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Autore: Adamsberg94    05/02/2017    1 recensioni
Harry Potter stava nascondendo qualcosa, ora ne era certo, e quella cosa pareva riguardare anche lui. Avrebbe scoperto di che cosa si trattava, giurò a se stesso mentre seguiva la McGranitt verso i sotterranei, anche a costo di seguire Potter a tutte le ore del giorno.
Harry è pronto a sacrificarsi ancora una volta per il Mondo Magico. Draco non intende permetterglielo.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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Capitolo secondo – Pensieri

 

Potter non si era fatto vedere per tutto il giorno né si era presentato a cena. Draco dubitava di averlo colpito così forte da impedire a Madama Chips di guarirlo con un colpo di bacchetta, quindi dedusse che lo stesse evitando. Esattamente come aveva fatto negli ultimi mesi.

Niente di nuovo.

Sbuffando, Draco lasciò cadere la forchetta del piatto e si alzò da tavola, pronto a dirigersi verso l'ufficio della McGranitt. Non sapeva ancora che punizione gli sarebbe spettata quella sera.

Il sorrisetto odioso di Lumacorno non aveva fatto nessuna piega quando uno dei suoi studenti era stato trascinato lì da un altro professore, accusato di aver distrutto la faccia di un suo compagno di classe. Quando la McGranitt gli aveva chiesto quale provvedimento avesse intenzione di prendere, il professore di Pozioni si era limitato a fare spallucce e a darle carta bianca.

Draco per un attimo aveva sentito la mancanza di Piton. Non che l'altro non lo avrebbe punito, ma almeno non correva il rischio di essere espulso. La McGranitt era tra coloro che si erano opposti fermamente al suo ritorno ad Hogwarts e, di sicuro, non avrebbe sprecato l'occasione per rispedirlo a casa.

La sua unica speranza di rimanere stava nel fatto che c'era anche Potter di mezzo, e nessuno si sarebbe mai permesso di espellerlo. Non con il Signore Oscuro là fuori, pronto a farlo a pezzi.

Con questi pensieri nella testa, Draco continuò a camminare verso l'ufficio della professoressa.

 

 

***

 

 

«Bene, si accomodi, signor Malfoy. Aspetteremo l'arrivo del signor Potter, poi potrete cominciare la vostra punizione.»

Draco si limitò ad annuire e si sistemò su una delle due sedie di fronte alla scrivania. La McGranitt aveva ripreso a scrivere, ignorandolo completamente. I minuti passarono nel silenzio quasi totale, disturbato solo dal graffiare della piuma sulla pergamena. Draco stava iniziando ad annoiarsi, ma non aveva altra scelta se non starsene seduto lì senza far niente. Iniziò a picchiettare con il tacco della scarpa sul pavimento, a ritmo, battendo a tempo con le mani sulle cosce.

La McGranitt alzò gli occhi da qualunque cosa stesse scrivendo e gli lanciò un'occhiata caustica. Al giovane venne quasi da sogghignare.

«Signor Malf-»

In quel momento qualcuno bussò. «Avanti, signor Potter.»

Draco non si voltò, ma sentì la porta aprirsi e la voce della sua nemesi scusarsi per il ritardo. «Prego, si sieda anche lei, signor Potter.» La McGranitt posò la penna e intrecciò le dita sulla scrivania, guardando il Grifondoro sedersi di fronte a lei. «Ora che siete qui entrambi possiamo discutere i termini della vostra punizione. Ma prima lasciatemi mettere in chiaro un paio di cose. Signor Potter, mi aspetto una certa maturità da parte sua. Maturità che le impedisca di perdere tempo in sciocche provocazioni, soprattutto quando sappiamo tutti che ha cose molto più importanti a cui pensare.»

Alla sua sinistra, Draco sentì Potter irrigidirsi. Non fece in tempo a voltarsi per osservarlo meglio, che lo sguardo della McGranitt puntò verso di lui, costringendo i suoi occhi a fissarsi in quelli dell'insegnate. «Per quanto riguarda lei, signor Malfoy, non mi interessa cosa il signor Potter le abbia detto di così sconvolgente, ma una reazione del genere è del tutto inaccettabile. Non si azzardi mai più a colpire un suo compagno in quel modo, o le conseguenze saranno ben peggiori della punizione che vi aspetta questa sera. Sono stata chiara?»

Draco si costrinse ad annuire, senza lasciar trasparire alcuna emozione. Non aveva intenzione di mostrare a Potter o alla McGranitt quanto si sentisse umiliato in quel momento. Quella mattina aveva permesso alla rabbia di esplodere e le conseguenze erano state ben visibili sul volto sanguinante di Potter. Non si sarebbe concesso un secondo errore del genere, soprattutto non davanti alla causa della sua frustrazione,

«Bene, ora parliamo della vostra punizione. Entrambi aiuterete a riordinare l'ufficio del custode, ovviamente senza l'uso della magia. Provvederete a copiare a mano tutte le schede rovinate o illeggibili, e le sistemerete in ordine alfabetico all'interno dei rispettivi schedari. Fatto questo, provvederete a tirare a lucido ogni angolo dell'ufficio, finché non sparirà ogni singolo granello di polvere. Dovrebbe essere un compito abbastanza facile per lei, signor Potter, visto che non è la prima volta che le viene assegnato. E in circostanze simili, se non ricordo male.» Sibilò le ultime parole furiosa.

Draco non poteva sapere a cosa si riferisse, ma dal tono della sua voce Potter doveva averla combinata grossa. «Vi ci vorranno settimane per portare a termine il compito che vi è stato assegnato, e in questo tempo che sarete costretti a trascorrere insieme non intendo assistere ad altre scene come quella di oggi. Se accadrà, vi assicuro che ve ne pentirete.» Un sorriso che non prometteva nulla di buono si aprì sul suo volto. «E ora, come ultima cosa pretendo che vi scusiate a vicenda.»

«Cosa?!» esclamò Draco. «Non ho intenzione di scus-»

«Va bene.»

Per la prima volta da quando era entrato in quella stanza, Draco guardò Potter. E ne rimase sconvolto.

Sulla sua faccia facevano ancora mostra di sé i segni dei colpi che gli aveva inferto quella mattina, solo il sangue era scomparso. Il taglio sullo zigomo era stato malamente coperto con un cerotto, tutta la zona si era colorata di sfumature nere e violacee. Il naso non sembrava rotto, ma dal modo in cui Potter teneva aperta la bocca per respirare doveva fargli ancora molto male. Il labbro superiore era gonfio e livido.

Non capiva. Lo aveva visto dirigersi verso l'infermeria e sicuramente Madama Chips non avrebbe avuto problemi a curare ferite del genere. Dopotutto non era la prima volta che si azzuffavano, e Draco stesso era finito a farsi mettere a posto la faccia da lei.

La McGranitt non sembrava minimamente toccata dal fatto che il volto di Potter avesse ancora un aspetto orribile. Anzi, pareva quasi non essersene accorta. Questo lo sconvolse ancora di più.

Potter si girò verso di lui, per guardarlo dritto negli occhi. «Mi dispiace, Malfoy» disse, per poi tornare seduto nella stessa posizione di prima, con le braccia incrociate e la mascella serrata.

«Tocca a lei, signor Malfoy.»

Draco era troppo scioccato per opporsi. Si sforzò di mantenere un'espressione neutra mentre biascicava uno «scusa» poco convinto.

La McGranitt sembrava soddisfatta. «Bene,» disse, «questa sera ormai si è fatto tardi. Inizierete la vostra punizione sabato pomeriggio. Vi presenterete alle due in punto nell'ufficio del signor Gazza».

«Ma sabato ci sono gli allenamenti!» esclamò Potter.

«Doveva pensarci prima di fare quello che ha fatto.»

«Ma-»

L'espressione della McGranitt si fece dura. «Vuole aggiungere qualcosa, signor Potter?»

Per un attimo Draco temette che l'altro avrebbe finalmente spifferato tutto. Gemette interiormente all'idea che, dopo aver saputo che era tutta colpa sua, l'insegnante l'avrebbe probabilmente espulso. Con sua grande sorpresa, Potter si limitò solamente a stringere i denti. «No, niente» sussurrò adirato.

«Allora potete andare.»

Un battito di ciglia e Potter era già scomparso fuori dalla porta.

 

 

***

 

 

Quando tornò al dormitorio Blaise e Pansy lo stavano aspettando. La ragazza si era seduta con le gambe incrociate sul suo letto, mentre Blaise se ne stava bellamente appoggiato al davanzale della finestra.

Draco sospirò. Si era aspettato una cosa del genere. Si erano trattenuti tutto il giorno dal dirgli qualunque cosa per evitare che potesse scappare davanti alle loro domande, e ora gli avevano teso una trappola. «Pansy, levati dal mio letto» ordinò.

«No.» La risposta non lo sorprese. «Non prima di aver parlato.»

«Non c'è niente da dire.»

Blaise si decise a intervenire. «Si può sapere perché hai picchiato Potter?»

Quella domanda lo colpì come uno schiaffo. «Non lo so» sussurrò, abbassando lo sguardo.

Quale patetico bugiardo. Lo sapeva benissimo. Voleva solo che finalmente qualcuno lo guardasse, che tutti smettessero di evitarlo come se fosse affetto da vaiolo di drago. Era stanco degli sguardi sfuggevoli, delle persone che si muovevano in punta di piedi attorno a lui.

Quando aveva deciso di tornare a Hogwarts, si era aspettato una cosa simile. In un momento delicato come quello, con la guerra a un passo di distanza, ogni Serpeverde avrebbe pensato con attenzione alle proprie mosse. Alla fine dei conti, Draco era un reietto. Chi si era schierato con il Signore Oscuro sapeva che ormai i Malfoy non figuravano più tra le fila dei suoi preferiti, e il fatto che Potter avesse combattuto così strenuamente per difenderlo in tribunale non aveva fatto altro che aumentare il sospetto nei suoi confronti.

Dall'altra parte, aveva quasi ucciso Silente. Nessuno lo avrebbe mai perdonato per questo, neanche con un milione di sentenze di innocenza davanti. Poteva sentire sulla sua pelle gli sguardi carichi di odio che i Grifondoro e gli altri studenti gli lanciavano. Persino i professori non riuscivano a rimanere neutrali, tra chi lo guardava con velato disprezzo e chi con pietà.

In tutto questo, lui si sentiva tra due fuochi, pronto a esplodere da un momento all'altro. Tornare dai Serpeverde significava subire le peggiori umiliazioni e lui non aveva la forza di sopportarlo. Schierarsi contro il Signore Oscuro era ancora più impensabile, senza contare che nessuno lo avrebbe mai accolto volentieri tra le fila della Luce.

Non sapeva cosa fare. Tutto era cambiato troppo velocemente, tanto che solo a pensarci gli veniva da vomitare. Ma Potter... Potter era stato l'unica costante nella sua vita. Sapeva che niente avrebbe potuto cambiare il loro rapporto, era l'unica certezza che gli era rimasta.

Quando aveva deciso di tornare a scuola, si era aspettato tutto quello, sì, ma anche che l'altro sarebbe rimasto lo stesso di prima. Il suo rivale, la sua nemesi, il suo nemico. Si sarebbero insultati, provocati a vicenda e poi presi a pugni; e tutto sarebbe tornato ad avere un senso, il mondo sarebbe tornato a girare dal verso giusto.

Si sbagliava.

Niente sarebbe tornato come prima. Potter era l'eroe, il beniamino di quegli idioti, il salvatore del fottuto mondo magico, era andato oltre. Oltre i battibecchi infantili, le scazzottate e gli insulti da ragazzini. Era cresciuto e lo aveva lasciato indietro.

«Draco.» Blaise sospirò affranto. «Non credi che sia arrivato il momento di parlare di quello che sta succedendo?»

«No.» Draco distolse lo sguardo. «Te l'ho già detto stamattina, non c'è niente di cui parlare.»

Pansy sbuffò e fece una breve risata amara. «Seriamente, Draco, che c'è qualcosa che non va se ne accorgerebbe chiunque. Il punto è un altro, o ne parli con noi, ti sfoghi e tutto quello che vuoi così finalmente le cose tornano al loro posto, o te ne vai a fare la zitella acida e mestruata con qualcun altro. Sono stufa del tuo atteggiamento di merda, siamo tuoi amici e ti staremo vicino se vorrai. La questione è se lo vuoi o meno.»

«Io...» Non sapeva cosa dire. Si passò una mano tra i capelli, nel tentativo di riacquistare la compostezza che aveva perso. «Non lo so cosa mi sia preso oggi» disse alla fine, dopo una pausa che sembrò durare un'ora. «E non so nemmeno cosa mi stia prendendo in questo momento. Non ho intenzione di fare confessioni da posta del cuore, né ora né mai. Vi prometto solo che cercherò di essere meno intrattabile.»

Blaise roteò gli occhi. «Lo sai, vero, che solo perché non ne parli non è che i problemi spariscano così, puff, in uno schiocco di dita. Non vuoi parlarne con noi va bene, ma trova il modo di risolvere le cose. E soprattutto, impara a trattenerti: oggi i Grifondoro sembravano sul piede di guerra, non vedevano l'ora di vendicare il loro eroe. Ringrazia che Potter li abbia convinti a non farlo.»

«Come scusa?»

«Non te ne eri accorto?» intervenne Pansy. «Non hai sentito Weasley che ne parlava oggi in classe?»

Draco ignorò l'improvviso bisogno di sedersi. «No...» mormorò. «Ora scusatemi, ma sono stanco. È stata una lunga giornata e vorrei solo andare a dormire.»

Prima di poter ricevere una qualunque risposta, si era diretto verso il bagno e vi si era chiuso dentro.

 

 

***

 

 

Si rigirò un'altra volta nel letto. Quella sera era impossibile trovare una posizione comoda per dormire, non importava quanto si rigirasse, c'era sempre qualcosa che lo infastidiva.

In realtà, quel qualcosa aveva un nome ben preciso, ma Draco non voleva pronunciarlo nemmeno nella sua testa. Farlo voleva dire dargli importanza e finché non lo avesse detto apertamente, avrebbe potuto bellamente ignorarlo, fingere che non esistesse.

Tutte le informazioni che aveva raccolto in giornata gli si abbatterono addosso. C'erano troppe domande nella sua testa, un ronzio fastidioso che lo stava portando alla pazzia. Non voleva dargli voce, perché avrebbe significato dover fare i conti con quello che stava succedendo in quel momento. Ma come poteva capire quello che stava combinando Potter se non si decideva ad ascoltare i propri pensieri?

Ecco, aveva pronunciato quel nome ad alta voce. Beh, non lo aveva detto sul serio, era rimasto tutto chiuso nella sua mente, però ormai lo aveva pensato. Ora non poteva più tirarsi indietro, tanto valeva iniziare a darsi qualche risposta.

Quindi, Potter non si era limitato ad addossarsi la colpa della loro lite e a condividere con lui una punizione ingiusta, aveva anche impedito che qualche Grifondoro gli giocasse un brutto scherzo. Perché? Non sapeva rispondere.

Aveva già fin troppi debiti nei confronti di Potter. Non gli bastava aver impedito che Draco venisse sbattuto ad Azkaban per il resto dei suoi giorni, aver convinto gli insegnati a farlo tornare a scuola, no, quel cazzo di idiota con la sindrome da salvatore del mondo doveva pure salvarlo da un'orda di Grifondoro inferociti. Perché cazzo non poteva farsi gli affari suoi?

Sbuffò e cambiò nuovamente posizione. Questa nuova abitudine di trascorrere la nottata a pensare a Potter gli faceva già schifo. Non aveva intenzione di ripagare quei debiti, non gli doveva niente. Era stato l'altro a decidere per entrambi, a scegliere di difendere Draco quando lui non gli aveva chiesto nulla. Quindi che non si aspettasse qualcosa da lui. Niente. Nichts. Rien.

Si voltò un'altra volta e premette la faccia verso il cuscino.

Vaffanculo, Potter.

 

Continua...

   
 
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