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Autore: aliasNLH    16/01/2017    1 recensioni
«Tu lo sai, vero, che quando un uomo compra dei vestiti alla propria ragazza, lo fa perché vuole toglierglieli personalmente?» mormorò, rispondendo finalmente all’interrogativo.
Max deglutì, improvvisamente accaldato per via del contatto di quella mano – per non dire altro, considerato il fatto che si trovava tra decine di corpi sudati e uno in particolare felicemente spalmato su di lui.
Molto felicemente, in effetti. Avvampò.
«M-ma… io non sono la tua ragazza» cercò di erigere una – blanda – difesa a quello che sembrava qualcosa di inevitabile.
«Questo è vero» gli sussurrò in risposta, sfiorandogli il lobo con le labbra «non sei una donna».
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Questo capitol è per Giu li, noi due sappiamo benissimo perché.
GRAZIE
I’m not a Murderer
14
 
Crimine Perfetto
Epilogue

 
    Per quante volte fosse stato in piscina, Castor non riusciva ad abituarsi al calore soffocante, ai suoni ovattati e all'odore penetrante che lo assalivano appena varcata la porta.
    A differenza della volta precedente non aveva perso tempo a cercare Max in corsia – diversi atleti stavano allenandosi in previsione della competizione – ma andò direttamente negli spogliatoi. Ci teneva a fargli una sorpresa.
    Quello che non si aspettava, invece, fu di trovarlo proprio lì.
    Si era fatto indicare la zona riservata al gruppo di Max e se lo era trovato davanti appena varcata la soglia.
    Doveva aver appena finito il riscaldamento, perché indossava solamente i pantaloncini aderenti del costume e i capelli erano arruffati dall’acqua. Deglutì lentamente.
    «Sei venuto!»
    Castor non aveva idea se il compagno avesse compreso quanti sensi poteva avere quella frase, ma ricambiò il bacio con entusiasmo. Oh, sì, sarebbe sempre venuto lui.
    «Sorpresa» mugugnò.
    «Avevi detto che saresti stato ad una riunione» era bello vedere quanto fosse felice di vederlo. Non si sarebbe mai stancato di quello sguardo.
    «Che sorpresa sarebbe stata altrimenti?» Si forzò di non far scivolare le dita nell’elastico e strizzare per bene quella chiappe sode. Doveva distrarsi, si impose, almeno per il momento. «Sono anche venuto a restituirti queste» con un gesto teatrale tirò fuori un paio di mutande. «Le ho trovate!»
    «Dove-» boccheggiò Max, guardandosi intorno per essere certo che non vi fosse nessun altro.
    «Sul lampadario» confidò, ignorando lo scatto di Max per prendergli i boxer dalle mani.
    «Avresti potuto darmele a casa!»
    «E perdere l’occasione di metterti in imbarazzo? Mai» ghignò.
    Max lo fissò a lungo, perdendosi in chissà quale macchinoso ragionamento, prima di voltarsi e frugare nella sacca.
    «In questo caso ne approfitto anche io. Avevo pensato di aspettare fino all’uscita del tuo nuovo libro, ma visto che siamo in argomento…» Gli porse una scatolina scura, alzando le spalle noncurante. «Tieni».
    Castor scartò il regalo inaspettato. Un breve fruscio di carta velina rivelò del tessuto rosso scuro arrotolato su sé stesso. Ammutolì.
    Chi l’avrebbe mai detto che la nemesi della moda Max gli avrebbe regalato un capo di vestiario? Era un stato un gesto molto dolce.
    «Lo sai che se mi regali una cravatta significa che non vedi l’ora di sfilarmela» gli sorrise, ammiccando e facendo scorrere le dita sulla stoffa. Era una bella cravatta, l’aveva scelta bene – molto probabilmente con l’aiuto di qualcuno. Bach o Clio?
    «Oh, lo so» fu la risposta che non si aspettava di ricevere, «è per questo che l'ho comprata».
    Castor serrò la mascella fino a farsi male.
    Quell’incosciente non aveva la minima idea della posizione in cui si stava mettendo.
    L’immagine di loro due stretti a letto, le mani frenetiche di Max sui suoi vestiti e quella cravatta allacciata al collo, ai polsi e ovunque la fantasia li avrebbe spinti…
    Appena dietro la porta un giornalista gridò qualcosa, riportandolo alla realtà.
    Avrebbe dovuto spiegargli il rischio della vendetta. Oh, se lo avrebbe fatto!
    «Sei da prendere e da stuprare qui, ora, davanti a tutti i tuoi fan» gli sibilò all’orecchio, stringendogli gli avambracci e affondando senza pietà le dita nella pelle umida, «la prossima volta che ti viene in mente di farmi un regalo del genere, I beg you, aspetta di essere a casa, tra pareti insonorizzate e con unicamente il sottoscritto a portata di orecchio. E bocca».
    Max deglutì, pregustando, sentendo quasi fisicamente quelle parole scorrergli sulla pelle.
    «Non puoi stuprare una persona consenziente» fu tutto quello che riuscì ad articolare, la voce fioca.
    Castor tornò a fissarlo dritto negli occhi – quegli stramaledetti occhi – prima di sollevare l’angolo della bocca in un sorriso pericoloso – per lui.
    «Questo è da vedere» mormorò roco prima di lasciare la presa e allontanarsi di qualche passo.
    Max riprese a respirare più o meno normalmente.
    «Ma aspetta a cantare vittoria» aggiunse, un attimo prima di uscire dallo spogliatoio, «Prima o poi dovrai tornare a casa. Ti aspetto».
    Max gettò il capo indietro al suono della sua voce, chiudendo gli occhi per cercare di riprendere il controllo.
    Gliel’avrebbe fatta pagare, ne era certo.
    Una pressante tensione nel basso ventre gli stava dicendo che , l’avrebbe pagata.
    Si passò la lingua secca sulle labbra, altrettanto ruvide.
    Sapeva perfettamente che non sarebbe stato corretto farlo. C’era sicuramente un paragrafo, nel regolamento della polisportiva, che vietava certi comportamenti. Ed era anche piuttosto sicuro che ai partecipanti alle gare fossero proibite certe pratiche prima delle competizioni.
    Stava per infrangere chissà quante regole, non era da lui. Ma non gliene fregava assolutamente niente.
    Con uno scatto degno del titolo di nuovo detentore del record statunitense nello stile libero, riuscì ad afferrare la manica di Castor prima che questa sparisse dietro il battente e la porta si richiudesse.
    «Non ho tempo di aspettare» riuscì a mugolare prima di chiudergli quelle stramaledette labbra con un bacio.
    Se il rosso fosse rimasto sorpreso dalla piega che aveva preso la situazione, non lo diede a vedere. Rispose al bacio famelico, circondandogli il viso con le dita per tenerlo fermo, mordendo quella labbra affamate.
    Forse poteva equivalere al ti amo.
 
°°° 
    «Facciamo un bell’applauso!»
    Maximillian era rientrato dagli allenamenti giusto da dieci minuti – il tempo di una doccia e un bicchiere di spremuta d’arancia, che ora stava centellinando – quando il post-it sul frigorifero gli aveva ricordato di dover accendere la televisione.  La scrittura era sottile e lievemente inclinata verso destra, la penna a sfera blu e i tre puntini alla fine dell’ultima parola, gli gridavano che a scriverle era stato l’altro occupante della casa.
    Come al solito Castor non si fidava della sua memoria.
    E adesso, quello stesso inquilino lunatico, umorale, amante di cibi immangiabili, irritante e distributore di boxer per tutta la casa, bucava lo schermo con il suo lieve sorriso – stramaledettamente sexy, ma questo era meglio se lo pensava soltanto – e quella studiatamente arruffata massa di capelli rossi – tinti.
    «Quando mi hanno detto che tu, il vincitore del maggior numero di riconoscimenti e premi letterari di quest’anno, avevi accettato di presenziare a questa intervista, quasi non ci ho creduto» commentò il conduttore sogghignando – e prendendosi la rivincita per tutte le volte in cui quello stesso scrittore da strapazzo gli aveva dato buca, pensò Max arricciando le labbra.
    «Cosa posso dirti, Larry» Castor rise portandosi due dita alle labbra «la tua… costanza mi ha fatto capitolare».
    Chiamarla costanza non rendeva affatto il termine. Era più che certo che Castor avesse deciso di rinunciare alla sua vita ritirata per evitare le dieci chiamate al giorno che quell’uomo gli faceva, ansioso di avere l’esclusiva per quel libro da miliardi di dollari.
    E magari anche perché Max gli aveva detto che, se quel telefono avesse squillato ancora ad orari allucinanti, lui avrebbe anche potuto scordarsi dell’odore di cloro, a meno che non avesse deciso di rinunciare alla sua passeggiata rilassante della domenica in favore di un paio di vasche alla O’Connell Swimming Pool.
    «…e cosa ci dici dell’ispirazione?» stava dicendo intanto Larry, rigirandosi la penna tra le mani e mostrando un nervosismo che gli era insolito. «Nei tuoi libri precedenti hai trattato soprattutto tematiche cupe; thriller e polizieschi sono stati i primi tre – comunque di successo. Quindi per quale motivo il quarto, “Mermaid”, tratta di una storia d’amore?» fece una pausa come stesse riflettendo su quanto appena detto e riprendendo subito parola. «È così avvolgente e, a detta di molte lettrici, deliziosamente sensuale, che mi viene da chiedere: perché solo ora? Se sei tanto bravo perché aspettare?».
    Per qualche motivo, a Max corse un brivido lungo la schiena. Il sorriso fugace e inclinato, con il canino che mordeva morbidamente il labbro inferiore, gli dicevano che molto probabilmente la risposta che Castor aveva intenzione di dare, non gli sarebbe piaciuta.
    O gli sarebbe piaciuta troppo.
    «Perché non prima?» tergiversò nel frattempo, arricciando gli angoli della bocca e inclinando la testa per osservare la telecamera da sotto le ciglia scure. «Prima non avevo la mia Coraline personale che mi aspettava a casa, ogni sera e ogni notte. E ogni giorno in cui non è impegnata con il suo programma» allargò il sorriso nel pronunciare il nome della sua protagonista, associandolo a quello dell’amante che aveva appena annunciato al mondo di possedere.
    In senso letterale oltre che figurato.
    E per otto, o forse nove persone al mondo, quell’amante era stato associato ad una persona che di femminile aveva ben poco.
    «È perché ti sei innamorato che sei riuscito a scrivere con tanto trasporto? Racconta: chi è la tua Coraline? Si chiama veramente così?» insinuò Larry, cercando di scavare e divertire i milioni di spettatori – e fan isteriche pronte al suicidio – sulla relazione intrapresa dalla loro stella di punta.
    «Coraline» sibilò ironico,«e per la cronaca non si chiama così in realtà, è molto più di quanto tu possa pensare, e non nego che il suo personaggio sia stato influenzato da… dalla persona con cui vivo» evitò ancora di pronunciare il suo nome – o far capire che quella fantomatica fidanzata era in realtà un uomo più alto di lui «ma non c’è più di questo. Coraline non è-»
    Max smise di ascoltare perché il discorso si era spostato sulla caratterizzazione dei personaggi e sulla trama. Un discorso trito e ritrito che lui si era già sorbito – in termini decisamente più divertenti e accattivanti, abbracciati a letto e in compagnia di una coppa di gelato alla crema e un piattino di crostini alle acciughe e ribes scuro. Il secondo dichiaratamente di Castor.
    Finì di bere il succo e lo mise nel lavello, facendo scorrere l’acqua e pensando a quanto le luci dello Show non mettessero in evidenza la bellezza della carnagione perlacea del suo ragazzo, facendola sembrare solo chiara. Il che gli fece perdere un pezzo di conversazione che, un attimo dopo, lo catturò inesorabilmente, riportandolo davanti allo schermo, sul sorriso orgoglioso del compagno.
    «…eppure non è passato molto tempo dalla pubblicazione, e tu già mi dici che ne stai scrivendo un altro» Larry si passò inconsciamente la punta della lingua sulle labbra, pregustato lo scoop che gli era appena apparso davanti agli occhi.«Puoi darmi qualche anticipazione, vero? Non pretenderai certo che io adesso mi accontenti solo di questo? Avanti».
    Castor rise e tirò fuori dalla tasca dei fogli ripiegati, scritti a mano, e a Maximillian tornò un brivido che lo costrinse a deglutire. Ricordava quei fogli: uno aveva una macchia di salsa ad un angolo, quindi erano certamente quelli che aveva scritto due giorni prima, mentre erano sul divano assieme, a riposarsi.
    «È solamente un pezzo, una lettera che il protagonista maschile scriverà alla persona che ama» spiegò cercando la riga interessata.
    «E questa persona che ama…» insinuò nuovamente King, un nuovo sorriso in volto,«è ispirata interamente alla tua fidanzata?»
    «Se mi sta guardando – e sono certo che è così – allora in questo caso si riconoscerà».
    «Può darsi, ma tutti gli altri ascoltatori non lo sapranno» precisò acutamentenella speranza di strappargli qualche informazione in più. Castor sorrise sibillino e tonò ai suoi appunti.
    «Leggerò solo la parte centrale, non voglio rovinare la sorpresa, ma solo farla attendere con maggiore ansia» fece una pausa mentre indossava gli occhiali per leggere – Max aveva scoperto che in realtà non ne aveva affatto bisogno una volta che se li era infilati.
    Le luci si abbassarono ed un unico fascio, più luminoso, venne puntato sulla sua figura.
    «…siedo alla mia scrivania e scrivo, da solo. Ma qui non ci sei che tu» Castor iniziò a declamare quanto scritto, senza leggere una parola e guardando dritto nella telecamera, negli occhi spalancati di Max, che fissava lo schermo incapace di fare altro.
    Si sentiva bruciare qualcosa nello stomaco, ed era piuttosto certo che non si trattasse della cena.
    «Non posso fare altro – non voglio fare altro – se non pensare a te. La mattina mi sveglio e spero di vederti ancora al mio fianco, tra le coperte, con i tuoi capelli arruffati e le labbra rosse dei baci che ci siamo scambiati per tutta la notte. Sotto la doccia, sento solo la tua pelle fremente sotto le mie mani» a questo punto Castor intrecciò le dita davanti alle labbra, lasciando scivolare i fogli in grembo e sussurrando tra di esse, lasciando a malapena intravedere il movimento incessante della lingua nella bocca.     «Quando giro per casa non sento altro che il tuo odore, che impregna le pareti, i miei vestiti, la mia vita. Odore di casa, di crema idratante, di shampoo alla frutta e cloro. Soprattutto cloro».
    Ascoltare quella voce profonda e sexy e riconoscersi in quella descrizione, era stato tutt’uno per Max; così come arrossire furiosamente e cercare qualcosa per calmare la secchezza improvvisa della gola.
    Accidenti a quella stramaledetta calamita per gli sguardi (specie i suoi) che sembrava perfettamente in grado di manipolarlo sempre, comunque e dovunque.
    «Amo ogni lato di te, voglio viverti per tutto quello che sei alla luce del giorno e nasconderti al mondo ogni notte. Voglio restarti accanto quando sei irritabile, farti arrabbiare quando non hai più forze, stringerti anche se non mi vuoi vicino e baciarti fino a perdere il respiro».
    E Max perse il respiro nell’ascoltare quelle parole e vedere il lampo predatorio nelle iridi accecanti di Castor.
    Affondò con forza gli incisivi nel labbro inferiore nel disperato tentativo di calmarsi. Non era umanamente possibile che quell’uomo potesse fargli un tale effetto anche a quella distanza!
    «Vorrei che tu fossi qui con me. Vorrei anche solo tenerti per mano e sentirmi dire che non te ne andrai mai» prese fiato, «ma soprattutto voglio donarti tutto me stesso, senza riserve» a questo punto l’uomo smise di imprigionare Max attraverso la televisione e abbassò gli occhi, puntandoli sui fogli sparsi e stirando le labbra divertito.     «Vestiti compresi, visto che, nonostante tutto il guardaroba a disposizione, tu indossi solo canottiere e pantaloncini. Non che io me ne lamenti alla fine, la sera…» concluse con una risatina l’ultima frase, carica di un’ironia assente nelle parole precedenti.
    Sulla sala scese qualche secondo di silenzio ma, nel momento esatto in cui Castor si chinò a recuperare i fogli, un applauso entusiasta si levò tutt'intorno, raggiungendo i telespettatori. Gli occhi del giovane scrittore brillarono e chinò il capo in segno di ringraziamento.
    «Cosa posso dire?» iniziò il presentatore, facendo finta di asciugarsi una lacrima di commozione. «Quanto scritto parla da solo. Noi tutti non vediamo l'ora di leggere questa prossima opera!»
    Castor sorrise accondiscendente e attaccò a spiegare le tempistiche e una data di possibile consegna.
    Nel frattempo Max stava cercando di riprendersi dal colpo che l'aveva quasi steso. Tentando nel contempo di calmare l’eccitazione e l’aspettativa che quelle poche parole gli avevano suscitato. Forse gli serviva una doccia fredda.
    O magari due, constatò nel ricordare che il fidanzato non sarebbe tornato a casa che il giorno successivo.
    Sospirò rassegnato e sorrise benevolo nel vedere l’espressione composta di Castor.
    Dai, magari alla fine non gli avrebbe fatto troppo male, una volta fosse tornato a casa. In fondo non doveva certo ucciderlo per avergli fatto prendere spavento, dicendo quelle cose in diretta.
    Forse Bach l’avrebbe preso in giro a vita, ma per fortuna la questione sarebbe stata ristretta.
    Sorrise.
    «Se la tua ragazza potesse parlare ora, cosa direbbe?» Larry si chinò in avanti per pregustare la risposta. «Magari possiamo farla chiamare per sentire la sua opinione. Sapeva di questo nuovo libro?»
    «No, non ne sapeva nulla» Castor scosse la testa palesemente divertito. «Maximillian non legge mai quello che scrivo; aspetta che glielo legga io, magari dopo un po’ di sano sesso».
    Il sopracitato Max ammutolì.
    L’aveva detto.
    Da Larry King.
    In prima serata, davanti a milioni – sperando che gli altri fossero troppo occupati a fare altro piuttosto che guardare la televisione – di telespettatori.
    Boccheggiò.
    Si stava sentendo male.
    «Maxi…millian?» ripeté il conduttore, scandendo lentamente le lettere, tra l’insicuro e l’incredulo. «La protagonista è ispirata, cioè no, …Maximillian?»
    «Sì, esatto» confermò tutto sorridente, annuendo con orgoglio e tirando fuori una loro foto dal portafoglio.
    Era un’istantanea scattata durante la loro prima uscita al mare come coppia. Castor rideva spensierato sullo sfondo, la mano allungata e le dita intrecciate ad altre, di una tonalità un po’ più scura. Il proprietario di quelle seconde dita era di spalle, ma teneva il viso voltato verso l’obiettivo, mettendo in mostra tutta la potenza dei muscoli della schiena e del collo.
    «Maximillian» disse ancora Larry, esitante ed euforico allo stesso tempo, alzando la fotografia di modo che anche tutto il resto dell’America fosse in grado di vederla, «la persona con cui hai una relazione è Maximillian Pollux Medaglia d’oro alle nazionali?»
    No, Maximillian non era un assassino, ma in quel momento non desiderava che prendere quel candido collo da cigno e stritolarlo come fosse stato quello di una gallina.
    Poi magari lo avrebbe baciato fino a farlo soffocare.
    Forse.
    Si passò una mano sul viso, sentendolo bollente e si morse le labbra, estremamente eccitato.
    Okay, forse non lo avrebbe solo baciato, ma questo non gli avrebbe impedito di prendere e fare falò di ogni singolo capo di biancheria firmata di quell’esibizionista.
 
The End?
 
Grazie soprattutto a 3ragon che ha avuto il fegato di seguirmi fin qui!
 
 
Ammetto di averci impiegato un SACCO! Vi ringrazio veramente per la pazienza e non prometto niente per ora - ho in ballo diverse storie, ma se non ne finisco almeno una non ha senso iniziare (sappiamo tutti quanto io sia lenta ad aggiornare) *pacchette sulla spalla.
 
Una mattina vi sveglierete, cercherete distratte le nuove uscite, e troverete AliasNLH tra i nomi. Credeteci!
 
E incrociate le dita.
 
AliasNLH
  
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