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Autore: WibblyVale    19/03/2017    2 recensioni
Una neonata nell'ospedale di Konoha viene sottoposta ad un esperimento genetico e strappata alla sua innocenza. Crescendo diventerà un abile ninja solitaria, finchè un giorno non verrà inserita in un nuovo team. Il capitano della squadra è Kakashi Atake, un ninja con un passato triste alle spalle che fatica ad affezionarsi agli altri esseri umani. La giovane ninja sarà in grado di affrontare questa nuova sfida?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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“Voglio vendicare mio fratello! Voglio uccidere tutto quello che quei due hanno creato!” gridò Kenta rivolto ad Orochimaru.
Il serpente sorrise soddisfatto. “Quei due hanno avuto una figlia e presto, molto presto avrai la tua vendetta.” Appoggiò una mano sulla spalla del giovane ninja del Vortice. “Dovrai fare una cosa per me, prima.”
Kenta ebbe un tremito quell’uomo era spaventoso. “Farò tutto quello che vuoi.”

 
Shiori cercava di tirare fuori il chakra in eccesso da Kenta, sperava di riuscire a trattenere tutta quella disperazione. Non voleva perderlo, era troppo presto. Si meritava di vivere una vita normale, dopo tutto quello che aveva dovuto passare, in parte anche a causa dei suoi genitori.
“Ken, ti prego! Combatti!”
Lui le pose una mano sull’avambraccio e strinse forte, il suo corpo continuava a tremare. “S… Shiori, basta…”

 
“Me ne serve dell’altra, Orochimaru-sama.” Le sue mani tremavano, sentiva di averne la necessità.
“Dici davvero?” Orochimaru fingeva preoccupazione, ma sapeva benissimo che quello sarebbe successo. In fondo, anche Kenichi, il fratello di Kenta, aveva avuto la stessa reazione al siero.
“Ti prego.” Si mise in ginocchio. “Ne ho bisogno.”
Il serpente si avvicinò al mercenario. “Se ne vuoi un’altra, ho bisogno che guidi una spedizione per me.”
“Io sono qui solo per uccidere la figlia di quei due, non farò nient’altro!” urlò, non voleva sottomettersi a quei loschi piani, voleva solo la sua vendetta.
Orochimaru si voltò e fece per uscire dalla porta.
“No, ti prego!” gridò, strisciando nel terreno, umiliandosi come mai aveva fatto prima d’allora. “Ti scongiuro, ne ho bisogno.”
Il sannin si inginocchiò davanti a lui e gli prese le mani tra le proprie. “E io ti darò tutto quello che vuoi, ma d’ora in poi dovrai lavorare per me.”
“Cosa vuoi che faccia?” si arrese il mercenario.
“Devi guidare una spedizione contro un clan piuttosto forte. Voglio che lo distruggi, voglio che porti a me il ragazzino che si chiama Kimimaro. Lui diventerà il mio prossimo contenitore.”
Kenta era disgustato e spaventato, ma cos’altro poteva fare, voleva quel siero nelle sue vene, lo desiderava più dell’aria stessa.
“Lo farò” rispose, avrebbe sacrificato la sua anima, qualunque cosa, per riaverlo dentro di sé.

 
Shiori si fermò, con le lacrime agli occhi. Sapeva di non poter fare più nulla, si sentiva inutile.
“Kenta… Ti prego… Sei stato come… come un padre per me… Mi hai sostenuta, mi hai aiutata, non posso permettere che tu…”
Lui cercò di sorriderle, ma quella che apparve sul suo assomigliava più ad una smorfia di dolore.
“Tu mi hai ridato la vita, mia cara.” Ansimò, faticava a parlare. “Tu mi hai… mi hai salvato dall’odio. Shiori per… perdonami per ciò che ho fatto!”
“Certo che ti perdono!”
“Bene. Ad… Addio…” Le accarezzò una guancia e chiuse gli occhi, esalando il suo ultimo respiro.
“Noo! No no no no!” Shiori lo sentì la vita uscire da lui, ma non si arrese, voleva cercare di rianimarlo, per quanto sapesse che era impossibile. La mano di lui, che le stringeva il braccio, mollò la presa e cadde a terra.
La kunoichi si arrese, mentre le lacrime cominciavano a scendere lungo le sue guance. Si piegò su di lui e nascose il viso nel suo petto, mentre il suo corpo era scosso da irrefrenabili singhiozzi. Sentiva Choza strisciare verso di lei per consolarla, mentre le sensazioni di soddisfazione di Yoharu la pervadevano. In quel momento, però lei non riusciva a fare altro che piangere.

 
“Mi stai dicendo che ci si può fidare di quei due ragazzini?” chiese Kenta, il giorno che Shiori gli propose di prendere sotto la loro ala protettrice i gemelli.
“E la ragazzina.”
Il mercenario sbuffò. “Tu sei pazza, mia cara! La bambina non riesce a smettere di piangere giorno e notte, non credo sia in grado di mentire. E non farmi parlare dei gemelli! Sono due pesti! Kasumi, ti prego, evitiamo di farci ammazzare!”
Shiori sentiva che, nonostante le parole dure, all’uomo dai capelli striati di grigio quei piccoletti piacevano.
“Abbiamo bisogno di loro e se stessero con te, sotto la tua protezione, non avrebbero problemi” gli spiegò.
“E perché non con te?” sbottò lui.
“Io già mi occupo di Amaya, e Tanoshiji non mi permetterebbe una cosa del genere, lo sai.”
“Sembrano svegli…” cominciò a cedere Kenta.
La kunoichi, sapendo di aver quasi vinto, sorrise. “Lo sono.”
“Sai, tu mi porterai al manicomio!”
Lei gli si avvicinò e gli posò un bacio sulla guancia. “Saremo una grande famiglia, Ken. Non c’è niente di male in questo.”
Lui le sorrise di rimando. “No, anzi l’esatto contrario.”

 
Choza raggiunse Shiori e le posò una mano sulla spalla, mentre lei continuava a singhiozzare. In quel momento Yoharu proruppe in una fredda risata.
“Che tenero quadretto che siete!”
La kunoichi ebbe un fremito. Alzò la testa dal corpo di Kenta e gli posò un bacio sulla fronte. Dopodiché si rialzò con l’aiuto di Choza e si asciugò gli occhi dalle lacrime.
“Riesci ancora a combattere?” chiese all’Akimichi.
Lui annuì.
“Ora basta Yoharu!”
“Shiori, credi davvero di potermi battere? Siete sfiniti!” Lui convocò a sé i cloni rimasti in piedi. “Noi siamo imbattibili!”
Shiori fece un passo verso i nemici e si preparò a combattere.
 
All’interno del quartier generale gli shinobi erano in fermento. La battaglia al campo si stava facendo sempre più dura e le cose non stavano volgendo in favore dell’Alleanza.
“Un piano! Ci serve un piano!” gridò Kakashi nelle loro teste.
“Come se non lo sapessi!” sbottò Shikaku, facendo voltare tutti verso di sé.
Inoichi si liberò dai grovigli della sua macchina e prese l’amico per un braccio senza dire una parola. Lo portò fuori sul balcone e lo guardò con aria severa.
“Se perdi la calma tu siamo morti, lo sai questo?”
“Mi dici da che pulpito! Quando mai hai fatto una cosa ragionando? Tu, signor Impulsivo, dai lezioni a me? Mi porti qua fuori come se ci fosse il tempo per le tue stronzate!”
Il biondo sbuffò. “Hai finito?”
“Al diavolo!”
“Shikaku, gli esseri umani normali, quelli che, a differenza tua, non sono dei pazzi psicopatici, a volte perdono il controllo…”
“Sei qui per insultarmi o cosa?” sbottò il Nara.
“Sono qui per dirti che va bene perdere il controllo, ma cerca di tornare in te, amico. Là sotto ci sono persone che non sanno quanto sei idiota, e per questo contano su di te. I nostri figli sono laggiù. Choza è laggiù, e se fosse qui ti direbbe di riprendere controllo su te stesso e alla svelta. Quindi prendi una boccata d’aria, calmati, e fai girare gli ingranaggi.”
Inoichi si voltò e fece per tornare all’interno dell’edificio. “Se… usassimo le abilità innate di ciascuno di noi per provare a bloccare il Decacoda? Nel frattempo potrei ragionare su come far agire i Jinchuriki per il meglio. Credo che Shikamaru avesse ragione, le nostre speranze risiedono in Naruto.”
Lo Yamanaka sorrise, Shikaku poteva sentirlo anche senza vederlo.
“Smettila di essere così compiaciuto, razza di imbecille!”
“Sono fiero di te” gli disse l’amico.
Il Nara lo superò ed entrò all’interno dell’edificio, mentre Inoichi lo raggiunse allungando il passo.
“Grazie, Inoichi.”
L’amico gli passò un braccio attorno alla spalla. “Ma figurati!”
In quel momento, Takeo li raggiunse, aveva le lacrime agli occhi. “Kenta… Kenta è morto!”
 
Choza era tornato ad essere un gigante e combatteva contro i cloni, mentre Yoharu e Shiori combattevano tra di loro. La donna si passò una mano sulle labbra per ripulirle dal sangue, mentre il mercenario si tratteneva il braccio dove lei aveva concentrato sensazioni di dolore. L’arto era sano, ma lui non riusciva a fare alcun movimento.
“Ormai non ti fai più scrupoli!” esclamò lui.
“Non ne meriti.” Gli lanciò una palla infuocata, che lui schivò arrivando a colpirla con un pugno intriso di un enorme dose di chakra. Lei riuscì a tenerne buona parte fuori da sé, ma con la restante dovette combattere per poterla espellere.
Era complicato combattere Yoharu, soprattutto mentre si tendeva un orecchio alla battaglia distante per assicurarsi che le persone a cui teneva stessero bene. Sentiva che il mercenario era in tensione, sapeva che lei non si sarebbe arresa che l’avrebbe combattuto fino all’ultimo, fino allo sfinimento. Lei aveva deciso che se doveva morire, l’avrebbe portato con sé.
“Ti ho sentito distruggere Tanoshiji-sama, pezzo per pezzo. Gli hai detto di sognare, gli hai tolto la possibilità di morire come sé stesso.”
“Gli ho tolto la sofferenza!” replicò lei. “Nonostante quello che mi aveva fatto!”
Lui si lanciò verso di lei, cercando di colpirla con un pugno della mano sana, ma lei lo parò. “Lui non ti ha fatto nulla! Tu gli hai tolto la dignità!”
“Voleva uccidere Amaya!”
“Io ucciderò Amaya e il resto della squadra-Kasumi, poi sfrutterò tuo figlio per i miei scopi.” Stavolta il colpo andò a segno e lei cadde a terra ansimante. Ciò nonostante ridacchiò, mostrandosi superiore, non facendogli vedere quanta paura avesse.
“Credi davvero di avere degli scopi tuoi? Sei una copia di Tanoshiji, con la differenza che lui a modo suo sapeva amare, mi ha amato. E ora sei una pedina di Obito, di Kabuto e cosa più importante di Orochimaru. Non c’è niente in te di originale, sei un nulla! Un nulla che ha bisogno di dominare gli indifesi per sentirsi qualcosa. Ah! Tutto quel potere che hai è sprecato in uno come te.”
La rabbia montò in lui, che urlando scagliò verso di Shiori una palla di chakra più forte della prima, che la colpì in pieno. Come Kenta prima di lei, la kunoichi cadde a terra tremante.
 
Nel frattempo, anche a Konoha erano arrivate, seppur lievi le ripercussioni del terremoto. Hikaru che giocava con Amaya si bloccò e cominciò ad urlare. Yoshino corse nella sua stanza terrorizzata e stringendolo tra le braccia.
“Tesoro, che succede?”
“Cattivo, cattivo! Vuole distruggere!” Il bambino nascose il volto nel petto della zia. “Ho paura!”
“Non ti preoccupare, piccolo mio!” Lo prese in braccio e lo portò di sotto, davanti al tavolo della cucina, insieme ad Amaya.
“Ora vi preparo una bella cioccolata calda.”
“Yoshino, stai tremando!” esclamò Amaya.
“N… No, piccola, sto solo…” Dovette trattenersi al mobile della cucina per non cadere.
“Ha paura” spiegò Hikaru.
Fosse stata Shiori, Yoshino le avrebbe urlato di farsi i fatti suoi, ma quel bambino stava solo cercando di capire.
Si sedette accanto a loro e cercò di sorridere confortante. “Ho solo un po’ d’ansia per la scossa che abbiamo sentito, ma mi fido di Shikaku, lui saprà come superarla.”
Hikaru annuì, sentendo che era sincera. “Cosa voleva dire quella scossa?” chiese.
“Non lo so.” Yoshino guardò fuori dalla finestra, aveva un pessimo presentimento.
 
A poca distanza da loro, nell’ospedale di Konoha, un’altra persona riapriva gli occhi cercando di capire cosa stava succedendo. Hisoka sentiva una mano che si stringeva alla sua e quando voltò la testa vide Aya che gli sorrideva.
“Credevo che non ti saresti più svegliato. Mi hai fatto prendere un colpo.”
“Grazie per esserti presa cura di me” le disse. “Dov’è Takeo?” chiese, la mancanza del fratello si sentiva fin troppo.
“Doveva consegnare il messaggio.” La ragazza si passò una mano tra i capelli nervosa. “Credo che ora sia al quartier generale.”
Hisoka tentò di rialzarsi dal letto, ma lei lo trattenne per le spalle. “Sei pazzo?”
“Io e Takeo non… Non può andare al centro della guerra senza di me!”
“Tornerà, me l’ha promesso…” disse lei arrossendo.
Il gemello cercò di calmarsi e fece un sorrisetto malizioso. “Certo che tornerà! Dopo quel bacio…”
“Te lo ricordi?”
“Come scordarselo, avevo un posto in prima fila!”
“Sei un cretino!” disse ridendo, ma era preoccupata.
“Starà bene” le disse, ma dentro di lui sentiva che il suo fratellino era in pericolo.
 
Shisui correva a perdifiato, quando raggiunse la costa, fece appena in tempo a vedere Shiori a terra, Choza che urlava, quando due cloni cominciarono ad attaccarlo con pallottole di puro ferro. Lui non poteva credere ai suoi occhi, Shiori non poteva essere morta.
 
Anni prima, quando Hikaru aveva un paio di mesi, Shiori e Shisui sedevano fuori casa e si godevano il tramonto. Amaya giocava con Tora e loro stavano in un silenzio contemplativo. L’Uchiha aveva molti pensieri per la mente. Era difficile spiegare come in quei mesi la sua vita fosse cambiata drasticamente, ed era difficile dare l’idea di come la cosa gli piacesse. Quella strana sensazione nel suo cuore, forse incomprensibile per lui che non la provava da tanto tempo, era semplice e pura felicità.
Ripensò per la prima volta con orrore al giorno in cui aveva tentato di togliersi la vita, se Itachi non l’avesse salvato, avrebbe finito per non conoscere tutto questo. Per perderselo. Un pianto provenne dalla cucina, distraendolo. Shiori scattò in piedi e corse a prendere il figlio.
Shisui la sentì allontanarsi, poi tornare dondolando il bambino tra le sue braccia. Si risedette accanto a lui, mentre Hikaru si calmava tra le braccia della madre.
“Non è un po’ presto per l’ora della pappa” chiese l’Uchiha.
“Sì, lo è. Ho abbassato lo scudo e credo che lui ti abbia sentito.” Shisui poteva percepire che la donna stava arrossendo, lui fece per aprire bocca, ma lei lo precedette. “Sono emozioni belle, ma per un neonato sono complicate” spiegò.
Ora fu il suo turno di arrossire. “Io…”
Hikaru si stava calmando e Shiori appoggiò la testa sulla sua spalla. “Non c’è bisogno di dire niente, Shisui.”
“Lo so, ma… Da quando voi siete qui, mi sento vivo.”
Shiori gli posò un bacio sulla guancia. “Le famiglie servono a ritirarci su nei momenti difficili.”
“Non ho mai avuto una famiglia così grande. Solo la nonnina.”
“Be’ ora ce l’hai! E non ti libererai di noi così facilmente!”
Shisui passò un braccio attorno alle spalle di lei e sorrise. “Grazie.”

 
Choza colpì gli ultimi cloni rimasti, mentre Shisui atterrava i suoi. Entrambi corsero verso il corpo riverso a terra di Shiori, spaventati di averla persa per sempre. L’Uchiha sentiva il mondo crollargli sotto i piedi, non poteva aver perso un’altra persona importante per lui. Ad un tratto, però, le cose cambiarono, sentì che il suo cuore si riempiva di calma. Si voltò verso Choza e, vedendolo sorridere, capì che anche lui aveva ricevuto le stesse sensazioni.
 
Shiori aveva appena fatto in tempo a mettere una sua copia al proprio posto. Fu lei che ricevette la palla di chakra. Faticò a non farla sparire in una nuvola di fumo, ma doveva prendere Yoharu di sorpresa.
Sentì quanto Shisui e Choza fossero preoccupati, per questo li avvertì che era viva inviando loro sensazioni di calma. Vide Yoharu voltarsi verso di loro con un sorriso malefico, e decise di uscì dal suo nascondiglio.
Attivò la tecnica del controllo dell’ombra e prima che raggiungesse il nemico, urlò: “Credevi davvero fosse così facile?”
Il mercenario si voltò di scatto, ma non fece in tempo a scappare dalla tecnica. La copia ai piedi di Shiori, ormai priva di chakra scomparve. Yoharu combatté con la tecnica, ma ormai era esausto e la kunoichi troppo intenzionata a finirla. Vide Shisui e Choza fare un paso avanti per aiutarla, ma li bloccò.
“Devo farlo io” disse.
“Cosa? Uccidermi?” urlò il mercenario. “Come hai fatto con Tanoshiji?”
“No, non ti farò sognare” lo informò la donna. “Sai, voglio insegnare ai miei figli che la vendetta non porta a nulla, che non ti lascia soddisfatto, ma… Tu devi pagare per quello che hai fatto.” L’ombra cominciò ad avvolgersi alla gamba dell’uomo, che immobile non poteva fare nulla. I suoi occhi si riempirono di terrore.
“Ka…  Kasumi-sama… Ti prego.”
Lei scosse la testa. “Hai un merito, sai? Tu mi hai capita molto meglio di Tanoshiji. Sai che farei qualunque cosa per proteggere chi amo.”
Yoharu tremò. “Tu… tu sei la creatura peggiore di questo mondo” le disse.
“Mi dispiace di non averti potuto aiutare. Ma vuoi sapere una cosa? Forse lo posso fare ora.” L’ombra che ormai aveva raggiunto il collo dell’uomo si ritirò. “Verrai arrestato e useremo il programma di Shizune per riabilitarti, poi te ne andrai dalle nostre vite. Forse, quando sarai una persona migliore, pagherai con il rimorso per quello che hai fatto.”
Shiori esitò, voleva ucciderlo con le sue mani, l’aveva distrutta, aveva ucciso Kenta, aveva minacciato i suoi figli, ma doveva essere superiore, perciò lasciò che l’ombra abbandonasse il mercenario e fece cenno a Shisui di legarlo. L’Uchiha si avvicinò, ma Yoharu fu più veloce e si chinò a prendere un kunai e tentò di colpire il moro.
Shiori vide la scena e tutta la rabbia che aveva proruppe in lei e la lanciò verso il mercenario, che stramazzò a terra prima di colpire l’Uchiha. La kunoichi si piegò su sé stessa ansimante, era stato tutto troppo forte. Raddrizzandosi a fatica, fece qualche passo avanti e si inginocchiò accanto a lui, lacrime di rabbia, dolore e molto altro le scorrevano dagli occhi.
Yoharu era a terra preso dalle convulsioni, quella scarica di emozioni era stata troppo forte perché un qualsiasi essere umano potesse sopportare.
“Che gli hai fatto?” chiese Choza.
“Ho liberato il dolore che mi tenevo dentro in lui” spiegò la donna. “Lui aveva causato tutto questo, lui mi aveva reso debole… Non ho saputo trattenermi.”
“Perché noi non abbiamo sentito niente?” L’Akimichi era scioccato.
“Perché volevo farlo” sospirò lei. “Quando ho visto che stava…” La donna si morse un labbro. “Sapevo che avrei perso il controllo.”
Shisui le si inginocchiò accanto e la strinse a sé. “Morirà?” domandò.
“Non per questo, no. Credo che diventerà pazzo. Nessuno… nessuno riesce a sopportare così tanto. L’ho colpito con la mia rabbia sapendo che l’avrebbe ridotto così.”
“Allora, si deve… Se vuoi lo faccio io” propose l’Uchiha, sapendo che c’era solo una soluzione a tutto questo.
Shiori prese la mano rigida del mercenario e strappò il kunai con forza. “No, faccio io.”
“Ragazzi, cosa credete di…” Choza cercò di fermarli, ma Shiori lo bloccò con lo sguardo. “So che ti ha fatto del male, ma…” balbettò l’Akimichi.
“Choza, è un atto di pietà. So che non sembra, ma… Se ti senti a disagio va via,” gli intimò la kunoichi.
L’uomo strinse le braccia al petto e non si mosse. Shiori annuì e affondò la lama nel petto di Yoharu ponendo fine alla sua vita. Barcollante si rialzò e andò verso il corpo di Kenta e gli accarezzò il volto.
Shisui le si affiancò e lei si gettò tra le sue braccia, non capendo la miriade di sentimenti che provava. “È finita, Shiori. È finita.”
 
“Io devo andare da loro, Shikaku. Ti prego!” urlava Takeo. “Kenta è… era…” Le lacrime scendevano dai suoi occhi.
“Sei sconvolto, non posso lasciarti andare.” Il Nara non avrebbe messo in pericolo il ragazzo.
“È un padre per me, se… se avessi potuto vedere tuo padre un’ultima volta…”
Il capoclan sospirò. “D’accordo, ma stai attento. Non fare nulla di avventato. Shiori ti aspetterà.”
Takeo ringraziò e corse giù dalle scale. Shikaku andò accanto al suo amico e gli pose una mano sulla spalla.
“Come vanno le cose?”
“Shiori ha ucciso Yoharu, ma è preoccupante ciò che sta accadendo al campo di battaglia…”
“Che intendi?”
“Il biju si sta preparando a lanciare una Teriosfera, e questa è l’angolazione.”
Un’immagine proruppe nella mente di Shikaku, mentre i sensitivi di tutto il quartier generale cominciavano ad agitarsi.
“Papà!” le voci terrorizzate di Ino e Shikamaru proruppero nelle loro teste.
Il Nara strinse con più forza la spalla dell’amico, che stava stringendo il tessuto dei pantaloni con mani tremanti.
“Va bene, Shikaku. Va bene” cercò di rassicurarlo Inoichi, nonostante fosse altrettanto spaventato.
  
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