GRAZIE
I’m
not a Murderer
14
Crimine
Perfetto
Epilogue
Per
quante volte fosse stato in piscina, Castor non riusciva ad abituarsi
al calore
soffocante, ai suoni ovattati e all'odore penetrante che lo assalivano
appena
varcata la porta.
A
differenza della volta precedente non aveva perso tempo a cercare Max
in corsia
– diversi atleti stavano allenandosi in previsione della
competizione – ma andò
direttamente negli spogliatoi. Ci teneva a fargli una sorpresa.
Quello
che non si aspettava, invece, fu di trovarlo proprio lì.
Si
era
fatto indicare la zona riservata al gruppo di Max e se lo era trovato
davanti
appena varcata la soglia.
Doveva
aver appena finito il riscaldamento, perché indossava
solamente i pantaloncini
aderenti del costume e i capelli erano arruffati dall’acqua.
Deglutì
lentamente.
«Sei
venuto!»
Castor
non aveva idea se il compagno avesse compreso quanti sensi poteva avere
quella
frase, ma ricambiò il bacio con entusiasmo. Oh,
sì, sarebbe sempre venuto lui.
«Sorpresa»
mugugnò.
«Avevi
detto che saresti stato ad una riunione» era bello vedere
quanto fosse felice
di vederlo. Non si sarebbe mai stancato di quello sguardo.
«Che
sorpresa sarebbe stata altrimenti?» Si forzò di
non far scivolare le dita
nell’elastico e strizzare per bene quella chiappe sode.
Doveva distrarsi, si
impose, almeno per il momento. «Sono anche venuto a
restituirti queste» con un
gesto teatrale tirò fuori un paio di mutande. «Le
ho trovate!»
«Dove-»
boccheggiò Max, guardandosi intorno per essere certo che non
vi fosse nessun
altro.
«Sul
lampadario» confidò, ignorando lo scatto di Max
per prendergli i boxer dalle
mani.
«Avresti
potuto darmele a casa!»
«E
perdere l’occasione di metterti in imbarazzo? Mai»
ghignò.
Max
lo
fissò a lungo, perdendosi in chissà quale
macchinoso ragionamento, prima di
voltarsi e frugare nella sacca.
«In
questo caso ne approfitto anche io. Avevo pensato di aspettare fino
all’uscita
del tuo nuovo libro, ma visto che siamo in
argomento…» Gli porse una scatolina
scura, alzando le spalle noncurante. «Tieni».
Castor
scartò il regalo inaspettato. Un breve fruscio di carta
velina rivelò del
tessuto rosso scuro arrotolato su sé stesso.
Ammutolì.
Chi
l’avrebbe mai detto che la nemesi della moda Max gli avrebbe
regalato un capo
di vestiario? Era un stato un gesto molto dolce.
«Lo sai
che se mi regali una cravatta significa che non vedi l’ora di
sfilarmela» gli sorrise,
ammiccando e facendo scorrere le dita sulla stoffa. Era una bella
cravatta,
l’aveva scelta bene – molto probabilmente con
l’aiuto di qualcuno. Bach o Clio?
«Oh, lo
so» fu la risposta che non si aspettava di ricevere,
«è per questo che l'ho
comprata».
Castor
serrò la mascella fino a farsi male.
Quell’incosciente
non aveva la minima idea della posizione in cui si stava mettendo.
L’immagine
di loro due stretti a letto, le mani frenetiche di Max sui suoi vestiti
e
quella cravatta allacciata al collo, ai polsi e ovunque la fantasia li
avrebbe
spinti…
Appena
dietro la porta un giornalista gridò qualcosa, riportandolo
alla realtà.
Avrebbe
dovuto spiegargli il rischio della vendetta. Oh, se lo avrebbe fatto!
«Sei da
prendere e da stuprare qui, ora, davanti a tutti i tuoi fan»
gli sibilò
all’orecchio, stringendogli gli avambracci e affondando senza
pietà le dita
nella pelle umida, «la prossima volta che ti viene in mente
di farmi un regalo del genere, I beg you, aspetta di essere a casa, tra
pareti insonorizzate e con
unicamente il sottoscritto a portata di orecchio. E bocca».
Max
deglutì, pregustando, sentendo quasi fisicamente quelle
parole scorrergli sulla
pelle.
«Non
puoi stuprare una persona consenziente» fu tutto quello che
riuscì ad
articolare, la voce fioca.
Castor
tornò a fissarlo dritto negli occhi – quegli stramaledetti occhi – prima di
sollevare l’angolo della bocca in un
sorriso pericoloso – per lui.
«Questo
è da vedere» mormorò roco prima di
lasciare la presa e allontanarsi di qualche
passo.
Max
riprese a respirare più o meno normalmente.
«Ma
aspetta a cantare vittoria» aggiunse, un attimo prima di uscire
dallo
spogliatoio, «Prima o poi dovrai tornare a casa. Ti
aspetto».
Max
gettò il capo indietro al suono della sua voce, chiudendo
gli occhi per cercare
di riprendere il controllo.
Gliel’avrebbe
fatta pagare, ne era certo.
Una
pressante tensione nel basso ventre gli stava dicendo che sì, l’avrebbe pagata.
Si
passò la lingua secca sulle labbra, altrettanto ruvide.
Sapeva
perfettamente che non sarebbe stato corretto farlo. C’era
sicuramente un
paragrafo, nel regolamento della polisportiva, che vietava certi
comportamenti.
Ed era anche piuttosto sicuro che ai partecipanti alle gare fossero
proibite
certe pratiche prima delle competizioni.
Stava
per infrangere chissà quante regole, non era da lui. Ma non
gliene fregava
assolutamente niente.
Con
uno
scatto degno del titolo di nuovo detentore del record statunitense
nello stile
libero, riuscì ad afferrare la manica di Castor prima che
questa sparisse
dietro il battente e la porta si richiudesse.
«Non ho
tempo di aspettare»
riuscì a mugolare
prima di chiudergli quelle stramaledette
labbra con un bacio.
Se
il
rosso fosse rimasto sorpreso dalla piega che aveva preso la situazione,
non lo
diede a vedere. Rispose al bacio famelico, circondandogli il viso con
le dita
per tenerlo fermo, mordendo quella labbra affamate.
Forse
poteva equivalere al
ti amo.
°°°
«Facciamo un bell’applauso!»
Maximillian
era rientrato dagli allenamenti giusto da dieci minuti – il
tempo di una doccia
e un bicchiere di spremuta d’arancia, che ora stava
centellinando – quando il
post-it sul frigorifero gli aveva ricordato di dover accendere la
televisione. La
scrittura era sottile e
lievemente inclinata verso destra, la penna a sfera blu e i tre puntini
alla
fine dell’ultima parola, gli gridavano che a scriverle era
stato l’altro
occupante della casa.
Come
al
solito Castor non si fidava della sua memoria.
E
adesso, quello stesso inquilino lunatico, umorale, amante di cibi
immangiabili,
irritante e distributore di boxer per tutta la casa, bucava lo schermo
con il
suo lieve sorriso – stramaledettamente sexy, ma questo era
meglio se lo pensava
soltanto – e quella studiatamente arruffata massa di capelli
rossi – tinti.
«Quando mi hanno detto che tu,
il vincitore del maggior numero di riconoscimenti e premi letterari di
quest’anno, avevi accettato di presenziare a questa
intervista, quasi non ci ho
creduto»
commentò il conduttore sogghignando – e
prendendosi la rivincita per tutte le
volte in cui quello stesso scrittore da strapazzo gli aveva dato buca,
pensò
Max arricciando le labbra.
«Cosa posso dirti, Larry» Castor rise portandosi due dita
alle labbra «la tua…
costanza mi ha fatto
capitolare».
Chiamarla
costanza non rendeva affatto il termine. Era più che certo
che Castor avesse
deciso di rinunciare alla sua vita ritirata per evitare le dieci
chiamate al
giorno che quell’uomo gli faceva, ansioso di avere
l’esclusiva per quel libro
da miliardi di dollari.
E
magari anche perché Max gli aveva detto che, se quel
telefono avesse squillato
ancora ad orari allucinanti, lui avrebbe anche potuto scordarsi
dell’odore di
cloro, a meno che non avesse deciso di rinunciare alla sua passeggiata
rilassante della domenica in favore di un paio di vasche alla O’Connell Swimming Pool.
«…e cosa ci dici
dell’ispirazione?» stava
dicendo intanto Larry, rigirandosi la penna tra le mani e mostrando un
nervosismo che gli era insolito. «Nei
tuoi libri precedenti hai trattato soprattutto tematiche cupe; thriller
e
polizieschi sono stati i primi tre – comunque di successo.
Quindi per quale
motivo il quarto, “Mermaid”,
tratta
di una storia d’amore?» fece una pausa
come stesse riflettendo su quanto
appena detto e riprendendo subito parola. «È
così avvolgente e, a detta di molte lettrici, deliziosamente
sensuale, che mi
viene da chiedere: perché solo ora? Se sei tanto bravo
perché aspettare?».
Per
qualche motivo, a Max corse un brivido lungo la schiena. Il sorriso
fugace e
inclinato, con il canino che mordeva morbidamente il labbro inferiore,
gli
dicevano che molto probabilmente la risposta che Castor aveva
intenzione di
dare, non gli sarebbe piaciuta.
O
gli
sarebbe piaciuta troppo.
«Perché non prima?» tergiversò nel
frattempo,
arricciando gli angoli della bocca e inclinando la testa per osservare
la
telecamera da sotto le ciglia scure. «Prima
non avevo la mia Coraline personale che mi aspettava a casa, ogni sera
e ogni
notte. E ogni giorno in cui non è impegnata con il suo
programma» allargò
il sorriso nel pronunciare il nome della sua protagonista, associandolo
a
quello dell’amante che aveva appena annunciato al mondo di
possedere.
In
senso letterale oltre che figurato.
E
per
otto, o forse nove persone al mondo, quell’amante era stato
associato ad una
persona che di femminile aveva ben poco.
«È perché ti sei innamorato che
sei riuscito a scrivere con tanto trasporto? Racconta: chi è
la tua Coraline?
Si chiama veramente così?» insinuò Larry, cercando
di scavare e divertire i milioni di
spettatori – e fan isteriche pronte al suicidio –
sulla relazione intrapresa
dalla loro stella di punta.
«Coraline» sibilò ironico,«e per la cronaca non si chiama
così in
realtà, è molto più di quanto tu possa
pensare, e non nego che il suo
personaggio sia stato influenzato da… dalla persona con cui
vivo» evitò
ancora di pronunciare il suo nome – o far capire che quella
fantomatica
fidanzata era in realtà un uomo più alto di lui «ma non c’è
più di questo. Coraline non è-»
Max
smise di ascoltare perché il discorso si era spostato sulla
caratterizzazione
dei personaggi e sulla trama. Un discorso trito e ritrito che lui si
era già
sorbito – in termini decisamente più divertenti e
accattivanti, abbracciati a
letto e in compagnia di una coppa di gelato alla crema e un piattino di
crostini alle acciughe e ribes scuro. Il secondo dichiaratamente di
Castor.
Finì di bere il succo e lo mise
nel lavello, facendo scorrere l’acqua e pensando a quanto le
luci dello Show
non mettessero in evidenza la bellezza della carnagione perlacea del
suo
ragazzo, facendola sembrare solo chiara. Il che gli fece perdere un
pezzo di
conversazione che, un attimo dopo, lo catturò
inesorabilmente, riportandolo
davanti allo schermo, sul sorriso orgoglioso del compagno.
«…eppure non è passato molto tempo
dalla pubblicazione, e tu già mi
dici che ne stai scrivendo un altro» Larry si passò
inconsciamente la punta della
lingua sulle labbra, pregustato lo scoop che gli era appena apparso
davanti
agli occhi.«Puoi darmi qualche
anticipazione, vero? Non pretenderai certo che io adesso mi accontenti
solo di
questo? Avanti».
Castor
rise e tirò fuori dalla tasca dei fogli ripiegati, scritti a
mano, e a
Maximillian tornò un brivido che lo costrinse a deglutire.
Ricordava quei
fogli: uno aveva una macchia di salsa ad un angolo, quindi erano
certamente
quelli che aveva scritto due giorni prima, mentre erano sul divano
assieme, a
riposarsi.
«È solamente un pezzo, una
lettera che il protagonista maschile scriverà alla persona
che ama» spiegò cercando la riga
interessata.
«E questa persona che ama…» insinuò nuovamente
King, un
nuovo sorriso in volto,«è
ispirata interamente
alla tua fidanzata?»
«Se mi sta guardando – e sono
certo che è così – allora in questo
caso si riconoscerà».
«Può darsi, ma tutti gli altri
ascoltatori non lo sapranno» precisò acutamentenella
speranza di strappargli
qualche informazione in più. Castor sorrise sibillino e
tonò ai suoi appunti.
«Leggerò solo la parte
centrale, non voglio rovinare la sorpresa, ma solo farla attendere con
maggiore
ansia»
fece
una pausa mentre indossava gli occhiali per leggere – Max
aveva scoperto che in
realtà non ne aveva affatto bisogno una volta che se li era
infilati.
Le
luci
si abbassarono ed un unico fascio, più luminoso, venne
puntato sulla sua
figura.
«…siedo alla mia scrivania e
scrivo, da solo. Ma qui non ci sei che tu» Castor
iniziò a declamare quanto scritto, senza
leggere una parola e guardando dritto nella telecamera, negli occhi
spalancati
di Max, che fissava lo schermo incapace di fare altro.
Si
sentiva bruciare qualcosa nello stomaco, ed era piuttosto certo che non
si
trattasse della cena.
«Non posso fare altro – non
voglio fare altro – se non pensare a te. La mattina mi
sveglio e spero di
vederti ancora al mio fianco, tra le coperte, con i tuoi capelli
arruffati e le
labbra rosse dei baci che ci siamo scambiati per tutta la notte. Sotto
la
doccia, sento solo la tua pelle
fremente sotto le mie mani» a questo punto Castor
intrecciò le dita davanti alle labbra,
lasciando scivolare i fogli in grembo e sussurrando tra di esse,
lasciando a
malapena intravedere il movimento incessante della lingua nella bocca. «Quando
giro per casa non sento altro che
il tuo odore, che impregna le pareti, i miei vestiti, la mia vita.
Odore di
casa, di crema idratante, di shampoo alla frutta e cloro. Soprattutto
cloro».
Ascoltare
quella voce profonda e sexy e riconoscersi in quella descrizione, era
stato
tutt’uno per Max; così come arrossire furiosamente
e cercare qualcosa per
calmare la secchezza improvvisa della gola.
Accidenti
a quella stramaledetta calamita per gli sguardi (specie i suoi) che
sembrava
perfettamente in grado di manipolarlo sempre, comunque e dovunque.
«Amo ogni lato di te, voglio
viverti per tutto quello che sei alla luce del giorno e nasconderti al
mondo
ogni notte. Voglio restarti accanto quando sei irritabile, farti
arrabbiare
quando non hai più forze, stringerti anche se non mi vuoi
vicino e baciarti
fino a perdere il respiro».
E
Max
perse il respiro nell’ascoltare quelle parole e vedere il
lampo predatorio
nelle iridi accecanti di Castor.
Affondò
con forza gli incisivi nel labbro inferiore nel disperato tentativo di
calmarsi. Non era umanamente possibile che quell’uomo potesse
fargli un tale
effetto anche
a quella distanza!
«Vorrei che tu fossi qui con
me. Vorrei anche solo tenerti per mano e sentirmi dire che non te ne
andrai
mai» prese
fiato, «ma soprattutto voglio
donarti
tutto me stesso, senza riserve» a questo punto
l’uomo smise di imprigionare
Max attraverso la televisione e abbassò gli occhi,
puntandoli sui fogli sparsi
e stirando le labbra divertito.
«Vestiti
compresi, visto che, nonostante
tutto
il guardaroba a disposizione, tu indossi solo canottiere e
pantaloncini. Non
che io me ne lamenti alla fine, la sera…»
concluse con una risatina
l’ultima frase, carica di un’ironia assente nelle
parole precedenti.
Sulla
sala scese qualche secondo di silenzio ma, nel momento esatto in cui
Castor
si chinò a recuperare i fogli, un applauso entusiasta si
levò tutt'intorno,
raggiungendo i telespettatori. Gli occhi del giovane scrittore
brillarono e
chinò il capo in segno di ringraziamento.
«Cosa posso dire?» iniziò il presentatore,
facendo finta di asciugarsi una lacrima di commozione. «Quanto
scritto parla da solo. Noi tutti non vediamo l'ora di leggere
questa prossima opera!»
Castor
sorrise accondiscendente e attaccò a spiegare le tempistiche
e una data di
possibile consegna.
Nel
frattempo Max stava cercando di riprendersi dal colpo che l'aveva quasi
steso.
Tentando nel contempo di calmare l’eccitazione e
l’aspettativa che quelle poche
parole gli avevano suscitato. Forse gli serviva una doccia fredda.
O
magari due, constatò nel ricordare che il fidanzato non
sarebbe tornato a casa
che il giorno successivo.
Sospirò
rassegnato e sorrise benevolo nel vedere l’espressione
composta di Castor.
Dai,
magari alla fine non gli avrebbe fatto troppo male, una volta fosse
tornato a
casa. In fondo non doveva certo ucciderlo per avergli fatto prendere
spavento,
dicendo quelle cose in diretta.
Forse
Bach l’avrebbe preso in giro a vita, ma per fortuna la
questione sarebbe stata
ristretta.
Sorrise.
«Se la tua ragazza potesse
parlare ora, cosa direbbe?» Larry si chinò in
avanti per pregustare la risposta. «Magari
possiamo farla chiamare per sentire
la sua opinione. Sapeva di questo nuovo libro?»
«No, non ne sapeva nulla» Castor scosse la testa
palesemente divertito. «Maximillian
non
legge mai quello che scrivo; aspetta che glielo legga io, magari dopo
un po’ di
sano sesso».
Il
sopracitato Max ammutolì.
L’aveva
detto.
Da
Larry King.
In
prima serata, davanti a milioni – sperando che gli altri
fossero troppo
occupati a fare altro piuttosto che guardare la televisione –
di
telespettatori.
Boccheggiò.
Si
stava sentendo male.
«Maxi…millian?» ripeté il conduttore,
scandendo
lentamente le lettere, tra l’insicuro e
l’incredulo. «La
protagonista è ispirata, cioè no,
…Maximillian?»
«Sì, esatto» confermò tutto
sorridente,
annuendo con orgoglio e tirando fuori una loro foto dal portafoglio.
Era
un’istantanea scattata durante la loro prima uscita al mare
come coppia. Castor
rideva spensierato sullo sfondo, la mano allungata e le dita
intrecciate ad
altre, di una tonalità un po’ più
scura. Il proprietario di quelle seconde dita
era di spalle, ma teneva il viso voltato verso l’obiettivo,
mettendo in mostra
tutta la potenza dei muscoli della schiena e del collo.
«Maximillian» disse ancora Larry, esitante
ed euforico allo stesso tempo, alzando la fotografia di modo che anche
tutto il
resto dell’America fosse in grado di vederla, «la
persona con cui hai una relazione è Maximillian Pollux
Medaglia
d’oro alle nazionali?»
No,
Maximillian non era un assassino, ma in quel momento non desiderava che
prendere quel candido collo da cigno e stritolarlo come fosse stato
quello di
una gallina.
Poi
magari lo avrebbe baciato fino a farlo soffocare.
Forse.
Si
passò una mano sul viso, sentendolo bollente e si morse le
labbra, estremamente
eccitato.
Okay,
forse non lo avrebbe solo baciato, ma questo non gli avrebbe impedito
di
prendere e fare falò di ogni singolo capo di biancheria
firmata di
quell’esibizionista.
The
End?
…
Ammetto di averci impiegato un
SACCO! Vi
ringrazio veramente per la pazienza e non prometto niente per ora - ho
in ballo
diverse storie, ma se non ne finisco almeno una non ha senso iniziare
(sappiamo
tutti quanto io sia lenta ad aggiornare) *pacchette sulla spalla.
Una mattina vi sveglierete,
cercherete distratte
le nuove uscite, e troverete AliasNLH tra i nomi. Credeteci!
E incrociate le dita.
AliasNLH