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Autore: Vanya Imyarek    23/02/2017    1 recensioni
Setne è tornato in vita, ha il potere del Libro di Thoth a disposizione, e Chad e Penelope hanno solo idee piuttosto vaghe sul cosa fare.
Nella situazione più complicata e pericolosa che si siano trovati ad affrontare finora, i due doppiogiochisti si ritroveranno alle prese con morti viventi, divinità imprigionate che tentano di scappare, strategia militare, bambini dai poteri incredibili, e psicologia applicata in pessimi modi.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Servi del Kosmos'
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                                     CHAD

IMPARIAMO QUANTO REGGONO BENE I MEZZOSANGUE CONTRO UN’ARMATA DI DEI

 

 

 

 

No, non lo sapeva nessuno di quella simpatica improvvisata dell’esercito di Setne.

Ognuno al Campo si stava facendo i beati affari suoi, me compreso, quando all’improvviso ci fu un volo di arpie su tutto il Campo, con il messaggio “Attacco! Attacco a un quarto d’ora di cammino da qui! Procurarsi armi e correre alle rispettive postazioni!”

 Per poco non mi cascò di mano il coltello che stavo per lanciare. Com’era possibile? L’attacco era stato fissato per quattro giorno da lì! E perché noi non eravamo stati avvisati del cambiamento di programma? Non sapevano pensare a un modo per contattarci a lungo senza farsi scoprire, o stavano iniziando a dubitare seriamente di noi, e quello era una specie di esperimento per vedere come avremmo reagito se colti di sorpresa nel nostro principale territorio di azione?

Chissà perché, ma avevo la netta sensazione che fosse la seconda. Oppure contavano su questa nostra reazione per farci prendere un bello spavento, renderci più nervosi e farci fare errori in futuro. Bene, era esattamente quello che non avrei fatto!

Reagii esattamente come avrei fatto se l’attacco fosse stato puntuale: mi precipitai all’armeria, afferrai un elmo e una corazza da infilare sotto la giacca, e tornai di corsa alla capanna undici.

 Trovai tutti stipati lì dentro, la tensione quasi tangibile, con i più grandi, quelli che avevano già combattuto contro Crono o Gaia, con espressioni decisamente cupe in volto, e i novellini che invece sembravano puramente terrorizzati. C’era anche una terza fazione, quella degli ‘inespressivi’ che copriva tutte le categorie. Fu a quel punto che le mie care vecchie voci tornarono in azione.

Dopo esserci convissuto per tutta la vita, avevo imparato diverse cose sul loro funzionamento: una di queste era che di rado funzionavano quando ero attorno a molta gente. Non so perché, magari sarebbero state troppo confusionarie altrimenti, e non avrei capito niente lo stesso. Adesso, anche se ero in una stanza piena di gente, le sentivo benissimo. Bastava che facessi scorrere lo sguardo su una persona in particolare per più di una frazione di secondo, e mi arrivava il responso in un sibilo: ‘trafitto da una spada’, ‘incenerito da una palla di fuoco’, ‘soffocato’, ‘calpestato’, ‘travolto da un carro pompa’.

 Quest’ultima mi fece accapponare la pelle. Adesso capivo perché il cambiamento nella tabella di marcia: perché un sacco di persone si stavano avvicinando alla loro morte. Certo, non tutti quelli che sentivo sarebbero morti lì: c’erano un po’ di ‘vecchiaia’ nel mucchio. Ma qualcuno dei presenti di sicuro sarebbe morto in quello scontro.

Non riesco a descrivere come mi sentii … fino a quel momento, avevo sempre e solo affrontato scontri in cui il rischio era quello che morissi io. Quella battaglia era qualcosa di completamente diverso: in quanto spia di Setne, avevo l’immunità garantita, ma un sacco di persone con cui avevo coabitato fino a quel momento, che conoscevo, anche solo di vista, non sarebbero arrivate alla serata.

Cioè, immagino che partecipando a una battaglia si saprà che ci saranno dei morti, ma si potrà sperare che siano il meno possibile, o che determinate persone sopravvivano; in quella situazione, sapendo con una certa approssimazione quanti e quali sarebbero morti, era difficile non pensare a tutto quello che sapevo di loro, come avrebbero preso la cosa i loro familiari, i loro amici, chiedersi che tipo di persone fossero con quelli che conoscevano, che progetti per il futuro avessero, altri più insignificanti dettagli che li definivano … e sapere che comunque stessero le cose, la loro vita si sarebbe fermata quel preciso giorno.

Più nessuna di tutte le cose che mi stavo chiedendo, solo un tribunale che le avrebbe giudicate e avrebbe deciso se ciò li rendesse degni di un bel luogo di villeggiatura o di un campo noioso. Mi sembrò una cosa così insensata, d’un tratto, valutare una vita, vedere tutte le azioni e i pensieri che hanno definito una persona assolutamente unica, e ridurli a qualcosa a cui dare un voto o un punteggio, a qualcosa di quantificabile, come se tutto il loro scopo fosse decidere dove andrai dopo essere morto.

 Una freccia con un vago bagliore rosa a dietro nel cielo; basta riflettere, adesso era il momento di uscire.

Saremmo anche stati ‘la carta del caos’, ma anche uscire con un minimo d’ordine non sarebbe stato troppo male. Parecchia gente finì a terra e nell’impeto della carica fu calpestata da quelli che arrivavano dietro, che non è un gran modo di cominciare una battaglia.

L’esercito di Setne non aveva ancora raggiunto lo spazio delle capanne, e andò a finire che nella foga di raggiungerli lo lasciammo pressoché incustodito. Iniziai a vedere i primi nemici nei pressi del padiglione della mensa: un avvoltoio grande come un biplano e uno scorpione della taglia di una macchina, quest’ultimo con tanti scorpioni normali al seguito. Estrassi un coltello dalla giacca e lo tirai verso il primo; Nekhbet fece un verso di scherno (doveva aver capito chi ero) si spostò a malapena dalla traiettoria del coltello, e finì dritta in quella della freccia di un qualche figlio di Apollo.

Non ci badai e corsi verso lo scorpione con un nuovo coltello, cosa che si rivelò una pessima idea, perché avevo dimenticato quelli più piccoli e difficili da eliminare. Prima di potermene accorgere me li ritrovai addosso, finii completamente ricoperto da quelle creaturine brulicanti, cercai di levarmeli dai piedi, non riuscii più a muovermi da quanti ne avevo addosso, finii per terra. Sentii il rumore di un veicolo venire verso di me, e vidi il carro pompa di Setne venirmi addosso a tutta velocità.

Riuscirono a colpirmi con un getto d’acqua, non troppo difficile visto che ero a terra, e curiosamente non fui sbalzato via, anzi, l’acqua portò via gli scorpioni.

“Tutto bene?” mi gridò Percy. Ecco perché l’acqua si era comportata in modo strano.

“Grazie!” gli urlai, mentre lui si precipitava verso il veicolo. Non sarebbe morto investito da un carro pompa, quindi non mi preoccupai più di tanto; piuttosto, Serqet aveva fatto in tempo a sparire.

A parte un piccolo manipolo di tizi che stava aggredendo in massa un babbuino -credo, mi auguro che fosse Baba – sembrava che l’azione principale si fosse spostata verso l’armeria. Avevo una certa voglia di girare sui tacchi e filarmela da qualche parte, ora che nessuno poteva vedermi – ma ero l’unica persona con immunità garantita, lì dentro, sarebbe stato assurdo se non avessi cercato di avere una parte per quanto minima.

 Iniziai a correre. Fui intercettato da una donna dai lineamenti che ricordavano un uccello rapace, forse Iside in persona, che mi tirò alcune sfere di fuoco. Io le schivai tutte, compito particolarmente facile, e le tirai dei coltelli che lei potesse schivare con altrettanta facilità. Un vero e proprio duello farsa, incredibilmente fastidioso e noioso per entrambe le parti: lei si stancò alla svelta e mi trasformò in un topo, prima di voltarsi e procedere verso lo scontro vero e proprio.

Ah, e io cosa facevo adesso? Non era molto praticabile combattere così, i coltelli dovevano essermi finiti da qualche parte nella pelliccia. Non avevo dubbi che qualche mago o figlio di Ecate sarebbe riuscito a ritrasformarmi, ma quasi di sicuro a battaglia finita. Corsi più velocemente che potevo verso l’armeria, non so perché, ma volevo disperatamente fare qualcosa, qualsiasi cosa. Per strada trovai il primo cadavere.

Era bagnato fradicio e aveva parte del corpo e del volto ridotti davvero male, doveva essere stato investito dall’autocisterna. Da quel che riuscivo a capire dal viso, era un ragazzo della capanna di Afrodite. Aveva un elmo e una corazza che calzavano curiosamente male, e l’arma, una delle spade di ordinanza dell’armeria era finita sbalzata a qualche centimetro dalla sua mano.

Supposi che -come la maggior parte della sua capanna – non si fosse mai sottoposto a grandi allenamenti, ma avesse cercato di fare la sua parte al momento del pericolo. E poi era stato buttato a terra dal getto del carro pompa, e una volta a terra, investito. Sembravano tutti così, quelli investiti dai veicoli? Anche- no, non pensavo a quello.

 Piuttosto, quand’era che Setne aveva dato l’ordine di investire quei ragazzi? A quanto ricordavo, era solo ‘colpiteli con l’acqua’. L’idea era stata di Sisifo? E gli altri a bordo, non avevano protestato? Uno del gruppo non era un vigile del fuoco morto eroicamente e tornato per rivedere i suoi figli? Non si era reso conto che questo qui era un ragazzino? Ma cosa stava succedendo a quella gente?

Un coro di stridii e urla furiose mi distrasse dal disgraziato figlio di Afrodite. Zampettai verso l’armeria più in fretta che potevo, trovai un altro cadavere, così gonfio da essere irriconoscibile (doveva essere stato attaccato da qualche strano tipo di animale) e finalmente arrivai in vista della mia destinazione.

 Aveva un buco sul soffitto, e della gente che ballava qualcosa di simile a Gangnam Style davanti. Il Campo doveva star tentando un contrattacco per non farsi fregare tutte le armi, ma la fretta, il panico e il resto dell’esercito divino di Setne non stavano facilitando il compito.

Nella mia posizione, non potevo fare praticamente niente … cioè, con un po’ di impegno probabilmente sarei anche potuto riuscire a cavare un occhio a qualcuno, o simili, ma ci avrei messo un sacco di tempo. Ci provai lo stesso: individuai un bersaglio chiaramente non umano ma delle dimensioni giuste – una specie di grosso volatile dalla forma umanoide che infieriva sui mezzosangue con degli artigli micidiali – e feci del mio meglio per avvicinarmi senza essere calpestato da qualcuno.

 L’impresa si rivelò più facile del previsto: fu il mio stesso bersaglio ad avvistarmi, trasformarsi in un falco completo e avventarsi su di me. Piccoli problemi a tenere a bada gli istinti predatori, eh? Bene, non aveva fatto i conti con questo particolare topo … che frase stupida.

Feci del mio meglio per artigliargli le penne delle zampe e morderlo, e di sicuro gli causai qualche problema, ma non abbastanza da fargli perdere il controllo del volo. Però gli feci perdere la concentrazione sui suoi dintorni, e qualche sveglione di Apollo ne approfittò per piazzargli una freccia proprio attraverso il collo. Intravidi una specie di bagliore luminoso, e un falco morto piombò a terra.

 Io riuscii ad avvolgermi nelle sue ali per attutire l’impatto, ma fu lo stesso una bella botta. Zampettai fuori parecchio stordito, e improvvisamente mi ritrovai umano di nuovo. Vidi un figlio di Ecte che si allontanava di corsa, verso la battaglia; risolto il mistero, lo seguii a ruota.

Buone notizie: erano arrivati i rinforzi. Un intero squadrone di maghi egizi, capitanati dai fratelli Kane, si era piazzato attorno all’armeria, permettendo effettivamente a qualcuno del campo di entrarci dentro. Certo, senza l’assistenza divina ai loro poteri erano più deboli di quanto non li avessi mai visti, ma rafforzavano la nostra capacità puramente numerica, e avevano comunque più esperienza nel vedersela con quel tipo di magia.

 Ironicamente, quelli che si facevano più valere in quel gruppo erano i maghi della vecchia scuola, quelli che avevano cominciato il loro addestramento prima che i Kane riportassero in auge il sentiero degli dei; come mi pare avesse detto una volta Ziah, allora verteva tutto sul combattere gli dei, e al momento ce n’era un bisognone. Lo scontro sembrava minimamente riequilibrato, ma adesso basta, ero lì anch’io accidenti.

Afferrai un nuovo coltello e lo scagliai verso una donna dalla testa di mucca e gli artigli leonini che si faceva largo a zampate micidiali; la colpii a un braccio, non abbastanza da distruggere il suo ospite ma comunque in grado di rallentarla. Altro coltello, una specie di bestia emaciata: la lama gli volò a pochi millimetri dal collo e si conficcò in un albero. Altro coltello, l’avvoltoio di prima che stava planando particolarmente in basso, breve momento di panico quando quello si disintegrò spontaneamente e la lama per poco non colpì un mezzosangue.

Intravidi Penelope nella mischia, che strillava maledizioni a pieni polmoni e cercava di parare i colpi che le arrivavano con la sua spada. Ci fu un momento di isteria collettiva quando un ippopotamo dall’aria terrorizzata irruppe tra i nostri ranghi, travolgendo un paio di persone, prima che diversi maghi riuscissero ad abbatterlo. Un fumo luminoso gli uscì dalla bocca, e ci preparammo tutti per un altro assalto del genere entro qualche minuto.

 Sembrava quasi che stessimo riuscendo a riprenderci, malgrado la schiacciante minoranza numerica e di potere: le maledizioni di Penelope si stavano rivelando veramente micidiali, i ragazzi più esperti stavano mostrando esattamente i risultati dell’addestramento del Campo, i maghi erano degli ossi duri anche senza la loro magia più potente a disposizione, e quello che sembrava un gruppo di Romani si stava avvicinando.

Io tirai altri coltelli, senza far fuori davvero nessuno, ma concedendomi il lusso di qualche ferita: nella fattispecie, a una donna avvolta in strane fronde di palma che rendevano poco chiaro come potesse muoversi e circondata di api, che per risposta insultò la mia mira e prese a bombardarmi di frecce, costringendomi a correre in ogni dove per evitarle.

Si stava ribellando agli ordini di Setne o cosa? Del resto, le frecce non mi avevano ancora colpito, ma ci stavano andando pericolosamente vicine. Comunque, nella mia corsa, feci in modo di urtare, distrarre e far cadere più persone possibile. Mi fermai, molto stupidamente, per lo shock, con un’imprecazione, quando vidi il guerriero vestito di nero.

Non ho idea del perché Walt fosse saltato fuori solo in quel momento, o di dove fosse stato prima; è probabile che avesse semplicemente attaccato un'altra parte del Campo fino ad allora, com’era possibile che Setne lo avesse mandato lì apposta in quel momento, sapendo che ci sarebbe stata Sadie?

 Fatto sta che lo vidi lì, a marciare imperterrito in mezzo alla mischia, brandendo uno strano bastone e schivando tutti i colpi che gli arrivavano, cercando di toccare i guerrieri per trasformarli in cenere. Una volta che questi avevano capito il trucco, lo ‘scontro’ sembrava ridotto a una grottesca partita di acchiapparella.

Però lo vedevi il bastardo! Aveva già abbandonato sua figlia, adesso si metteva ad ammazzare ragazzini senza problemi? Gli tirai un coltello, una freccia di Neith mi scalfì superficialmente l’armatura sulla spalla, e ripresi a correre, cercando una postazione migliore da dove lanciargli coltelli.

 “Walt!” strillò Sadie. Ahi, qui le cose si mettevano male. Mi ritrovai a cercare una posizione più riparata da cui lanciare le mie armi – trovai una piccola collinetta lì vicino che dava una situazione ideale: da lì potevo prendere la mia senza troppi problemi, ma le frecce andavano a finire negli alberi, con buona pace delle driadi, suppongo.

Nel tempo che avevo messo ad arrivare lì, la situazione era scalata fino a far trovare un litigio di coppia in piena regola in mezzo al campo di battaglia, tra la gente che si feriva e si ammazzava. Appropriato. Sadie urlava all’ex di essere uno schifoso bastardo bugiardo e senza cuore – non so se per quello che aveva fatto a lei o perché stava attaccando i ragazzi del Campo – che non l’aveva mai rispettata abbastanza da essere onesto con lei, che le faceva schifo, e che lei era intenzionata a spezzare l’incantesimo del Libro di Thoth solo per avere la possibilità di cavargli tutti gli organi dal corpo senza che nessuno interferisse. Credo che nel mentre Walt stesse cercando di dire qualcosa, ma era troppo basso perché si sentisse qualcosa da dove ero io.

 Gli tirai un coltello, lui lo deviò col bastone, e Sadie si mise a strillare: “Nessun attacco! Con lui me la vedo io!”

Infatti non lo stava attaccando, ma a giudicare dal tenore del litigio, la situazione sarebbe stata presto rettificata. Scelsi di concentrarmi su Neith, che approfittando della distrazione procurata da Sadie era riuscita ad avvicinarsi abbastanza da potermi prendere di mira meglio, e per i successivi dieci minuti fu un interrotto combattimento tra armi da lancio, che spesso e volentieri ci deviavamo a vicenda. La vittoria fu mia, perché riuscii a fare un attacco a sorpresa mentre lei squagliava per cercare di fare a sua volta un avvicinamento stealth. Non avevo ancora capito come facesse ad essere la dea della caccia, visto che apparentemente non aveva ancora capito che di solito è difficile vedere palme nei boschi di Long Island.

Si dissolse in uno sciame di api, il che mi fece imprecare sonoramente prima che si scoprisse che erano solo normali api molto malconce, confuse e per nulla interessate a me. E imprecai più piano quando mi ricordai che tecnicamente non avrei dovuto far fuori nessuno dell’esercito di Setne. Ehm … avevo la mira troppo buona, colpivo il bersaglio anche quando non era nelle mie intenzioni. Era una persona sola, comunque, il numero era ancora dalla parte dell’ex fantasma.

 A chi potevo lanciare coltelli adesso? Walt purtroppo era off limits, tutti gli dei volanti erano fuori portata e sotto attacco da parte delle arpie, l’ippopotamo era tornato alla carica, forse a quello … feci appena in tempo a lanciargli il primo coltello (mancai) che sentii qualcuno urlare la ritirata. Bene, a quanto pareva l’esercito di Setne pensava di essere riuscito a fare abbastanza danni.

Il Campo però sembrava essersi affezionato a loro, e i ragazzi fecero del proprio meglio per organizzare un blocco armato ai confini. Mi unii anch’io a loro, tanto i nemici erano troppi e non saremmo riusciti a combinare niente. Io e quelli vicini a me dovemmo disperderci per evitare di essere travolti da un ippopotamo in corsa; in altri punti del confine furono più fortunati, e riuscirono ad abbattere l’avversario prima che potesse allontanarsi.

Ma alla fine, ci ritrovammo tutti lì, ai margini del Campo, a tornarcene stanchi e malridotti verso il centro principale. Il percorso fu pieno di cadaveri.

Molti erano così sfigurati da essere irriconoscibili, altri sembravano invece essere stati abbattuti da armi umane che avevano risparmiato i visi. Erano ragazzi di praticamente tutte le case, Atena, Apollo, Afrodite (ebbi l’impressione che questi ultimi fossero un po’ più numerosi degli altri. Evidentemente, dedicarsi completamente al proprio aspetto e trascurare l’allenamento non pagava granché), Ermes, Demetra … sembrava che tutti avessero perso un fratello o una sorella, lì dentro. Non sarebbe stata una serata allegra.

E tutte quelle persone, a prescindere da chi fossero, come si comportassero, quali fossero i loro interessi e le loro ambizioni e le loro paure, e come fossero visti dagli altri, tutti sarebbero stati sulla barca di Caronte, e sarebbero passati per il tribunale del giudizio entro il giorno dopo. Era naturale che fosse così, prima o poi toccava a tutti: le persone muoiono, non è nulla di sconvolgente. Però, ogni singola morte avvenuta quel giorno a Long Island era troppo precoce e completamente inutile. Sarebbe bastato che Setne non fosse mai stato interessato alla conquista globale, o che uno dei passati Osiride si fosse deciso a condannarlo, o che i fratelli Kane non se lo fossero lasciati scappare, oppure ancora che nessun mago o semidio si fosse lasciato convincere a seguire la sua fazione, e tutte quelle persone che adesso erano in sala d’attesa da Caronte sarebbero invece state a finire gli allenamenti e a dirigersi verso il tavolo della mensa, ad ingozzarsi dei loro piatti preferiti prima di andare al falò, e concludere una giornata che non aveva avuto niente di speciale.

Magari, anche se non tutti, alcuni di loro sarebbero sopravvissuti anche se io e Penelope avessimo combattuto seriamente, invece di impegnarci a mancare i colpi … ma era inutile pensare a quelle cose. Se l’avessimo fatto, ci saremmo traditi presso la fazione di Setne, e questo avrebbe portato a uno sconvolgimento nell’equilibrio. Il che avrebbe portato a molti più morti, e a un’epoca di caos. Quello che stavamo facendo era per un interesse più alto … che ragionamento ipocrita, ero sicuro che tutte le persone che avevo appena incolpato, Osiride, i Kane, l’esercito di Setne, erano a loro volta convinti che quello che stavano facendo era per un interesse più alto. Sembrava quasi il modello delle guerre: un manipolo di pochi pensava a un fine elevato e superiore, e tutti gli altri morivano combattendo per esso.

 Ma alla fine, anche quei combattimenti contro l’esercito di Setne stavano diventando una guerra vera e propria. E la fazione degli dei non avrebbe mai potuto ottenere nulla di simile a una vittoria se Gaia non fosse morta. Il punto era, non potevano esattamente vincere … la morte della ragazza avrebbe riportato le cose più o meno in parità, considerando tutti i danni che gli dei controllati da Setne avrebbero fatto nel frattempo, ma noi non avevamo ancora idea di come risolvere le cose in modo non pienamente soddisfacente per nessuna delle due squadre. Almeno per allora avremmo avuto di nuovo Thoth, era lui l’esperto in materia.

Alcuni ragazzi stavano iniziando ad avvolgere i corpi in appositi sudari, diedi una mano anch’io a trasportarli dove di solito si facevano i falò, mentre altri ragazzi si affollavano per controllare chi fosse morto.

 “Mandria di bastardi!” urlò una ragazzina sui tredici anni, una figlia di Ares a quanto ricordavo. C’era stato un tale silenzio, con al massimo i sussurri di chi si accertava che i loro cari stessero bene, che l’urlo improvviso ci fece trasalire tutti. “Schifosi figli di puttana, vedono la nostra vita meno della merda, sono tutti uguali, greci, romani, egizi, non capisco perché si siano mai combattuti, non gliene frega un cazzo di noi che crepiamo! Adesso passa un fantasma che, cosa fa, vuole rivelare del gossip su di loro? Orribile, la soluzione è ammazzare mezzosangue! Mi piacerebbe che avesse vinto Apophis, almeno li avrebbe fatti fuori quegli schifosi …” un attacco di singhiozzi le impedì di continuare.

 Clarisse accorse, urlandole di piantarla di frignare e rimettersi in piedi, ma la poveretta non reagì minimamente, limitandosi a rannicchiarsi ancora di più su sé stessa, anche quando la capocabina cercò di darle dei calci per farla rialzare, urlandole che lì tutti stavano di merda, che la guerra era quella, che avrebbe voluto vedere cos’avrebbe fatto se avesse visto quella contro Crono o contro Gea, e nessuno stava facendo una figura patetica come lei, né l’aveva mai fatta.

Balle.

 La stessa Clarisse sembrava piuttosto sconvolta, e nei mei percorsi avanti e indietro dalle pire trovai parecchia gente rannicchiata negli angoli a piangere, o che si avvicinava per vedere chi stessi trasportando e si metteva a urlare, o a piangere, o semplicemente restava lì immobile e incapace di reagire, riconoscendo un loro caro. Questo, intendo, con i cadaveri facilmente identificabili: per tutti gli altri vedevo la gente avvicinarsi, guardare il corpo con incertezza, esaminarlo più da vicino per eventuali segni di riconoscimento, rivolgermi sguardi confusi, e poi correre via, probabilmente sperando di poterlo riconoscere come un estraneo per esclusione.

 Occuparsi dei corpi fu un’altra cosa difficile: quelli cui era stato risparmiato il viso erano relativamente facili, gli mettevi quelle dracme sotto le palpebre e li avvolgevi nei teli funebri che la loro cabina aveva preparato da quando era iniziata la guerra (era un’esperienza surreale: le cabine mezze distrutte, la gente che tentava di scavare nelle macerie per trovare la cassa con i teli, e i ragazzi appostati davanti ogni cabina che ci seguivano con aria terrorizzata, nel panico al pensiero di essere la casa nostra destinazione).

Poi c’erano quelli con il viso carbonizzato, o schiacciato, o sfregiato fino a renderlo niente di più che una confusa superficie sanguinolenta: innanzitutto non riuscivamo a capire dove mettere le monete per assicurarsi che le avessero con sé nell’aldilà (finimmo per metterli nelle tasche dei jeans o tra la maglietta e a corazza, a seconda di cosa avessero addosso). Inoltre non potevamo sapere a che cabina chiedere il sudario per loro, visto che a quanto pareva era di fondamentale importanza che i mezzosangue fossero bruciati avvolti nel simbolo del loro genitore divino.

Ma una possibilità alternativa per metterli semplicemente in un lenzuolo pulito? Almeno ci avrebbe impedito di andare in tutte le capanne a chiedere che più gente possibile ci aiutasse a esaminare nel dettaglio il corpo, nella speranza di trovare dei segni particolari che gli conferissero un’identità. Fu una ripetizione delle scene di quando li avevo trasportati, solo che alle urla e ai pianti andavano aggiunti gli attacchi di vomito o gli svenimenti, quando qualcuno riconosceva un suo caro in una figura così malridotta.

 L’unica cosa vagamente positiva era che ogni tanto ne trovavamo uno ancora vivo: di solito mi bastava guardarli per capirli, e gli altri che erano con me si fidavano abbastanza del mio status come figlio della Morte per portarli di corsa in infermeria. Dalla quale, in cambio, ci arrivava un piccolo ma piuttosto regolare afflusso di gente che non ce l’aveva fatta, anche con cure mediche.

Ci impiegammo diverse ore, tra trasporti, riconoscimenti, ricerca dei sudari, effettiva preparazione dei cadaveri, attesa che tutte le persone in infermeria si stabilizzassero e che quindi cessasse l’arrivo di nuovi corpi. Per quel momento, tutto il Campo aveva fatto le sue riunioni ed era accorso al ‘falò’, per quella sera rimpiazzato dalle pire funebri. Noi ci facemmo da parte a questo punto, lasciando il compito di appiccare il fuoco a parenti, amici e fidanzati, a seconda del caso. Per la capanna di Apollo il ragazzo era uno solo, gli altri erano tutti in infermeria a occuparsi dei superstiti, insieme ad alcuni assistenti volontari da altre capanne.

 La cena si svolse subito dopo, ma nessuno aveva davvero fame, anche se non avevamo toccato cibo da diverse ore. Fu lì che ritrovai Penelope: a quanto pareva, aveva fatto parte del gruppo che aveva recuperato oggetti dalle rovine delle capanne.

L’esercito di Setne, approfittando di avere un po’ di divinità a disposizione, non si era limitato a saccheggiare e distruggere l’interno delle capanne, le avevano proprio rase al suolo. Avremmo dormito all’aperto quella notte, oppure ci saremmo arrangiati nelle stanze vuote del Campo. Ognuna delle due poneva i suoi problemi alla prospettiva di sparire nel cuore della notte per andare da Setne.

Personalmente, ero curioso di vedere come quei ragazzi stessero reagendo alla battaglia appena svoltasi: magari avrebbero avuto qualche tipo di senso di colpa? Me lo augurai, non ero sicuro che sarei riuscito a reggere dei festeggiamenti dopo tutto quello che avevo visto.

Dopo cena ci fu una breve riunione nel teatro, dove Chirone fece un discorso di cordoglio per i defunti estremamente vago e generico, incentrato su virtù e coraggio degni degli eroi antichi invece che sulle persone morte, ci disse dei miglioramenti nella sicurezza e nella strategia che sarebbero stati fatti, questa volta coinvolgendo anche l’altro Campo e i Nomi in una sorta di rete di aiuto reciproco (avremmo dovuto riferire a Setne e approfondire il tipo di difese) e delle disposizioni per la notte: avremmo dormito all’addiaccio, nei sacchi a pelo che generalmente erano tenuti in riserva per la capanna di Ermes.

L’andare a dormire fu molto più caotico del solito: nessuno a fare ordine, nessuno che ovviamente poteva dire di spegnere le luci e fare silenzio. Però notai che i ragazzi di una stessa capanna si mettevano tutti vicini, probabilmente per confortarsi a vicenda della morte dei loro fratelli, e alla fine Chirone risolse il chiacchiericcio costante suonando nella sua conchiglia. Credo fosse solo una formalità, perché continuai a sentir bisbigliare; ma il centauro fu abbastanza sensibile da non darci peso dopo una giornata simile.

 Io e Penelope eravamo ‘casualmente’ finiti vicini con i sacchi a pelo, e in un posto relativamente appartato. Quando la gente smise di bisbigliare (per la maggior parte) effettuammo il viaggio nell’ombra. Come temevo: allegri festeggiamenti.

Qualcuno aveva acceso uno stereo che sparava rock a tutto volume, il tavolo delle riunioni era pieno di bibite, dolci e patatine, e i ragazzi che chiacchieravano animatamente tra loro e scherzavano. Trattenni la tentazione di ribaltare quel tavolo addosso a tutti, invece feci un gran sorriso ed esclamai “Siamo stati grandi!”

La mia uscita fu accolta da un coro di risate. Bene, nessuno aveva ancora cercato di uccidermi, quindi supposi che l’attacco anticipato non fosse per sospetti di tradimento. Però Sisifo mi rivolse un gran sorriso, e questo non mi piacque per nulla.

“Vero?” esclamò trionfante Mortimer. “Io ero nell’armeria! Non gli ho lasciato niente!”

Bravo Mortimer! Dai ancora uno svantaggio, a quelli che non hanno nessun dio dalla loro parte! Gli alzai il pollice, e sopportai il resto dell’esercito.

“Io ho combattuto con i miei fratelli!” dichiarò un Calvin molto fiero. “Li ho sconfitti tutti!”

“Ne ha disarmati un paio” bisbigliò Hazelle.

 “Ottimo lavoro!” finsi di complimentarmi. Bene, se quella era la sua reazione al combattere contro i suoi fratelli e partecipare a uno scontro in cui la sua fazione aveva ammazzato parecchie persone, il piccoletto iniziava a preoccuparmi sul serio. Ma di chi cavolo era stata l’idea di farlo combattere?

 Calvin mi deliziò con altre chiacchiere a raffica del suo valore bellico, con altra gente che ogni tanto interveniva sottovoce per ridimensionarne adeguatamente le imprese.

 Riuscii a notare anche altre persone, in tutto quel caos: Gaia chiacchierava amabilmente con Dakao, con l’aria di qualcuno che non avrebbe voluto suicidarsi in un milione di anni, il vigile del fuoco chiacchierava animatamente, parlando dei suoi figli e come sarebbe stato fantastico rivederli, tra l’espressione annoiata a morte della Fay e quella davvero minimamente più interessata di Sisifo.

“Bene, bene” Setne intervenne a zittire tutti. “Lo so che siete stanchi, lo so che alcuni di voi devono ancora riprendersi dalle ferite, ma dobbiamo ancora fissare un paio di cosette”

Il suo sguardo fece avanti e indietro tra me e Penelope con aria di aspettativa.

“Perché l’attacco è stato anticipato?” gli chiesi io.

Evidentemente non era quello che si aspettava di sentire, perché il suo sorriso si attenuò di parecchio. “Ah … il fatto è che temevamo che poteste tradirvi. Dare un senso di attesa o aspettativa verso qualcosa … so che recitate davvero bene, ma in un’operazione così delicata, non volevo assumermi rischi”

Era la scusa peggiore che avessi mai sentito. Il motivo non poteva che essere qualcos’altro, e quasi di certo Sisifo aveva qualcosa a che fare con ciò.

“Non sono ancora state decise contromisure” dichiarò lei. “Sono stati tutti troppo occupati, tra l’occuparsi dei feriti e dei morti e il tentativo di recuperare qualche oggetto dalle case”

Nessuno sembrò particolarmente turbato alla menzione dei morti, nemmeno l’eroico vigile del fuoco o Calvin. Morale della favola: nell’esercito di Setne c’erano più sociopatici di quanti ne avessi pensato all’inizio – ehi, magari, solo magari, avrei potuto fare qualche intervento anch’io.

“Hanno fatto solo una piccola riunione al centro dell’anfiteatro, e hanno parlato in modo molto generico di creare una rete di aiuti tra i due Campi e i vari Nomi per ricevere aiuti più veloci e consistenti in futuro”

Setne annuì. “Sì, immaginavo che non sarebbero corsi a fare pianificazioni. Avrebbero impiegato troppo tempo a leccarsi le ferite. Il che dà tempo a noi di buttare giù qualche piano”

Nessuno aveva l’espressione troppo entusiasta della cosa. Poverini, avevano ottenuto una vittoria schiacciante senza alcun morto e pochi feriti, ma si erano stancati davvero tanto, era ovvio che volessero rilassarsi e festeggiare come meritato.

“Nei prossimi giorni, tutti saranno impegnati a costruire e organizzare questa rete di comunicazioni e aiuto, come ha detto Chad” proseguì Setne. “Sarà un’impresa, suppongo, titanica, e non avranno tempo di occuparsi di nient’altro. Questo è quello che faremo noi. Dakao, Luciano, riuscite a tracciarmi una mappa di quelle catacombe in cui avete trovato la corona entro dopodomani”

“Certo” rispose Luciano. “In effetti, avevamo già iniziato a metterne giù un abbozzo”

 “Eccellente!” esultò Setne. “Lasciamoli pure a organizzare la loro piccola rete di assistenza immediata: noi, tra pochi giorni, avremo un nuovo dio dalla nostra parte!”

 

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

qui sono curiosa di sapere le vostre opinioni: non sono mai stata davvero brava a descrivere degli scontri fisici alla Riordan, e qui c’era una battaglia vera e propria. Spero che mi sia riuscita bene!

Ma per quanto riguarda la fine del capitolo … ancora tre e arriva Becky, se è quello a cui state pensando. Nel prossimo, seguiremo piuttosto una Penelope impegnata a trovare una controffensiva a tutto quello che ha visto all’allegra festicciola!

  
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