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Autore: _Fedra_    24/02/2017    3 recensioni
Versailles, 1764
La piccola Oscar viene invitata a un ballo in maschera in cui gli invitati avranno un unico dovere: presentarsi con gli abiti del sesso opposto.
Che cosa sceglierà l'erede del generale de Jarjayes? Manterrà saldi i propri principi o asseconderà, anche solo per una sera, la sua natura femminile?
E, soprattutto, chi è Lia de Beaumont, una ragazzina tanto sveglia quanto impertinente che sembra voler portare a corte degli ideali mai sentiti prima, che appaiono a un tempo affascinanti e pericolosi? Un'intrigante sovversiva o la sua futura migliore amica?
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3.

LA SFIDA


*


 
 
 
 
La tenuta dei Beaumont era illuminata a giorno dalle luci delle fiaccole che guidavano le carrozze lungo i giardini, fino all’imponente scalone di marmo che conduceva all’interno della villa. Oscar premette il naso contro il vetro del finestrino della carrozza, scrutando meravigliata la scia di vetture di ogni genere che conducevano all’ingresso i nobili invitati. Sembrava che nessuno avesse rifiutato di partecipare a una festa tanto bizzarra. Chissà, vista l’affluenza di persone avrebbe potuto esserci nascosto il re in persona o la sua amante, la marchesa de Pompadour, anche se negli ultimi tempi sembrava fosse spesso malata e aveva limitato le sue uscite pubbliche al minimo. O almeno era questo che si sentiva in giro.

La carrozza prese a costeggiare le aiuole illuminate a giorno, le fiammelle delle torce che si riflettevano sui tremolanti specchi d’acqua delle fontane. Sia Oscar che Andrè trattennero il respiro, increduli. Ora che riuscivano a vedere da vicino gli invitati, si rendevano conto di quanto fosse assurda tutta quella faccenda. Gentiluomini imponenti e in alcuni casi anche baffuti avanzavano stretti in corsetti di stecche di balena e ampie gonne che accarezzavano il suolo, i piedi massicci stretti in graziose scarpette infiocchettate. Avanzavano a fatica, quasi barcollando sopra quei tacchi appuntiti, senza mollare loro malgrado il braccio delle mogli, improvvisamente il loro unico sostegno. Queste ultime erano vestite in abiti maschili, mostrando impudentemente le gambe, fasciate dalle culottes e da morbide calze di seta.

Oscar rimase totalmente di sasso. Di colpo, aveva come una sensazione strana, una specie di groppo alla bocca dello stomaco. Era come camminare a testa in giù, guardando il mondo al contrario. Solo che quel contrario, per quanto irreale, le sembrava tutto dannatamente normale. In fondo, quella strana mascherata non era la normalità, per lei? Non indossava abiti maschili tutto il giorno, comportandosi come tale, nonostante fosse la prima a diventare sempre più consapevole che le cose stavano in tutt’altro modo?

“Cosa c’è, Oscar?”, domandò Andrè, notando che di colpo l’amica si era incupita in quel modo.

“Niente, André. Niente”.

E allora perché di colpo quell’orribile sensazione, come se la ragazzina improvvisamente fosse fragile, diversa… nuda? Ecco, era questa la parola che subito Oscar pensò nel momento in cui provò a trovare una definizione per quel disagio così insopportabile. In fondo, non era l’unica a essere vestita da ciò che era, nonostante le mille contraddizioni?

“Oscar?”.

La ragazzina si voltò verso di lui. Delle vampe di calore le attraversavano la fronte.

“Che cosa sono, Andrè? Come te… o come loro?”.

Le parole le sfuggirono dalle labbra prima ancora che avesse potuto fermarle, dando vita a quel pensiero proibito che da una vita intera faceva a pugni all’interno della sua testa. Andrè la fissò incredulo, come se la stesse guardando per la prima volta in vita sua. Dopo istanti di stordimento, stava per aprire la bocca e pronunciare una risposta, quando improvvisamente la carrozza si fermò. Un attimo dopo, la porta si aprì, rivelando il volto imbellettato di un lacchè. Era chiaro che, da quel momento in poi, Oscar avrebbe fatto meglio a tenere per sé qualsiasi pensiero inopportuno.

Sia lei che André ebbero più di qualche problema a scendere dalla carrozza, nonostante il servitore in livrea fosse accorso proprio per aiutarli. Non appena toccò terra, il ragazzino perse l’equilibrio e rischiò di finire rovinosamente a terra, se non fosse stato per il braccio di Oscar, che in quel momento scattò in avanti per trattenerlo. Non appena avvertì quella presa decisa sul suo gomito, il ragazzino divenne di un evidente color porpora, nonostante lo spesso strato di cipria che gli ricopriva le guance paffute. Di solito era lui, quello che aiutava sempre la sua amica e padrona. E invece ora…

“Stai attento”, lo redarguì Oscar senza battere ciglio, prendendo ad avanzare lungo la scalinata a piccoli passi, dosando le sue forze in modo tale da non cedere ancora una volta all’instabilità di quelle odiose scarpette.

André si riebbe quasi subito, sbattendo più volte le palpebre; poi seguì la ragazzina verso l’ingresso. Non si era mai vergognato in quel modo in vita sua e non era solo in lungo vestito infiocchettato a creargli problemi.

“Comportati come se niente fosse”, era stato il consiglio che gli aveva dato sua nonna prima di uscire.

Come se fosse facile! Il ragazzino si lanciò una rapida occhiata intorno. In fondo, non sembrava l’unico cavaliere ad avere problemi, lì in mezzo. Più di un uomo, infatti, sembrava avere un’aria profondamente imbarazzata per quel trattamento, per non dire seccata al massimo. Qualcosa gli diceva che se ne sarebbe parlato a lungo, di quella serata.

Una volta arrivati di fronte al salone dei ricevimenti, un altro lacchè li fermò, chiedendo le loro identità.

“Mi chiamo Oscar François de Jarjayes, unico figlio del generale de Jarjayes, e questo è il mio servitore Andrè Grandier. Siamo qui per fare le veci di mio padre, che purtroppo questa sera non si è potuto presentare…”.

“Mi dispiace, madamigella, ma non possiamo farvi passare”, fu la risposta perentoria del servitore.

“Come sarebbe a dire? Siamo in possesso di un regolare invito e ci siamo mascherati!”, protestò Oscar, visibilmente nervosa.

“Forse il vostro accompagnatore, ma voi, purtroppo, non siete vestita in maniera consona”.

Quelle parole colpirono la ragazzina con la forza di uno schiaffo. Come osava, quell’insolente? Gliel’avrebbe fatta pagare, per quell’affronto!

“Sono un soldato, quello è il mio vestito di sempre!”, esclamò, inferocita.

“Vi ripeto, non posso farvi entrare. Soldato o no, siete palesemente una donna. Non potete entrare”.

“Che cosa sta succedendo qui, Charlie?”, domandò una voce a pochi metri da loro.

Oscar voltò la testa di scatto, soffocando a malapena un sospiro di sollievo.

“Madamigella Lia!”, esclamò rivolta alla ragazzina vestita con un elegante abito di broccato viola.

Un momento, ma era proprio Lia? E allora perché era anche lei vestita da donna?

“Chiedo scusa, signori, ma temo che mi abbiate scambiato per mia sorella”, rispose il ragazzino in abiti femminili, evidentemente imbarazzato. “Sono suo fratello minore, d’Eon de Beaumont”.

Sia Oscar che André si scambiarono un’occhiata perplessa. Perché quella sera il mondo sembrava andare sottosopra?

“Vi somigliate come due gocce d’acqua”, si lasciò sfuggire la ragazzina, ormai resasi conto che lì dentro sarebbero stati in pochi a preoccuparsi dei convenevoli.

“Sì, in effetti ce lo dicono in molti”, rispose d’Eon, arrossendo. “Volete che vi chiami mia sorella? Se può aiutarvi…”.

“Oh, ve ne saremmo immensamente grati!”.

“Restate qui, allora. Non deve essere lontana”.

Detto questo, il piccolo de Beaumont partì trotterellando verso l’interno della stanza, facendosi largo a fatica tra gli invitati ammassati sui ricchi pavimenti di marmo. Per interminabili secondi, Oscar e André rimasero in disparte, osservando imbarazzati la fila di invitati che passava loro davanti, uno più stravagante dell’altro. C’era davvero tutta la corte, quella sera. A un certo punto, furono convinti di intravedere persino un cardinale tra la folla.

D’Eon tornò poco dopo, scortato da sua sorella, poco più alta di lui. Nel vederla, Oscar trattenne il fiato. Non aveva mai visto nessuno affascinante quanto lei. E le fu impossibile trattenere un simile pensiero, per quanto assurdo. Forse perché, in quel momento, Lia indossava abiti maschili. E questo la rendeva più simile a lei di qualunque altra persona all’interno di quella stanza. Un panciotto rosso porpora le rivestiva il torso, lasciando sfuggire le maniche immacolate di una camicia di seta. Le lunghe gambe erano fasciate da un paio di pantaloni da equitazione e degli alti stivali di cuoio. Nonostante la giovane età, portava al fianco una spada a due mani con la massima disinvoltura. Il che stupì Oscar più di ogni altra cosa: era chiaro che si trattava di un’arma vissuta, fatta sua misura. Il che significava che Lia de Beaumont sapeva combattere quanto lei.

“C’è qualche problema?”, domandò quest’ultima, venendo subito al dunque.

Oscar rimase per un attimo di sasso. La sua testa era un autentico mulinello di pensieri, ma le sue labbra sembravano come serrate.

“Il vostro servitore non ci fa entrare per via dell’abito di madamigella Oscar”, rispose André, per lei.

A quelle parole, Lia divenne subito seria.

“In effetti, siete venite vestita da voi stessa”, osservò.

“Ma voi mi avete vista! Questi non sono i miei abiti abituali”, protestò Oscar.

“Avete ragione. Ma ciò non toglie che voi siete una donna quanto me. E il regolamento della festa, stabilito da mio padre, è chiaro: le donne devono travestirsi da uomini e viceversa, altrimenti non si entra”.

“Ma non è giusto!”.

“Mi dispiace, davvero. Però ammiro molto la vostra determinazione nel difendere i vostri diritti”, aggiunse Lia, visibilmente pensierosa. “Ho trovato! Se volete entrare con queste vesti dovete conquistarvene il diritto. Con un duello. Siete disposta a correre questo rischio?”.

A quelle parole, Oscar si sentì ribollire il sangue nelle vene.

“Io affrontare una donna? Non sia mai!”, protestò.

“Anche voi lo siete. Proprio come me. Vedete forse qualche differenza?”.

Ancora uno schiaffo provocato dalla semplice forza delle parole. Ora più che mai, Oscar si sentiva in trappola. Odiava quella ragazzina insolente più di ogni altra creatura al mondo, per tutta l’umiliazione che le stava infliggendo attimo dopo attimo. Gliel’avrebbe fatta pagare, a ogni costo. Le avrebbe dimostrato come si combatteva, che cosa significava essere veramente un soldato addestrato.

“Va bene”, rispose seccamente, ignorando l’aria preoccupata di André. “Sono pronta!”.




Eccoci qua, fuori tre! :)
Ci siete ancora tutti o state già contattando la neuro? Lo so, quest'ultimo è stato un capitolo un po' contorto, ma in compenso nel prossimo vi aspetta un bel po' di azione. Un duello tra Lia e Oscar: chi vincerà, secondo voi? Io ho già le mie supposizioni, ma sono curiosa di ascoltare anche le vostre!
Nel frattempo, colgo l'occasione per ringraziare di cuore tutti coloro che stanno leggendo e recensendo questa mia piccola follia: davvero, non so come ringraziarvi per tutto l'affetto, il sostegno e i consigli che mi state dando nelle ultime settimane! <3
Per questo, mi sto concentrando ancora di più sulla long in arrivo dopo questa fanfiction, ma sappiate che ci vorrà ancora un po': la trama sarà articolata in stile The Phoenix e sarà spezzata in almeno due volumi. Per ora non posso dirvi di più, ma vi terrò informati su futuri sviluppi ;)
Se siete curiosi, vi rimando comunque alla mia pagina Facebook, dove pubblico in anteprima i miei deliri letterari: https://www.facebook.com/LeStorieDiFedra/

Grazie ancora a tutti voi per il vostro calore e affetto! Vi voglio bene <3

Vostra,

Fedra

 
 
 
 
 
 
   
 
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