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Autore: trenodicarta    04/02/2017    2 recensioni
Simone e Viola si avvicinano, lui le offre la sua amicizia e lei la accetta con diffidenza. Lei nasconde una storia tormentata e lui un segreto doloroso. Lei è ferita, lui è l'ultimo che possa guarirla. Il loro rapporto si fortifica ogni giorno sempre di più, fino a quando Viola non scopre la vera identità di Simone, da quel momento ogni sua certezza si distrugge, di nuovo.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo  9

La vicinanza di Simone fece scomparire ogni altro incubo, almeno per quella notte. 
Nonstante ciò, quando Viola si risvegliò, non si sentì affatto riposata. Si sentì stanca e assonnata, ma non appena si voltò ad osservare Simone, non volle più chiudere gli occhi per dormire ancora. 
Il ragazzo la circondava con un braccio, dormiva ancora, con il viso impassibile e le labbra leggermente schiuse. Viola non l'aveva mai osservato così da vicino, per questo ne approfittò per scrutarlo. Fece scivolare lo sguardo sui suoi capelli castani, sul suo bel viso, sul suo naso triangolare e le labbra rosee e sottili. Pensò che fosse ... bello. 
Non potendo resistere alla tentazione, gli sfiorò una guancia, toccando la lieve barba che gli ricopriva la pelle. Fece scorrere poi la mano lungo il collo del ragazzo, passandovi sopra i polpastrelli, fino ad arrivare ai muscoli del petto che si riuscivano ad intravedere dalla maglia. Viola era così presa che non si rese conto del fatto che Simone aveva gli occhi aperti. Solamente quando lui si mosse prendendole la mano, lei riportò lo sguardo sul suo viso e sorrise. 

- Da quanto tempo mi fissi? - Chiese Viola.

- Stavo per farti la stessa domanda. - Ribattè lui con tono ironico, avvicinandosi a lei abbastanza da poterle accarezzare una guancia. - Ora tocca a me. - Sussurrò poco dopo, prima di imitare i gesti che la ragazza aveva compiuto poco prima. 

Il poliziotto infatti le accarezzò la pelle della guancia, poi del mento e del collo. Le rivolse una breve occhiata, così da esser certo di poter andare avanti, così quando lei gli fece cenno di sì, lui le sfiorò una clavicola e poi una spalla rimasta scoperta dalla maglia. 
A Viola il cuore battè un po' più forte quando lui andò ad accarezzarle il ventre, punto sul quale la sua mano si bloccò. 

- Posso vedere la cicatrice? - Chiese improvvisamente Simone. 

Viola sembrò rifletterci qualche secondo, prima di annuire. 
L'uomo scostò la coperta del letto quel tanto che bastava per scoprire il corpo di Viola. In seguito le alzò leggermente la maglia che lei aveva indossato per dormire. Fu così che la vide: era lì, leggermente in rilievo, una cicatrice lunga qualche centimetro a rovinarle la pelle del fianco destro. 

- Lo so è orribile. - Mormorò Viola, a disagio. 

Simone tornò ad osservarla con i suoi occhi azzurri. - Non lo è. - Mentre pronunciava tali parole, posò una mano su quel ricordo doloroso. 

Viola fremette appena davanti alle dita fredde di Simone sulla sua pancia, ma non disse nulla. Rimasero così qualche istante, fino a quando Simone non si rese conto che Viola stava rabbrividendo, avendo probabilmente freddo. Si sistemò vicino a lei, sistemando la coperta sul suo corpo di modo da coprirla nuovamente.

- Mi spiace per averti svegliato stanotte. - Sussurrò dispiaciuta Viola. - Quando smetterò di sognarlo secondo te? - 

Simone non poteva rispondere a quella domanda. Si limitò a scostarle una ciocca e sviare la risposta. - Lo sogni ogni notte? -

- Prima sì, ma ora non più. Da quando... - 

- Da quando... - La incitò ad andare avanti il ragazzo.

- Da quando conosco te. - Confessò lei. - Mi fido di te, Simone. Sei l'unico uomo che non mi abbia mai mentito. -

Quelle parole arrivarono al cuore di Simone come un proiettile. Il suo viso mutò d'espressione, diventando di colpo malinconico. Doveva dirle la verità, altrimenti come avrebbero potuto stare insieme? Non poteva nasconderle il suo passato sperando che mai lo scoprisse, doveva parlarle. 

- Viola io... - Le parole non riuscirono ad uscire: quali erano le parole giuste poi? - Io devo andare a lavoro. - Fu così che si salvò, dando una veloce occhiata alla sveglia e tirandosi su bruscamente. 

La ragazza lo guardò dispiaciuta dal fatto che si fosse allontanato così velocemente e che se ne stesse andando. 

- Tu resta qui, fa' come se fossi a casa tua. Tornerò subito appena finito, promesso. - Simone cercava di apparire sorridente e dolce, ma Viola riusciva a percepire la sua distanza ugualmente, nonostante fosse a pochi metri da lei. Persino quando lui la baciò per poi uscire, non riuscì a sentirlo vicino a sè.

***

Viola si annoiò ben presto in quella casa che non conosceva e soprattutto senza Simone. Dopo essersi fatta una doccia ed essersi infilata i suoi vestiti, si guardò attorno, esplorando le varie stanze e ficcanansando nella vita di Simone. 
Trovò un album di fotografie, quindi decise di approfittarne per scoprire qualcosa di più su quel ragazzo, sedendosi sul divano e sfogliandolo lentamente. Rise davanti a qualche buffa foto di Simone da bimbo, osservando di tanto in tanto incuriosita i personaggi che comparivano con lui in quegli scatti.
Notò che sua madre era davvero bella, gli assomigliava molto. Le foto del padre invece terminavano dopo i tredici anni di Simone. Forse avevano divorziato, pensò Viola.  Quest'ultima stava giusto voltando un'ulteriore pagina, quando il campanello suonò, facendola sobbalzare.
Si domandò chi potesse essere, forse la donna delle pulizie. Viola lascò l'album sul tavolino, aviandosi verso la porta. 
Non appena la aprì, restò immobile e sbigottita per qualche momento, ma mai quanto la parsona che aveva bussato. 

Monica la scrutò colpita, ma dopo qualche istante riprese il controllo di se stessa.

- Sono solo venuta a prendere delle cose che ho lasciato qui. - Spiegò, nonostante nessuno le avesse posto domande.

Viola annuì appena, lasciando che entrasse. Dentro di sè avrebbe voluto scappare. 
Non si dissero granchè, Monica andò diritta verso la camera da letto, storcendo il naso davanti al letto disfatto. Avevano dormito insieme? Monica si domandava cosa avesse quella ragazza in più rispetto a lei, ci pensò per tutto il tempo mentre raccoglieva le proprie cose: qualche vestito lasciato in un cassetto del comodino. Quello era lo spazio che Simone le aveva riservato nella sua vita, mentre a quella ragazza aveva concesso molto di più. 
Viola se ne stette in un angolo per tutto il tempo, fino a quando non la vide uscire dalla camera e avviarsi verso la porta. 
Grazie al cielo tutto era terminato nel giro di pochi minuti, o almeno così credeva.

- Non me l'aspettavo sai? - Affermò improvvisamente Monica una volta sullo stipite della porta, voltandosi verso di lei e rivolgendole un'occhiata sorpresa.

- Che cosa? - Chiese a quel punto Viola. 

- Sei davvero coraggiosa, io non l'avrei mai fatto. -

- Di che parli scusa? - Domandò sulla difensiva Viola, incrociando le braccia  in attesa di risposte. 

- Io non sarei mai riuscita ad andare a letto con il fratello del mio assalitore. -

L'espressione da dura di Viola scomparve di colpo. Ragionò su quelle parole, rielaborandole nella propria mente. 

- C-che cosa? - Non capiva, non riusciva davvro a capire cosa volesse dire quella donna.

- Oh ... - Monica si finse sorpresa. - Non sapevi che Simone e Riccardo fossero fratelli? - L'interior designer si portò una mano alla bocca. - Che sciocca che sono...pensavo lo sapessi. Mi spiace molto... -

Riccardo e Simone? Non era possibile, non avevano lo stesso cognome, non si somigliavano affatto, loro non...

- Stai mentendo. - L'accusò Viola, mentre tutti quei pensieri le si affollavano nella testa. 

- Non sto affatto mentendo. Anzi voglio metterti in guardia: quei due sono uno la fotocopia dell'altro, bugiardi e manipolatori entrambi. Fossi in te me ne andrei, prima di finire picchiata anche da Simone. -

Viola divenne paonazza. Avrebbe voluto gridare, piangere, spingere via Monica, dirle che non era vero, che stava mentendo. 

- VATTENE! - Gridò alla fine, sotto lo sguardo compiaciuto di Monica.

Quest'ultima si limitò a dire: - Certo, io ho finito qui. - 

Non appena fu sola Viola tornò in salotto, sfogliando come una pazza l'album di fotografie. Finalmente la trovò.
Era una foto di Simone...accanto a Riccardo.

***

- Mi aspetti qui per favore. - Disse Viola all'autista del taxi, non gli diede però nemmeno il tempo di rispondere, in quanto era già uscita fuori dalla macchina.

Entrò all'interno di quella stazione di polizia come una furia, camminando veloce e guardandosi intorno freneticamente. Le persone si voltarono a fissarla, domandandosi dove stesse andando quella ragazza dalle guance rosse e gli occhi lucidi per il pianto che tentava disperatamente di trattenere. 

- Ehi, sei venuta a trovarmi? - Simone le venne in contro sorridendole, o almeno lo fece all'inizio, poichè vedendola in quello stato assunse immediatamente un'aria preoccupata. - Che è successo? -

- è successo che mi fai schifo! - Viola gli sputò addosso quelle parole, sotto lo sguardo attonito del resto delle persone lì intorno. 

Il poliziotto spalancò appena gli occhi, non comprendendo. Quella mattina si erano lasciati con un bacio e qualche sorriso, perchè ora gli stava gridando addosso fissandolo come fosse un mostro?

- Che ti prende? - Domandò simone, tentando di afferrarla per un braccio.

- Cosa stavi cercando di dimostrare? - Continuò a gridare Viola. - L'hai fatto per una scommessa? Volevi vedere in quanto tempo ti saresti portato a letto la ex di tuo fratello? -

Davanti a quelle parole persino Simone sbiancò.

- C-come sai ... - 

- Come l'ho scoperto?! Alla tua amica Monica piace parlare. -

Simone strise i pugni. - Viola non è come pensi, io non volevo nulla da te. Volevo solo vedere chi fossi, come stessi e... - 

- E cosa?! - Viola era al limite, sarebbe scoppiata in lacrime entro poco tempo, ma non voleva farlo lì davanti a lui, non voleva dargliela vinta. - Quante altre stronzate mi hai detto? -

- Ti prego parliamone in un altro posto. - Mormorò a voce bassa Simone, notando che ormai in molti li stavano guardando. 

- Si certo, parliamone in un posto dove nessuno può sentirci. Dove nessuno può sapere che sei il fratello sbirro di uno che ha quasi ucciso una persona! -

Simone la afferrò per il braccio, cercando di trascinarla in un ufficio lì vicino, ma lei si ribellò nel peggiore dei modi. 

- Non toccarmi! - Gli diede uno schiaffo. Non se ne rese neanche conto, eppure accadde. Simone la lasciò andare all'istante, sconvolto da quel gesto. 

 - Ti odio. - Sibilò. - Stammi alla larga. -

Quelle parole lo legarono lì, gli impedirono di seguirla mentre lei fuggiva ferita e arrabbiata. 
   
 
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