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Autore: Hikari_Sengoku    18/01/2017    3 recensioni
Kaname é ormai un membro esterno della Mithril, e ha bisogno di una protezione ridotta. Viene assegnata a Sousuke una nuova missione. Chi sará il nuovo soggetto da proteggere? In quali guai trascinerá i nostri eroi? (Nuovi capitoli a scadenze non assolutamente fisse, ma piú o meno ogni settimana per i primi tempi, credo!)
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kurz Weber, Melissa Mao, Nuovo personaggio, Sousuke Sagara, Un po' tutti
Note: Cross-over, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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In viaggio!


Hikari digrignò i denti. Immaginò in che modo potesse disarmarlo senza l’ausilio delle braccia, sapendo che per loro era meglio mantenerla magari non illesa, ma viva. Mentre l’uomo riapriva la bocca per parlare, lo caricò di di testa, mozzandogli il respiro, quello di riflesso sparò, colpendo il pavimento metallico dietro di lei. Prima che fosse in grado di reagire, Hikari gli rovinò addosso, ma quello la rovesciò con facilitá. Il rumore del pugno vicino alla sua testa rimbombò nel piccolo ambiente, mentre le ferite sul petto e sulla schiena si riaprivano con uno schiocco di sangue rappreso dentro le bende sfilacciate. Hikari pensò che Mao avrebbe commentato il suo come talento per le missioni suicide. L’uomo torreggiava su di lei con tanto di schifosa bava alla bocca: “Parli un’altra lingua per caso, bambolina?” Hikari gli sputò sul faccione sudato. “Forse non sono stato abbastanza chiaro: Stai buona o i tuoi amici vengono  sgozzati come maiali” ghignò il tipo mostrandole una foto sgranata sul cellulare: Due ragazzi, di cui uno pesto e l’altra con una vistosa chioma blu erano ritratti svenuti in una posa alquanto scomoda, con mani e piedi legati, e la bocca tappata con del nastro. La ragazza si arrese. L’uomo si alzò, e facendolo la trascinò con se, spingendola in un angolo. “Spogliati, e mettiti questa. Anche le bende” disse lanciandole una di quelle tuniche verdine da ospedale. Hikari si apprestò, ma vedendo che l’uomo non si girava, gli disse: “Mi sto spogliando”, l’uomo rispose “Non mi imbarazzo, tranquilla. Procedi pure” puntandole di nuovo l’arma contro. La ragazza il più velocemente possibile si spogliò del doppio strato di pantaloni e della camicetta ormai inservibile. Si coprí con la tunica e sciolse le bende strappate, lasciando che cadessero a terra in un groviglio sanguinolento e maleodorante. Il sangue, finora arrestato all’altezza del bacino, cominciò a scorrere di nuovo, sporcando con lunghe strisciate la veste e le gambe. Dopo poco il liquido caldo colava sulle dita e poi ai suoi piedi, mentre lei legava dietro il collo la tunichetta. L’uomo, con una smorfia di disgusto, afferrò quell’obbrobbrio per il gomito ancora pulito e la spinse all’interno di un cilindro -una bara- di vetro e metallo. L’impatto fu tanto forte da mozzarle il fiato, ma lei non si oppose. Si lasciò trascinare, il freddo che le mordeva la pelle. L’uomo si avvicinò con una lunga siringa, che inserí nel collo. Spinse lo stantuffo e ritirò la siringa, ne afferrò un’altra e la riversò nelle sue vene. Le sciolse le mani. In breve tempo, una forte nausea le montò dentro, e la testa e l’aria intorno a lei cominciarono a pulsare. “Perdonami, bambolina, ma non ho molto tempo.” Le sussurrò l’uomo ponendole una mano sulla testa come per rassicurarla. “Ti fará un po’ male, ma non ti preoccupare, ci sarò io qui con te. Tu chiamami ed io verrò, d’accordo bambina mia?” Hikari, stordita, lo fissò stranita. Negli occhi di quell’uomo era comparsa l’ombra di una tenerezza straniante. Sembrava vedesse qualcun altro al suo posto. “C’è il tuo papá qui con te, non hai nulla da temere. Ora dormi, figlia  mia” finí posandole un umido bacio sulla fronte. Hikari era troppo nauseata per rispondere. L’uomo le mise un visore sugli occhi. Sentí la bara richiudersi sopra di lei. Il visore si accese ed un turbinio di immagini caleidoscopiche tridimensionali si versarono nella sua mente ad un ritmo furioso. Allo stesso tempo, lancinanti fitte le trapassarono il cervello, nentre spasmi muscolari le attraversarono il corpo. La sofferenza era immensa. Bruciare i recettori del dolore non le aveva precluso la possibilitá del dolore mentale e muscolare, miseriaccia! Il cuore prese a battere all’impazzata, Hikari entrò in piena crisi di soffocamento, non riusciva a respirare, aveva i polmoni chiusi, l’aria non entrava! La bocca si spalancò in un grido muto, i muscoli erano contratti allo stremo, la pelle tesa sulle braccia e sulle dita scheletriche e tese ad artiglio, volevano raggiungere il vetro ma erano bloccate. Le gambe si agitavano instancabilmente, la schiena si arcuava nello spasmo… L’uomo sorrise tra le lacrime, accarezzando il vetro con tenerezza, mentre sul display del computer venivano elencate lunghe striscie di dati. La ragazza cominciò a battere sul vetro, a graffiarlo, ansimando un faticoso “basta”. Il dolore era insostenibile, il petto sembrava non fosse abbastanza ampio per contenerlo, si tendeva, bruciava, la nausea era imperante, il dolore alla testa insopportabile. Quelle immagini, non le sosteneva più! Doveva, doveva…
Uno squillo perforò il silenzio ovattato. L’uomo rispose.
“ Si. Si, d’accordo, mi sbrigherò, aumenterò la dose. Non ti preoccupare. Vieni qui a controllare allora!” Berciò chiudendo il telefono.
Si avvicinò a lei, tremante, schiuse la bara e le tolse delicatamente il visore. Gli occhi nocciola,  momentaneamente ciechi, si spalancarono sul soffitto metallico. Hikari, se ancora poteva definirsi tale, vomitò anche l’anima sul pavimento del laboratorio. L’essere le si accostò con gentilezza, sorreggendola per le spalle, tenendole i capelli mentre rigettava. “Scusami, piccoletta. Durerá poco, te lo prometto.” Stavolta, le siringhe la trafissero sulla coscia, e l’effetto fu quasi immediato. Prima che potesse avere reazioni più violente, le rimise il visore e richiuse la bara. Hikari si scatenò, mentre il fuoco bruciava nelle sue vene. Batteva, urlava, si agitava. Durò pochi secondi, prima di svenire.
Negli attimi infiniti prima di addormentarsi del tutto, Hikari si svegliò diverse volte. Il dolore montava ad ondate. Gemeva. La prima volta, sentî qualcuno di ruvido estrarla dalla bara e stringerla a sé, senza toglierle il visore dagli occhi. Ogni volta che si svegliava, si sentiva cullare fra le calde braccia di qualcuno che la consolava sussurrando parole a lei incomprensibili. Ogni volta che gemeva, quelle braccia la stringevano più forte, con disperazione. Il sogno si confuse alla realtá, e sentí il viso liscio di suo padre strusciarsi contro il suo, mentre giocavano insieme, sentí la sua risata contorcersi in un eco di lamiere. Lo abbracciò forte. L’uomo si sentí morire, quando la sua bimba sussurrò la parola “Papá”. Quando si svegliò di nuovo, vicino a lei c’era un leggero profumo di gelsomini. “Mamma!” La mamma si avvicinò, percepí il profumo farsi più intenso in mezzo all’odore penetrante del sangue e del muco. “Povero tesoro…” la accarezzò, mentre parlava ancora, ma il dolore la sommerse, e Hikari ricadde nel sonno definitivamente.
Nel frattempo, Kaname e Sousuke, che erano usciti dal velivolo, avevano incontrato il Mordred. Sousuke era salito  sull’armatura e si era accertato velocemente della sanitá del pilota, che era semplicemente svenuto, e scansandolo si era appropriato dei sistemi di comunicazione. La frequenza era giá impostata. “Qui sergente Sagara. Mi ricevete?”
“Si, Sousuke, stiamo arrivando.” Urlò Mao da lontano.” State tutti bene?” chiese la voce ansiosa di Sho Akenomyousei.
“Io e Chidori stiamo bene, ma non abbiamo notizie di Kurojima” Kaname lo raggiunse sul bordo dell’alloggiamento.
“Dannazione” imprecò la voce. “Sousuke, prendete Francis con voi, distruggete il Mordred e dirigetevi seguendo il muro verso sinistra, c’è il cancello. Aspettateci lí” La comunicazione si interruppe.
“Bene, muoviamoci” concluse Sagara invitando silenziosamente Kaname ad uscire. La ragazza si chinò su Francis e lo scosse: “Ehi, sveglia, tu! Svegliati! Il tipo mugolò, e Kaname non attese, lo afferrò per un braccio e lo trascinò con lei fuori dal mucchio di metallo.
Dopo pochi, brevi comandi sul display, Sousuke li seguí correndo. “Allontanatevi!” gridò prima di gettarsi sopra Kaname. L’esplosione illuminò violentemente i dintorni. Il Mordred si era auto-distrutto, e Francis era sconvolto. Sembrava star lí lí per piangere. Si rialzarono e trascinandosi dietro lo spaventatissimo ragazzo, che si era deciso per il mutismo, raggiunsero il cancello e si nascosero nella portineria, sfondata precedentemente con un paio di colpi ben assestati.
Dopo pochi, lunghissimi minuti, un furgoncino corazzato si piazzò a diversi metri dal cancello. Miranda e Kurz uscirono alla chetichella con una confezione argentata ognuno. Velocemente, attaccarono una sorta di plastilina grigiastra (del plastico, sicuramente) ai cardini del cancello, ci infilarono dei cavi e facendogli segno di allontanarsi, tornarono all’auto. I tre corsero via. Pochi secondi dopo il cancello esplose in una nuvola di polvere e ferraglia, liberando il passaggio per il furgone, che entrò di gran carriera.
“Montate su!” gridò Mao dal finestrino del guidatore. I tre salirono dal retro, trovando la banda al completo in piedi dietro ai posti davanti, eccettuata Miranda alla mitragliatrice. L’interno era imbottito per attutire gli scossoni ed i suoni.
Diversi incroci dopo, Daiki con il localizzatore in mano, fece fermare il furgone davanti ad un capannone. Un ronzio meccanico proveniva dalle mura anonime.
“Daiki, Sousuke, Mathieu e Kurz, voi verrete con me. Miranda, tu ci coprirai all’uscita. Melissa, rimani pronta alla partenza, d’accordo? Gli altri aspettino in silenzio” chiese Sho.
“è solo una tregua momentanea, sappiatelo.” Puntualizzò Mao con le mani sul volante.
I ragazzi si accostarono alla porta, cercando di percepire la situazione all’interno. Sentirono brevi bisbiglii, poi una frase a voce più alta: “Povero tesoro, crede che io sia la sua mamma!”. Rimasero scioccati.
Si prepararono all’attacco e spianando le armi spalancarono la porta. Non erano preparati a quella vista. Un uomo dai lunghi capelli grigi cullava fra le braccia il corpo inerte di Hikari grondante sangue, mosso continuamente da spasmi. La dottoressa Rangetsu accarezzava dolcemente la guancia della ragazza. Il leggero rombo di un motore si sentiva dietro la porta di fondo. La donna si girò e li vide, e approfittando del loro turbamento afferrò l’uomo ed una chiavetta e corse con lui verso la porta di fondo. Il corpo della ragazza scivolò vischioso dalle ginocchia del tipo, scomponendosi sul pavimento. I due fuggirono dietro una barriera trasparente, ma un proiettile spaccò il cuore dell’uomo. La donna aprí la porta e sparí. Gli spari di Kurz la seguirono, ma si infransero contro la barriera di vetro anti-proiettile. Un motore partí a tutta andata dietro la porta, il silenzio ricadde. Sho si accucciò vicino a Hikari e le strappò il visore, mostrando gli occhi sgranati e ciechi. La prese fra le braccia, cercando in qualche modo di controllarne il movimento spasmodico del petto ed il battito impazzito del cuore. Il fondo della cassa di metallo e vetro era ricoperto di sangue, Hikari stessa era completamente ricoperta di quel liquido caldo e alieno. Fu Mathieu il primo a riprendersi dallo shock, e afferrato il corpo dalle braccia di Sho, corse alla macchina.
“Recuperate il cadavere!” ordinò Sho. Sousuke e Kurz obbedirono e lo trasportarono dentro. Gli altri li seguirono a ruota.
Vedendo la mala parata, Kaname si affrettò a fare spazio e recuperò la cassetta del pronto soccorso. Mathieu depose Hikari con la schiena contro la parete imbottita.
“Parti!” gridò Daiki dal fondo. Il furgone corse via e in poco furono fuori. Kaname si affrettò a serrare le ferite, ma era come tentare di turare la falla del Titanic con la carta igienica. Gli altri buttarono il corpo in una cassa per munizioni.  Hikari era pallidissima per il sangue perso, e continuava a subire gli spasmi e la tachicardia con gli occhi spalancati nel vuoto. Sho, spaventato, le chiuse gli occhi. Daiki afferrò una cinghia di cuoio e disse: “Kaname, aprile la bocca!”. Kaname fece forza sull’articolazione perché Daiki potesse infilarci la cinghia. I denti si richiusero di scatto. Francis, ripresosi dallo shock, si avvicinò e strinse con forza le bende per bloccare l’emorragia. Mentre tentava il primo soccorso, Mao e Miranda si informarono: “Che diavolo è successo lí dentro?”
“Non so cosa le stessero facendo, l’abbiamo trovata cosí, in balia di quei bastardi . Il fatto più grave è che insieme a lei e ad un altro tipo c’era la dottoressa Rangetsu” esclamò Sho.
Kaname tirò il fiato. “Cavolo”
“Giá. Non siamo riusciti a fermarli, ma ne abbiamo ucciso uno” disse indicando il corpo nella cassa. “Forse potrebbe essere il capo”
“Non lo é. Almeno non del tutto. A capo dell’unitá c’erano lui, il dottor Ousmane ed una donna sempre in missione in copertura. Probabilmente proprio la dottoressa di cui parlate” rispose Mathieu. Daiki e Sho lo guardarono perplessi: Non avevano mai parlato della loro ex-unità prima, forse per una sorta di fedeltá tardiva.
“Che c’è? La prioritá è sempre stellina qui dietro, no?” ribatté lui.
“Stellina?” berciò Miranda dal sedile passeggiero, con la mitragliatrice puntata.
“Su, non te la prendere, Mira. È solo un soprannome” rispose lui scompigliandole i capelli.
“Come l’avete trovata?” chiese Kaname china vicino a Francis.
“I due dottori l’avevano tirata fuori da un cilindro di vetro. Il maschio la teneva sulle ginocchia, con un visore tridimensionale sugli occhi” rispose Kurz.
“Credo di sapere cosa stessero facendo.” Esordí Kaname, ricordando il gelido fondo di una bara di metallo e vetro e l’impressione della sua testa che scoppiava di dolore. “Lo stavano facendo anche a me. Serve a…” si concentrò per ricordare le parole di quella dottoressa abbastanza stronza “…verificare ed estorcere le nostre informazioni come Whispered. Su di lei devono aver esagerato col farmaco. Avevano molta fretta, probabilmente.”
“Maledetti!” imprecò Daiki, infilandosi le dita tra i capelli.
“Il processo non era terminato” tuonò Sousuke.
“Che significa?”
“Significa che non hanno tutte le informazioni”
“Se davvero Hikari è quello che è, anche la più piccola informazione è fatale.” Daiki e Sho si scambiarono un’occhiata veloce. “Agenti della Mithril, abbiamo bisogno del vostro aiuto. Comtattate il vostro quartier generale per far localizzare quel velivolo, vi prego!” Li scongiurò il biondo.
“Ho fatto di meglio” rispose il sergente, “ho attaccato una cimice al vano del carrello. Ora basterá chiedere le semplici coordinate.”
“Grazie infinite. Appena arrivati alla base vi ridaremo i comunicatori, e sarete liberi di andare, a patto che non ostacoliate l’inseguimento” riprese il moro.
“Potremmo ostacolarvi una volta liberi”
“Mi voglio fidare. So che farete la scelta giusta” disse Sho fissandolo negli occhi con sguardo penetrante.
“Anche se fosse, Kurojima verrá con noi, senza fare storie” si introdusse Mao.
Daiki la guardò male. “Se solo ci provaste, credo che potreste dire addio alla vostra libertá. Non vi conviene. Lei resta con noi”
“Ci stai minacciando, per caso?”  Rispose lei fermando il veicolo e estraendo la pistola che le avevano ridato ad inizio operazione. “Non siamo più in vostra balia”. Miranda non attese per puntarle contro la mitragliatrice.
Kurz si intromise fra le due: “Ragioniamo ragazzi, forse possiamo trovare un accordo senza scannarci o accannare la missione”.
La tensione era palpabile, quando Kaname gridò: “Smettetela subito! Non vi rendete conto della situazione?”
Il veicolo si rimise in moto e la discussione fu rimandata.
Durante il silenzioso tragitto, Kaname si accostò a Sousuke, chiedendogli: “Ehi, Sousuke, cosa hai intenzione di fare?”
“Dovremmo riprendere Kurojima ed il controllo della missione” affermò il sergente.
“Ma? Dimmi che c’è un ma ti prego” Lo scongiurò Kaname.
“Ma” le concesse il ragazzo, “considerato l’antefatto, personalmente ritengo sarebbe più umano cercare un accordo con loro e permetterne la convivenza”
“Temo che soprattutto Mao sarebbe contraria, ma finché Hikari non può avere voce in capitolo, credo che questa sia la soluzione migliore” ammise pensierosa Kaname.
“Chiederemo disposizioni al quatier generale, in ogni caso” concluse Sousuke chiudendo la conversazione.
Una volta tornati, il clima dentro la base era temporalesco. Mentre ad Hikari venivano somministrati dei sedativi, Mao, Kurz, Sousuke, Sho e Daiki si riunirono in sala controllo per discutere. Kurz prima di entrare afferrò il polso di Mao, ma lei si divincolò: “Qualsiasi cosa tu voglia dirmi, non è il momento” ringhiò.
“Non credi che dovremmo contattare il quartier generale?”
“Credo anch’io sia l’opzione migliore, ma dobbiamo prima vedere come reagiscono” concluse imboccando l’entrata. Appena la porta si fu chiusa, Daiki esordí dicendo: “Cerchiamo di esere diplomatici, ragazzi”
“Hikari rimane con noi” tuonò Sho. Daiki lo guardò male.
“Se ci lasciate contattare il quartier generale, ne disporremo con loro” chiese Kurz.
“Volentieri, ma vi terremo sotto controllo. Non vogliamo avere M9 qui sotto, quindi per precauzione ci collegheremo alla vostra frequenza” rispose Sho attaccandosi un auricolare.
“Procedete” disse Daiki lanciandogli il comunicatore. Mao lo afferrò al volo e cliccò il tasto per attivare la comunicazione. Prima che avesse avuto il tempo di attaccare il dispositivo all’orecchio, la voce di Teletha Testarossa irruppe gridando: “Sergente maggiore Mao, siete voi?”
“Si, sono io Colonnello”
“Sia lodato il Cielo, state tutti bene? Temevamo il peggio”
Melissa rassicurò il colonnello sulla loro sanitá e spiegò brevemente la situazione. Quando ebbe finito, fu il maggiore Kalinin a rispondere, e con poche parole precise li istruí sul da farsi, imponendo la collaborazione reciproca a patto del passaggio di informazioni col quartier generale. Poi si agganciò al localizzatore del gruppo inviando il segnale. La chiamata si concluse con tanti saluti dell’intero De Danaan, e lo scioglimento della tensione nella sala, che si allargò di sospiri.
“Quindi, ora che si fa?” chiese Kurz.
“Si parte all’inseguimento, mi pare ovvio” rispose Sho.
“Chiamo di nuovo il quartier generale per farci dare un qualche velivolo” disse Melissa smanettando col comunicatore. Daiki si fece avanti e le abbassò le mani con la sua: “Non preoccuparti, ci pensiamo noi” le disse fissandola negli occhi. Poi si girò e mentre si dirigeva fuori dalla sala, cominciò a spiegare: “Il gruppo sta andando verso l’Europa centrale. Se le mie supposizioni sono esatte, abbiamo meno di dodici ore per raggiungerli.:
“Spiegaci”
“Hikari possiede una conoscenza Whispered che sta alla base di tutte le altre, chiamata Scintilla di Prometeo. È un legame con coloro che hanno fondato la Black Technology. Chi ne entra in possesso, ha un contatto diretto con chi ha inventato questa – seppur magnifica – spaventevole macchina di distruzione di massa. Non oso immaginare cos’altro potrebbe accadere, se queste creature ci dessero qualche altra arma per scannarci fra di noi. “ Mentre diceva tutto questo, aveva preso una cassetta di sicurezza, e apertala aveva afferrato qualche mazzetta.
“Vado a prendere Hikari” disse Sho spostandosi sulla sedia a rotelle.
“Prendete le vostre cose, si parte” concluse Daiki partendo a sua volta.
“Non che ci sia molto da prendere” sentenziò Mao stirando le sopracciglia.
“E il cadavere?” chiese Miranda.
“Ce ne occuperemo al ritorno”

Dieci ore dopo, con due ore di ritardo rispetto al velivolo, erano tutti in volo su di un piccolo aereoplano da trasporto. Alla cloche c’era Francis, accanto a lui Kurz. Dietro di loro, appoggiati alle pareti, tutti gli altri si fissavano, chi ansiosamente, chi tentando di rassicurare la propria controparte che non aveva bisogno di essere consolata (Kaname si era infatti imposta nell’aereo con pugno di ferro, nonostante le rimostranze. Sousuke avrebbe potuto immobilizzarla, ma in fondo era felice che lei fosse lí, tanto che ormai conoscevano le forze del nemico), e infine c’era chi dormiva beatamente in piedi ignorando il modo intero. Hikari dormiva raggomitolata in posizione fetale su dei cuscini. Aveva superato brillantemente la crisi, ma stava ancora rimettendosi dalle varie ferite ed emorragie. Purtroppo, la spedizione non poteva farsi senza di lei, anche se Sho avrebbe voluto chiuderla in casa, al sicuro, e buttare via la chiave.
“Stanno atterrando” dichiarò Kurz.
“Dove?” chiese Daiki ansiogeno.
“A Ginevra, zona Ovest, quertieri a scopo di ricerca dell’ex-CERN”
“Ex?” chiese Kaname confusa.
“Le basi scientifiche in Europa e nel resto del mondo stanno rapidamente diminuendo a causa della guerriglia continua. I conflitti non sono solo un problema dei popoli medio-asiatici, da quando sono comparsi gli Whispered” si introdusse Mao.
“Capisco” bisbigliò Kaname imbarazzata.
“Che cosa faranno?”, “Non ne ho idea”, “Ma non eri tu quello con le teorie?”, e via dicendo divennero la discussione principale del giorno.
“Ragazzi, mettiamoci l’anima in pace, lo scopriremo quando saremo arrivati!” sbottò Kurz alzondosi dal sedile e buttandosi tra uno scatolone pieno d’armi ed uno di plastico incellofanato. “Svegliatemi fra un paio d’ore”
Neanche avesse premuto un interruttore, tutti, ad uno ad uno, si addormentarono, esclusi Sousuke e Francis, per ovvie ragioni.





Ed ecco qua, un capitolo che mi é piaciuto tantissimo scrivere all'inizio, ma che poi non ho fatto altro che trascinarmi. Il prossimo sará il penultimo! E sará a dir poco grandioso. Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e che hanno apprezzato in tanti e variopinti modi! Saluti, Hikari_Sengoku


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