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Autore: scarletredeyes    17/03/2017    4 recensioni
Un tentativo fallito di dichiararsi alla persona che gli piace e Hayden dovrà fare i conti con qualcosa... o meglio qualcuno che prenderà la sua vita mettendola completamente sottosopra.
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Storia nata come one-shot e leggermente ampliata.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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DEAR FRIEND,

THAT WAS THE STORY OF A LOVE LETTER I WAS SO LUCKY TO FIND.



La condizione in cui versava Dean da quasi tre settimane e mezza ormai faceva invidia alla disperazione più assoluta. Hayden per giorni non si era fatto vedere a scuola rompendo per la prima volta quel ciclo di presenza continua che lo contraddistingueva, arrivando a far preoccupare persino i suoi insegnanti che in quattro anni non avevano mai visto una sua giustificazione per assenza. E in tutto quel tempo Dean non aveva avuto la minima idea di cosa poter fare per contattarlo. Ogni volta che aveva provato a chiamarlo la telefonata veniva spenta senza nemmeno arrivare al secondo squillo e i messaggi venivano cestinati senza neanche essere letti. Ormai credeva che Hayden avesse bloccato in maniera definitiva il suo numero e non poteva dargli torto. Da quando invece era ritornato, il più piccolo faceva di tutto per evitarlo: cambiava strada, si impelagava in discussioni impossibili con i professori e a volte si nascondeva persino dove capitava. Tutto questo pur di evitarlo.

Hayden dopo quell'episodio aveva dovuto rispondere a un sacco di domande, anche imbarazzanti e convivere con sguardi incuriositi di persone che avevano assistito allo spettacolino giorni prima. Era davvero frustrante alle volte e mai prima di allora gli era davvero mancata la solitudine e l'invisibilità di cui godeva in precedenza. Era praticamente tornato a chiudersi in sé stesso, forse peggio di prima, riservando ad ogni frase e ad ogni risposta che rivolgeva a qualcuno sempre più diffidenza. Eppure non era questa la cosa che faceva più male, neanche lontanamente. Dopo tutti quei giorni non era ancora riuscito a metabolizzare come e quanto effettivamente Dean si fosse dimostrato un essere così viscido e insensibile.

Non ci credeva.

Ogni mattina si alzava con la convinzione che fosse tutto un sogno, un malinteso, un equivoco, ma poi la realtà dei fatti tornava a smentirlo ogni volta. Quello non era il Dean Collins che aveva conosciuto lui, forse era quello che gli altri temevano o osannavano, ma non di certo quello che aveva conosciuto lui. Che cos'era successo? Cosa lo aveva spinto a cambiare idea? Non poteva sul serio pensare che per quei due mesi passati assieme lui avesse finto certi atteggiamenti nei suoi confronti, non era logico. A che pro avrebbe fatto tutto quello? Per mascherare le sue vere intenzioni? No. Hayden si rifiutava di crederlo. Forse era troppo buono e di conseguenza anche troppo stupido, ma non lo riteneva possibile.

Per questo ogni volta che pensava ai suoi sentimenti per quel mostro si sentiva ancora peggio, tradito nel più infimo dei modi. Eppure nonostante tutto si accorgeva sempre di non riuscire ad odiarlo fino in fondo. Era arrabbiato, deluso, ferito, ma non lo odiava. Anche sforzandosi non ci sarebbe riuscito. In più, ogni volta che ripensava al pomeriggio in cui si era visto distruggere tutto sotto al naso, non poteva che soffermarsi sull'espressione seriamente in apprensione e sofferente di Dean. E allora tornava a riempirsi la testa di domande, di dubbi e di congetture che forse gli davano la speranza che si trattasse di un enorme e infinito malinteso. Solo che non se la sentiva proprio anche solo di vederlo da lontano, figurarsi di parlarci. Bruciava ancora troppo violentemente il torto subito e sapeva che se prima non fosse riuscito a sbollire un pochino la rabbia, non avrebbe mai potuto ascoltare quello che aveva da dire.

Tuttavia Dean non si sarebbe arreso. Se gli sarebbero occorsi dei mesi, degli anni o forse anche dei decenni per farsi perdonare, non avrebbe mai smesso un solo secondo di dimostrarsi sinceramente pentito, perché in fondo, la parte più grande di colpa rimaneva comunque la sua.

Era stato uno stupido a non combattere prima la paura nei confronti di quello che si era accorto di provare. Dean aveva sempre e solo avuto paura di cedere a quella che lui aveva sempre considerato una debolezza. Amare voleva dire dipendere – almeno emotivamente – da qualcuno, fidarsi di qualcuno, rinunciare a sé stessi per qualcuno, rimanere fedele a qualcuno e per lui queste erano sempre state cose inconcepibili. Non si poteva arrivare a provare un sentimento del genere per un altro individuo, per una persona che sicuramente avrebbe finito col tradire tutte queste cose.

Dean non era convinto che esistesse qualcuno di indole diversa, un essere in grado di rispettare tutti questi principi e invece alla fine aveva incontrato Hayden.

Hayden che gli aveva fatto capire che non necessariamente questi erano assunti negativi, ma che al contrario, erano le azioni più naturali e logiche che potevano sovvenire quando si amava veramente qualcuno.

Aveva scoperto che volere la felicità delle persone a cui si è affezionati è naturale e scontato e che è incredibilmente bello quando si riesce a far nascere sul loro viso un sorriso emozionato. Aveva capito che fidarsi di qualcuno e sapere di avere sempre a disposizione un posto sicuro dove ripararsi era meraviglioso e che regalava una sensazione di protezione impareggiabile. Aveva compreso che rinunciare a sé stessi non era un peso e nemmeno una costrizione, ma solo un atto per dimostrare il proprio affetto che andava a favore di entrambe le parti e, infine, aveva appreso che rimanervi fedele era solo una conseguenza al fatto di essere consapevoli che mai da nessun'altra parte si sarebbe potuto trovare qualcosa di lontanamente paragonabile.

Hayden gli aveva insegnato tutte queste cose con la sua infinita gentilezza e pazienza, con la sua voglia di aiutarlo e di stargli vicino anche nei momenti peggiori; col suo riprenderlo quando sbagliava, facendogli capire che le cose si possono ottenere identiche anche in altri modi; non allontanandolo quando esagerava, ma rimanendogli vicino per insegnargli a fare diversamente; non lasciandolo solo a sé stesso e allo sbando anche se sbagliava mille volte e non ne azzeccava una; continuando a preferire la sua compagnia, conscio del fatto che lui un giorno avrebbe potuto tradirlo.

E Dean si era convinto allora che amare fosse una cosa bella, forse la più bella.

 

Dopo averle sperimentate praticamente tutte Dean si era lasciato andare all'autocommiserazione pura. Cos'altro poteva fare per farsi ascoltare?

Non sapeva più da che parte sbattere la testa e nonostante Brandon lo stesse aiutando a non andare in crisi e a farsi venire in mente qualcosa per approcciare Hayden, lui continuava a ripetersi che ormai aveva bruciato la sua possibilità di essere felice.

Ripensò a come era nato tutto, a come era stato così fortunato a trovare quella confessione proprio nel suo armadietto. Se l'avesse trovata qualcun altro? Se Hayden non avesse sbagliato a imbucarla? E tutta una serie di altri "se" che lo convinsero del fatto che, probabilmente, se non fosse andato tutto esattamente come invece era accaduto, non avrebbe mai vissuto i mesi più belli della sua vita.

Si sbagliava: il destino non aveva deciso di prenderlo in giro, anzi, aveva deciso di regalargli la sua opportunità di avere dalla vita il meglio. Opportunità che lui era stato capace di sprecare, come il peggiore degli idioti.

In un lampo la sua mente si accese, come capitava raramente.

Una lettera.

Avrebbe potuto scrivere anche lui una lettera e imbucarla nell'armadietto di Hayden. Se non voleva né vederlo né ascoltarlo, avrebbe per lo meno letto le parole di un anonimo scrittore. Ci doveva provare, anche se non era fiducioso al massimo della sua trovata, doveva comunque provarci. Tanto peggio di così non poteva andare.

 

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Hayden era steso sul suo letto quel pomeriggio, pensando ancora alla lettera che aveva trovato quella mattina nel suo armadietto e che aveva avuto la brillante idea di stracciare – tra l'altro proprio sotto al naso del mittente – e gettare nella pattumiera senza nemmeno arrivare a leggere tutto fino in fondo. Anzi, senza andare oltre la seconda riga!

Perché lo aveva fatto?!

Era stato uno stupido. Alla fine avrebbe sempre potuto stracciarla dopo essere venuto a conoscenza del contenuto e ora si stava praticamente mangiando le mani dalla curiosità.

Si coprì gli occhi con un braccio rigirandosi poi su un fianco, portando le gambe al petto.

Sarebbe stato un bugiardo se non avesse ammesso che Dean gli mancava come l'aria. Le sue giornate erano tornate vuote, grigie e insapore senza la sua presenza vivace e colorita capace di trascinarlo letteralmente, ma non se l'era sentita in quel momento di perdersi in quelle parole consapevole di avere gli occhi del colpevole addosso e in più non voleva leggere delle scuse, voleva sentirle! Che era ben diverso. Ora però cominciava a riemergere la disperazione e la voglia di sbloccare quel contatto dalla "lista nera" e chiamarlo, solo che non sapeva se se la sentiva o meno. Per giorni questa tentazione aveva strisciato dentro di lui così forte che per poco non era arrivato a selezionare dalla rubrica il suo numero sul serio. Anche in quel caso si stava svolgendo una lotta dentro sé stesso e anche quella volta non sapeva come sarebbe finita.

Dopo più di un mese la rabbia era stata quasi interamente sostituita dalla voglia di ricevere delle spiegazioni e dalla voglia di fare chiarezza. Questo Dean glielo doveva senza ombra di dubbio e lui si sentiva finalmente pronto ad ascoltare almeno quello che aveva da dire.

"Se non lo faccio non starò mai in pace con me stesso. Tanto peggio di così non può andare" pensó.

Era inutile continuare a tenere in testa tutte quelle domande che da sole non avrebbero mai trovato risposta.

Sospirando si tirò a sedere afferrando con mano tremante il suo cellulare. Aprì la lista dei contatti bloccati e trovò subito il numero che cercava: era anche l'unico dopotutto.

Selezionò l'opzione per il ripristino e, sentendo l'ansia esplodergli nella pancia come un formicaio che si disperde in tutte le direzioni, tirò un ennesimo sospiro prima di pigiare il tastino verde di chiamata, aspettando e aspettando.

Aspettando tutti gli squilli di una telefonata prima di convincersi che evidentemente non era destino e reimpostare tutte le opzioni esattamente come erano prima.

 

-¨-¨-¨-¨-¨-¨-¨-¨-¨-¨-¨-

Dean corse forse come non aveva mai fatto in tutta la sua vita nemmeno sui pattini. Percorse quei pochi metri di vialetto che separavano la sua auto dalla porta di casa di Hayden come se avesse il diavolo alle calcagna. Trafelato suonò il campanello pregando di non aver fatto un viaggio a vuoto, mentre nella sua testa vorticavano tutte le parole che avrebbe dovuto dire, tutte le parole che aveva impostato in un discorso logico e coerente per far capire al suo cervellone quanto lui ne fosse assolutamente dipendente.

Respirava affannato un po' per lo sforzo un po' per l'agitazione e contava i secondi trascorsi su quella che sembrava una graticola ardente.

Sentì poi dei rumori provenire dall'interno e un mazzo di chiavi che veniva inserito nella serratura per poi farla scattare.

Una mandata e il suo cuore iniziò a pulsare impazzito.

Due mandate e la sua testa andò completamente in tilt.

Tre mandate e si dimenticò persino come si facevano funzionare laringe, faringe, corde vocali e lingua.

Quando poi vide la porta aprirsi per lui fu come tornare a respirare.

Vedere di nuovo quel viso, anche se imbronciato, leggermente arrossato, con gli occhi lucidi e le guance rigate era stato come ricevere una scossa dritta al cuore che si era poi propagata in tutto il corpo. Non ci dovette nemmeno pensare troppo prima di afferrare quel faccino a due mani chinandosi per unire le sue labbra con quelle tremanti del più piccolo, iniziando subito a diventare insistente, a lasciare il pudore da parte, a chiedere il permesso per avere sempre di più.

Hayden invece non si stava nemmeno rendendo conto di quello che stava accadendo. Continuava a pensare di stare avendo una specie di allucinazione, un'allucinazione che proiettava tutti i suoi desideri. Chiuse gli occhi d'istinto stringendo in una mano la stoffa del maglione di Dean all'altezza del braccio, mentre l'altra si alzava da sola per andare incontro al suo viso, dove vi si posò in una carezza incerta.

Dean doveva sul serio avere qualcosa che non andava perché anche provandoci, non era più in grado di riuscire a staccarsi da Hayden. Avrebbe voluto iniziare a spiegare e sentirsi dire che poteva essere perdonato, accettato ancora una volta per il grandissimo disastro che era, ma non ce la faceva.

Continuò a mordere, a lambire con dolcezza e poi di nuovo a stringere, succhiare e leccare quelle labbra senza neanche dare il tempo al ragazzino di prendere fiato. Era un bacio frenetico, urgente, scomposto e anche un po' impacciato, specialmente per Hayden che non vantava certo una grande esperienza alle sue spalle, ma che anzi, di precedenti simili in vita sua non ne aveva mai avuti.

E praticamente subito, quasi senza pensarci, Hayden dischiuse le labbra accogliendo la lingua di Dean sentendola scivolare e avvilupparsi alla sua con dolcezza e passione allo stesso tempo.

Dean spinse il ragazzino all'indietro delicatamente, fino ad entrare completamente in casa sua chiudendo il battente con un piede.

Spostò le mani dal suo viso ai suoi fianchi stringendoli deciso, accostandosi di più a lui, sospirando fra le sue labbra arrossate e morbide continuando quel bacio che stava diventando via via più profondo e delicato.

Hayden si lasciò maneggiare senza opporre la minima resistenza. Sentiva in qualche modo da quel bacio tutto quello di cui aveva bisogno, tutto quello che aveva sempre voluto.

Non fece un fiato nemmeno quando percepì Dean afferrarlo da sotto le cosce senza il minimo sforzo, portandoselo addosso iniziando a muoversi sicuro verso le scale in direzione della sua stanza nella quale c'era stato solo una volta, ma comunque sufficiente affinché si ricordasse la strada.

Hayden si aggrappò al suo corpo per non gravargli troppo addosso stringendo le gambe attorno alla sua vita e allacciandogli le braccia attorno al collo, facendosi trasportare fino al letto, dove caddero ancora avvinghiati.

Solo allora Dean si staccò con uno schiocco dalla sua bocca rimanendo con la fronte poggiata su quella dell'altro, prendendo fiato.

«Ti amo Hayden.» gli soffiò contro le labbra inturgidite. «E mi dispiace davvero tanto.» aggiunse affondando la testa fra il collo e la spalla del più piccolo, inspirando quell'odore che gli era mancato tremendamente lasciando anche qui un tenero bacio.

Hayden prese un bel respiro chiudendo gli occhi. Posò delicato una mano fra i capelli castani di Dean muovendola leggermente su e giù sentendo il suo naso percorrergli leggero il profilo fino a strofinarsi delicato contro il proprio.

Era felice. Dean Collins gli aveva appena detto di amarlo baciandolo fino a strappargli anche l'anima e l'unica cosa che riusciva a pensare era quanto fosse dannatamente felice.

«Ti prego di credermi.» iniziò poi di nuovo il maggiore tornando a stabilire un contatto con gli occhioni di Hayden. «È stato tutto un grosso incidente. Brandon ha trovato la tua lettera nel mio portafoglio e... l'ha letta. I-io non potevo fare niente per impedirglielo, dopotutto è sua.» biascicò.

«Gli è piaciuta e quando mi ha chiesto perché ce l'avessi io... beh... ho mentito. Gli ho detto di averla trovata solo poco prima, quando in realtà era trascorso un bel po' di tempo e di non sapere chi la mandasse.» spiegò. «Così lui ha pensato che se l'avesse attaccata al suo armadietto rendendola pubblica tu ti saresti fatto avanti e... non ho potuto fare niente per impedirlo, ma la colpa rimane comunque solo mia. E... e mi dispiace davvero così tanto!»

C'era così tanto nella voce e nel tono che Dean aveva usato, che Hayden non poté fare altro se non credergli. Voleva credergli perché non riusciva veramente a pensare che quanto accaduto fosse sul serio frutto di una sua voglia di prenderlo in giro, di umiliarlo. Il Dean che conosceva non l'avrebbe mai fatto, non a quel punto, non con quelle premesse. Se lo sentiva fin da subito che qualcosa non quadrava che sicuramente c'era dell'altro dietro e ora che ne aveva la certezza non poteva fare altro che appigliarsi a questa certezza. Dean comunque aveva ragione: se non avesse mentito non sarebbe successo niente di tutto quello, quindi in un certo sento la colpa era anche sua, ma perdonargli quella mancanza sarebbe stato tutto un altro paio di maniche.

«Perché?» domandò il moro dopo un attimo di riflessione posandogli una mano sulla guancia. «Perché gli hai mentito?»

Dean mandò giù il groppo che aveva alla gola. «Perché avevo paura che lui ti portasse via da me.» mormorò alzandosi dal letto continuando a guardare un Hayden estremamente sorpreso. «Pensavo che se lui avesse voluto conoscerti meglio tu avresti accettato senza pensarci due volte e mi avresti lasciato indietro. Dopotutto è di lui che sei innamorato.» confessò sentendosi malissimo a dover pronunciare quelle parole. A lui ormai interessava solo ricevere il perdono del suo cervellone e sperare di poter recuperare il rapporto con lui, di tutto il resto non gliene importava nulla. Non si aspettava nemmeno di poter essere corrisposto, anzi, non lo aveva messo in conto già in partenza. Però non si sarebbe arreso nemmeno in quel campo. Se necessario gli avrebbe dimostrato qualsiasi cosa, qualsiasi cosa pur di riuscire a tenerselo stretto per sempre.

Hayden non poté trattenere il sorriso che si formò praticamente da solo al suono di quelle parole. Dean era sempre stato geloso di lui e vederglielo confessare con quell'aria così smarrita e tenera non aveva prezzo. Lui che era sempre così cupo, distaccato e burbero, nascondeva sotto la scorza qualcosa di molto diverso e lui era stato davvero fortunato ad avervi accesso. Comprendeva la motivazione dietro le sue azioni e sebbene ormai il danno era stato fatto, ricominciare da zero, in modo diverso, consapevoli dei propri sentimenti e senza ricatti di mezzo non poteva che essere la soluzione migliore.

«Sì, forse tempo fa se mi avessero chiesto se ero innamorato avrei risposto con un nome ed un cognome.» gli disse alzandosi a sua volta. «Quando ho scritto quella lettera ero davvero convinto di quello che sentivo. Talmente tanto da riuscire a cacciarmi nel guaio più grosso della mia vita.»

Dean fece una smorfia scoraggiata. Un guaio. Aveva appena definito tutto il loro trascorso un guaio.

«Poi...» riprese «poi è successo un imprevisto, o un bel casino che tanto è la stessa cosa e allora ho aperto gli occhi.» sorrise. «Dean io non sono innamorato di Brandon, probabilmente non lo sono mai stato. Forse, semplicemente ero infatuato dell'idea che avevo di lui, sai, del fatto che fosse un bel ragazzo gentile e simpatico. In realtà mi sono accorto che queste cose non fanno proprio per me... altrimenti non mi spiego come io abbia potuto perdere la testa per qualcuno di così antipatico, indelicato e spocchioso come te.» ridacchiò andandogli in contro fermandosi a pochi millimetri dal suo corpo.

«P-puoi ripeterlo in maniera più chiara... perché sai che io queste cose n-non le capisco e...»

«Ti amo.» lo interruppe. «Ti amo e vai bene esattamente così come sei.» ripeté alzandosi in punta di piedi più che poté cercando di arrivare al suo viso.

Dean sentì qualcosa di piacevole e inusuale chiudergli lo stomaco e stringerlo all'altezza del petto, qualcosa di strano ma al contempo di estremamente bello.

Sorrise avvolgendo le braccia attorno alla vita di Hayden chinandosi leggermente per guardarlo, attraverso gli occhiali, dritto in quegli occhioni cioccolato che tanto amava. «Sul serio?» domandò «Non cambieresti proprio niente?»

L'altro scosse la testa. «Assolutamente niente.» confermò prima di lasciarsi coinvolgere in un altro bacio da togliere il respiro.

   
 
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