collera, dalla delusione e dalla determinazione, era stato meno doloro delle parole che gli aveva rivolto.
Enea si vergognava di se stesso, si era vergognato per giorni interi.
Aveva sempre trovato la voce per dire tutto quello che pensava, le parole non gli erano mai mancate, ma da quando stava con Beatrice si era reso conto che le cose erano cambiate.
Ci aveva provato più volte a dirglielo, a farglielo sapere.
Ma aveva avuto paura.
Ed Enea non aveva mai avuto paura prima di allora.
Perché non aveva mai avuto nessuno e niente da perdere.
Erano state le parole di Lisandro a spingerlo oltre la linea, a gettarlo nel precipizio senza paracadute, senza rete di salvataggio, aveva fatto un salto nel vuoto che molto probabilmente l’avrebbe portato a schiantarsi dolorosamente su una superficie appuntita.
Aveva detto tutto a Beatrice quello stesso pomeriggio, mentre studiavano insieme.
L’aveva gettato fuori come se fosse stato veleno, qualcosa di tossico che gli stava lentamente corrodendo lo stomaco, l’aveva fatto non perché avesse avuto paura delle minacce di Lisandro, ma perché aveva avuto paura di quello che lui stava diventando.
Aveva gettato fuori la verità come se fosse stata un neonato urlante e ripugnante.
E Beatrice gli aveva tirato il porta pastelli in faccia, centrandolo sul naso.
<< Ahia >> Si limitò a commentare, mentre i pastelli e le penne si riversavano come un fiume in piena sul tappeto e tra le sue gambe, passando attraverso la cerniera che Beatrice aveva dimenticato fosse completamente aperta.
Enea non aveva pensato nemmeno a mostrarle i documenti che si portava dietro da settimane, in realtà gli risultava difficile anche solo guardarla negli occhi in quell’istante.
Beatrice non aveva mai avuto una postura così rigida, né i tratti del viso contratti dalla collera e dal dolore come in quel momento, ad Enea dava l’impressione di una bella regina delle Amazzoni pronta a spellarlo vivo con la sola forza bruta delle mani.
<< Non ti sembra una reazione un po’ esagerata? >>.
Sapeva bene che con quella frase non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose, eppure la pronunciò lo stesso, cominciando a raccogliere svogliatamente tutte le matite che aveva tra le gambe e quelle che erano finite sulla sedia, nascoste tra le insenature.
<< Per l’amor di Dio, Enea! >> Beatrice sbraitò senza preavviso << Quando cazzo avevi intenzione di dirmelo?! Il giorno prima di partire? >>.
Enea aveva aspettato quella reazione per tutto il tempo, ma con la stessa aspettativa aveva pregato che quel momento arrivasse il più tardi possibile.
Smise di raccogliere le matite e le rilasciò cadere sul tappeto.
<< La fai facile tu, vero? Ho provato a dirtelo un milione di volte! E altrettante volte mi sono chiesto perché non riuscissi a trovare le parole per farlo. E ancora non lo so! Non lo so perché non te l’ho detto prima. Non lo so! >>.
Enea aveva alzato la voce senza accorgersene, le parole gli erano sgorgate dallo stomaco crescendo senza alcun tipo di freno o controllo, mostruose, violente.
<< Non lo sai?! Sarei dovuta essere una delle prime persone a cui avresti dovuto dirlo! >>.
<< Dannazione Beatrice se te l’avessi detto prima avresti accettato la cosa senza fare tutte queste storie?! Ti saresti congratulata con me senza urlare? >>.
Beatrice ammutolì e le parole le si strozzarono in gola quando venne investita dalla consapevolezza di non poter replicare come avrebbe voluto.
No, non avrebbe reagito bene nemmeno se Enea gliel’avesse comunicato il giorno stesso in cui era arrivata la notizia.
Beatrice non avrebbe reagito bene mai, in nessuna circostanza.
Ma perché Enea non riusciva a capire il suo sgomento?
Perché Enea non poteva capire il suo dolore?
Perché non si rendeva conto di quanto le avesse fatto male anche solo immaginare che se ne sarebbe andato altrove, in un posto dove non poteva vederlo?
Perché non capiva che era davvero quello il motivo per cui urlava tanto?
<< Io … io non me lo aspettavo! >> Continuò Enea passandosi con esasperazione la mano tra i capelli << È stato mio padre a – non importa. A me- >>.
<< Sono la tua ragazza Enea! Sono la->>.
<< Cazzo Beatrice, è il mio futuro! >>.
Le parole di Enea furono come uno schiaffo per Beatrice, strinse convulsamente la stoffa della maglietta tra le dita e scattò in piedi, gli occhi furiosi e velati di lacrime.
Le sembrava di essere stata gettata forzatamente in un incubo, pochi istanti prima sorrideva e scherzava con Enea come tutte le volte che si ritrovavano a studiare insieme, e l’istante dopo le sembrava di avere a che fare con una persona sconosciuta ed estranea.
<< E io non faccio parte del tuo futuro, giusto? >>.
Enea scattò in piedi a sua volta e afferrò Beatrice per le braccia, era rigida e tesa sotto il suo tocco, come se non sopportasse nemmeno più che lui la toccasse.
<< Certo che si Bea, non era quello che volevo dire io … io sto impazzendo dannazione! >>.
Beatrice non aveva mai visto Enea in quelle condizioni, sembrava aver perso tutto il contegno e la sicurezza di cui era dotato, e dopotutto non avevano mai litigato così furiosamente prima di allora.
<< Ma non te ne frega niente di noi? Non te ne importa nulla se non ci vediamo più per un anno intero? Non ci stai male? Non ci hai pensato nemmeno un po’? >>.
Enea le rivolse un’occhiata esasperata.
<< Non ho nemmeno firmato i documenti Beatrice! Non so nemmeno se ci voglio andare!>>.
Cadde un silenzio pesante nella stanze dopo quello scambio di battute concitate e violente, avevano entrambi il fiatone e le guance arrossate dalla collera e dal dolore.
Enea allentò leggermente la presa sulle spalle di lei accarezzandola impercettibilmente con i pollici, e come un riflesso incondizionato a quel tocco gentile anche la postura di Beatrice cominciò a tendersi e rasserenarsi.
Enea pensò che dopotutto erano stati bravi, dopotutto non avevano oltrepassato quella linea pericolosa dove le parole sarebbero potute diventare armi letali.
Non avevano spezzato nessun filo, niente che non potesse essere aggiustato.
Non avevano …
<< Ad ogni modo non importa più, dopotutto … posso sopravvivere anche senza di te >>.
Enea trovò impressionante il modo in cui Beatrice aveva cambiato espressione in quella frazione di secondi e di silenzio, tutta l’angoscia, tutto il dolore, tutto quello che vi aveva letto pochi istanti prima era improvvisamente scomparso, sostituito da una collera glaciale.
<< Vuoi punirmi così solo perché non te l’ho detto prima? >>.
Le parole gli uscirono con più disprezzo di quanto avrebbe voluto, ma Enea non sapeva come altro difendersi dal dolore che stava provando, non sapeva difendersi da qualcosa che non aveva mai provato prima in vita sua.
Era indifeso, esposto.
<< A me fa male anche solo sapere che hai preso in considerazione l’idea >>.
<< E non te ne frega niente del dolore che stai facendo provare a me ades- >>.
<< Tu sei peggio di quel maiale di Mirko! >>.
Enea le lasciò andare le braccia quasi automaticamente dopo aver sentito quelle parole, come se avesse preso la scossa, guardò Beatrice negli occhi e per la prima volta da quanto l’aveva conosciuta desiderò veramente farle del male.
Ferirla.
Beatrice si rese conto troppo tardi delle sue parole, e fu come se attraverso gli occhi feriti di Enea riuscisse a leggere senza filtri il carico del suo egoismo.
Sapeva di avere esagerato, di essere andata troppo oltre, di aver rovinato tutto.
<< Sai che ti dico Beatrice? Ti meriti solo tipi come lui >>.
Beatrice non riuscì nemmeno a fermarlo quando lo vide lasciare la stanza.
Le sembrava di avere un buco nel cuore.
Un buco pieno di ghiaccio.
 
<< Che cosa le hai detto?! >>.
Ivan ebbe più o meno come la sensazione di aver perso l’udito dopo l’urlo violento ed estremamente esagerato del suo migliore amico. Lanciò un’occhiata veloce al resto della palestra, dove stavano facendo educazione fisica, ma si rese conto che nessuno aveva prestato loro attenzione, essendo tutti troppo impegnati a palleggiare diligentemente.
<< Abbassa la voce Gias! >>.
<< Ma sei impazzito?! Questa non te la perdonerà sicuramente! >>.
Ivan si ritrovò a lanciare un’occhiataccia al suo migliore amico, non aveva certo bisogno che qualcuno gli ricordasse quello che già sapeva, né che Giasone lo rimproverasse.
Lo aveva già fatto da solo abbastanza.
<< Lo so perfettamente! >> Commentò mentre riceveva con professionalità il passaggio del suo migliore amico e glielo restituiva << Non so cosa mi sia preso, in realtà volevo … >>.
<< Volevi farle credere di essere un Santo? >>.
Lo rimbrottò Giasone facendogli una linguaccia, Ivan trovò il gesto piuttosto infantile.
<< Certo che no! Ma credevo … credevo che lei lo sapesse! O quanto meno … Beh! Sono un uomo no? Lei avrebbe dovuto immaginarlo … o no? >>.
<< Decisamente no Ivan! >>
Alla replica affrettata ed immediata di Giasone, Ivan rischiò di lascar cadere la palla.
Rivolse uno sguardo veloce al professor De Luca, l’orco di educazione fisica, ma fortunatamente in quel momento stava torturando il povero Igor.
<< Perché no?! >>.
<< Perché le ragazze sono fatte così, queste cose non le capiscono. Sono diverse da noi, loro non fanno queste cose con il primo che capita … o almeno non tutte! >>.
Ivan si morse violentemente il labbro inferiore e pestò un piede a terra con rabbia, alzando un po’ troppo il tiro del palleggio, Giasone lo guardò malissimo quando fu costretto a fare una sorta d’acrobazia per recuperare il pallone.
<< È stato solo con una ragazza. Sono stato solo con una ragazza, e non era nulla di importante. Lo capirà vero? Mi perdonerà per aver mentito? >>.
Giasone non aveva mai visto Ivan così avvilito e mortificato, conosceva il suo migliore amico da tutta la vita, e sapeva che a dispetto dei tatuaggi sulle braccia era un bravo ragazzo.
Stava giusto aprendo la bocca per rispondergli quando il fiato gli si strozzò in gola.
<< Ohi Gias, che succede? >>.
Domandò Ivan seguendo la direzione dello sguardo scioccato del suo migliore amico, spostò gli occhi concentrati e intravide lì, proprio dietro di se … Italia.
Era ferma, immobile, con il pallone stretto tra le mani e il corpo tremante.
Ivan ebbe come la sensazione che lo stomaco si fosse messo a fare le capriole in maniera davvero spiacevole nel suo corpo, il palleggio di Giasone cadde a vuoto pochi centimetri dalla sua testa e il rimbombo del pallone gli vibrò nelle orecchie come un ronzio lontano.
<< Italia io … >>
Ivan non ebbe nemmeno il tempo di allungare un braccio che si ritrovò la palla della ragazza schiacciata sul naso, sentì immediatamente il sangue sporcargli la faccia e il labbro.
<< Ehi, Ivan sta sanguinando! >> Commentò ad alta voce Aleksej, che solo in quel momento si era accorto della cosa con la coda dell’occhio, tutti in palestra si voltarono a guardarlo.
<< Che succede qui?! >> Sbraitò il professore di educazione fisica avvicinandosi con fare imbufalito verso il gruppetto che si stava riunendo intorno al mal capitato.
L’uomo era sconcertato, non era mai capitato prima che Ivan facesse l’imbranato nelle sue ore scolastiche, era sempre stato un allievo atletico e dotato.
<< Ehi, dove vai Italia?! >>.
Strepitò Romeo inseguendo l’amica con lo sguardo, mentre il resto della classe la vide correre come una furia verso l’uscita della palestra con Catena al seguito.
<< Si sarà impressionata >>.
Il commento apatico di Lisandro lo sentirono solo poche persone.
Ivan non si rese minimamente conto di tutto quel disordine, aveva le orecchie otturate.
Era come insensibile al tocco rude di un fazzoletto sotto il naso, alle chiacchiere degli altri, al viso troppo vicino del professore che parlava senza essere ascoltato.
Sollevò lo sguardo su Giasone, che in quel momento gli sembrava estremamente lontano in quel mare di sensi di colpa che lo stava investendo senza pietà.
A quando pare non lo farà.
 
 
 

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Effe_95
 
Buonasera a tutti :)
Come prima cosa in assoluto voglio augurarvi un Buon Natale e Buon Anno anche se in ritardo (come sempre) di qualche (tanti) giorni ^^’.
Ad ogni modo, anche se in ritardo, ci tenevo davvero tanto a fare gli auguri anche a voi.
Passando al capitolo, vi confesso che è stato un vero parto scriverlo, ho faticato tantissimo!
La prima parte, quella tra Cristiano e Zosimo, ce l’avevo in mente già da un po’ di tempo, volevo dare l’impressione di un Cristiano leggermente diverso, di un ragazzo che sta cercando di staccarsi dalla parte peggiore di se senza recidere definitivamente i fili però.
Mi rendo conto che detta così sembra una fera follia insensata, ma spero mi abbiate capita.
Per quanto riguarda invece la parte di Bea ed Enea è stata decisamente quella che mi ha dato più problemi in assoluto, non mi piace come è scritta e vorrei davvero avere in vostro parare a riguardo. Anche perché i due hanno proprio dato di matto, e la mia idea era quella di comunicare una situazione di botta e risposta violenta, frenetica.
Non so se di sono riuscita del tutto.
Per quanto riguarda Ivan e Italia, li ritroveremo nel prossimo capitolo sicuramente.
Prima di salutarvi avevo in mente di fare un gioco divertente (?) con voi proponendovi un quesito:  Secondo voi chi ha vinto la gara a squadre del professor Riva? Ecco le alternative.
  1. Enea e Beatrice
  2. Igor e Telemaco
  3. Aleksej e Miki
Avevo intenzione di scriverlo nel capitolo, ma per questione di trama non sono riuscita ad inserirlo, però trovavo carino lo stesso farvelo sapere anche solo per curiosità, così mi è venuta l’idea di proporvi questo giochetto :P.
Grazie mille come sempre per le recensioni, a chi legge e come sempre per la pazienza che avete con me.
Alla prossima. 
  
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