IV
Erano passati tre lunghi giorni da quel bacio e Harry aveva
quasi dimenticato il sapore di Hermione, anche se
forse sarebbe stato impossibile.
L’aveva cercata più volte in ufficio, ma lei era stata davvero brava a evitarlo
e a sviare l’argomento, fingendo di avere sempre un appuntamento di lavoro. E
lui sperava vivamente che non si trattasse di altro, perché non avrebbe
resistito all’idea di lei stretta tra le braccia di un Brian. O di un Phil. Di
un uomo qualsiasi che non fosse lui, in pratica. Per la prima volta era
arrivato alla soluzione dei suoi problemi senza intoppi e soprattutto da solo.
Ora toccava al membro più intelligente del gruppo, che invece riteneva che
l’attrazione che provava Harry per lei fosse pura pietà nei suoi confronti,
quando in realtà lui aveva dovuto trattenersi, fingere che tutto andasse bene.
Sempre. In ogni occasione. Persino all’altare quando lei si era girata verso di
lui e gli aveva sorriso tra le lacrime.
Era arrivato a casa di Hermione e,
dalla musica ad alto volume che poteva sentire anche da fuori, poteva
scommettere sull’identità dell’occupante. Rose lo aveva accolto a braccia
aperte, schioccandogli un bacio sulla guancia. “Sei venuto a chiedere la mia
mano alla mamma?”
“Più o meno.” Era stata la sua pronta risposta. “C’è la
mamma?”
“Non è ancora tornata. Non dovreste lavorare nello stesso
posto? Bastava passare in ufficio, zio!” Era anche fin troppo sveglia per
essere ancora uno scricciolo di donna.
“Mi andava di passare di qua e di salutare la mia bellissima
nipote.”
“Ruffiano e bugiardo.”
Si erano sistemati sul divano e si era subito allungato per
rubarle il telecomando e abbassare il volume di quella diavoleria. “Ultimi
giorni di vacanza, eh?”
Rose aveva fatto una faccia felice, e non dispiaciuta come si
sarebbe aspettato.
“Tu non me la conti giusta.”
“Sapessi!” Rose era più elusiva che mai, soprattutto visto il
suo carattere.
“Cosa mi stai nascondendo?” Harry Potter e la sua curiosità,
primo libro di una serie infinita.
“Sei diventato un gran pettegolo, o sbaglio?”
“Tua madre non ti ha parlato dei miei grandi pregi?” aveva
chiesto, dandole una leggera gomitata come segno di complicità.
“A dire il vero, spesso la sento rivolgerti degli epiteti non
troppo carini, soprattutto nell’ultimo periodo. Che state combinando?” Rose lo
stava scrutando a fondo, ma Harry era deciso a mantenere la sua faccia tosta e
indagare sulle vere emozioni di Hermione, sfruttando
la lingua lunga di Rose.
“Solo perché mi adora.” Harry sperava anche in altro, però, ma
preferì tenerselo per sé.
“Ha uno strano modo per dimostrarlo, allora. Da chi avrò preso
i miei bellissimi geni?” Si era accarezzata il mento, pensierosa.
“Secondo te, è veramente arrabbiata?”
“Chi… la mamma?” Al cenno affermativo di suo zio aveva
continuato. “Più che altro mi è sembrata assente in questi giorni, ha la testa
altrove e quando le chiedo cos’ha mi risponde a monosillabi. Capisco che sono
un’adolescente, ma vi assicuro che affronto i problemi sentimentali meglio di
voi due. Diamine, sembrate due ragazzini alla prese con la prima cotta!”
“In che senso?” Si sentì davvero un bambino: era seduto sul
divano con sua nipote e stava cercando di capire qualcosa sul suo rapporto con
la donna che amava, anziché chiedere alla diretta interessata. Ma soprattutto
non gli era sfuggito che Rose avesse già intuito qualcosa.
“Sai perché non vedo l’ora di tornare a Hogwarts?
Perché prima di prendere il treno e tornare qui per la vacanze natalizie, mi
sono dichiarata a Matt Jordan, Tassorosso. E solo
quando lo vedrò, capirò se ho qualche chance oppure no. A volte, bisogna solo
affrontare le proprie paure, così: caricando come un ariete e sfondare tutto.
Sono sicura di piacergli, queste cose si capiscono…”
Come aveva fatto Ron a procreare una
ragazza così sveglia? “Da come lo dici sembra così facile.”
“Be’, lo è. Non bisogna essere una cima per capirlo. Quante
volte ho beccato Matt che mi guardava di nascosto, e quando vinco qualche
partita di Quiddich mi stringe sempre forte. Sai… un
abbraccio stritaossa
come quelli di nonna Molly!”
“Ho capito.” Lo disse con così poca convinzione che Rose sentì
la necessità di tirarlo su di morale.
“Sii un ariete, zio! E non rispondermi che il tuo segno
zodiacale è leone, perché altrimenti ti picchio. E fidati se ti dico che sono
una ragazza manesca. Chiedi a mio fratello.”
Doveva essere terribile averla come sorella maggiore. Non solo
era più sveglia di molti suoi coetanei, ma era anche un maschiaccio. Sperò che
anche i suoi geni facessero un miracolo come quello che aveva a fianco, se mai
fosse riuscito ad essere padre. All’improvviso l’idea di avere un figlio con Hermione sembrò esaltarlo. Doveva seguire il consiglio di
sua nipote e affrontarla, e soprattutto baciarla. Non bisognava dimenticare
l’ultimo punto.
Quando avevano sentito la porta aprirsi, si erano subito
seduti in maniera composta e, al suo ingresso in salotto, le avevano rivolto un
sorriso innocente, che l’avrebbe sicuramente messa in allarme.
“Ciao, ma’!”
“Ciao, ‘Mione.”
Hermione li aveva guardati a lungo
con un sopracciglio inarcato, come per fare capire loro che non credeva a quelle
facce da angioletto. “Ti avevo detto niente tv fino a domani. Fila subito in
camera.” Poi aveva rivolto un sorriso ad Harry. “Posso offriti un caffè?”
“Da quando siete così formali? Se lo zio vuole un caffè può
farselo anche da solo! E io sto ascoltando,
non guardando la tv.”
“Rose, fila in camera e basta. Sono troppo nervosa per un
dibattito linguistico,” aveva detto Hermione,
passandosi una mano sul viso stanco.
“Caffè. Sì, va bene.” E lui l’aveva seguita in silenzio, come
un uomo in processione dietro a un santo. Forse doveva proprio accendere una
candela per la sua buona riuscita.
“Quindi, Harry.”
“Sempre pronto, mia signora.” le aveva detto scherzando.
“Non fare il ruffiano con me. Sono davvero distrutta oggi,”
aveva poggiato le mani sul bancone e lui provò l’irresistibile voglia di
stringerle, di farle capire che insieme avrebbero potuto condividere tutto,
anche quei momenti in cui si è troppo stanchi e si desidera solo un abbraccio.
“E non ho più voglia di scherzare. Non dopo…”
Non dopo quel bacio. Non dopo che lei lo aveva respinto. Non.
Quella negazione bruciava, faceva più male di una Maledizione Cruciatus scagliata
con desiderio di infliggere dolore. Improvvisamente si sentì un idiota, tutto
quel teatrino con Rose gli sembrò una prova di ciò. Lui non la
meritava, come Ron. Ma almeno lui ci aveva provato,
perché lei gli aveva dato una possibilità.
A lui non restava nulla, ormai.
“Non so quando è iniziato,” cominciò a dire, prima che il
coraggio venisse meno. “O forse ti ho sempre amato.” Al suo sguardo allarmato,
aveva continuato con più convinzione nella voce. Rose gli aveva consigliato di
parlare, di essere sincero e lui non lo era mai stato, neanche con se stesso.
“Osservare te e Ron felici… ero contento, certo.
Voglio bene a Ron, non è solo il mio migliore amico,
è più quel fratello che non ho mai avuto, ma che ho avuto la fortuna di
conoscere e scegliere. Vi ho visti amarvi e ho accettato in silenzio. Poi vi
siete lasciati e ho continuato a non dire nulla, perché non sarebbe stato
giusto e perché tu lo amavi, anzi forse lo
ami ancora…”
“Harry…” Un sussurro, una preghiera di fermarsi. Prima della
rovina.
“Non ce la faccio più, Hermione. Non
permetterò ad altri di averti.”
“Non sono un oggetto da contendere, io!” Era arrabbiata, ora.
“Non intendevo quello, lo sai benissimo.” Si era preparato
quel discorso un centinaio di volte, eppure non aveva pronunciato una sola
parola di quello che aveva preparato. Non ricordava più nulla, perché lei gli
faceva sempre questo effetto. Era meglio di un Oblìvion,
la guardava e dimenticava tutto. Le sue paure, persino i suoi desideri più remoti.
“Dico soltanto che sono arrivato al capolinea. Stop. Alzo bandiera
bianca. Non mi ami? Posso accettarlo. Lo posso fare, certo ci vorrà del tempo.
Però non t’azzardare a pensare che io ti abbia baciato perché mi facevi pena.
Non sei un gattino abbandonato da portare a casa, anche se vorrei farlo.
Fregarmene di tutto e di tutti e rapirti, e fare l’amore con te tutta la notte.
Dio, lo farei, sì!”
No, no. L’aveva spaventata, lo poteva leggere dai suoi occhi.
Aveva mosso qualche passo verso di lei, ma vederla
indietreggiare, quello fu peggio di un pugno. Dritto al petto.
Mascherò la sua delusione con il miglior sorriso che aveva in
repertorio. “Non ho più voglia di un caffè, scusa. Forse è meglio che io vada.”
“Davvero mi ami?”
Harry avrebbe voluto sentire altro, magari una confessione del
tipo che lei lo aveva sempre amato. Purtroppo non poteva suggerire le battute
perché desiderava sentirsele dire.
“Con tutto me stesso. Sì.” Le accarezzò il viso, prima di
baciarla lievemente sulle labbra. Era un bacio di addio? Harry sperò di no. Si
staccò quasi subito, non voleva vederla fuggire o ricevere un altro schiaffo.
Sfortunatamente c’erano le lacrime a fronteggiarlo, niente canarini o Fatture
Pungenti.
Tornò in salotto e urlò in direzione della scale un saluto per Rose. Prese la
giacca e uscì, contando i secondi che passavano, pregando che Hermione uscisse da quella
dannata cucina e che corresse da lui, come un vecchio film in bianco e nero.
Peccato che il regista della sua vita fosse un tipo da thriller o film horror,
non da commedie rosa con baci spettacolari e mozzafiato.
Con un’ultima occhiata verso la casa, si Smaterializzò.
NdA:
Facciamo una statua a Rose? Sii un ariete, Harry!!!
Povero cucciolo… e ora?
Ci vediamo lunedì col capitolo finale. E sì, ormai siamo
giunti alla fine, però ci sarà una piccola sorpresina per voi. Non vi anticipo
nulla, altrimenti che gusto c’è?