L’Erede del Male.
“All this bad blood here,
won't you let it dry?
It's been cold for years, won't you let
it lie?
If we're only ever looking
back
We will drive ourselves insane1”.
[Bastille – Bad Blood]
Atto IV, Parte I – I
morti non parlano
I morti non parlavano.
Erano poche le cose che Harry Potter dava per
scontate e che i morti fossero silenziosi per definizione era una di queste.
Ovviamente non si dovevano considerare casi eccezionali come i fantasmi – per
quanto defunti, gli spiriti erano ben più che presenti, quindi la persona non era ancora andata via – o
le apparizioni della Pietra della Resurrezione, ma il succo della questione
restava sempre lo stesso.
I morti
non parlavano.
«Capiamo che la cosa possa sembrarti… strana» stava dicendo Hermione, dandogli
degli incoraggianti buffetti sulla mano abbandonata sul tavolo di ferro.
Quattro membri su cinque delle Banshee lo osservavano come se provassero enorme
pietà verso di lui, mentre la quinta – Katie – non era ancora arrivata alla
riunione che era stata fissata per quella mattina. Gli era stato detto che li
avrebbe raggiunti presto ma che aveva passato una nottata piuttosto movimentata
e che avrebbe impiegato un po’ per poter tornare operativa. Harry non si era
sorpreso, ricordava benissimo i commenti della compagna riguardo il doversi
svegliare presto, lei era sempre stata un animaletto notturno e dubitava che
quel lavoro la aiutasse più di tanto con i suoi bioritmi sballati.
«Non è strano,
Hermione. È folle» rettificò lui, sbuffando come un treno a vapore. «Voldemort
è morto, non ho dubbi al riguardo. La sua anima era ridotta a poco più di una… cosa sanguinolenta, non potrebbe
tornare neppure se trovasse un altro folle come Codaliscia
pronto a sacrificarsi per lui».
Winter Vane scosse il capo, allungandogli una
tazza di tè che aveva appena fatto portare da un elfetto
particolarmente piccino ed aggraziato. Senza sapere perché, l’Auror preferì non farsi ingannare troppo dall’aspetto
delicato. «Fa bene a non fidarsi, caro» gli disse la Legilimens, con un
sorrisino appena accennato, «Pockey viene da un
passato parecchio turbolento e non ha ancora perso il vizio di allungare le
mani nelle tasche altrui» spiegò, divertita, voltandosi un momento in direzione
dell’unico collega uomo. «Barry, ti consiglio di controllare il tuo
portafoglio. Poco fa stava pensando alla tua Gemma del Drago2» gli
consigliò, mentre Ophelia alzava gli occhi al cielo con esasperazione.
«Non posso crederci, Barry! Stai ancora tenendo
quella pietra lì dentro?» gli chiese, allungando automaticamente la mano per
afferrare ciò che lui le stava porgendo, non avendo due mani con cui
destreggiarsi. «È sparita, vero?» chiese poi, quando lo sentì sibilare come un
serpente a sonagli irritato.
«Quel maledetto piccolo farabutto! Giuro che la
prossima volta gli ordinerò di chiudersi le orecchie nei libri di Hermione!»
borbottò, volgendo gli occhi verso la porta dietro cui il piccolo elfo era
sparito. «Mi fa pentire sempre di più di averlo salvato da morte certa! Forse
avrei dovuto abbandonarlo fra le mani di quel mercante saudita3»
continuò, riprendendo il portafoglio che la donna aveva già richiuso per lui e
sistemandoselo nella tasca posteriore dei pantaloni. Come attirato dall’occhiata
più che penetrante che Ophelia gli stava dedicando, si voltò nella sua
direzione. «Non guardarmi così, lo so benissimo che non sto dicendo sul serio».
Harry si trovò ad osservarli con le sopraccigli
inarcate. C’era qualcosa di familiare nel loro modo di interagire, forse a
causa dell’automaticità con cui si relazionavano oppure nella facilità con cui
sembravano capirsi. Come facevano lui ed Hermione? No, era leggermente diverso. Ed era diverso anche dal rapporto che
c’era fra lui e Ginny.
«Quando finiremo qui andrai e gli farai la solita
ramanzina sul perché non è giusto fare il
borseggiatore. Di solito riesci a tenerlo buono per qualche settimana,
dovremo farcelo bastare».
«Perché non vai e ci parli tu? È evidente che gli
stai più simpatica».
«Sei stati tu
a volerlo portare con noi, adesso prenditi le tue responsabilità».
L’illuminazione colpì Harry come un fulmine a ciel
sereno. Erano proprio come Bill e Fleur. Sembrava quasi che stessero battibeccando su chi
dovesse fare l’ennesima ramanzina ad un bambino, piuttosto che ad un elfo
domestico. Dovevano essere sposati, anche da un po’ di anni se proprio voleva
essere pignolo. Sembravano giovani, ma forse si era sbagliato nelle sue
valutazioni.
Winter rise leggermente, alzando gli occhi al cielo.
«Ah, Signor Potter, credo proprio che Katie resterà davvero delusa quando si
renderà conto di quanto poco tardo lei sia in realtà. Ha ragione, sono sposati
da…» con sguardo interrogativo si voltò verso i due, che avevano smesso di
battibeccare non appena lei aveva iniziato a parlare. «sette
anni, il venti marzo. Barry, dovresti davvero smetterla di pensare che sei
sposato da quella che sembra un’eternità,
sappiamo entrambi che ti sembra ancora il primo giorno».
Un borbottio indistinto arrivò dall’uomo, mentre
quella che Harry aveva scoperto essere sua moglie gli assestava un pugno
amorevole sul braccio. Dal canto suo, Harry avrebbe preferito non ricevere un
colpo del genere, per quanto lei non gli fosse sembrata intenzionata a fargli
male di certo non c’era andata leggera.
«Non mi sembra il momento di fare i piccioncini in
amore, voi due» li richiamò Hermione, con uno sbuffo spazientito. «Abbiamo una
faccenda da sistemare e dobbiamo farlo nel minor tempo possibile» ricordò loro,
indicando Harry con un cenno del capo e mettendo fine al breve momento di
tranquillo divertimento che si era spontaneamente creato.
«Quello che stavamo cercando di dirle, signor
Potter, è che i morti possono parlare
in molti modi e spesso sono così bravi nel farlo che quasi noi non ce ne
rendiamo conto» si intromise Winter, facendo un cenno ad Ophelia, che le portò
un libricino dall’aria particolarmente consunta ed anche parecchio antico.
«Questo è un vecchio testo indiano, un’appendice ad un libro molto più grande e
raro che noi stiamo attualmente cercando e che ci aiuterà a comprendere meglio
il guaio in cui ci stiamo andando a cacciare».
Mentre Hermione prendeva il libricino dalle sue
mani, Harry si accigliò. «Che cosa state cercando? Chi lo sta cercando? Posso
dare una mano? Perché vi interessa tanto sapere se Voldemort ha provato a parlare con me?» chiese, senza quasi
riprendere fiato, spostando lo sguardo su tutti a rotazione, così da poter
scorgere il più debole e cercare di carpirgli più informazioni possibili.
«Volete darmi una dannata spiegazione?».
Con la coda dell’occhio, Harry vide Winter
prendersi la testa fra le mani. «Per l’amor di Merlino, signor Potter, calmi i
suoi pensieri! Mi è venuto mal di testa» si lamentò, con espressione vagamente
sofferente. «Le vogliamo spiegare tutto, sempre che lei ci dia il tempo di
parlare, ovviamente. Capisco che sia abituato a non ricevere tutte le
informazioni in una volta, ma non dia per scontato che le vogliamo mentire».
Per un momento, lui si sentì in colpa. In effetti,
se i suoi pensieri infastidivano lui non osava immaginare che effetto avessero
su di lei, che doveva sopportare quelli di tutti gli altri. Certo, non che
qualcuno l’obbligasse ad ascoltare. Forse era un modo per assicurarsi che lui non stesse nascondendo nulla.
«Le assicuro che farei volentieri a meno di
ascoltare i suoi sproloqui» gli fece notare Winter, scoccandogli
un’occhiataccia che gli fece venire i brividi. Strano, era difficile fargli davvero così tanta paura. «La
differenza fra un dotato ed un naturale sta nel fatto che i primi
possono bloccare l’abilità, mentre noialtri no. Posso solo limitare ciò che
sento, ma non posso mai stare in silenzio. Mai»
disse, con un sospiro. «Di solito mi isolo abbastanza bene, ma mi riesce
alquanto difficile quando le persone intorno a me sono ansiose, spaventate o eccitate» nel dire l’ultima parola
lanciò un’occhiata penetrante in direzione dei colleghi sposati, che ebbero due
reazioni totalmente differenti l’una dall’altro: mentre Ophelia arrossì, Bartholomew ridacchiò e le fece l’occhiolino, cui seguì un
verso disgustato della Legilimens. Solo Merlino sapeva a cosa dovesse aver
appena pensato il Magizoologo. «Mi creda, signor Potter, lei non vuole saperlo»
rispose al suo timore lei, facendogli cenno di lasciar perdere il discorso e
concentrarsi su altro. «La prego solo di calmarsi.
Le stiamo comunicando ciò che sappiamo man mano che lo scopriamo. Gli unici
segreti che terremo saranno solo quelli nell’interesse dell’Ordine che non
toccano la sua persona, posso prometterlo».
«Fidati, Harry» si intromise Hermione, con un
leggero sorriso incoraggiante. Fino a quel momento era rimasta in religioso
silenzio per sfogliare le pagine del libro, che poi voltò verso l’amico. «Ecco,
dai un’occhiata qui. Ho fatto un incantesimo, dovrebbe consentirti di leggere
la traduzione dall’hindi» continuò, accennando poi un sorrisino vagamente
soddisfatto. «Sai, è un incantesimo di mia creazione. Ero stufa di dover sempre
perdere tempo a tradurre interi testi da sola».
Con le sopracciglia inarcate, Harry le lanciò il
migliore fra i suoi sguardi esasperati. «Ron ti avrebbe presa in giro per anni»
le fece notare, grato di essere uscito da quel momento di orrore che gli aveva
impedito anche solo di pensare al vecchio migliore amico. Scuotendo il capo,
lanciò un’occhiata al testo davanti a lui, osservando le lettere trasformarsi
sotto i suoi occhi in frasi inglesi di senso teoricamente compiuto.
“E la
Morte disse ai suoi figli, carezzando il manto del suo oscuro destriero:
“Ebbene, a voi io dono la parola. Che possiate popolare il mondo in cui la luce
diviene buio e la logica cede il passo alla follia. Che possiate parlare a
coloro che ancora brancolano nel regno della luce e mostrare loro le vie della
verità”.
Rimasto a fissare quel paragrafo, Harry sentì lo
sguardo incoraggiante di Hermione perforargli la nuca e si sentì un vero
idiota. Gli stava sfuggendo qualcosa di ovvio? Cosa c’entravano quelle parole
con la possibilità che Voldemort potesse parlare con lui? Katie aveva ragione a dire in giro che fosse tardo?
«Non si preoccupi, caro» lo rassicurò Winnie,
incoraggiante. «Hermione tende a sopravvalutare un po’ chiunque. Credo siamo
tutti un po’ tardi rispetto a lei» aggiunse, lanciando un’occhiata divertita
alla collega, che sbuffò. In quel momento, la porta si aprì con un cigolio
sinistro e la figura pallida di Katie fece il suo ingresso, abbandonandosi
nella sedia vuota davanti Maine e Ophelia. Lui, con cipiglio preoccupato, le
posò una mano sulla spalla.
«Il mondo di cui La Morte parla è il mondo dei sogni, Harry. E noi siamo coloro a
cui devono mostrare le vie della verità» spiegò Hermione, indicando il piccolo
brano che lui aveva tentato di interpretare. «Siamo piuttosto convinti che
Voldemort abbia provato a parlare con te tramite i tuoi sogni».
«E come fate ad esserne tanto sicuri?».
«I morti parlano, Harry Potter» furono le prime
parole che la sua vecchia compagna di squadra professò, lanciandogli uno
sguardo storto. «E tu sei fra i loro argomenti preferiti».
«Da domani ti sottoporrai ad analisi giornaliere
con Ophelia e Katie. Se ha parlato, allora noi scopriremo cosa ha cercato di
dirti».
***
Era buio, ma non faceva freddo come Draco aveva
temuto*.
Quando Winnie gli aveva spedito un gufo con
quell’indirizzo, un cupo terrore si era impossessato di lui, impedendogli di
chiudere occhio per il resto della notte. Probabilmente non avrebbe dormito lo
stesso, non quando il volto sorridente di sua madre appariva davanti a lui ogni
qualvolta si decidesse ad abbassare le palpebre, ma un po’ di riposo senz’ansia
gli avrebbe fatto certamente bene, soprattutto dopo la sbronza colossale del
giorno prima. O di quello prima ancora. In effetti, se aveva smesso di bere era
stato soprattutto perché Beth e Theodore, con il
tempismo macabro che li aveva sempre contraddistinti, erano entrati in casa sua
per fare razzia di tutti gli alcolici disponibili, avvertendolo di aver già
messo sotto chiave le riserve ancora in suo possesso in una piccola vigna a Norwick e di avere tutte le intenzioni di pedinarlo per
impedirgli di andarne a comprare altri.
Era come avere due tate della peggiore specie,
soprattutto perché una era naturalmente portata a rimpinzarlo di sensi di
colpa, mentre l’altro era semplicemente privo di qualunque segno di pietà o
umanità. Per quel motivo, alla fine, Theodore era comunque rimasto con lui,
praticamente trasferendosi nel suo soggiorno finché non avesse ritenuto che
stesse sufficientemente bene da non fare sciocchezze. Per quello stesso motivo
in quel momento stava camminando al suo fianco, le folte sopracciglia scure
corrugate e l’espressione nauseata maturata in sette anni di convivenza forzata
con Tiger e Goyle.
«Quindi Winter è ancora a piede libero» gli disse
all’improvviso, spezzando il silenzio ansioso che era caduto su di loro non appena
erano scesi in quei dannati sotterranei dimenticati anche da Merlino stesso.
Non c’era da chiedersi perché anche lui fosse tanto teso, dopotutto i ricordi
negativi legati a quel luogo non appartenevano solo a Draco. «Credevo che dopo
il processo l’avrebbero rinchiusa in un qualche ospedale psichiatrico o giù di
lì» specificò, stringendosi nelle spalle quando l’amico gli dedicò un’occhiata
esasperata. «Non guardarmi così, Malfoy, sappiamo tutti e due che avevo ragione
a crederla dietro le sbarre».
Cercando di non mostrarsi troppo turbato, Draco
tornò a fissare il lungo corridoio di pietra che si stagliava davanti a loro.
«Winnie non ha mai fatto nulla di male, non di sua spontanea volontà» gli fece
notare, cercando di allontanare ricordi poco piacevoli. «Se qualcuno merita di
essere libero, di certo è lei… ti ricordi cos’è successo a sua madre?».
Il modo in cui il giovane Nott
strinse le labbra rese chiaro quanto ricordasse l’episodio in questione. «Ciò
che è successo a Berenice Vane è… diverso»
concesse, senza indugiare in ulteriori espressioni di disgusto, come invece era
tentato di fare Malfoy. Ricordava bene tutte le lamentele di sua madre, cadute
nella spaventata indifferenza di Lucius. Non potevano fare nulla. «Non sto
dicendo, comunque, che tua cugina sia colpevole di qualcosa. Ho solo detto che
avrebbero dovuto portarla in un luogo più sicuro».
«Un ospedale psichiatrico non sarebbe stato sicuro
per lei, sarebbe impazzita ascoltando tutte quelle menti malate» sbottò, quasi
sorpreso che l’amico avesse tirato fuori un’affermazione simile. «Lei non può
neppure avvicinarsi agli ospedali normali, di solito, figurati se si sarebbe
trovata bene rinchiusa da qualche
parte, magari sprovvista della bacchetta».
«Non più sicuro per lei, Draco. Per tutti gli
altri».
«Sei soltanto pieno dei pregiudizi che tuo padre
ti ha inculcato contro di lei, lo sanno tutti che Augustus
Nott era geloso di Mulciber
e di tutta l’ammirazione che lui aveva dal Signore Oscuro» gli fece notare, vagamente
stizzito. «Non provare a negarlo, sapevano tutti che per anni ha provato a
svenderlo alle autorità. Anche Mulciber lo sapeva,
non si è vendicato solo perché trovava divertente
l’entusiasmo del tuo vecchio» insistette, dando di gomito al giovane che
camminava al suo fianco e che gli scoccò un’occhiata a dir poco raggelante. Era
impressionante come somigliasse all’anziano genitore, in certi momenti.
Aveva paura di Winter perché troppo simile al
padre, ma lui non si rendeva conto di avere lo stesso problema.
«Non cambiare discorso, Malfoy. Nessuna persona
sana di mente potrebbe considerare tua cugina adatta ad un ambiente civile. Per quanto tu possa volerle bene, è
innegabile la sua pericolosità».
L’immagine di una Winnie molto più giovane,
piegata in due per il dolore, e di suo padre a pochi passi da lei e con la
bacchetta ancora alzata, gli fece venire i brividi. Quella volta era stato il
Signore Oscuro ad intervenire per salvarla, anche se non per puro atto di
pietà. Lei serviva alla causa, sarebbe
servita in futuro.
Ma Winnie un futuro non l’avrebbe avuto, non in quel mondo.
«Io e Beth abbiamo
deciso di sposarci il cinque maggio» gli comunicò poi Theodore, di punto in
bianco, cambiando bruscamente argomento e rifiutandosi categoricamente di guardarlo
negli occhi. Il suo viso era rigidamente fissato davanti a lui, quasi stesse
temendo un attacco a sorpresa da parte di una qualche Acromantula
nascosta dietro un angolo. «Ho pensato che tu potessi essere il mio testimone,
se non hai altri impegni per quel giorno».
Il modo in cui fece quella proposta, con assoluta
noncuranza, impedì a Malfoy di elaborare correttamente l’informazione,
lasciandolo per qualche istante a boccheggiare nel disperato tentativo di
collegare i diversi concetti che sembravano essersi accalcati alle porte della
sua coscienza per essere elaborati. Matrimonio.
Testimone. «Co-Cosa?» sbottò,
afferrandolo per il bordo del mantello ed impedendogli di continuare lungo la
sua strada. «Nott, ti sembra questo il modo di dare
le notizie? Ti sembra questo il modo di chiedermi
di essere il tuo testimone di
nozze?».
Schivo come un gatto, Theodore si fissò con strana
attenzione le dita della mano destra. Sotto i guanti di pelle nera, Draco
sapeva che avrebbe potuto trovare l’anello con lo stemma di famiglia, lo stesso
che, stando alle notizie appena ricevute, avrebbe spostato sull’anulare
sinistro proprio il cinque di maggio. La consapevolezza che fosse tremendamente
imbarazzato colpì Malfoy come un pugno, facendolo ghignare come la serpe che sapeva
essere. «Oh, andiamo, non fare quella faccia. Sapevi che te l’avrei chiesto,
sei praticamente l’unico che ancora parla con me senza inserire un insulto ogni
parola4».
«Brutto
figlio di puttana!» a conferma, Draco tirò fuori una delle sue migliori
esclamazioni. «Congratulazioni! Credevo che avreste aspettato ancora, che
volessi…» aspettare che tuo padre tiri le
cuoia, lo pensò ma non lo disse. Era la cosa più logica, lo sapevano
entrambi – anche Theo doveva aver capire perché la sua frase si fosse interrotta
bruscamente, ma non glielo fece notare – così come sapevano che Augustus probabilmente non sarebbe sopravvissuto
all’estate.
«Non lascerò che condizioni la mia felicità. Io
voglio sposarmi, voglio avere una famiglia che sia mia. Non attenderò una settimana più del necessario» fu la
lapidaria risposta che l’amico gli dedicò. «Se non vuoi farmi da testimone,
basta dirlo, non mi offenderò. Sono certo che qualche amico di Beth potrà ricoprire il ruolo tranquillamente».
L’istinto di tirare fuori una qualche esclamazione
capace di far morire il povero Theo fu forte, per Draco, ma riuscì a
contenersi. Dandogli una pacca sulla spalla, tirò fuori il sorriso più
amichevole di cui credeva d’essere in possesso. «Sarò onorato, amico» gli
disse, soddisfatto ed anche vagamente orgoglioso. «Sarò la tua ombra. Sempre se
riusciremo ad arrivare al cinque maggio ancora tutti interi, naturalmente»
specificò, senza riuscire ad evitare di arricciare il naso. Non era esattamente
rosea la prospettiva che gli si presentava davanti. Il fatto che Winter
l’avesse invitato in quel luogo sperduto non lasciava presagire nulla di buono.
Theodore annuì, una strana scintilla negli occhi
scuri. «Se la situazione ricomincerà a peggiorare drasticamente, credo che
porterò Beth all’estero, come durante la guerra5»
spiegò, stringendo per un istante la mascella. «Suo padre è stato molto chiaro
con me, fin dal primo istante. La sua sicurezza prima di tutto ed io non posso
che concordare» mormorò, voltandosi in direzione dell’amico. «Anche tu dovresti
avere un piano di fuga, lo sai? Dopo quello che è successo ai tuoi genitori ed
a tutti gli altri, non sei al sicuro».
Il ricordo delle immagini che Malfoy aveva visto
nella cartella delle Banshee lo fece rabbrividire. Winter gli aveva consegnato
la versione estesa del fascicolo una volta che lui aveva iniziato a
riacquistare un po’ del suo controllo, sperando che in quel modo potesse essere
pronto al riconoscimento delle salme che ci sarebbe stato di lì a breve in quel
luogo spaventoso.
Perché
lì?
Lui ancora non riusciva a spiegarselo.
«Scappare non mi servirà, chiunque abbia dato la
caccia ai vecchi Mangiamorte li ha rintracciati negli angoli più nascosti della
terra» gli rispose, stringendosi nelle spalle e svoltando a destra al secondo
incrocio, ricordando la strada come se l’avesse percorsa per la prima volta
solo il giorno prima. «Se devono venirmi a prendere, preferisco che lo facciano
sotto al naso delle Banshee e che la mia morte possa aiutare a distruggerli».
Nott lo
osservò con attenzione, quasi incuriosito dal suo comportamento, poi tornò ad
osservare la strada che si stagliava davanti a loro. «Sei cambiato davvero,
Malfoy. Credevo che Elizabeth fosse soltanto molto ottimista nei tuoi confronti
perché si sente in colpa per averti mollato» gli fece notare, sollevando
leggermente il sopracciglio sinistro ed assumendo un’espressione vagamente divertita, il massimo che era
possibile aspettarsi da lui in assenza della futura moglie. «Un tempo non ti
saresti sacrificato tanto tranquillamente per permettere a qualcuno di essere
punito».
Con un ghigno crudele, Draco raddrizzò le spalle e
si schiarì la voce. «Hanno distrutto la mia famiglia per completare l’opera che
il Signore Oscuro non aveva realizzato. Se vogliono uccidermi, potranno farlo
senza problemi, quindi preoccuparsi è inutile. Ma se io devo morire, morirò in condizioni tali da potermeli portare
nella tomba. Hanno ucciso mia madre,
non potrò comunque riposare in pace finché non avranno fatto la sua stessa
fine».
«Ottimo obiettivo, non c’è che dire» concordò
Theodore, annuendo. «Posso capire il tuo ragionamento, se avessi perso la mia Beth non so come avrei reagito. Ti ammiro, so che tenevi
molto alla Signora Malfoy» aggiunse, allungando la mano per dargli un altro
colpo sul braccio, delicato ma comunque abbastanza deciso da farsi sentire.
«Niente di tutto questo sarebbe mai successo, se i nostri genitori avessero
imparato a farsi i fatti loro, piuttosto che buttarsi in crociate senza senso e
solo per seguire un… un uomo con manie
di protagonismo portate all’ennesima potenza». Il rumore del suo mantello che
frusciava a causa dei suoi movimenti riempì per un momento il silenzio caduto
fra loro. «Ti chiedi mai cosa sarebbe stato di noi, se tutte queste sciocchezze
non fossero esistite?».
Se l’era
mai chiesto? Sì, l’aveva fatto più di una volta, soprattutto
quando l’orrore di ciò che gli era stato richiesto era caduto improvvisamente
sulle sue spalle da sedicenne, mettendolo davanti alla realtà della sua
incapacità e della sua vigliaccheria. Se l’era chiesto e le risposte che si era
dato lo avevano sempre fatto soffrire di più. Guardando al suo futuro, se fosse
stato normale, si sarebbe visto come
un brillante Guaritore, oppure come un commerciante di successo. Ma lui non era
normale e nel suo futuro c’era sempre stata solo la morte.
«Inutile rifletterci» gli disse, non intenzionato
a condividere con lui quei terribili pensieri che lo avevano portato ad un
punto di rottura quando era solo un ragazzino e che negli ultimi giorni erano
tornati a tormentarlo. Theodore aveva vissuto un inferno peggiore del suo e
sembrava sul punto di uscirne, non poteva rovinarlo in quel modo. Non poteva distruggere anche la sua
felicità. «Abbiamo avuto quella vita, adesso ne abbiamo un’altra. Se possibile,
dobbiamo andare oltre».
«Sappiamo entrambi che andare oltre non è mai
davvero possibile» gli fece notare l’amico, con un sospiro. «Avremo sempre dei
fantasmi alle spalle, pronti a ricordarci cosa
abbiamo visto, cosa non abbiamo
fatto. Siamo marchiati, non c’è riposo per i cattivi e noi, Malfoy, lo siamo.
Non c’è vera felicità, per noi, ma solo la sua pallida imitazione. Anche se non
lo sappiamo, siamo morti molto tempo fa, proprio per mano di coloro che
credevamo famiglia».
Draco avrebbe voluto rispondere qualcosa di
pungente, oltre che di estremamente intelligente, ma non se la sentì di aprire
bocca. Theodore aveva ragione, aveva assolutamente
ragione. «Tu con Beth sei felice, però» gli disse,
forse con un tono un po’ lamentoso. «C’è chi sta messo peggio».
La risata senza allegria di Theodore gli fece
venire i brividi. «Io con Beth sono terrorizzato. So di non meritarla,
eppure lei insiste nel volere me. Se un giorno deciderà di andare via, vorrei
poter dire che la lascerò libera, ma so che non potrei farlo. Sono assuefatto, dipendente fino alla follia.
Non è una felicità sana quella che conosco, così come non potrebbe mai esserlo
la tua. Non finché i fantasmi sono qui» con fare vagamente drammatico, si portò
una mano al cuore.
L’istinto di mettersi a ridere in modo isterico fu
difficile da combattere, ma Draco ci riuscì. Anzi, riuscì anche ad elaborare
una risposta. «Per essere dei morti, devo dire che parliamo davvero tanto» notò, prima di sentire un brutto
fastidio al naso e ritrovarsi a starnutire. Strano, sembrava quasi una leggera
allergia, nonostante fosse impossibile. Lui era allergico soltanto alle fresie
e dubitava fortemente che Theodore ne avesse nascosta qualcuna sotto al
mantello.
«Salute».
Come punto da una vespa, Draco si voltò di scatto,
la bacchetta puntata contro il petto di qualcuno che lui sapeva essere morto, perché era stato costretto a partecipare alle
commemorazioni in sua ricordo nella villa dei suoi genitori, in Scozia. E Draco
aveva sempre odiato quel castello con tutto se stesso.
Evan Rosier era morto. Morto per mano di Alastor Moody poco dopo la Caduta e non c’era alcuna spiegazione
plausibile che potesse giustificare il suo essere lì, davanti a loro. Al suo fianco, Theodore ispirò bruscamente, la
bacchetta che tremava leggermente nella sua presa. Rosier
era il fratello minore di sua madre, l’esempio a cui tutti volevano aspirasse,
fin da bambino.
Fra le mani, il morto reggeva una fresia bianca,
sfiorandone i piccoli petali con una delicatezza disarmante, quasi assurda. Alternava lo sguardo fra quella
ed i ragazzi, quasi intenerito dalla loro evidentissima ansia ma non per questo
meno inquietante. «Sapete, ho sempre avuto un debole per questi fiori»
commentò, la voce simile ad uno stridio di unghie sulla lavagna. Era quella la voce dei morti? «Mi
riportano alla mente tante emozioni, tanti eventi… ho ucciso l’amore della mia
vita su un letto di fresie, è poetico che io possa tornare a versare del sangue
sentendo questo celestiale profumo».
Il cuore di Draco sembrò indeciso fra il battere
più velocemente delle ali di un colibrì oppure fermarsi completamente per la
paura. Gelo, ecco cosa c’era nelle
sue vene. Stando all’imprecazione dell’amico al suo fianco, lui non doveva
trovarsi in una situazione molto diversa. Quante volte gli avevano raccontato
delle avventure di quell’uomo? Quante volte il suo spirito era rimasto su di
lui, di notte, come una coperta d’orrore che nessun bambino avrebbe dovuto
avere sulle spalle?
Evan Rosier era uno
psicopatico. Uno
psicopatico morto6.
«Siete pronti a morire, miei giovani amici? Siete
pronti a sentire brivido della vita che lascia i vostri corpi?» chiese, con
tono lezioso, portandosi il fiore al naso per poterne inspirare il profumo, per
poi leccarne i petali come se fossero stati qualcosa di delizioso.
No,
realizzò Draco, sentendo un brivido. La
lussuria nel suo sguardo era oscura, sessuale. Non voleva immaginare quali
fossero i suoi pensieri, in quel momento.
La terra tremò sotto ai suoi piedi, quando Rosier fece un passo avanti.
Poi fu il
buio.
»Marnie’s Corner
Bentrovati e
bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook!
Seguitemi per futuri aggiornamenti!
Katie Bell con la
faccia del Grumpy Cat
e la maglia con scritto “I hate morning people.
Or mornings. Or people”
è il mio animale guida. Ovviamente non ha fatto tardi perché aveva sonno, Katie
sta letteralmente lavorando più di tutti.
Punti importanti:
» 1
– “Tutto
questo cattivo sangue qui, non lo lascerai asciugare? È stato secco per anni,
non lo lascerai giacere? Se ci guarderemo solo indietro, diventeremo pazzi”. La
canzone è un riferimento al passato di Draco, Theodore e Winter, oltre che alla
relazione fra Harry e Voldemort.
» 2 –
Gemma del drago, cos’è? Non serve, ma vorrei comunque specificarlo, perché sono
una pignola che si lascia trasportare da cose inutili. La Gemma del Drago è una
gemma che tutti i Dragonologi esperti ottengono il
giorno in cui “ottengono il lavoro”. Si tratta di una pietra che si ottiene
lasciando i gusci delle uova di drago in una particolare pozione per un anno ed
il cui colore cambia in base alle scaglie del drago stesso. Ogni Dragonologo che si rispetti non può definirsi tale se non
ha assistito alla nascita di almeno un draghetto e se non ha ottenuto da questo
la Pietra. Maggiore sarà il numero delle pietre ottenute, più esperienza avrà
il Dragonologo. Attualmente, Barry ne ha solo due
(una la porta sempre con sé, una è incastonata nell’anello di fidanzamento che
ha dato a Ophelia e di solito resta in una camera blindata al sicuro, visto che
lei non può indossare gioielli), perché ha preferito interessarsi alla
Magizoologia generale e poi unirsi alle Banshee, mentre Charlie Weasley, per
esempio, ne ha già tredici (e la sua
fidanzata, una certa Rosemary Crave che nessuno conosce, ne ha tre perché ha iniziato
a lavorare da pochissimo alla riserva, ma shhhh).
» 3
– Backstory divertente: Barry ha il complesso di
Hagrid, raccatta qualsiasi bestiola in difficoltà che capiti sul suo cammino.
L’elfo domestico in questione è stato salvato da lui perché era licenziato dal
suo padrone (un tipetto tutt’altro che raccomandabile e che lo costringeva a
rubare per vivere) e stava per essere ucciso. Da cinque anni, Pockey vive con tutti loro al Quartier Generale e viene
spesso utilizzato per delle missioni, ma soltanto se lui lo desidera. Il vizio
di rubare ancora non gli è passato e probabilmente ha un buco nel pavimento in
cui nasconde tanti piccoli oggettini collezionati nel tempo. Oltre all’elfo,
Barry ha tentato di adottare anche un Ippogrifo, ma sua moglie lo ha convinto e
mandarlo ad Hogwarts.
» *
- Riferimento temporale, ci troviamo ad un paio di giorni di distanza dalla
riunione della prima parte.
» 4
- Come ho già accennato, Theodore ha sfidato suo padre per poter stare
con Beth e per questo è stato diseredato. La sua
speranza era, naturalmente, che essendo lei purosangue di ottima famiglia il
suo vecchio genitore non avrebbe fatto molte sceneggiate, quando non è stato
così non ci ha pensato due volte e se n’è andato. I vecchi amici di famiglia,
ovviamente, hanno iniziato a considerarlo al pari di un mostriciattolo.
» 5
– Rispolveriamo informazioni già date precedentemente: durante la guerra,
Elizabeth è stata mandata in Canada da dei parenti, poiché suo padre era
consapevole che se qualcuno avesse saputo di lei non avrebbe perso tempo ad
ucciderla, considerandola indegna. Quando Theodore è stato presentato a casa,
il suocero lo ha avvisato di cosa era stato costretto a fare, intimandogli che
se la loro relazione l’avesse messa in pericolo lui avrebbe dovuto abbandonare
tutto e metterla al sicuro. Naturalmente, Theodore è più che pronto a farlo.
» 6
– Sono innamorata di Evan Rosier.
Ho in mente una backstory per lui terrificante. Ma non solo per lui. Anche
per qualcun altro. Capirete un po’ meglio nel prossimo capitolo!
La mia povera Katie. Nel prossimo capitolo
cominceremo ad esaminarla un po’ più da vicino e cercheremo di capire qual è il
suo ruolo in questa storia. Esamineremo più da vicino anche Winnie e faremo sì
che lei ed Harry possano avere qualche altra interazione.
Vi aspetto tutti lunedì
prossimo!
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Grazie ancora a chiunque leggerà,
-Marnie