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Autore: Makil_    13/02/2017    19 recensioni
In un territorio ostile in cui la terra è colma di intrighi e trame nella stessa quantità con cui lo è dell'erba secca, il giovane ser Bartimore di Fondocupo, vincolato da una promessa fatta al suo miglior confidente, vedrà finalmente il modo per far di sé stesso un cavaliere onorevole. Un torneo, un'opportunità di rivalsa, una guerra ai confini che grava su tutte le regioni di Pantagos. Quale altro momento migliore per mettersi in gioco?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie di Pantagos'
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Glossario della terminologia relativa alla storia (aggiornamento continuo):

Patres/Matres: esperti, uomini e donne sapienti indottrinati da studi all’Accademia. Ogni regno ne possiede tre, ognuno dei quali utile a tre impieghi governativi.
Accademia: ente di maggiore prestigio politico a Pantagos, vertice supremo di ogni decisione assoluta. Da essa dipendono tutti i regni delle regioni del continente, escluse le Terre Spezzate che, pur facendo parte del territorio di Pantagos geograficamente, non  sono un tutt’uno con la sua politica. Il Supremo Patres è la figura emblematica della politica a Pantagos, al di sopra di tutto e tutti.
Devoti: sacerdoti del culto delle Cinque Grazie (prettamente uomini), indirizzati nello studio delle morali religiose alla Torre dei Fiori, nelle Terre dei Venti.
Fuoco di Ghysa: particolare sostanza incolore e della stessa consistenza dell’acqua, la cui unica particolarità è quella di bruciare se incendiata.
Le Cinque Grazie: principali divinità protettrici del sud-ovest di Pantagos, proprie di molti abitanti delle Terre dei Venti e della Valle del Vespro. Tale culto prevede la venerazione di quattro fanciulle e della loro madre. 

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Come tutte le mattine, anche quella a Werny fu inevitabilmente segnata dal caos.                                                                      
Bart si stava ricredendo su tutto ciò che aveva pensato fino alla notte precedente. Che non ci fosse neppure un cane, adesso, non era proprio la verità. Tra le urla di una folla inferocita di uomini che acclamavano qualcuno tra di loro, gli abbai rauchi dei mastini nei canili, e le campane in suono sopra la sua testa, Bart si chiese se davvero la città fosse spoglia come gli era stato detto. “Di certo non come credevo.” rifletté. Attorno a lui la folla era animata da urla e vocii e, di tanto in tanto, da applausi di stupore. Gli uomini, disposti in cerchio vicino ad una fontana logora e crepata su un lato, inneggiavano ad una ragazza in groppa al suo destriero nero che correva da una parte all’altra delle mura. Bart era lì da meno di un’ora, ma già poteva vedere come la cittadina si stesse rianimando. La notte l’aveva spenta e il giorno le stava dando carica.
Bart stava attendendo il devoto Baricald, il quale, tra le tante altre indicazioni, gli aveva detto di aspettarlo dinanzi alla stalla. A giudicare dai nitriti provenienti da quella casupola diroccata, l’edificio che aveva di fronte doveva essere proprio quello che stava cercando.
Qualcuno gli urlò di scansarsi di lato e Bart fece in tempo ad avvertire il comando, che dall’alto piovve una cascata di fetidi escrementi viscidi. Una donna aveva appena svuotato il vaso da notte dalla balconata, e ora stava sorridendo ad un’altra anziana affacciata poco vicino. La seconda volta che fu costretto a spostarsi di lato fu a causa della ragazzina a cavallo, che gli passò accanto ad una velocità esorbitante, con la lunga chioma dorata scossa dal vento. «Ragazzaccia insolente» si lamentò Bart. Lui e il clamore non erano mai stati una sola cosa. Bart odiava le giornate caotiche come quella e lo innervosivano i mercati. Non sopportava vedere la gente accalcarsi l’una sull’altra, corpo contro corpo, urla su urla, specie se questi dovevano interferire forzatamente con lui. “Dovrò sbrigarmi; il torneo non aspetta certo me.”                                                          
Ancora una volta la ragazza a cavallo lo costrinse ad arretrare, questa volta cavalcando verso la folla alle sue spalle con in mano la spada di legno mulinante sopra la testa. Stava per redarguirla di buon grado, quando qualcuno gli pose una mano sulla spalla.                                                                                                                                                                             
«Non pensavo di trovarti.» disse Baricald. Il devoto si apprestò a camminare verso l’inferriata che sbarrava l’ingresso alla stalla, con la premura di chi capisce di essere in ritardo. «Be’, non che sia difficile trovare una stalla qui. D’altronde ne abbiamo solo una, e tante grazie per questa.»          
Non appena ebbe aperto il cancello scuro, il devoto lo invitò ad entrare. All’interno la stalla puzzava più di quando avrebbe dovuto puzzare. Le pile di sterco secco erano immense in ogni box, e i cavalli erano tenuti in condizioni più che pessime. Bart non poté che pensare alle immense stalle di Sette Scuri. «La reggia dei cavalli» la chiamava Dalton Kordrum. Ed era vero, in confronto all’oscenità di quella in cui si trovava. Forse era stato abituato a vivere nell’agio e nel lusso, e questo lo aveva reso cieco.
Così come ogni altra cosa a Werny, anche la stalla era una struttura piccola e quadrangolare. Le staccionate di chiaro legno scheggiato dividevano un box dall’altro, trattenendo cinque cavalli in cinque spazi mediocri per ognuno. Solo uno di questi era vuoto ed aperto. Fievoli raggi di sole penetravano da alcune fessure nel tetto, illuminando il tappeto di paglia sotto ai loro piedi.
«Gli diamo da mangiare tre volte al giorno. Sono cavalli forti e davvero molto fedeli» il devoto afferrò un secchio contenente dell’acqua e lo portò davanti al box di un puledro dal manto marrone. «Questo è uno dei premi che mi furono dati per il compimento della missione a Caantos». Il devoto si schiarì la voce con un colpo di tosse. «Compimento… be’… tu sai come andarono le cose, insomma…»                                                           
Più avanti, un palafreno grigio stava dando del filo da torcere ad un destriero fulvo. Entrambi nitrivano fragorosamente, scambiandosi scalci e urti.                                                                                                                                  
«Oh oh, guardali ser Bart! Questi due sono tosti.» disse Baricald. Afferrò qualche pugno di cibo dalle tasche della tunica e glielo portò alla bocca. «La tua giumenta era così furente?»                                                                               
«Molto di più.» Quel pensiero lo fece sorridere. La giumenta che Dalton gli aveva regalato in occasione del viaggio era stata più che furente. “Una vera furia della natura, spavalda e astuta. Chissà se mi pensa ancora.”      
Il devoto aprì piano il cancelletto che fermava l’accesso al box del destriero più grosso. Poi tirò le redini della cavalcatura e lo accompagnò fuori dal suo abitacolo per mostrarlo a Bart.                                                                                                  
«So che non potrà competere con la tua, ser Bart, ma accetta questo mio dono in segno di ringraziamento per tutto ciò che hai fatto. È un destriero vispo e in carne, robusto e giovane come pochi. Prendilo». Il devoto gli allungò le redini spronandolo ad afferrarle.                                                                                                                                                      
«Non posso, mio signore.» disse Bart. «Non mi piace il pensiero di dover sostituire la mia giumenta. È troppo presto per farlo.»                                                                                                                                                                        
«Non ti ho mai chiesto di farlo per te, né per lei. Niente cavaliere senza un cavallo, non te lo hanno mai detto? Come intendi partecipare a quell’insulso torneo? Suvvia, ser Bartimore, non farmi spazientire. Prendi! Il suo nome è Lenticchia.»            
Bart, un po’ per dare a Baricald la soddisfazione di fare ciò che gli era stato chiesto, afferrò le redini di quel cavallo, tirandolo leggermente verso di sé. Bastò quel gesto per far sì che Lenticchia abbassasse il capo e si facesse accarezzare. Quando il cavallo curvò di lato la testa, una serie di muscoli sorsero alla base del collo. Il suo pelo si allungava all’altezza delle zampe, ricadendo copioso verso gli zoccoli.
Non ebbe il tempo di ribattere qualcosa o semplicemente ringraziare, che il cancello della stalla si aprì spalancandosi e scaraventandosi contro le pareti. La ragazzina bionda entrò di corsa al suo interno, con un ingresso talmente tanto repentino da fare impennare tutti i cavalli nei loro box. Non appena il cavallo che cavalcava la vide scendere dal suo dorso, si allontanò col capo basso.          
«Ragazzina!» tuonò il devoto Baricald. «Quante volte dovrò ripeterti che non ti è concesso utilizzare i cavalli né indossare quelle strane armature di legno? Oh, e nemmeno la spada. Lasciala immediatamente! La guerra non è cosa da donne. Anzi, non è neppure cosa da uomini. Guarda che figura hai appena fatto con ser Bart!»             
L’insolente fanciulla non gli rivolse neppure lo sguardo. Dopo essersi sganciata l’armatura dalle spalle, la gettò a terra facendo sì che si spezzasse, poi lasciò cadere ai piedi del devoto la spada di legno. Infine portò le braccia conserte, e si accigliò corrucciata. Si voltò per dare una carota al cavallo da cui era smontata, gettandosi i capelli dorati dietro alle spalle. Al fianco portava una faretra colma di frecce, e dalla sua spalla svettava un lungo arco di legno chiaro. La ragazzina poteva vantare di essere davvero molto bella. I suoi lineamenti erano squadrati dalla grazia e dalla morbidezza. Aveva un naso piccolo e sottile che, insieme a due occhi a cerbiatto, le conferivano un aspetto del tutto differente da quello che la facevano sembrare l’arco o la spada. Bart rivolse un’occhiata incerta a Baricald, completamente paonazzo in volto, il quale prese parola.
«Ser Bart, non so chi ti darà più da fare effettivamente.» disse curvando la bocca verso la fanciulla. «So soltanto che una delle due, tra il destriero e la ragazzina intendo, è domabile. L’altra, invece, ti accorgerai che scalcia!»

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Note d'autore:
Rieccoci qui! Mi prendo giusto un pizzico di questo spazio per ringraziare i miei puntuali lettori, sempre così gentili ed arguti; accolgo con immenso piacere ogni vostro parere! Anche questo un capitolo breve, sempre a dimostrazione del fatto che si tratti di una normalissima raccolta di novelle. Dunque, oggi finalmente entra in scena la tanto attesa fanciulla bionda, il cui aspetto già sembra lasciare a desiderare, allontanandola dai soliti cliché collegati inevitabilmente alle ragazze bionde (occhi azzurri, viso bello -> principessa ;P). Bart riceve un nuovo destriero e il devoto Baricald continua ad elargire con generosità ciò che possiede (che sia qualcosa di concreto o astratto), ma siete sicuri che sia tutto qui? Sarebbe carino capire se qualcuno ha scorto qualche nesso tra il cavallo e un gesto di Bart, magari non proprio casuale. Che ne pensate della ragazzina bionda? E, ora, che potete dire di Baricald? Ci prepariamo a salutare Werny, lettori, e... ad imbracciare le armi! ^^
Il prossimo aggiornamento dovrà essere, stranamente (e per rimediare alla brevità di questo capitolo e dello scorso) a metà settimana corrente. A presto e sempre grazie di cuore. 
Makil_


 
   
 
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