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Autore: Signorina Granger    05/01/2017    7 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
1944: Gellert Grindelwald rappresenta più che mai una minaccia e la Camera dei Segreti è stata misteriosamente aperta da circa un anno; nemmeno Hogwarts è un luogo sicuro.
Nella speranza di preparare i suoi studenti a ciò che potrebbe aspettarli dopo il Diploma, il Preside Armando Dippet convoca alcuni tra i suoi più talentuosi ex studenti per far seguire delle lezioni nuove, creando così una classe speciale formata dai più capaci studenti dell’ultimo anno.
Queste nuove lezioni li aiuteranno ad affrontare la crudeltà della vita vera?
Oppure anche i loro nuovi insegnanti si ritroveranno ad imparare qualcosa da loro?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Capitolo 27: Compleanni, punizioni e lettere da casa
 

 
Sabato 8 Maggio
 
 
“Ma sei sicura che sia di qua?”
 
“Certo che sì! Io ascolto le indicazioni, e Oliver e Maximilian sono stati molto chiari.”
 
 
Francies rivolse alla sorella maggiore un’occhiata incerta, ma non osò replicare mentre Coraline saliva le scale accanto a lui, nel Dormitorio maschile dei Grifondoro.
 
“Se lo dici tu…”
 
“Si caro, lo dico io! Guarda: VII anno! Se avessi ascoltato te probabilmente saremmo finiti dalle ragazze…”
 
“Impossibile, Grifondoro stregò le scale in modo che i ragazzi non potessero entrare, io non sarei riuscito a passare.”
 
“Come fai a saperlo?”
 
Io ho letto Storia di Hogwarts, a differenza tua!”
 
 
Coraline alzò gli occhi al cielo mentre apriva silenziosamente la porta della stanza, intuendo che il fratello stesse ancora dormendo… e infatti lo vide, spanciato nell’unico letto ancora occupato, coperto fino al naso con il ciuffo sparato in aria in perfetta evidenza.
 
“Fai piano!”
 
I due si avvicinarono in punta di piedi al letto, prima che Coraline tirasse fuori qualcosa dalla tasca della gonna… prese una piuma e cominciò a solleticare il viso del fratello, che sfoggiò una smorfia prima di girarsi dall’altra parte, borbottando a mezza voce:
 
“Lasciami stare Olly…”
 
“Non siamo Olly!”
 
“Maxi allora…”
 
“Neanche.”
 
Sbuffando Dan si decise ad aprire gli occhi, sorridendo nel trovarsi davanti ai suoi fratellini, tirandosi su a sedere per cingere entrambi in un mega abbraccio da Julius.
 
“Ragazzi! Che carini, siete venuti a svegliarmi!”
 
“Si, ma mollaci o ci ucciderai…”
 
 
               
Dante obbedì, mollando la presa e sorridendo ai due fratelli minori… e solo allora si accorse della montagna di regali che occupava i piedi del suo letto, inviati dalla sua moltitudine di fratelli, zii e cugini.
Quando era piccolo, prima di Hogwarts, Dante amava svegliarsi la mattina del suo compleanno con i genitori e i fratelli pronti a sommergerlo di auguri, abbracci, regali e coccole... Francies e Coraline non erano mai andati a svegliarlo prima di allora, ed essendo il suo ultimo compleanno ad Hogwarts era piuttosto felice di vederli lì per lui. 
 
“Buon compleanno Dan! Mi raccomando però, scrivi alla mamma, lo sai che ci tiene.”
 
“Tranquillo Fran, è impossibile che me ne dimentichi… ho passato l’infanzia a sentirmi dire che “sono stato il più regalo della festa della mamma mai ricevuto”. Dopo le scriverò, non preoccupatevi. Ma che ci fate qui, è la prima volta che venite a svegliarmi!”
 
“Abbiamo convinto Oliver e Maximilian a spifferare la parola d’ordine.”    Coraline sfoggiò un sorriso angelico e Dante la guardò con un’espressione vagamente accigliata, certo che suo fratello maggiore Anthony sarebbe stato molto fiero della sua “piccola Serpe”.
 
 
“Quei due che spifferano la parola d’ordine ad una Serpeverde? Come avete fatto?”
 
“Facile, li abbiamo corrotti. Comunque… auguri fratellone! Ovviamente tengo a sottolineare che se osi pedinarmi di nuovo non festeggerai mai il diciannovesimo compleanno…”
Cora si sporse per abbracciare il fratello, sorridendogli dolcemente mentre invece Francies si accigliava: quella storia gli giungeva nuova.
 
“Ehy! Di cosa state parlando?”
 
“Lascia perdere, tu sei piccolo.”
 
“Ma se ho solo un anno meno di te, sapientona!”
 
 
Dante sospirò, roteando gli occhi mentre, come da manuale, i due Julius più piccoli iniziavano a discutere da una parte del letto all’altra, rischiando di fargli venire il mal di testa già alle 9 del mattino.
Con un gesto quasi automatico il Grifondoro li divise, minacciandoli di prenderli per le orecchie e di trascinarli fuori dalla stanza.
 
“Non ti ci mettere anche tu Dan! Hai solo un anno più di Cora, neanche tu puoi fare il grande capo!”
“Vero, ma QUI il più grande sono IO. Quindi decido io! Su, smettetela di discutere, fate i bravi bambini.”
 
Dante si alzò, ignorando le proteste dei due fratelli e sapendo che avrebbero smesso di discutere in un batter d’occhio, come facevano sempre: del resto, nonostante spesso Coraline prendesse in giro il fratello minore, una volta l’aveva vista prendersela con dei suoi compagni di Casa, sostenendo che soltanto lei poteva prenderlo in giro perché Tassorosso.
 
 
“Non ti ho mai visto tanto rapido nel svegliarti, Danny… che ti succede?”
 
“Facile… voglio vedere il mio zuccherino!”
 
                                                                                   
                                                                                    *
 
 
Dante Julius scivolò attraverso il buco lasciato dal ritratto della Signora Grassa con tutta l’intenzione di correre al piano terra per fare colazione e farsi coccolare per bene da una certa ragazza… ma non appena mise piede nel pianerottolo si bloccò, trovandosi davanti proprio una Jane sorridente con un piatto pieno di biscotti in mano.
 
“Buongiorno! Ti ho portato questi… buon compleanno!”
 
 
Jane sfoggiò un sorriso allegro che il ragazzo ricambiò, facendo galleggiare il piatto a mezz’aria accanto a loro per poterla abbracciare e baciare.
 
“Ciao, piccola Jane… grazie.”
 
“Figurati… è arrivata questa per te a colazione, ho pensato di portartela. E’ di Amos.”
 
 
Dante prese la lettera che la ragazza gli porgeva, felice che l’amico si fosse ricordato di fargli gli auguri, anche se non poteva farlo di persona.
Intuendo a cosa stesse pensando Jane gli accarezzò un braccio come a volergli dire che lo capiva, del resto anche a lei il compagno di Casa mancava molto.
 
“Ti manca?”
 
“Si, parecchio. Ma ho te, non va certo male… Dai, andiamo a fare colazione fuori.”
 
 
                                                                       
Senza darle il tempo di ribattere Dante prese la ragazza per mano, trascinandola con se giù per le scale.
 
 
                                                                                     *
 
 
“Puoi smetterla di fare la musona e dirmi a cosa stai pensando?”
 
“Io non faccio la musona!”     Ingrid sbuffò, continuando a fare colazione imperterrita, senza alzare lo sgaurdo sul ragazzo che si era seduto accanto a lei, al tavolo dei Corvonero.
 
Oliver non disse nulla per un attimo, osservandola mangiare senza accennare minimamente a sorridere come faceva di solito.
 
Ricordava chiaramente quando, la domenica precedente, Bella era entrata nella Sala Grande quasi correndo e aveva puntato dritta al tavolo dei Grifondoro, saltando in braccio all’amico e abbracciandolo, sostenendo che gli voleva bene e che era felice che finalmente avesse smesso di fare l’ottuso.
 
Per un attimo Oliver si era chiesto se non avesse sbattuto la testa da qualche parte, ma poi realizzò che si riferiva ad Ingrid… e a giudicare dal cinque che si erano scambiati la Corvonero e Dante, la ragazza non era l’unica ad averla pensata così.
 
 
“Non volevo chiedertelo direttamente, ma non mi lasci molta scelta. E’ per tua madre?”
 
Ingrid si bloccò, smettendo di mangiare per un attimo prima di ricominciare senza proferire parola, tenendo lo sguardo fisso sul piatto e limitandosi ad annuire:
 
“Sei quasi perennemente sorridente Ingrid, nonostante tu soffra molto… è normale non aver voglia di fingere, ogni tanto. Ed è la festa della mamma, è normale che tu oggi pensi a lei.”
 
“Lo so. Ieri sera le ho scritto una lettera, dopo andrò a spedirla… E’ brutto pensare che stia soffrendo, specialmente se si considera che è da sola.”
 
“Lo so che ti manca, di certo anche tu e Astrid le mancate. Ma proprio perché lei sta male sono sicuro che vorrebbe vederti felice e stare bene… Coraggio, andiamo a spedire quella lettera, le farà piacere leggerla.”
 
Ingrid fece per sottolineare che doveva ancora finire di fare colazione, ma il ragazzo non si fermò ad ascoltarla, trascinandola fuori dalla Sala Grande prima che potesse rendersene conto.
 
 
                                                                        *

 
“Tutto questo è tremendamente stupido. E inutile.”
 
“Sciocchezze! Hai visto come sta male Ingrid per sua madre? Il minimo che possiamo fare è essere carine con le nostre, visto che abbiamo la fortuna di averle in salute.”
 
 
Isabella sbuffò sommessamente, continuando a scarabocchiare sulla pergamena davanti alla quale quella che un tempo aveva creduto essere la dolce Jane Prewett l’aveva costretta a sedersi. Si, ormai aveva cambiato idea, visto che le aveva categoricamente ordinato di scrivere una lettera a sua madre, cosa che non aveva ancora fatto da quando erano finite le vacanze di Natale.
 
“Lo so che tu hai un bel rapporto con tua madre Jane, ma non siamo tutte uguali! E poi non credo proprio che lei stia aspettando una mia lettera con trepidazione, non le fa molta differenza.”
 
“Beh, allora tu devi essere superiore… E dopo voglio leggere cosa le hai scritto.”
 
 
“Ma tu non dovresti stare con il tuo amore eterno, visto che è il suo compleanno?”
 
“Si, ma è andato a farsi un voletto con Oliver e Maximilian… mi ha chiesto se volevo andare con loro, ma non volerei neanche per tutto l’oro della Gringott.”
 
“Oh, io lo farei eccome… così magari mia madre smetterebbe di assillarmi.”
 
Isabella sfoggiò una smorfia e Jane si maledisse mentalmente, chiedendosi perché a volte aprisse bocca prima di riflettere… la Tassorosso cercò di cambiare argomento, puntando gli occhi azzurri sul foglio dove l’amica stava scarabocchiando da diversi minuti.
 
“Posso vedere?”
 
“No.”
 
“Perché no?”
 
“Perché… è personale.”    Isabella si nascose il foglio dietro la schiena, aumentando così i sospetti dell’amica, che si mise le mani sui fianchi in perfetto stile mamma-chioccia:
 
“Non essere sciocca, ma se non volevi nemmeno scriverle! Fammi vedere Bella Burton, ti conosco!”
 
“No!”
 
“Si!”
 
Isabella fece per alzarsi e darsela a gambe, ma Jane la prese per un braccio e le strappò la pergamena dalle mani, inarcando un sopracciglio di fronte a ciò che l’amica ci aveva scritto sopra.
 
 
Ops
 
Isabella sfoggiò un sorriso da angoletto quando la Tassorosso alzò lo sguardo, puntando gli occhi azzurri su di lei restando perfettamente impassibile anche mentre girava il foglio verso la sua proprietaria, parlando in tono piatto:
 
“Bella. Che cavolo è questa?”
 
“Beh… Emh…”
 
 
Isabella si trattenne dal ridere di fronte alla faccia seriosa di Jane, osservando la caricatura che aveva fatto di sua madre… e quasi si complimentò con se stessa per l’ottimo lavoro eseguito, ci somigliava parecchio con tanto di mano di mano sul fianco ed espressione seccata.
 
“Andiamo Bella! Che ti costa scrivere qualcosa?”
 
“Ehy, io ho scritto qualcosa! Non li vedi i fumetti? Se vuoi te li leggo, se non capisci la calligrafia: “Isabella, mettiti a posto i capelli!”, “Isabella, sei una disperazione!”, “Isabella, ti devi sposare al più prest-“
 
“Ok, ho capito…. Aspetta un attimo, sbaglio o ha il braccio alzato come i nazist-“
 
“Coincidenze irrilevanti, Jane. Ora… visto che abbiamo appurato che non sarò mai in grado di scrivere una lettera decente a mia madre, posso fare i compiti?”
 
 
“Sai, credo che tu sia l’unica persona al mondo che preferisce fare i compiti piuttosto che scrivere una lettera… Ma va bene, hai vinto. Tieni la tua opera d’arte.”
 
La Tassorosso decise di arrendersi e porse il foglio all’amica, sospirando mentre invece Bella le sorrideva, lieta di aver vinto.
 
 
“Molte grazie! Anche se potrei sempre mandare questa a mia madre, cosa ne pensi?”
 
“Non so se è una buon idea, in realtà…”
 
 
                                                                                   *


Seduta sulla sedia, faceva dondolare quasi ritmicamente una gamba, faticando come sempre a stare ferma quando aveva qualcosa per la testa. 

La stanza era avvolta completamente nel silenzio, fatta eccezione per le lancette dell’orologio che scandivano i secondi con una precisione quasi snervante. 

Gli occhi di Charlotte era fissi sul pavimento della stanza silenziosa e praticamente deserta, ma di tanto in tanto l’Auror alzava lo sgaurdo per puntarlo sull’unica persona presente, oltre a lei. 

La festa della mamma... che idiozia. Lei si sarebbe staccata un braccio piuttosto che scrivere a sua madre, con la qualche aveva discusso per praticamente tutta la vita, specialmente da quando Sean non c'era più a fare da tramite tra le due, l'unica cosa che le aveva tenute unite nel corso degli anni. 

Non poteva però fare a meno di chiedersi a come dovesse sentirsi Will, che leggeva un libro come se niente fosse, seduto su una poltrona con le gambe accavallate esattamente come le sue... solo che lui riusciva a stare fermo senza problemi. 

Chissà com'era, non conoscere un genitore... non solo, non avere neanche la minima idea di chi fosse. 
Ovviamente lui si era comportato come al solito da quella mattina, ma Charlotte era convinta che anche lui avesse pensato a sua madre almeno una volta. 

Ma come faceva a parlarne senza essere indelicata? E poi era sempre stata pessima con le parole, non aveva mai avuto molto tatto...

“A cosa stai pensando, Charlotte? Il tuo cervello tra poco andrà in fusione, se continui a far muovere gli ingranaggi.” 

Il commento le fece riportare gli occhi su di lui, trovandolo impassibile e con lo sguardo puntato ancora sul libro.


Charlotte esitò per un attimo, ma poi senza dire nulla si alzò, mandando a quel paese tutti i ragionamenti contorti e le paturnie per lasciare che la sua impulsività la guidasse, come faceva spesso e volentieri. 


Gli si avvicinò, e Will alzò finalmente lo sguardo sulla donna, guardandola con aria leggermente accigliata sedersi sulle sue ginocchia prima di prendergli il libro dalle mani, chiudendolo senza neanche guardare il titolo per poi lasciarlo sul tappeto. 

“Io veramente stavo leggendo.” 

“Grazie per averlo sottolineato, ma continuerai più tardi. Credo di volerti parlare, ma sono pessima con le parole quindi per favore non interrompermi.” 

“Ok... come vuoi.”  Di certo trattandosi di chiunque altro Will avrebbe sbuffato e continuato ostinatamente a leggere, ma visto che si parlava di lei si limitò ad inarcare un sopracciglio, guardandola con gli occhi carichi di curiosità.

Charlotte esitò appena, puntando lo sgaurdo sul camino spento mentre Will le sistemava un braccio intorno alla vita, tenendola accanto a sè mentre l’Auror cercava le parole giuste.

Ma che cavolo, perché è così difficile? Piantala Charlotte, non devi mica conversare con il Ministro, è Will!


“Senti... non so perché, ma te lo voglio dire. Forse me ne pentirò, e forse sono uscita definitivamente di testa... me te lo voglio dire: hai presente quando al Lago, il primo, mi hai gentilmente fatto notare che rincontrarti qui è stata una benedizione?” 

Will annuì senza proferire parola e Charlotte per un istante lo guardò con pura sorpresa e confusione: da quando non replicava con qualche battutina? 
Forse aveva capito che non era davvero il caso di interromperla, per una volta in cui parlava con il cuore in mano. 

"Beh... sei terribilmente egocentrico William Cavendish, e forse dovrò lavorare parecchio per farti abbassare la cresta, se mai sarà possibile riuscirci. Ma hai ragione. A scuola non mi piacevi molto, ma forse siamo cambiati molto entrambi in nove anni... e sì, nonostante tu sia un rompiscatole mi hai davvero aiutata molto per affrontare la perdita di Sean. Quindi grazie, Will.” 


“Posso parlare?”   Will sorrise, guardandola annuire prima di parlare quasi con tono divertito:

“D'accordo... a cosa devo questa sottospecie di confessione? Ti senti bene?” 

“Non lo so, forse sto impazzendo per davvero. Chi può dirlo... ma tu mi sopporteresti comunque, no?” 

“No, non penso.” 

Charlotte inarcò un sopracciglio, soffermandosi per un attimo con lo sgaurdo sul volto impassibile di Will... fece per alzarsi ma lui sorrise, prendendola di nuovo per i fianchi e facendola sedere sulle sue gambe:

“Aspetta, scherzavo! Si Charlotte, ti sopporterei comunque. E grazie per averlo detto, lo so che non ami parlare apertamente di quello che provi...” 

“Beh, questo è per dirti che anche se sei un po’ antipatico a volte, sei una bella persona. Tuo padre non ha mai provato a conoscerti Will, ma non è stata colpa tua... E per quello che vale, sono sicura che saresti piaciuto a tua madre.” 

Will sorrise, annuendo mentre finalmente metteva i pezzi in perfetto ordine: ecco cos’era... impossibile che Charlotte decidesse di parlargli in quel modo senza un motivo. 

“Grazie... ma non preoccuparti per me, non fa niente. È andata così.” 

Will si strinse nelle spalle, abbassando lo sguardo mentre Charlotte gli accarezzava i capelli, chinandosi leggermente per baciarlo su una guancia. 

Dopo un attimo di silenzio lui alzò di nuovo lo sgaurdo, puntandolo su di lei quasi con aria torva:

“Piuttosto... dobbiamo parlare di una cosa. Visto che sono tanto una bella persona, com’e che mi hai paragonato ad un selvaggio?” 

“Eh? Forse stai impazzendo anche tu, Will?” 

“No, ho solo letto un libro! Quindi io sarei Venerdì, grazie tante!” 

La faccia vagamente offesa dell'uomo la fece esitare per un attimo, cercando di capire a cosa si stesse riferendo... ma poi gli occhi verdi di CeCe andarono a finire sul pavimento, o più precisamente sul libro che gli aveva tolto dalle mani.

Leggendo finalmente il titolo non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, appoggiando la testa sulla spalla di Will che invece sbuffò, borbottando che non era affatto divertente:

“Oh Will... non ci credo, hai davvero letto Robinson Crusoe?” 

“Si, e a quanto pare io somiglio parecchio al caro Venerdì. Carino da parte tua.” 

“Dai, non fare l’offeso... scherzavo! E poi te l'ho detto diverse settimane fa Will, si può cambiare idea...” 

“Lo spero.”    Will le lanciò un'occhiata torva, parlando in tono pacato prima che il silenzio calasse nuovamente nella stanza, mentre i due si guardavano senza proferire parola. 

Durò solo qualche istante però, poi la risata di Charlotte riempì di nuovo la stanza, mentre la donna s’immaginava chiaramente William che leggeva quel romanzo Babbano, sempre più offeso e contrariato man manco che andava avanti con la lettura.

“Finiscila di ridere! Non è affatto divertente.” 

“Hai ragione, forse non lo è... no, infondo è quasi tenero che tu abbia dato tanto peso alle mie parole, alla mia opinione su di te. Tranquillo Will, probabilmente ho cambiato idea... ma non te lo assicuro.” 

Charlotte gli sorrise e lui sbuffò, borbottando qualcosa mentre l'avvicinava di più a sè, tenendo il viso a pochi centimetri dal suo:

“Stupida.” 

Fece per replicare al suo “complimento” ma Will glielo impedì, baciandola e sorridendole quando allontanò nuovamente il viso dal suo per poterla guardare negli occhi:

“Con tanto affetto, ovviamente.” 

“Ah si? Anche io ho qualcosa da dirti con tanto affetto...” 


                                                                          *


"Ma sei sicuro che si faccia così?” 

“No che non sono sicuro, ti sembra che io l'abbia mai fatto prima? ... e poi mi spieghi che cavolo ci fai qui?” 


Antares Black lanciò un’occhiata torva in direzione di quella che, almeno fino a quel momento, era stata una delle persone a cui teneva di più... ma da quel pomeriggio aveva deciso di cancellare uno dei suoi cugini da quella lista, visto che se ne stava comodamente seduto su un bancone con un’enorme scodella di patatine fritte davanti invece di aiutarlo.

“Che domande, ti do supporto morale.” 

“A me sembra più che altro che tu stia saccheggiando le scorte... lasciane un po’ anche per me.” 

Antares lanciò un’occhiata quasi sconsolata in direzione della ciotola che teneva in mano Altair, chiedendosi come fosse finito in quella situazione e cogliendo la faccia divertita del cugino. Figurarsi se Altair si sarebbe fatto scappare l'occasione di vedere suo cugino in punizione per la prima e unica volta in sette anni... 

“Ridi pure, cuginetto... Ma stai pur certo che se lo racconti a qualcuno in famiglia, ne pagherai le conseguenze. E poi mi spieghi come hai fatto a sapere che dovevo venire qui oggi?” 

Altair Black si affrettò a deglutire, annuendo mentre tentava di non soffocare a causa delle risa, mentre guardava il cugino minacciarlo con una spugna in mano. 

“Naturalmente. Tranquillo, porterò questa storia nella tomba... e comunque io so sempre tutto, ricordatelo.” 

“Certo certo... comunque, ti conviene. Cassy lo sa?” 

“No, tranquillo... la conosci, se glie l'avessi detto probabilmente sarebbe arrivata qui con una macchina fotografica per immortalare la scena. Non sarebbe una cattiva idea, però...” 

“Provaci. Piuttosto, perché non la smetti di mangiare e mi aiuti? Dai, passami quella cosa lì.” 

“Che?” 

“Non so come si chiama, quella cosa strana Babbana azzurrina!” 

Antares sospirò, maledicendo la sua mala sorte e in particolar modo una certa donna che lo aveva spedito a lavare i piatti del pranzo, ordinando agli elfi di non aiutarlo e sequestrandogli la bacchetta. 

Di certo nessun altro insegnante si sarebbe mai sognato di far fare una cosa simile a lui... Ma sembrava che a Charlotte Selwyn, facendo anch’ella parte delle Sacre 28,* non importasse di avere a che fare con un Black o – parole sue – con le figlie di Re Giorgio VI. 

“Ah, intendi il... detersivo?” 

“Ah ecco, si chiama così. Secondo te come si fa a lavare?” 

“Non saprei, probabilmente devi versarlo sopra e poi strofinare...” 

“Forse avremmo dovuto iscriverci a Babbanologia, al secondo anno.” 

“NOI? Ma sei matto? Mio padre e tuo padre ci avrebbero diseredati!” 

“No, non l'avrebbero fatto, siamo entrambi maschi, hanno bisogno di noi. Ma di certo ci avrebbero chiuso in casa per tutte le vacanze...” 

Antares sbuffò, versando quella strana cosa azzurra sopra i piatti che doveva lavare manualmente... si ripromise che non l'avrebbe mai più fatto in tutta la sua vita, oltre che non farlo sapere a nessuno a parte suo cugino e il suo migliore amico, anche se si era già pentito di averlo scritto a Rodericus visto che di sicuro l'avrebbe preso in giro per tutta la vita. 

Si era decisamente pentito di essere arrivato con mezz'ora di ritardo a lezione, lunedì...

“Si, è probabile. Ma mi spieghi perché sei stato così stupido da fare tardi?” 

“Non è stata colpa mia... Come ben sai, cuginetto, eravamo al campo a volare... e se qualcuno mi avesse ricordato l'ora come gli avevo chiesto, ora non sarei qui!” 

Antares scoccò un’occhiataccia al cugino, che invece sorrise con aria colpevole senza dire nulla.

Ops...


                                                                          *


Era sabato pomeriggio, il sole splendeva, era primavera inoltrata, mancavano tre settimane alla fine delle lezioni... ma sembrava che pochi avessero il lusso di potersi godere quel soleggiato fine settimana, o almeno non certo gli studenti del quinto, sesto e settimo anno. 

La Biblioteca era quindi decisamente affollata... forse troppo per i gusti di una certa studentessa di Corvonero, che aveva sempre preferito studiare in pace. 

Non si era mossa da lì da subito dopo pranzo, anche quando Jane aveva rinunciato a farle scrivere una lettera a sua madre e aveva raggiunto Dante in giardino... lei era rimasta lì, mettendosi a studiare per smetterla di pensare ai suoi genitori. 

Isabella Burton sbuffò mentre teneva tra le braccia una torre di libri, cercando di non pestare i piedi o travolgere nessuno mentre procedeva quasi a tentoni verso il suo tavolo, maledicendo mentalmente la Jones per aver vietato l'uso della magia in Biblioteca dalla settimana precedente. 

Solitamente stregava i libri affinché la seguissero, ma sfortunatamente non poteva più concedersi quella comodità, e li doveva portare tutti a mano...

“Santa Priscilla, qui tra poco mi crolla tutto... per favore spostatevi, o morirete sotto una valanga di libri visto che non vedo dove sto andando.” 

La Corvonero sospirò, procedendo tra gli scaffali e ringraziando tutte le ore che aveva passato chiusa lí dentro nel corso degli anni: se non altro ormai conosceva quel posto a memoria. 




Fissava il libro con aria torva, tenendosi la testa con la mano mentre cercava di ignorare le voci che riempivano la Biblioteca: disgraziatamente non potevano più usare la magia lì dentro, e sembrava che tutti l'avessero presa piuttosto male. 

Sentendo qualcuno intimare a mezza voce di levarsi dalla sua traiettoria e di fare meno baccano Antares si voltò, inarcando un sopracciglio nel vedere Isabella Burton tenere in bilico precario una montagna di tomi. 

O almeno suppose che fosse lei, visto che non poteva guardarla in faccia proprio a causa di quei libri.

“Perdindirindina!” 

Ok, era lei

“Mi verrà un’ernia al disco entro i M.A.G.O.! Qualcuno mi da una mano?” 


Improvvisamente Antares trovò molto interessante quel capitolo noiosissimo di Erbologia, facendo finta di niente mentre ringraziava la dea bendata che, per la prima volta da quando si era svegliato, sembrava volerlo aiutare: prima lavava i piatti e poi si ritrovava a studiare per tutto il pomeriggio... non era di sicuro un sabato da ricordare, quello, ma almeno i libri coprivano a Bella la visuale e non poteva vederlo.

“Antares, quando hai finito me lo puoi lasciare?” 

Porco Salazar 

Antares si sentì raggelare, voltandosi verso Abraxas Malfoy e annuendo senza proferire parola, sperando che le sue parole fossero passate inosservate alle orecchie della ragazza che ancora gironzolava senza guardare dove metteva i piedi.

Disgraziatamente però Isabella si fermò, sbuffando leggermente:

“Black! Dammi una mano, lo so che sei lì!” 

Antares sospirò, rivolgendo un'occhiata tetra in direzione di Abraxas, che gli sorrise con aria colpevole come a volersi scusare prima di darsela a gambe. 

Grazie tante... bell’aiuto.


“BLACK. Non fare finta di niente, cosa ti costa?”

“Perdonami Bella, ma temo di non aver sentito la parolina magica.” 

“Ti assicuro che se non mi aiuti ne sentirai parecchie, più tardi.” 


Antares si trattenne dal ridacchiare, rimanendo impassibile mentre fingeva di leggere con aria assorta, ignorando le proteste sommesse di Bella.

“Ok. Va bene. Per favore Antares, mi puoi dare una mano e togliermi un paio di libri di mano?” 

Isabella sospirò, ma quando pochi secondi dopo Antares le tolse tre libri dalle mani gli sorrise con sollievo:

“Ah, ciao! Ora ti vedo... grazie, stavo per schiantarmi al suolo.” 

“Si può sapere perché te ne vai in giro con tutti questi libri?” 

“Che domande, fa parte del mio allenamento quotidiano, il sollevamento pesi! No, in realtà mi tengo solo impegnata... non mi farà male.” 

Isabella lasciò la pila di libri sul tavolo con un sorriso sollevato, reputando che era il momento di riposare le braccia per qualche secondo. 

“Finalmente... non ce la facevo più! Credo che farò una pausa... Ma come le è venuto in mente alla Jones di vietare di usare a magia qui dentro?” 

“Beh, non saprei... magari perché qualcuno ha incantato delle racchette e si è cimentato in qualche gioco Babbano...” 

Antares si rimise seduto, parlando con un tono vago che la fece sbuffare leggermente:

“Tennis, era tennis! E poi smettila di rinfacciarmelo, non è stata una mia idea, ma di Dante.” 

“Può darsi, ma tu tecnicamente li avresti dovuti fermare...” 

“Vero, ma avevo voglia di fare qualcosa di nuovo... a noi non capita spesso di fare giochi Babbani, no?” 

Isabella si strinse nelle spalle mentre impilava i libri quasi distrattamente, mentre il Serpeverde roteò gli occhi chiari:

“Poco ma sicuro, ma a mio parere non è un male. Non è che odio i Babbani, penso solo che non abbia senso interessarsi al loro mondo, siamo maghi e conduciamo una vita sicuramente migliore della loro.” 

Specialmente per via dei piatti che noi non dobbiamo lavare

Fu seriamente tentato di dirlo, ma il ragazzo si morse la lingua, scegliendo di soprassedere: conoscendola, sapeva che Bella si sarebbe messa a ridere come una matta se avesse saputo che aveva passato il pomeriggio a lavare stoviglie... per sua fortuna Charlotte non l'aveva sbandierato ai quattro venti, forse intuendo che il giovane Black si sarebbe sotterrato piuttosto che farlo sapere in giro. 

“Secondo me invece non è un male interessarsene... Insomma guardaci: loro sono in guerra, come lo siamo noi ormai da anni... siamo davvero migliori, infondo?” 

Isabella scosse leggermente il capo, continuando a non capire perché metà mondo magico si ostinasse a criticare i Babbani. Aveva sentito milioni di volte dire che loro erano migliori, che erano in grado di fare cose migliori. 

Ma era davvero così?


“Dicono che noi sappiamo fare cose che loro neanche si sognano... ed è vero, di sicuro lo è. Ma io credo che sottovalutarli e non interessarsi minimamente al loro mondo sia comunque sbagliato, infondo sono esseri umani come noi, con difetti e peculiarità. E forse anche loro sanno fare cose che noi ignoriamo.” 


Antares inarcò un sopracciglio, guardando la ragazza con lieve scetticismo: la sua voce amareggiata, il modo in cui stringeva la copertina del libro quasi con risentimento... sembrava che stesse parlando per pura esperienza personale. 

“Ad esempio?” 

“Sai Antares, anche mio padre dice cose del genere... non odia i Babbani, ma sostiene che siamo comunque migliori di loro, che non potranno mai eguagliarci in quel che facciamo. Anche quando abbiamo scoperto che mio fratello soffriva di una strana, insolita malattia lo diceva... noi non abbiamo familiarità con quel disturbo, ma loro si. E forse, se mio padre avesse voluto mettere da parte l'orgoglio e la sua arroganza, mio fratello non sarebbe morto. Forse loro lo avrebbero aiutato. Ma noi siamo migliori, no? Non possiamo rivolgerci a dei Babbani, anche quando si tratta di vita o di morte.” 

Isabella contrasse la mascella mentre riprendeva la pila di libri in mano, sfogando finalmente un po' del risentimento che nutriva verso i suoi genitori, verso suo padre che non le aveva dato retta, neanche quando si era parlato della vita di Nicholas. 
Per una volta invece Antares tacque, intuendo che fosse un tasto piuttosto dolente che si nascondeva dietro al sorriso allegro di Isabella Burton.

Tra i due calò il silenzio mentre la ragazza si accingeva a tornare al suo tavolo, ma poi una voce riportò Bella alla realtà, facendola voltare:

“Isabella... Dippet ti vuole vedere. E credo che intendesse subito.” 

In genere la Corvonero sorrideva, quando si trovava davanti Oliver Miller... perché si trasmettevano allegria a vicenda, in qualche modo. Ma per una volta nessuno dei due sorrise, mentre Oliver guardava l'amica quasi con aria accigliata, chiedendole silenziosamente che cosa avesse combinato.

La rossa invece sospirò, borbottando che quello era proprio un sabato da dimenticare prima di annuire, abbandonando i libri sul tavolo.

“Fantastico. Grazie Olly... ci vediamo dopo. Ciao Antares.” 

La ragazza non aggiunse altro, restando impassibile mentre si allontanava a passo svelto, sotto lo sgaurdo sia del Grifondoro che del Serpeverde, il primo preoccupato e il secondo vagamente perplesso. 

“Strano... Dippet non ci convoca mai, più che altro lo fa Silente. Che cosa può volere?” 

“Non lo so Black... ma come hai detto tu, non lo fa mai. E se non ha chiamato anche te, dubito che riguardi la scuola. Spero solo che vada tutto bene.”  


                                                                         *


"Zuccherino! Ciao... vuoi fare un giretto?” 

Dante sorrise mentre planava verso il suolo, avvicinandosi a Jane che scosse il capo, come da manuale:

“Assolutamente no.” 

Dante sbuffò leggermente, ma sapeva che Jane si sarebbe sempre rifiutata di volare, anche se con lui a tenerla... ci aveva provato per anni insieme ad Amos a convincerla, ma niente da fare, Jane si intestardiva sempre su quel punto. 

Ma era pur sempre il suo compleanno... e per una volta Dante voleva scavalcare la paura dell’altezza della ragazza. 
Il Grifondoro spostò lo sgaurdo, posando gli occhi oltre la spalla della ragazza e assumendo la miglior faccia sconvolta che gli riuscì, sentendo già la vittoria in tasca:

“Ma quello non è uno scoiattolo ferito?” 

“Scoiattolo ferito? Dove?”  Come c'era da aspettarsi la Tassorosso si voltò all'istante e Dante sorrise, allungando un braccio per afferrarla e trascinarla sulla sua scopa:

“Ops, forse mi sono sbagliato... ultimante ho qualche allucinazione.” 

“DANTE! Non osare... mettimi subito giù!” 


Ma Dante finse di non sentirla, sorridendo mentre la sollevava senza alcuno sforzo e la sistemava sulla scopa davanti a lui, facendola sedere con le gambe da una parte:

“Rilassata piccola Jane, tieniti... non ti faccio certo cadere.”   Dante le sorrise, dandole un bacio su una guancia mentre si dava una leggera spinta sull'erba con i piedi, sollevandosi di circa dieci metri. 

“DANNY, lo sai che ho paura! Danny...” Jane sbiancò di colpo mentre Dante decollava, affrettandosi a seguire il suo consiglio e stringendo il manico di legno con le mani tremanti. Lo sentì ridacchiare mentre appoggiava il petto sulla sua schiena, stringendo a sua volta il manico e circondandola così con le braccia. Jane deglutì, appoggiando la testa sulla sua spalle e chiudendo gli occhi con decisione, rifiutandosi di guardare... inoltre, gli promise silenziosamente che poteva anche essere dolce e carina, poteva anche essere una Tassorosso, poteva anche amarlo... ma glie l'avrebbe fatta pagare comunque. 


                                                                                *


"Non hai idea di quanta fila ci fosse alla Guferia, sembra che tutta Hogwarts oggi volesse scrivere lettere! Ho una fame... mi passi le patate al forno?” 

Ingrid prese posto accanto a Bella quasi sospirando, sollevata di essere finalmente a tavola per cenare. La rossa rimase in silenzio ma obbedì, passandole la teglia mentre la bionda adocchiava un invitante vassoio pieno zeppo di formaggi, uno dei cibi preferiti in assoluto dalla tedesca. 

“Grazie. Come è andata la giornata? Jane ti ha convinta a scrivere a tua madre?” 

“No. E tu... come stai?”    Isabella si voltò verso l'amica, guardandola mangiare tenendo le mani intrecciate appoggiate sulle sue gambe. 

“Bene. Meglio di stamattina... Olly è molto bravo a tirarmi su di morale. E poi sono stata un po’ con mia sorella, anche quello mi aiuta.”  Ingrid sfoggiò un lieve sorriso, lanciando un'occhiata carica di affetto in direzione di Astrid, guardandola cenare e chiacchierare. 

Non sapeva se sua madre sarebbe più stata in grado di prendersi cura di loro, riprendendosi... ma di sicuro in quel caso si sarebbe presa cura di sua sorella, glie l'aveva promesso quando l'aveva vista per l'ultima volta. 

“Mi fa piacere. Tua madre ti vuole bene Ingrid, anche ora che non può starvi vicino.” 

Isabella sorrise e l'amica si voltò verso di lei, scrutandola con aria accigliata: c'era qualcosa che non andava... o comunque di diverso. Dov'era la Bella che rideva e che chiacchierava con mezza tavolata, facendo una mezza guerra con il cibo con Ian Nott e Elliott Boulstrode? Isabella sorrideva, ma parlava con un timbro troppo calmo e pacato per essere il suo, gli occhi azzurri di solito molto espressivi quasi spenti e il volto impassibile, che non trasudava nessuna emozione particolare. 

Sembrava quasi in trance, con il suo aspetto ma non del tutto lei. 

“Bella... va tutto bene? Perché non mangi?” 

“Non ho molta fame, in effetti. Sai, mentre studiavo Storia della Magia ho sfogato la mia disperazione su dei tramezzini.” 

Isabella sorrise lievemente, sperando di convincerla... fortunatamente Ingrid ancora non la conosceva così bene. 

“Quindi va tutto bene?” 

“Certo! Sono solo in una specie di coma dopo aver studiato per ore di fila!”   Isabella sbuffò appena, roteando gli occhi e tranquillizzando leggermente l'amica: ora un po’ la riconosceva, se non altro. 
Ma aveva comunque la sensazione che ci fosse qualcosa di cui la rossa non aveva voglia di parlare. 

Tuttavia decise di non aggiungere altro, di non insistere... perché la capiva, sapeva che a volte c'erano cose che si preferiva tenere per se stessi.


                                                                             *


“Di cosa staranno parlando, secondo voi?” 

Regan inarcò un sopracciglio, osservando con curiosità e lieve scetticismo insieme Dippet e Silente, che seduti come sempre vicini stavano confabulando sottovoce.

“Probabilmente stanno semplicemente conversando sulla scuola, Reg...” 

“No, fidati, hanno la faccia da “stiamo tramando qualcosa”.”   Will si limitò a roteare gli occhi alle parole dell’amico, non osando replicare mentre invece Lyanna rideva, dando una leggera gomitata a Regan:

“Se lo dici tu... magari potresti sostituire tua moglie e lavorare con Charlotte al posto su Reg... vi ci vedo vedo proprio voi due, a fare squadra sul campo.” 

“Beh, sarebbe divertente.”     Regan sfoggiò il suo solito sorriso allegro, voltandosi verso Charlotte mentre invece qualcuno si lasciava sfuggire un commento mentre si serviva l’insalata sul piatto:

“No, sarebbe un disastro. Di sicuro vi fareste ammazzare in due secondi, voi due insieme.”

 “Molte grazie per la fiducia...”  Charlotte sbuffò leggermente, rivolgendogli un’occhiata torva mentre invece lui le sorrideva, prendendole il mento con due dita con aria divertita:

“Prego Selwyn... quanto a te Reg, devo dire che questa volta sono d'accordo... Dippet e Silente stanno confabulando più del solito stasera, e ho sentito che oggi pomeriggio il Preside ha chiesto di vedere Isabella Burton.”   

Regan sorrise con aria soddisfatta, lanciando un’occhiata a Lyanna come a volerle dire “te l'avevo detto”; la donna però sembrò non badarci, sporgendosi leggermente verso Will e guardandolo con un sopracciglio inarcato:

“Si può sapere come fai a saperlo?” 

“Per favore. Basta fermarsi a fare due chiacchiere con Lumacorno, nominare mio padre ed ecco che ho tutte le informazioni che voglio.”    

L’ex Serpeverde roteò gli occhi, facendo un gesto sbrigativo con la mano come a voler liquidare il discorso, mentre Regan tamburellava impazientemente le dita sul tavolo:

“In ogni caso... potremmo sempre andare a ficcanasare, passando casualmente davanti all'ufficio di Dippet più tardi...” 

“Scordatelo Reg, non faremo i Piccoli Investigatori! Anche perché l'unica che non si farebbe beccare probabilmente sarei io... e no, non ho nessuna voglia di parare a Cavendish il regale posteriore.” 


                                                                              *


Nel prendere in mano quell’orribile aggeggio, piegò le labbra in una smorfia: ma come potevano usarlo su delle persone, i Babbani? 

Lei l'aveva fatto solo una volta in tutta la sua vita e aveva sperato di non doverlo ripetere mai più, ma Dippet era stato piuttosto chiaro quella mattina, dopo aver ricevuto una lettera dai Burton.

Sospirò e uscì dalla stanza tenendo in mano quella specie di mezzo di tortura, ritrovandosi nell’Infermeria praticamente deserta e buia, fatta eccezione per la candela accesa appoggiata su un comodino, accanto all’unico letto occupato. 

Era già li, quindi... non l'aveva nemmeno sentita entrare.
Le si avvicinò, osservando il profilo della ragazza illuminato debolmente dalla luce della candela... Era seduta sul letto, immobile, con gli occhi puntati su un punto indefinito davanti a se e le mani intrecciate: in silenziosa, arrendevole attesa. 

Sentendo i passi non si voltò, abbassando invece gli occhi sul suo braccio, coperto dalla manica della camicia bianca. Senza dire niente iniziò ad arrotolare il tessuto, mentre Madama Chips si fermava accanto al suo letto, i grandi occhi chiari puntati su di lei e la siringa in mano:

“Sei sicura di volerlo fare adesso? Puoi tornare domattina, farti accompagnare da qualcuno...” 

“No, non voglio aspettare... Per favore, lo faccia e basta.” 

Isabella Burton si ostinò a non voltarsi, limitandosi a sollevare il braccio. Con suo sollievo la donna non replicò, prendendole delicatamente il braccio con una mano mentre la Corvonero chiudeva gli occhi, rifiutandosi di guardare quell’ago orribilmente lungo perforarle la pelle. 











*: Le 28 famiglie Purosangue più antiche della Gran Bretagna, sia i Black che i Selwyn ne fanno parte




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Angolo Autrice:

Buongiorno!  

Per prima cosa, vi comunico che mancano tre capitoli alla fine della storia, Epilogo incluso, e qui sorge la fatidica domanda: come alcune di voi già sanno a volte scrivo una specie di Sequel delle Interattive, formato da una Raccolta di OS dedicate agli OC... perciò vi chiedo se volete che la scriva anche per questa storia, ditemi voi cosa ne pensate. 

Prima di andare e di lasciarvi... in effetti me l'aspettavo, ma il duo che a quanto pare preferite è formato da questi due adorabili testoni:

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Un bacio e a presto! 


Signorina Granger

   
 
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