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Autore: Cara_Sconosciuta    22/02/2017    0 recensioni
Il mondo è andato avanti, ma la pacce sembra non voler esistere per la comunità magica.
Nell'America dei giorni nostri, una terribile guerra è in corso tra maghi e no-mag. La comunità magica è stata relegata in ghetti e i pochi ancora liberi sono costretti a vivere sotto falsa identità, per non essere torturati e, forse, uccisi dal Partito.
Seguendo l'amica aspirante giornalista, la giovane Olivia si ritrova catapultata nel cuore della Resistenza, scoprendo un mondo per il quale, forse, vale ancora la pena combattere.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Teddy Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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1 – Francis Mill


“Beh, ho conosciuto Teddy Lupin quando ero poco più che una ragazzina. Avevo vent'anni appena compiuti, lui quasi trenta. Era bello da morire, allora, con i suoi capelli blu , il fisico muscoloso e l'aria da ribelle maledetto. Eravamo tutte un po'innamorate di lui, anche quelle che negavano categoricamente.”

La signora dai capelli bianchi si fermò e sorrise di fronte all'espressione di sorpresa della ragazza seduta di fronte a lei. Si prese un istante per osservarla, attività della quale non si stancava mai. Era cresciuta, e pareva non voler smettere di farlo. I capelli rossi erano corti e scarmigliati, perfettamente abbinati con le lentiggini che le ricoprivano il volto. Tuttavia, la cosa più buffa erano quelle lunghissime gambe da fenicottero, che sembravano essersi allungate indipendentemente dal resto del corpo, senza badare all'armonia generale. Una giovane cicogna dal ciuffo rosso, ecco cosa sembrava sua nipote.

“Che cosa c'è, pensi che una volta non ci si innamorasse? Si faceva, si faceva eccome. Solo che in guerra era tutto più difficile e a volte ci si convinceva di non aver bisogno dell'amore. Ma sto andando fuori tema. Qual è la prossima domanda?”

Riscuotendosi dalla meraviglia, la giovane scorse velocemente con gli occhi il foglio che teneva tra le mani.

“Ehm... Come la persona famosa che hai conosciuto ha influito sulla tua vita e sulle tue scelte, se lo ha fatto.”

“Per spiegarti questo, temo di doverti raccontare una storia forse un po'più lunga di quel che avevi in mente. Se preferisci puoi lasciarmi il registratore e...”

“No, mi piace ascoltarti. Mi piacciono le storie sulla guerra. E poi oggi papà lavora fino a tardi, ho tutto il tempo del mondo!”

L'anziana annuì, assumendo un'espressione concentrata, come per raccogliere anche il più minuto dettaglio di ogni singolo ricordo.

“D'accordo allora. Fai partire.”

Un leggero clac giunse a dimostrazione che il registratore aveva iniziato a funzionare.

Dunque, mi pare che fossimo intorno al decimo anno della guerra tra maghi e no-mag. Ero solo una bambina quando era iniziata e non mi riusciva di ricordare una realtà diversa da quella. Nessuno di noi più giovani aveva mai visto un mago, o se lo aveva fatto, semplicemente non lo sapeva. Gli esponenti della comunità magica di Washington, infatti, come nel resto del mondo, dovevano vivere in incognito, spesso sotto falso nome, per sfuggire ai censimenti e alle sistematiche torture. Allora non sapevo in cosa questi maltrattamenti consistessero, e ad essere sincera nemmeno mi interessava. Avevo vent'anni e tutto quello che volevo fare era divertirmi. Avevo avuto la fortuna di essere nata no-mag e tanto mi bastava. Mi piaceva scrivere e inventavo racconti che poi ero troppo timida per leggere ad altri, fatta eccezione per Alicia, la mia migliore amica. Anche Alicia scriveva, ma in modo diverso. Voleva fare la giornalista. Sognava posti lontani, luoghi pericolosi. Voleva entrare nel cuore delle cose, Alicia. Era fermamente convinta che il Partito avesse ragione e che i maghi fossero una pericolosa piaga da eliminare. Ripeteva sempre che era colpa loro se, anni addietro, Lord Voldemort in Gran Bretagna aveva ucciso così tanti no-mag. Senza maghi sarebbe stato tutto diverso, tutto migliore. Io, ingenuamente, le credevo senza pormi troppe domande. Non provavo nessun risentimento contro il Partito, perché non ne avevo motivo. Dal mio punto di vista, il suo unico scopo era tenerci al sicuro.

Un giorno, poco dopo l'inizio dell'estate, Alicia arrivò a casa mia tutta eccitata, gli occhi verdi brillanti di determinazione.”



Cinquant'anni prima


“Ne ho trovato uno, Liv!”

Alicia Clarke entrò dalla porta di casa Rogers senza curarsi di non sbatterla.

Olivia sedeva al tavolo, intenta a consultare un grosso libro con molte parole e nessuna illustrazione.

“Cosa hai trovato?” Domandò distrattamente.

Alicia si avvicinò a passo di marcia e chiuse il volume con un colpo deciso. L'altra le scoccò uno sguardo infastidito.

“Hai la mia attenzione.”

“Ho trovato un covo di ribelli. Stanno giù al Francis Mill, o così dicono le voci.”

“Le voci?”

Alicia annuì, facendo sussultare la bionda coda di cavallo.

“Ho una fonte. Ovviamente è anonima, non posso dirti di chi si tratta. Ti basti sapere che ha frequentato quel luogo. Non servono chiavi o parole d'ordine per entrare, perché a prima vista sembra una balera, ma se sai con chi parlare ti ritrovi in un attimo nel cuore della Resistenza.”

“E tu sai con chi parlare?”

Alicia si strinse nelle spalle, scuotendo appena il capo.

“Non me lo ha detto, perché sarebbe stato troppo rischioso. Ma sono una reporter, no? Ho fiuto per queste cose. Quindi mettiti un bel vestito... stasera si va a ballare!”



Il Francis Mill era una vecchia discoteca appena fuori dal centro cittadino. Se davvero era la sede di un nucleo della Resistenza, i suoi occupanti erano stati davvero bravi a spargere la voce che fosse un luogo da evitare, frequentato da spacciatori e tossici della peggior specie.

Olivia non vi si era mai avvicinata nemmeno quando, da bambini, i suoi amici facevano a gara a recarsi nei luoghi più pericolosi del quartiere. Aveva preferito entrare nella casa stregata di Princeton Road poiché, nella sua testa di bimba di dieci anni, nessun fantasma poteva essere più pericoloso di un drogato armato di coltello.

Tuttavia, avvicinandosi al locale stretta nel vestito a fiori che Alicia le aveva prestato, non le sembrava di stare per entrare nella bocca dell'inferno, anzi...

Fuori dalla discoteca c'erano quattro panchine di legno laccato di rosso e, a separarle, grossi vasi pieni di fiori di campo coloratissimi. Su una delle panche sedeva, con un libro in mano, una ragazza che sembrava avere circa la loro età o poco di più. Indossava un vestito verde bottiglia che aveva visto giorni migliori. Sulla gonna ampia erano visibili diversi rattoppi e il corpetto rimaneva morbido intorno al corpo magro e longilineo. Tuttavia, era perfettamente stirato e pulito. I capelli, di un biondo quasi rosso, le ricadevano sulle spalle in morbide onde e le punte arrivavano ad accarezzare le pagine del piccolo tascabile dalla copertina nera. Ai piedi, un paio di polacchine rosse di pelle scamosciata facevano a pugni con il colore dell'abito, eppure non riuscivano a dare un'idea di generale trascuratezza. Sembrava piuttosto che la giovane avesse scelto di indossare il vestito e le scarpe più belle che possedeva, soprassedendo sul fatto che non si abbinavano tra loro.

Sulla panca più vicina alla porta, invece, stava sdraiato un uomo sulla trentina in camicia e jeans, con un'enorme mole di nerissimi capelli ricci. Il capo appoggiato su una giacca piegata, fumava guardando il cielo.

“Non mi sembrano particolarmente pericolosi.” Commentò Liv sottovoce.

Alicia scosse la testa.

“Finché non parliamo con qualcuno non possiamo sapere.”

Detto ciò, si avvicinò alla ragazza con un cipiglio deciso. Le si parò davanti in tutta la sua altezza, splendida nel suo vestito corallo, e tossicchiò per richiamare l'attenzione.

La giovane alzò lo sguardo dal libro, rivelando un paio di occhi azzurri pieni di arguto divertimento.

Richiuse il tomo e si alzò, sorridendo.

Era minuscola, probabilmente non raggiungeva il metro e mezzo e, vicino all'alta Alicia e al suo fisico da modella, pareva poco più che una bambina.

“Ciao.” Salutò, con una voce straordinariamente musicale. Liv si ritrovò a desiderare di toccarla per assicurarsi che non si trattasse di una bambola di porcellana. “Posso fare qualcosa per te?”

Alicia rispose con un sorriso deciso, forse un po'sbruffone.

“Mi hanno detto che qui c'è buona musica e alcool anche migliore.”

La ragazza ridacchiò.

“Circa la buona musica ti hanno detto bene, ma sull'alcool devo dissentire. Però devo ammettere che i superalcolici sono talmente forti che dopo un paio di bicchieri non riesci più a renderti conto della qualità di merda.”

Entrambe le ragazze risero, mentre Liv le guardava, stranita, tenendosi in disparte.

Sebbene il posto le paresse molto più rassicurante di quanto si era aspettata, non le piaceva il motivo per cui si trovavano lì.

Intenta a cercare una scusa per andarsene, non si rese conto che qualcuno si stava avvicinando dietro di lei, finché non sentì un paio di mani posarsi sulle sue spalle.

Si voltò, sussultando, per trovarsi davanti uno degli uomini più belli che le fosse mai capitato di vedere.

Intorno ad un sorriso aperto e cordiale, si delineava un viso un po' emaciato ma armonioso, ricoperto da appena un filo di barba. I capelli, lunghi, erano raccolti in una coda ed erano di un eccezionale blu notte identico a quello dipinto negli occhi, brillanti di curiosità. All'orecchio destro riluceva un orecchino di quello che sembrava acciaio brunito, una minuscola testa di lupo la cui bocca si chiudeva intorno alla carne del lobo. Non era alto, lo avrebbe definito nella media, e il corpo era asciutto ma non filiforme. Arrossì, pensando che si sarebbe sentita estremamente al sicuro tra quelle braccia forti. Gli abiti erano piuttosto trasandati, ma era visibile un tentativo di abbinamento. Sottobraccio teneva un tamburo africano.

“Nuove arrivate?” Domandò, con una voce roca e profonda che la fece rabbrividire. C'era qualcosa di ferino in lui, qualcosa di selvaggio che, tuttavia, non riusciva a toglierle quella sensazione di estrema sicurezza.

La ragazza si allontanò da Alicia, sgusciandole accanto velocissima e saltò al collo dell'uomo, stampandogli un umido bacio sulla guancia.

Quando si ritrasse, gli occhi erano lucidi.

Non disse niente, si limitò a sferrargli un pugno sulla spalla.

“Allora, si accolgono così le nuove ospiti, scriciolo?”

“Calmo, Barone.... Magnolia stava giusto per invitarle a entrare.”

La voce strascicata proveniva dall'uomo con i capelli ricci, che aveva buttato il mozzicone e si stava alzando, stiracchiandosi. “Cos'è quello?” Domandò, indicando con la testa il tamburo.

L'uomo che aveva chiamato Barone glielo lanciò e quello lo prese al volo.

“È per la tua signora, direttamente dall'Africa nera. O dal mercato a Boston, a voi scoprire la verità.”

Capelli Ricci si avvicinò e strinse l'altro in un abbraccio fraterno.

“Ci sei mancato, idiota.”

Il sorriso del Barone si allargò ulteriormente e una mano decisa afferrò il polso di Liv.

“Allora, novelline, venite a godervi il ritorno del Barone?”



Continua....





Angolo dell'autrice: Capita che le idee ti aggrediscano e, dopo anni che non scrivevi nulla, ti ritrovi con in testa una storia completa che non vedi l'ora di mettere su carta. Spero davvero di riuscire a renderla così come è nella mia testa. Ogni commento sarà un consiglio di cui farò tesoro!

A presto,

Sconosciuta

   
 
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