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Autore: Mnemosine__    10/01/2017    3 recensioni
Poseidone, l'unico che sembrasse avesse prestato fede al giuramento di non avevre figli, ne aveva aveva avuto uno da una mortale.
E aveva anche la faccia tosta di chiedere alla figlia maggiore di mantenere il segreto e di aiutarlo a nascondere il bambino?
"Cosa vuoi che faccia?" Chiese senza tanti convenevoli quando suo padre le aprì la porta.
"Vivere qui. Dovrai proteggerlo dagli occhi degli dei e dei mostri."
"Cioè vuoi che rinunci alla mia vita per fare da baby-sitter. Va bene, lo farò. Ma se Zeus lo scoprirà ti prenderai tutta la colpa.
"Grazie"
"Ringrazia di avermi fatto giurare." Ringhiò lei. "Allora? È un maschio o una femmina?"
Poseidone fece segno a Sally di avvicinarsi con il fagottino.
"Ti presento Perseus, tuo fratello." Elisabeth sbuffò imponendosi di odiare da subito il fagottino, lo avrebbe solo protetto come voleva suo padre e quando la pulce fosse stata abbastanza grande l'avrebbe lasciato e sarebbe tornata a fare i cavoli suoi.
Quando, però, gli occhi dei due si incontrarono tutti questi propositi andarono dritti dritti al Tartaro.
Quel bambino era speciale.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ade, Apollo, Nico/Will, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Blood Brothers'
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Il rumore delle onde risuonava nell'accampamento come a cullare il sonno dei soldati achei. 
Tutto era fermo, tutti dormivano. 
Le tende dei sovrani erano buie, piene di condottieri stanchi a causa del viaggio e della battaglia. 
Mancavano ancora molte ore all'alba, ore che i soldati avrebbero sfruttato per riposare le membra stanche, oppure per regalarsi un momento di piacere con le nuove schiave appena catturate.
Una tenda in particolare era più silenziosa delle altre. 
Un lembo della stoffa che faceva da porta venne aperto, facendo entrare alcuni raggi della luna ad illuminarne l'interno. 
Due giovani dai capelli dorati erano coricati insieme nel grande giaciglio. Una schiava Troiana riposava sul fondo della tenda. 
Una figura nera e incappucciata si mosse nel buio, fino ad arrivare ad uno dei due biondi, per avvicinare la mano al suo viso. 
Nel completo silenzio il giovane aprì gli occhi chiari e bloccò la figura al terreno puntandole un pugnale alla gola. 
"Forza cugino, voglio proprio vedere come uccidi una donna in dolce attesa."


"Che cosa ci fa qui la nuova principessa di Troia?" Chiese il giovane con una nota di scherno nella voce. 
"Non lo so." Rispose lei porgendogli una mano per farsi aiutare a sedere sulla sabbia.
"Certo che il tuo ragionamento non fa una piega. Sei venuta nell'accampamento nemico rischiando la pelle e non sai nemmeno tu perché." 
"Questa guerra non finirà bene, Achille, specialmente per te." 
"Io sono venuto qui per la gloria eterna. Non mi interessa come andrà a finire." 
"Dovrebbe invece. Hai un figlio." Obbiettò lei.
"Neottolemo sa badare a se stesso." Sbuffò lui.
"Che cosa vuoi veramente?" 
"Forse avevo solo bisogno di rivedere un volto conosciuto." 
"Oppure vuoi chiedermi qualcosa. Ti conosco. Sai che non ti direi mai di no. Siamo cresciuti insieme." Il figlio di Peleo si sedette affianco a lei.
La ragazza sorrise "Torna a Ftia. Lascia Troia." 
"Mi correggo. Direi di sì a tutto tranne che a questo." 
"Perché ci tieni così tanto alla gloria? Non ti basta essere ricordato per quello che sei?" 
"Prima di partire mia madre mi disse che avevo una scelta da compiere." Achille guardò il mare di fronte a lui. "Potevo restare a casa e il mio nome sarebbe stato ricordato per un paio di generazioni. Oppure potevo venire qui, morire ed essere ricordato in eterno." 
"E tu ovviamente vuoi che il tuo nome diventi immortale, asino cocciuto." 
"Non c'è niente di male a volerlo. Tu sei immortale per nascita, ma noi semidei mortali abbiamo solo un modo per vivere per sempre. Il nostro nome deve essere ricordato da tutti." 
"Sai che se rimani saremo nemici, vero?" 
"Basta non incontrarci sul campo di battaglia. Io ti posso vedere ma far finta che tu non ci sia." Sorrise lui. 
"E poi non credo che ci incontreremo molto presto, viste le tue condizioni." Disse indicandole la pancia.
Lissandra la coprì con le mani istintivamente. 
"Ci avresti mai pensato, a noi come genitori?" 
"No. Siamo due guerrieri." Disse lui. "Ma una volta che succede credimi, è la sensazione più bella del modo." 
"Ti manca?" Chiese lei riferendosi a Neottolemo. 
"Ha dieci anni. È un uomo ormai." Disse lui cercando di divagare.
"Lo so che ti manca. Si vede da come ne parli." 
"L'ho lasciato con due mirmidoni. Lo addestreranno così che possa raggiungermi qui." 
Continuarono a parlare per un paio d'ore, ma quando un corvo gli volò accanto Lissandra sospirò. Stava per sorgere il sole.
Lei si morse le labbra e fece segno al cugino di aiutarla ad alzarsi. 
"Sveglia i tuoi uomini e tienili pronti." Disse. 
"E cerca di non morire subito."

~•~

Ventitré Agosto. Mancavano meno di due settimane  allo scadere del tempo. Alla sua condanna alla mortalità. 
Apollo chiuse gli occhi, stanco.  La spiaggia era deserta, il sole stava sorgendo.
Il biondo ammirò il cielo tingersi di quelle tonalità calde che tanto lo rappresentavano, mentre Elio tirava la sua stella con il suo vecchio carro. E rimaneva lì, fermo, quasi a farsi beffe di lui.
Le onde del mare producevano un suono che da secoli riusciva a calmarlo, avevano una musicalità straordinaria, quasi surreale. 
Troppi sentimenti contrastanti si muovevano indisturbato dentro di lui, senza pensare al dolore che gli provocavano.
Lui, il grande dio del Sole, ridotto alla vita da mortale per colpa dell'amore. 
Già, proprio lui che amava le storie brevi, quelle da una botta e via, che aveva fatto la proposta ad una vita di coppia duratura. Proprio quando lui aveva deciso di prendersi un impegno come quello, era stato respinto. 
E per colpa di cosa, poi? Di una storia morta e sepolta più di duemila anni prima. 
Anche se la prima vota era andata male, cosa voleva dire che sarebbe stata così anche la seconda? 
L'ormai ex dio sbuffò, pronto ad alzarsi in piedi. 
Un rumore lo fece rimanere, però, seduto. 
"Fratellino." Artemide gli comparì di fianco. 
"Ciao Arti." 
"Ho parlato con nostro zio." Disse. "Credo di averlo colto in un momento di pazzia, perché stava riempiendo il suo palazzo di foto dei vostri figli e di strane decorazioni natalizie." 
Apollo sorrise. "Ma è estate." 
"Tra poco sarà finita." Lo corresse lei.
"Comunque ha accettato. Cosa che mi ha insospettita parecchio." 
"Ha detto di sì?"
"Già, ha detto che lo fa solo perché sei il padre del suo genero. E perché sei ridotto da schifo." 
"Grazie." Apollo fece una smorfia. 
"Vi aspetta questa sera si confini del campo."

~•~

Delle urla risuonarono negli appartamenti del quarto figlio di Priamo. 
Pammone era fuori dalla porta, insieme a molti tra i suoi fratelli, Priamo ed Enea. 
Una donna uscì dalla stanza sbattendosi la porta alle sue spalle, teneva tra le braccia alcuni panni sporchi che portò a lavare. 
Pammone guardò Troilo, il fratello con cui aveva stretto un legame più saldo rispetto agli altri. Anche lui sembrava preoccupato, più degli altri. 
Un altro grido ruppe il silenzio che si era creato tra gli uomini. 
A quel punto il principe mise una so sulla porta "Adesso io..." 
"Non puoi entrare, figliolo." Lo fermò Priamo. "Di questo se ne devono occupare le donne, tu saresti solo d'intralcio." 
Un ragazzo biondo comparì silenzioso dietro il figlio di Afrodite. "Come sta andando?" Chiese. "Era si rifiuta di alleviare il dolore del travaglio." Disse facendo una smorfia. 
"Dice che per capire cosa vuol dire essere madre bisogni soffrire fino in fondo, brutta vacca." 
"Non bene." Rispose Enea. "È così da ore e noi uomini non possiamo entrare." 
Troilo alzò lo sguardo, era pallido in volto. "Non è che voi potreste fare qualcosa?" Chiese lugubre. 
"Io..." tentennò il dio della medicina. "Non so niente di come nascono i bambini." 
"Ma potresti darle una mano lo stesso. Non puoi schioccare le dita e far uscire il bambino?" Chiese Enea. "Mia madre ha fatto così." 
"Tu sei in parte un dio, il bambino che sta nascendo no. O almeno prevale in lui la parte umana." 
Apollo si grattò la testa. "Però posso andare a vedere come va." Disse incamminandosi verso la porta sotto lo sguardo stupito degli altri uomini. 
"Dove stai andando ragazzino?" Chiese Pammone. 
"Sono un guaritore, ho sempre aiutato tua moglie da quando è incinta. Vedrò di aiutarla anche adesso." Disse prima di aprire le porte e infilarsi nella stanza. 
Pochi secondi dopo venne buttato fuori dalle ancelle che assistevano le levatrici.
"Ma perché?" Chiese senza capire il dio. 
"Sei un maschio, anche se sei un guaritore." Disse Priamo. 
Apollo fece una smorfia indignata "Io sono un dio. Se voglio entrare in una stanza non sarà il mio sesso a fermarmi." Disse schioccando le dita.
"Non mi sono mai sentito così umiliato in vita mia." Disse, sotto gli occhi sgranati di tutti i nobili della famiglia reale, toccandosi i lunghi boccoli biondi e le curve appena cresciute. 
"Ma come hai fatto?" Chiese Pammone sconvolto. 
"Sono Apollo, dio del Sole." Disse il... la bionda. "E ora entro." 

~•~

"Dolcezza, questa sera sei libera?" Chiese il biondo alla ragazza. 
I due erano distesi sull'erba sotto il pino di Talia. 
"Perché?" Chiese lei appoggiando la testa sulla sua pancia. 
"Voglio portarti in un posto." 
"E che posto sarebbe?" 
"Un posto." Disse lui iniziando a sfiorarle ripetutamente un braccio. 

~•~

"Aferio. Ecco come si chiamerà." Disse Lissandra mentre teneva tra le braccia un piccolo fagottino. 
Pammone era seduto di fianco a lei e le teneva la mano, mentre con l'altra accarezzava la manina del bambino. "È bellissimo." Disse. 
Troilo guardava il bambino, un po' in disparte, cercando di non commuoversi. Suo figlio, il suo bambino era lì davanti a lui e lui non poteva nemmeno avvicinarglisi. 
Pammone lo prese in braccio, un po' incerto, tanto che la madre Ecuba dovette sistemargli le braccia nel modo più adatto a non farlo cadere. Il bimbo iniziò a piangere, tanto che, dopo che Pammone non riuscì a calmarlo, anche la nonna provò a farlo smettere.
Poco a poco tutti tennero in braccio il bambino, Enea lo guardò sorridente prima di passarlo a Troilo.
Il principe lo prese subito con fare sicuro, con movimenti esperti che non sapeva nemmeno di conoscere. 
E magicamente il piccolo smise di piangere, anzi, iniziò a guardarlo con quei due grandi occhioni azzurri che tutti i neonati possiedono, prima di iniziare a ridere mostrando la bocca senza denti.
Troilo gli sorrise per poi alzare lo sguardo verso la madre di quella creatura a che teneva tra le braccia. 
La ragazza, commossa gli sorrise. 

~•~

Nico di Angelo si trovava davanti ai confini del campo, dove la barriera magica proteggeva i semidei dal mondo mortale e dai nostri. 
Apollo sorrise ad Elisabet, che lo seguiva senza capire. 
"Ciao Nico." Lo salutò il padre del suo ragazzo. 
"Apollo." 
"Non doveva esserci tuo padre?" Chiese il dio. 
"Lui vi aspetta lì. Vi ci porto io." 
"Aspettate un momento. Dove stiamo andando?" Chiese la figlia di Poseidone.
"Devo farti vedere una cosa, Ade mi ha dato il suo permesso." Disse Apollo. 
"E questa cosa è negli inferi." Disse  Nico. "Potrei farlo anche io, ma per colpa di tuo figlio non posso più usare i miei poteri se non in circostanze di massima importanza." Alzò gli occhi al cielo.
Apollo gongolò "Il mio bambino è un bravo dottore."
"E chi ci porterà giù?" Chiese dopo aver ricevuto un'occhiataccia dagli altri due. 
Un triplo latrato rispose alla sua domanda. Cerbero li stava aspettando.

~•~

"Quando finirà questa guerra zio?" Chiese il bambino di dieci anni al principe ormai ventottenne. 
Fissò il principe con il suo paio di occhi azzurri come il cielo, identici a quelli del padre, che la madre si ostinava a nascondere.
"Presto, ora che Ettore è morto." 
"Dov'è papà?" Chiese Aferio. 
"Pammone sta parlando con il nonno." Disse Lissandra avvicinandosi al figlio. "Stanno cercando di riavere il corpo dello zio per dargli gli onori funebri che merita. Sempre che Achille superi il suo orgoglio."
"Mi dispiace per lo zio Ettore, ma anche per Achille." Disse il bambino. "Lo zio ha ucciso il suo amico." 

~•~

"Dove siamo?" Chiese Elisabeth mentre camminava al buio, le mani di Apollo a coprirle gli occhi. 
"Negli inferi, tesoro." Rispose mellifluo. 
"Grazie capitan Ovvio, non lo avevo capito." Disse sbuffando. "Sul serio, dove siamo?" 
Non sentiva urlano grida e questo la preoccupava. 
"Siamo quasi arrivati." Disse lui arginando la risposta.
"Tranquilla, non ti porterò in luoghi pericolosi." 
"Soprattutto perché ora è mortale e potrebbe lasciarci le penne." Aggiunse la voce del dio dell'Oltretomba. 
"Grazie, Ade. Mi sento molto meglio ora." 
"Non c'è di che. Ah a proposito, al posto della stella di Natale, sull'albero, non potremmo metterci un bel teschio? Attento allo scalino."  
"Neanche per sogno." Grugnì l'ex dio prima di inciampare e portarsi dietro la ragazza.

Ciao! Ecco che ho messo una parte del presente! Mi sento molto brava in questo momento. 😌
Comunque (adesso lo dico sul serio) ci stiamo avvicinando davvero alla fine della storia, quindi niente... ditemi che ne pensate!
   
 
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