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Autore: Chemical Lady    23/03/2017    2 recensioni
[[ Spoiler su tutto Tokyo Ghoul :re - Presenza di personaggi OC nella storia ]]
La figura che troneggiava su di lei sembrava un angelo.
Distinta, si stagliava verso il cielo possente, spezzando il buio notturno con la sua bianca presenza. Il cappotto candido cadeva fino al terreno, immacolato ad eccezione di qualche piccola ma visibile goccia di sangue. Una costellazione vermiglia, spaventosa, che impregnava il tessuto sovrapponendosi ad altre più vecchie, marroni e rapprese, ad alta velocità.
Il volto, invece, pareva quello di un demone. Gli occhi dall'innaturale sclera nera spiavano impassibili e annoiati il solo superstite della squadra Hidaishi.
Riversa sul marciapiede, in una pozza della sua stessa urina, c'era una ragazza dai capelli neri, che spuntavano arruffati da sotto il casco della divisa antisommossa del CCG. Teneva gli occhi ambrati fissi su quelli del ghoul dalla maschera rossa, incapace di distoglierli.
Sto morendo , si diceva in una lenta litania. Sto morendo.
Aiko Masa, vent'anni sprecati a compiere scelte inutili, stava morendo.
[[ Quinx Squad center ]]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Sasaki Haise, Sorpresa, Un po' tutti, Urie Kuki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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saboteur

僕は孤独さ  No Signal

Secondo intermezzo: Agonia.

Parte prima.

 

 

 

C’è una sottile linea tra amore famigliare e amore romantico. Ciò che di netto esiste, invece, è il senso di totale disagio di fronte alla manifestazione di una sua forma differente da quella provata dall’altra persona.

Aiko sguazzava in un senso di colpa denso come petrolio mentre, lentamente, ripiegava una ad una le sue magliette, sistemandole nella valigia insieme al resto del suo armadio. Camice, pantaloni, cornici e foto. Tutto venne accuratamente messo in ordine, pezzo dopo pezzo e solo a quel punto Masa capì che non aveva poi molto.

La sua vera ricchezza era ben altro.

«Hai già finito?»

Voltò il capo incontrando il volto di Kuramoto, sorridente. Se ne stava appoggiato allo stipite della porta ormai da diverso tempo, lei lo aveva sentito avvicinarsi prima con l’udito e poi con l’olfatto, entrambi acuiti dall’intervento. Gli sorrise di rimando, sedendosi sul letto e aprendo il cassetto del comodino, ficcando scatoline di medicinali e ninnoli di poco conto all’interno della tasca della valigiona che chissà come avrebbe chiuso.

«Mi aspettano per oggi pomeriggio.» gli rispose, prendendo anche il caricatore del telefono e arrotolandolo con cura prima di chiuderlo nella tasca dello zaino del computer, che sarebbe finito nell’ampia borsa da spalla «Questa è la vera avventura, non l’intervento: vivere con i Quinx e vedere che succede.»

«Ti troverai bene. Sono ragazzi simpatici.»

Fece un paio di passi nella stanza e lei si alzò, andandogli incontro e avvolgendo le braccia attorno al suo collo per stringerlo in un abbraccio. Chiuse gli occhi, sentendo il cuore pesante come se lo avessero incatramato.

Kuramoto affondò il viso nel suo collo e le accarezzò la schiena, in silenzio.

Quando Aiko si staccò, gli prese il viso fra le mani «Lavorare con te è stato un onore, ma lo è stato molto di più vivere qui. Questo non è un addio, lo sai.»

«Lo so, ma allora perché sei tu quella che sta piangendo?»

 

Capitolo dodici.

Aprile.

L’alcool che stava ingurgitando era molto di più del cibo che nel frattempo consumava, spiluccato dal buffet. Ito le aveva riempito un piattino conoscendo molto bene i suoi gusti, così da non farle venire il mal di stomaco mentre litri e litri di champagne andavano ad alzarle l’euforia, già abbastanza alta in seguito alla promozione che aveva ricevuto quella mattina stessa.

Avvolta nell’abito bianco formale, dalla giacca un po’ stretta sulle spalle e la gonna scomoda, Masa osservava la sala con gli occhi un po’ lucidi a causa dei diversi bicchieri vuoti che infestavano il tavolo a cui era seduta. Si era già liberata delle scarpe alte, abbandonate accanto alla sedia, mentre la gamba accavallata dondolava piano.

Guardava verso i Quinx, in particolare verso il punto in cui Urie stava cercando di fondersi con la parete, al fine di ignorare i tentativi di socializzazione di Kuroiwa. Sia lei che il suo partner erano entrambi stati promossi al primo livello quel giorno. Un bel passo avanti sia per lo stipendio che per la posizione. Ito, che le sedeva accanto e chiacchierava allegramente con chiunque passasse vicino a loro, era salito alla prima classe.

Lo stesso grado di Take, che invece aveva preso posto di fronte a lei e sembrava perso in chissà quale pensiero.

«Cosa ti assilla?» aveva chiesto alla fine la mora e lui, senza venir chiamato direttamente per nome, alzò gli occhi castani in quelli ambrati della giovane. Non rispose, scuotendo appena il capo e arricciando la fronte, come per voler comunicare che non era niente di che. È il vostro giorno, stava continuando a dire in silenzio, guardando lei e Kuramoto, io sto bene. Il fatto che l’avesse capito nonostante il silenzio era inquietante. «Sicuro? Hai una brutta cera.»

Per giusta misura, prese un altro bicchiere da un vassoio che passava.

«Tu non stai bevendo troppo?» chiese Hirako, facendo finalmente sentire la sua voce.

«Io non ti sono mai piaciuta.» rilanciò invece lei, con un mezzo sorrisetto, mentre con gli occhi accarezzava il bordo della tovaglia bianca «Ma va bene così. Io non ti piaccio perché tu sei una brava persona.»

«Sei ubriaca.» alzandosi di poco, le sfilò il bicchiere, ficcandole in mano un crostino. Aiko ridacchiò piano, un po’ malinconica, portandolo alle labbra mentre Take passava il calice a Ito, il quale aveva appena finito di parlare con Nakarai. Anche lui era salito alla prima classe «Lei non beve più.» furono le sue ultime parole, prima di allontanarsi dal tavolo.

«Rimane un padre migliore di quello biologico.» soppesò Masa, inclinando di lato il capo mentre lo guardava sparire dalla sala.

«Come la mamma però non c’è nessuno!» Saiko prese posto nella sedia vuota alla destra della collega, sorridendo a Kuramoto mentre questi la salutava e congratulandosi con lei. Yonebayashi ricambiò quelle moine, prima di guardare Masa «Non vai a salvare Urie?»

«Perché dovrei?» domandò quella, vagamente divertita «Mi ha scaricato in  superstrada e mi bulleggia quando ci alleniamo insieme. Se lo merita un po’ di Takeomi

«Takeomi è una persona squisita.» fu la difesa del biondo, che guardava entrambe di sottecchi.

«Sì, ma Cookie lo odia.»

«Strano che Oreo odi qualcuno.» Aizawa passò un calice a Masa, nonostante Ito gli stesse chiedendo di non farlo e poi brindò con lei alla salute del Quinx scorbutico «Ora scusatemi, ma mi hanno appena detto che Matsuri ha quasi riso prima. È di buon umore ed è il momento di tirare fuori tutto il mio repertorio di barzellette sugli ebrei. Se causerò anche una piccola risata o un pallido sorriso, verrò ricordato per sempre qui dentro.»

Aiko guardò il dottore allontanarsi con divertimento, scuotendo piano il capo prima di prendere un sorso di vino frizzante «Chissà cosa ci fa lui qui. Non è un agente.»

«Nemmeno Aogiri lo fermerebbe dal mangiare gratis a spese del dipartimento, Aiko.» entrambe le ragazze risero e quando Masa si alzò in piedi un po’ traballante, anche Kuramoto scattò su, tenendola su con una mano dietro al gomito «Dove vai? Ti accompagno.»

«Non ne ho bisogno, grazie.»

«Insisto, non cammini diritta.»

Lei lo guardò con espressione complice e quando ancora non ci arrivò, prese un respiro «Mi accompagni al bagno a cambiare l’assorbente, Kuramoto

Due secondi ed era di nuovo seduto. «Forse meglio se viene Yonebayashi con te.»

«Posso andare da sola!»

Saiko non venne fatta alzare o almeno non ne ebbe il tempo. Tenendo le scarpe dal tacco alto in mano, certa che se le avesse infilate si sarebbe schiantata contro qualcuno o direttamente sulla pavimentazione, Aiko si avviò cercando di compiere una traiettoria rettilinea fatta di sorrisi e saluti ai colleghi che incontrava lungo la strada. Solo quando lasciò il salone e i suoi piedi coperti solo dalle calze fini passarono dall’accarezzare la moquette multicolore alle mattonelle fredde del corridoio, si lasciò andare in un lungo sospiro. Si appoggiò con il braccio alla parete, avviandosi lentamente verso i servizi. Quella usata con Kuramoto era solo una scusa, in realtà voleva solo sciacquarsi il viso. Non avrebbe mai e poi mai ammesso che la sola cosa che aveva bisogno di cambiare era l’aria.

Arrivò fino ai bagni ma, prima di entrarvi, si sentì chiamare. Dal fondo del corridoio, Tooru la stava raggiungendo a passi veloci. «Oi.» lo salutò con un cenno, «anche tu necessiti della toilette?» chiese quindi, scivolando appena contro la porta a causa di una piccola vertigine.

Mutsuki la prese al volo, «No, ma visto come camminavi ho pensato che magari avevi bisogno di una mano.»

«Sei saggio.» Masa fece un cenno di assenso, socchiudendo appena gli occhi, prima di ridacchiare, brilla «Mi fa così schifo tutto questo che vorrei solo tornare a casa.»

«Non ti senti a tuo agio?»

«Non sentirsi a proprio agio è un modo di dire che solo una persona dolce ed educata come te può usare. A me tutto questo fa cagare. E sai perché? Perché non me lo merito. Per niente.» ci fu un piccolo stallo e alla fine, perdendo la voglia di scherzare, Aiko aprì la porta, facendo per entrare «Tu vieni?»

Tooru guardò la porta del bagno delle donne, poi deglutì piano, per poi entrare. Non poteva di sicuro lasciarla sola in quello stato.

Masa si appoggiò ai lavandini, facendo scivolare la spallina della piccola borsa bianca per poterla appoggiare accanto a sé. Poi si guardò e per poco prese paura. Era bianca come un morto. Dall’interno della borsa prese una matita nera e tracciò di nuovo il contorno dell’occhio, recuperando anche un blush rosato per dare un minimo colore alla pelle delle guance. Il tutto sotto lo sguardo indagatore del collega.

«Raramente ti trucchi.» le fece notare Tooru, appoggiandosi alla parete accanto all’asciugamani elettrico. «Stai bene così.»

«Grazie» le rispose lei, aprendo l’acqua e umettandosi una mano, che passò poi dietro al collo, all’attaccatura dei capelli scuri «Ti senti a disagio in questo bagno?» chiese quindi, guardandolo attraverso il riflesso dell’ampio specchio. «Cosa senti? Un senso di rigetto? Magari non credi che sia il tuo posto perché gli altri potrebbero pensarlo o è qualcosa di unicamente tuo?»

Mutsuki abbassò gli occhi, a disagio «Parli come Noriko

«I nostri lavori si somigliano molto. Con la differenza che io entro nella mente degli psicopatici per metterli dietro alle sbarre e lei è  inutile.» fece una piccola pausa «Con questo non sto dicendo che sei psicopatico, sia chiaro.»

Sentendo che la ragazza ancora aspettava una risposta, Tooru decise di dirottare la conversazione su qualcosa che, effettivamente, lo tormentava da qualche settimana «Tu e Urie state insieme, ora?»

Masa lo guardò intenerita da tanta ingenuità, sempre senza voltarsi verso di lui «No.» confermò, «A lui non piaccio abbastanza e io farei fatica a non volerlo uccidere.» lentamente si voltò, appoggiando i fianchi al lavandino «Hai paura che voglia fare la stronza con lui? Sei gentile. Non preoccuparti, è lui che fa lo stronzo.»

Mutsuki sorrise «Sei dura con lui.»

Una serie di battute di pessimo gusto nacquero nella mente di Aiko, ma non poteva farle perché di fronte a lei non c’era Shirazu. C’era Tooru e lui era innocente come un giglio bianco. Semplicemente incrociò le braccia sotto al seno «Sai, le relazioni sentimentali non sono mai semplici.» disse alla fine, parodizzando un tono falsamente saccente «E spesso l’attrazione fisica e l’attrazione mentale non vanno di pari passo. Probabilmente potrebbe funzionare, se solo lui non-»

«Non volevo farti un terzo grado» la interruppe Mutsuki «Solo, il giorno che abbiamo parlato poco dopo il tuo arrivo, avevo capito dalle tue parole che tu fossi…. Omosessuale. »

«Sono bisessuale, in realtà.» gli confidò con sicurezza «Penso sempre che l’attrazione vada oltre il sesso della persona che ho di fronte. Ci sono uomini che non vedrei nemmeno se provassero in ogni modo a conquistarmi e donne per le quali perderei la testa.»

«Deve essere bello avere tutte queste certezze nella vita.»

Aiko gli sorrise incoraggiante, recuperando la borsa per poi avvicinarsi «Devi scoprire te stesso se  vuoi capire gli altri» gli disse semplicemente, prima di prenderlo a braccetto «Dopo questo momento cuore a cuore torniamo di là o penseranno che ti ho rapito per sedurti. E noi non vogliamo che Sasaki lo pensi, no?»

Il volto di Mutsuki andò in fiamme fino alle orecchie. Provò a balbettare qualcosa, ma l’altra era come un tornado. Si strinse meglio al braccio dell’altro, trascinandolo fuori mentre proseguiva a farfugliare di tutti i modi in cui Tooru avrebbe potuto farsi notare dal professore.

Non c’erano molte possibilità che potesse nascere un’amicizia vera.

Però c’era spazio per lavorarci.

 

 

«Così gli ho detto Kijima, se vuoi fare di testa tua, sappi che te lo impedirò con ogni mezzo. Questo è il mio caso, non il tuo.’ E lui cosa ha fatto? Ha comunque deciso di testa sua.»

Masa prese un lungo tiro dalla sigaretta, facendo uscire un po’ di fumo dalle narici, «Sei diventato troppo tenero, Koori»  disse rivolta al classe speciale Ui, che la liquidò con un gesto della mano. «No, davvero. Un paio di anni fa lo avresti preso e lanciato fuori dalla finestra per un affronto come questo.»

«Io concordo» Fura, il terzo tabagista, passò il peso da un piede all’altro «Una volta eri molto più di polso.»

Che lo stessero prendendo in giro era ovvio, ma la poca libertà che avevano nei suoi riguardi era legata al fatto che ogni giorno si incontrarono ad orari decisi e fissi su quel tetto, per fumare. Una sorta di club esclusivo di persone con vizi malsani.

Fumare unisce le genti.

Rilassa anche.

 Koori più di tutti ne aveva bisogno, tanto quanto di dormire. Il caso Rose aveva preso piede da poco più di due settimane, ma non avevano ancora ottenuto grandi risultati. Era una questione di immagine per Ui, che si era preso a carico di quella faccenda incresciosa unendo le squadre Shimeugi, Sasaki e Kijima sotto una unica bandiera. A far fronte comune con loro c’era anche la squadra Ito, capitanata proprio dal neo prima classe, il quale teneva sotto di sé tutti coloro che erano rimasti della squadra Hirako.

Masa aveva capito cosa tormentasse tanto Take la sera delle promozioni. Aveva intenzione di lasciare la squadra al suo secondo, non interessandosi del fatto che questi non solo non se lo aspettasse, ma che non se la sentisse. Perché Kuramoto aveva accettato con il cuore in gola e la sensazione di non essere abbastanza.

Ma Aiko glielo aveva detto chiaramente: sarebbe stato un leader molto migliore di Take, che aveva scelto per chissà quale motivo di riportare il culo al sicuro come braccio destro di Arima. Il perché rimaneva un mistero, visto che la spiegazione che la S3 fosse a corto di organico non stava in piedi. C’erano tanti valenti giovani pronti a dare la loro vita allo Shinigami Bianco, perché Hirako aveva scelto di perdere gradi e soldi sulla busta paga?

No. Non torna.

«Aiko?» gli occhi ambrati della moretta tornarono a spostarsi sul classe speciale, che assottigliò lo sguardo a causa degli ultimi raggi caldi del sole, i quali finivano direttamente a colpire il suo viso di porcellana. «Quindi? Il rapporto di Sasaki quando arriverà?»

Masa aveva intuito che qualcosa non quadrava. Ui era una delle persone più altere dell’intero bureau, ma anche una di quelle più gentili. Dietro a        quella che sembrava una scorza dura si nascondeva un ragazzo a tratti insicuro. Koori Ui viveva per avere l’approvazione di un solo, singolo uomo. Egli rispondeva al nome di Kishou Arima, colui a cui tutti facevano capo, colui che tutti volevano impressionale nonostante fosse la persona meno impressionabile al mondo.

Aiko pregò di non doversi mai trovare al posto di Ui, a invidiare il rapporto di Haise e Arima e, soprattutto, a cercare di farsi notare dallo Shinigami della ccg. La sua vita non sarebbe potuta andare in senso più opposto rispetto a quella di quell’uomo, per quanto ne sapeva lei.

Nonostante non fosse la segretaria del suo capo, Aiko sorrise all’uomo «Glielo ricorderò appena lo vedo. Entro la fine della settimana lo avrai di certo.»

Lui annuì, facendo ondeggiare il caschetto lucente e finendo per spegnere la sigaretta nel posacenere a muro. Poi salutò educatamente e rientrò, seguito qualche istante dopo da Fura. Aiko, che se la stava prendendo con una certa calma – il suo turno era finito da un po’, in effetti- allungò lo sguardo lungo lo spiazzo di fronte a lei. Sul tetto della sede centrale c’erano solo lei, un paio di agenti  interni che cenavano un po’ in anticipo e poi, seduta poco lontana su una delle rare panche di legno, Noriko. Aveva accanto a sé quello che sembrava un bento mezzo vuoto e in mano un termos. L’aria cambiò, portando con sé l’odore acre della bevanda lì contenuta.

Di sicuro non era caffè.

Quando la psicologa la colse in fallo, con gli occhi ancora appoggiati con insistenza sul suo viso, si voltò per guardarla. Non correva buon sangue fra le due, Masa poi non riusciva a tollerare che quella donna sapesse cose del suo passato, conservate all’interno di un fascicolo troppo spesso per una ventitreenne. Non si salutarono, né parlarono.

Aiko continuò a fumare, senza abbassare lo sguardo e l’altra donna fece lo stesso, creando uno stallo.

Esso si infranse solo con l’arrivo di Urie, che spinse con forza la porta taglia-fuoco, adocchiando subito la partner poco distante da essa.

«Fumare fa venire il cancro.»

«Anche tu, ma non posso rinunciare né a te, né alle sigarette.»

Aiko gli sorrise, notando con divertimento che nonostante l’altro avesse alzato gli occhi da rettile al cielo in un moto di esasperazione, le sue orecchie si erano tinte di rosso a causa dell’imbarazzo.

«Ad ogni modo, la giornata è ufficialmente finita. Stiamo pensando di tornare a casa.» le fece sapere sbrigativo, mentre Aiko prendeva l’ultimo tiro di sigaretta.

«Oh sì, ti prego» mugolò, tirando le braccia verso l’alto per stirare la schiena, mentre il ragazzo andava a sistemarle l’orlo della camicetta azzurrina che indossava sotto al maglioncino primaverile, tirandolo verso il basso per coprirle il ventre piatto «Grazie mamma.» lo prese in giro per quel gesto, prima di appoggiargli una mano sulla spalla «Non vedo l’ora di ficcarmi nella doccia.»

«Dopo i nostri allenamenti, spero.»

«…Sei un mostro. Oggi abbiamo fatto due riunioni.»

Lui non diede segno di averla ascoltata «Oggi possiamo prendere le bici e andare fino al campo da calcio per allenarci con i nostri kagune

Masa sospirò piano, «Così spaventiamo di nuovo i bambini?»

«…Lo facciamo dopo cena.»

«Perché non usiamo la nostra palestra?»

«Perché tu hai distrutto tutto l’ultima volta.»

Lei lo guardò quasi offesa, prima di ammorbidire il viso in un sorrisetto malizioso, piegando il braccio per passarlo dietro al suo collo e attirarlo a sé. Era alta abbastanza per guardarlo negli occhi «Magari tu non sai cosa si prova, ma quando hai delle appendici molto ingombranti non è semplice manovrarle.»

«Non dicevi così l’altra sera.»

Per la prima volta da quando si conosceva, fu Masa a rimanere del tutto senza parole. Lo guardò per un istante con gli occhi sgranati, le labbra socchiuse per l’incredulità, a corto di argomentazioni valide. Poi scoppiò a ridere, soprattutto perché l’altro aveva pronunciato quella che era indubbiamente una battuta anche abbastanza spinta nella più totale apatia, appoggiandosi con la fronte alla spalla di Kuki.

«Sei impossibile.» sussurrò piano la ragazza, avvertendo la mano dell’altro appoggiarsi sul suo fianco, mentre con una certa circospezione si guardava attorno. Non che fosse strano vedere qualcuno in atteggiamenti più o meno intimi. C’erano più agenti con l’amante al lavoro che senza. Però Urie ci teneva particolarmente a mantenersi apparentemente perfetto, soprattutto con Matsuri.

Ad Aiko stava bene, perché ciò che aveva detto a Mutsuki e Sasaki era vero. Non erano una coppia, semplicemente, avevano costretto loro stessi a inventarsi una sintonia che, non essendo spontanea affatto, aveva trovato il suo sfogo nel sesso. Il dormire insieme, letteralmente, li aveva decisamente uniti.

E non solo sul piano fisico.

Lavoravano molto meglio, forse anche in virtù della chiacchierata avuta precedentemente alla loro prima volta.

Per buona educazione, comunque, Masa si scostò, ma non si separarono. Lasciò parlare Urie di come e quanto avrebbero potuto allenarsi, anche in vista della mattinata di riposo che li spettava il giorno seguente. Studiò attentamente il suo profilo, chiedendosi se lo trovasse o meno bello. C’era qualcosa di affascinante in Urie, anche se oggettivamente non era il ragazzo più avvenente che avesse avuto a sua disposizione. Forse erano i nei particolari sotto l’occhio sinistro. Forse il suo modo di atteggiarsi sempre un po’ ruvido, scontroso e distaccato.

Il fascino del bad boy.

Inesorabili, una serie di note inconfondibili arrivarono fino alle loro orecchie e Masa dovette per forza di cose smettere di fantasticare sul suo collega. Si guardò attorno e ci mise un attimo ad adocchiare un braccio che sbucava dalla porta di metallo, reggendo fra le mani un cellulare. La fonte di quella musica era proprio quello.

«Questa è Celiné Dion?» domandò prima di ridere, guardando l’espressione soddisfatta di Shirazu, mentre questi faceva capolino dall’uscio. Urie non si voltò nemmeno a guardarlo, mentre Aiko colta da un attimo di puro coinvolgimento si azzardava anche a intonare la canzone «Once more you open the door and you’re here in my heart and my heart will go on..»

«Avevo anche pensato a Witney Houston, ma non volevo esagerare e Urie non assomiglia per niente al protagonista di the Bodyguard»

La mora stava praticamente gongolando «Be my Di Caprio, Cookie.» Inutile dirlo, il diretto interessato si staccò dalla ragazza di almeno otto passi pensando a come fare per ficcare l’apparecchio nella gola del caposquadra, che li stava raggiungendo.

«Smettetela di tubare» li apostrofò a voce alta, così che tutti coloro che non si fossero ancora accorti di nulla, potessero arrivare a tirare le somme di tutto quello stupido teatrino. La vena sul collo di Urie prese a pulsare visibilmente «Sassan ci aspetta di sotto. Andiamo?»

«Voi andate avanti» a sorpresa, Aiko si tirò indietro, controllando l’ora sul cellulare. Di fronte all’espressione perplessa dei due, sorrise facendo l’occhiolino «Passo a trovare un pezzo grosso e mi faccio dare un passaggio. Tanto gli allenamenti oggi ci sono dopo cena.»

 

L’ufficio non era mutato per niente da quando Kuramoto era diventato il caposquadra. La sola cosa ad essere cambiata era l’aria che si respirava all’interno. Per Aiko era più distesa, per Ito invece asfissiante.

«Shirazu mi ha ascoltato e ha usato Baciala da la Sirenetta?»

Aiko ridacchiò sotto ai baffi, sistemandosi sulla sedia di fronte alla scrivania dell’amico «No, ha deciso di darsi ai classici e si è buttato sulla colonna sonora di Titanic.»

«Ah, perché nessuno mi ascolta mai?»

Si scambiarono una lunga occhiata, prima di iniziare a parlare del più e del meno per dieci minuti. Masa gli spiegò per filo e per segno come Ui aveva bocciato il progetto sotto copertura ideato da Haise, di quanto inquietante fosse il padrone del negozio di maschere e dei suoi pensieri riguardo all’astio che Koori covava nei confronti del capo dei Quinx. Lui non la interruppe nemmeno una volta, rimanendo rilassato contro lo schienale della sua sedia, con il solito sorriso serafico sulle labbra.

«C’è un motivo preciso per cui volevi vedermi, comunque?» di punto in bianco, Masa si ricordò dell’urgenza con cui Kuramoto l’aveva chiamata in mensa, chiedendole di passare appena possibile. Non aveva detto che l’avrebbe fatto in giornata ben sapendo che gli allenamenti di Aikido dovevano venire prima per quieto vivere domestico, ma visto che erano stati posticipati dal maestro in persona aveva colto la palla al balzo.

Passava troppo poco tempo insieme a Ito in quell’ultimo periodo, voleva rimediare. Un anno prima erano stati inseparabili.

«In realtà sì.» le disse il biondo, improvvisamente con nervosismo mal celato. Si mise diritto sulla sedia, facendo una piccola pausa prima di iniziare ad articolare quello che sembrava un discorso che si era preparato prima «Sai che è difficile per me prendere il posto lasciato vuoto da Take. Abbiamo passato tre ore a sviscerare la cosa il giorno stesso in cui è successo, fino a che il sake non ha vinto e io mi sono ubriacato.» Quell’ultima affermazione strappò un sorriso alla ragazza, che a sua volta si sentiva tesa. Kuramoto serio non era se stesso «Il punto è che  devo scendere a patti con questa nuova realtà e sto cercando di armarmi di tutto ciò che penso possa essermi indispensabile. Per questo ti sto chiedendo, anzi  ti sto pregando di tornare in questa squadra. Ho bisogno di te.»

Nel giro di nemmeno un’ora, Aiko si ritrovò di nuovo ammutolita. Non in termini piacevoli, però. Si sentì uno schifo, ma sapeva che doveva stroncare ogni minima scintilla di speranza in merito.

«Kuramoto-»

«So che sei nei Quinx da nemmeno quattro mesi» la interruppe lui, deciso a spiegarle per filo e per segno il suo punto di vista prima di sentirsi dire di no. «Ti sei sottoposta a un intervento chirurgico invasivo, hai fatto un addestramento intensivo e ora che ti sei stabilizzata ti sto chiedendo di mollare tutto e fare marcia indietro. Lo so, non ha senso. Però aspetta di sapere cosa ho da offrirti.» lei si morse il labbro, incerta sul volerlo o meno sapere, ma poi annuì facendogli cenno di andare avanti «Se torni in questa squadra avrai carta bianca sulle indagini, come hai sempre voluto tu. E potrai farlo perché voglio promuoverti.» Allungò la mano, chiedendole di poter stringere la sua. Aiko glielo concesse. «Ho già parlato con Machibita e anche a lui sta bene: puoi diventare il vice caposquadra. Per questo ti chiedo almeno di pensarci.»

Masa rimase in silenzio per almeno due minuti, soppesando ogni singola parola dell’amico. Poi gli strinse di più la mano «Ok. Ci penserò su, ma sappi che difficilmente potrò accettare la tua offerta. Ora come ora non sono più un agente normale e assumerti il rischio di avere un Quinx in squadra è troppo. Soprattutto ora.»

Lui sorrise, vittorioso nell’essere riuscito almeno a farla riflettere sulla questione. «Va bene, mi sembra un ottimo compromesso.»

Entrambi si sollevarono, stringendosi in un abbraccio che durò forse un po’ troppo. Quando tornarono a prendere posto, l’aria si era distesa.

Kuramoto però non aveva finito di liberarsi di certi sassolini nelle scarpe.

«Lui sa cosa è successo?» chiese quindi a bruciapelo «Urie Kuki, intendo. Gli hai raccontato di cosa è successo due anni fa?»

Aiko si raggelò sulla sedia, guardandolo «No.»

La risposta arrivò lapidaria e tagliente come una lama d’acciaio.

Tanto affilata da stroncare il discorso sul nascere.

In realtà, Aiko non sapeva bene a cosa si riferisse Ito. Erano successe parecchie cose due anni prima. Forse intendeva lo scontro col Gufo in cui avevano perso Orihara. Magari la notte in cui Osaki era stata assassinata, mentre raggiungeva il ristorante dove lui e Take stavano cenando. O magari parlava dell’incidente stradale.

La risposta non sarebbe cambiata in ogni caso.

«Abbiamo parlato di suo padre.» per riportare di nuovo un’atmosfera rilassata, Masa proseguì a parlare «Non voglio turbarlo, però. Non sembra, ma è una persona che prende parecchio a cuore le situazioni.»

Non era vero. Urie era un muro. Masa avrebbe potuto provare a buttarlo giù in ogni modo, le sarebbe sempre sembrato apatico e insofferente. La sola volta che si era un minimo interessato a lei era stata la sera in cui, per l’appunto, avevano parlato di Mikito Urie.

«E dimmi, Aiko, lui ti piace oppure ti stai divertendo come sempre?»

Non c’era nessuna cadenza sarcastica o amara nella domanda di Ito. L’aveva posta con la solita leggerezza nonostante Masa fosse a conoscenza dei suoi reali pensieri. Non era nella natura del biondo fare lo stronzo. Piuttosto, se lo sarebbe tenuto per sé.

«La prima volta che l’ho baciato ero ubriaca. La prima volta che ci sono finita a letto, prima stavo piangendo e ci siamo fatti anche uno spinello. Non è esattamente la storia d’amore che vorresti raccontare ai tuoi figli, non credi?»

La conversazione si stava allontanando un po’ troppo dalla sua zona di confort, così Masa si alzò prima di rendere la cosa insopportabile. Sorrise, nonostante si sentisse atterrita. Non le era mai successo prima di sentirsi a disagio con Kuramoto. Era sempre stata la persona a cui si era sentita più vicina, lì dentro.

Avrebbe dovuto aspettarselo però, una volta cambiata squadra.

«Torno a casa, gli altri mi stanno aspettando.» gli mentì, sporgendosi sulla scrivania per baciargli la guancia «Tienimi aggiornata per il concerto dei リンガール, mi raccomando.»

«Lo farò, tu fai la brava!»

«Come sempre, buonanotte!»

Chiuse la porta dietro alle sue spalle, prendendo un respiro e chiudendo gli occhi, prima di avviarsi decisa fino all’ascensore. Si sentì scossa nell’anima dalla permanenza in quell’ufficio e quando guardò l’ora sullo schermo del suo smartphone trasalì nel realizzare che vi era rimasta solo quindici minuti. Le era sembrata un’ora.

Si chiese se ci fossero possibilità che i Quinx non fossero ancora tornati, quando il nome di Yonebayashi apparve lampeggiando sull’apparecchio che stringeva ancora in mano. Un po’ sorpresa, accettò la chiamata «Saiko? Stavo pensando di chiamar-»

-Macchan…. Ti prego, vieni qui.-

La voce della compagna di squadra era spezzata. Sembrava spaventata. Masa si mise subito in allerta «Cosa sta succedendo?» domandò quindi «Dove sei? Sei in pericolo?!»

-Aogiri- disse l’altra, sottovoce, come se temesse di essere sentita –Ci hanno attaccati nel parcheggio. Sono tra il terzo e il quarto piano e-

La linea cadde. «Saiko! Merda!» Aiko provò a richiamare, pigiando velocemente il tasto dell’ascensore, come se quel gesto potesse aiutarla ad andare più veloce.

«Aogiri!? Non è possibile!»

Permise a mala pena all’ascensore di arrivare al piano terra. Sfrecciò nell’atrio rapidamente, rendendosi conto che non aveva con sé la sua quinque e che quindi si sarebbe basata solamente sulle sue abilità col kagune.

Avrebbe anche chiesto aiuto, ma non incontrò nessun investigatore sulla sua strada e non aveva di certo il tempo di chiamare.

Se Saiko aveva chiesto a lei, cosa poteva essere successo agli altri?

Doveva far presto, l’avrebbe scoperto da sola cosa diavolo stava succedendo.

 

Aiko aveva trovato Saiko immobile, ai piedi della rampa interna delle scale che portavano al terzo livello del parcheggio custodito del ccg. L’Aogiri doveva avere avuto una discreta dose di coraggio per attaccarli in casa loro, ma in effetti il parcheggio era un po’ distaccato dal palazzo principale e arrivarci le aveva impiegato cinque minuti di corsa.

E lei non era umana.

«Sei ferita?!» le aveva chiesto, inginocchiandosi accanto a lei. L’altra l’aveva guardata con gli occhi a palla e il colorito chiaro sul viso tirato, prima di scuotere il capo lentamente. «Ti sei battuta? Con chi?»

«Non lo so, non l’ho mai visto.» tenendosi il braccio con la mano paffutella, la più giovane delle due mostrò il cappotto strappato e il sangue rappreso sul suo tessuto «Mi ha morsa, ma sto già guarendo.»

«Come te la sei cavata?»

Mentre Aiko la aiutava ad alzarsi, Yonebayashi guardò oltre la sua spalla, per quanto le era possibile a causa del discreto divario fra le loro altezze «Un uomo mi ha salvata, ma non so perché. Sembrava un ghoul

Masa la guardò stupita «Cazzo, oggi è la giornata delle sorprese incredibili» ironizzò, prendendole la mano e avviandosi per le scale. Dovevano ricongiungersi agli altri e trovare soprattutto Sasaki «Come era fatto?»

«Grosso» ponderò Saiko, tenendosi vicina a lei «Aveva addosso una mantella che sembrava fatta di stracci e in mano aveva una quinque. Sembrava rotta però.»

A quelle parole, Aiko si pietrificò. Si voltò verso di lei, con le labbra socchiuse e gli occhi sgranati, con una domanda che le ballava sulla punta della lingua ma che non voleva abbandonarla. Non ebbe il tempo di porla.

Una risatina leggera le gelò il sangue nelle vene e portò via il poco colore sulle guance di Saiko.

Tornando a guardare in alto, sulle scale di fronte a loro, Aiko la vide.

«Eto

La bambina con le bende ridacchiò nuovamente, portando le mani dietro alla schiena e dondolando sui piedi.

Masa sciolse la fibbia del cappotto lungo fino ai polpacci e lo lasciò cadere dietro di sé, tenendo protetta Saiko, mentre i suoi occhi non si spostavano da quell’immagine grottesca.

Falsamente innocua.

«Perché siete qui?» chiese, denti stretti, mentre un tremore alle gambe la tradiva.

Eto non rispose, si limitò a dondolare dalla punta dei piedi ai talloni, inclinando di lato il capo. L’abominevole occhio rosso dalla sclera nera la trapassava come un proiettile.

Aiko non riuscì a trattenersi.

Con tutta la forza di cui disponeva, abbatté quattro delle sue code sul ghoul rompendo il muro alle sue spalle quando questi scansò il colpo. La vide appoggiarsi ai tentacoli e scansarsi, prima di salire in piedi sulla finestrella che dava sull’esterno, sprovvista di vetro.

«MACCHAN NO!»

Saiko non aveva ancora finito di gridare, che Aiko si era lanciata in una corsa su per i gradini rotti, saltando poi dalla finestra, esattamente come aveva appena fatto Eto.

 

Contrariamente a qualsiasi previsione, Masa tornò più di mezzora dopo, sporca di terra e sangue, con un taglio quasi guarito sulla guancia e i jeans laceri sulla coscia della gamba destra.

Il resto dei Quinx, circondati dai colleghi, la videro arrivare a capo basso. Sasaki si precipitò da lei prima ancora che la ragazza si fu avvicinata la nastro che separava l’ingresso del parcheggio, reso inagibile dallo scontro, dal marciapiede pedonale.

«L’ho persa.»

«Meglio così» le disse il mentore, tenendosi una mano sul petto, mentre Yonebayashi li raggiungeva, abbracciando la vita della mora, la quale le appoggiò una mano fra i codini blu. «Sono felice di vederti tutta intera. Mi sono spaventato a morte quando Saiko mi ha detto che hai seguito un capo di Aogiri

«Perché ci hanno attaccati?» chiese stanca Masa, provata dalla corsa.

A risponderle, fu Urie «Sono alleati con Rosenwald

Masa prese un respiro.

Chiuse gli occhi.

Poi li alzò al cielo.

«Cazzo, è proprio un giorno ricco di sorprese.»

 

 

Nonostante vi fosse una parete a separarla dal magazzino di cemento nel quale si stava consumando la violenza, poteva nitidamente sentire non solo l’odore ferroso del sangue misto a quello ben più acre del liquido secreto dal kagune, ma anche il ticchettio incessante e fastidioso delle sveglie, che continuavano a suonare e suonare senza fermarsi.

Labbra Cucite, accomodata sui gradini freddi della scalinata che conduceva in quel seminterrato buio, ascoltava e aspettava che il divertimento di Eto avesse fine. Con il mento appoggiato al ginocchio e lo sguardo distante, perso in un pensiero, sospirò chiedendosi quale follia avesse spinto quel tedesco pazzo a commissionare un lavoro di quella portata proprio ad Aogiri. Il gioco non poteva valere la candela.

Un altro urlo, straziante, arrivò alle sue orecchie, sfumando sostituito dall’incedere cadenzato di passi appena udibili. Alle sue spalle, qualcuno stava scendendo i gradini senza fretta. Portò una mano alla maschera, che pendeva lungo il collo, per nascondere il viso, ma non servì. Il profumo che le arrivò alle narici era famigliare, al punto tale che abbassò anche il cappuccio che le copriva i capelli.

«Lǎoshī»

«Méi méi

Tatara le si fermò accanto, guardandola serio dall’alto, prima di chinarsi a sua volta per sedersi un paio di gradini più in basso. Lei lo osservò mentre portava le mani grandi ma sottili dietro alla nuca, iniziando ad allentare la maschera rossa per sfilarsela, liberando così il viso.

Lo sguardo dell’altra mostrava un interesse mal celato di fronte alla sua presenza lì, in quel momento «Perché sei venuto? Oggi sono io che devo occuparmi di lei. La accompagnerò a casa non appena avrà finito. Credevo fossi stanco.»

«Infatti lo sono. Però, voglio assistere a ciò che uscirà da quella porta quando Eto avrà terminato la trasformazione, prima che venga affidata a Noro

La fronte della giovane si increspò, perplessa «Affidata?»

«Sì, anche lei è una donna, a quanto pare.» La lasciò a meditare su quell’ultima affermazione, estraendo dalla manica del cappotto lungo e bianco un contenitore per alimenti. Glielo sventolò sotto al naso, costringendola a prenderlo e ad aprirlo «Ora mangia, sarà una nottata lunga.»

«Sai che non posso rimanere fino all’alba…» In ogni caso, non contestò quello che più che un gesto gentile, sembrava un ordine. Guardò dentro al contenitore di plastica, inclinando di lato il capo, prima di afferrare una strisciolina di tessuto chiaro «Prima i poi capirò perché hai questa passione per il cervello.»

Lui non la guardò nemmeno, prendendo un cellulare e tenendo gli occhi  rossi sullo schermo «Ognuno ha i suoi vizi.»

«Ok, ma è pieno di colesterolo e la consistenza non è il massimo.» portò il boccone alle labbra, masticandolo rapidamente. Ne mangiò un po’, prima  di passare quella sorta di merenda condivisa al ghoul di fronte a lei, che terminò il pasto, tornando poi ad occuparsi di chissà quale cavillo. Dal modo in cui si scambiava email con il suo interlocutore, sembrava importante.

I minuti divennero mezz’ore, le mezz’ore divennero ore. Era abbondantemente passato il momento di coricarsi quando, finalmente, la porta pesante di fronte al loro si aprì in uno sfrigolio di cardini.

Eto indossava solo un sorriso compiaciuto e il sangue della sua vittima, quando si mostrò ai due. Le punte dei capelli erano annodate a causa dei grumi rossi che le ricoprivano. Li spiò divertita, notando come la giovane si tenesse appena un po’ distante rispetto al corpo massiccio dell’albino.

«Ci vorrà ancora parecchio.» trillò deliziata di fronte alla prospettiva di chissà quante ore –forse giorni- di torture. Labbra Cucite si domandò cosa mai potesse averla attratta di Rosenwald, cosa stesse cercando di distruggere. Non sapeva niente del ghoul aristocratico, ma avrebbe presto chiesto delucidazioni a qualcuno. Magari ad Eto stessa  «Tesoro, tu vai pure.» le disse addolcendo il tono «Non vogliamo mica che la tua Colomba, si insospettisca notando la tua assenza.»

Annuendo, questa si alzò in piedi «Non sospetta di nulla.» decretò con tono morbido, avvicinandosi per spostarle la frangetta verde dalla fronte «Fino a che continueremo ad usare il nome Uzume, andrà tutto come deve andare. Non ci sono le basi per sospettare nulla.»

Tatara le guardò apatico, prima di tornare a dedicarsi ai suoi affari, come se fosse ben abituato a quella sorta di moine.

Eto sembrò fare le fusa come una gatta, mentre guardava l’altra donna alzare la maschera e sistemare le bende che aveva allentato sul viso «Ormai ci siamo quasi. Quando il ccg farà la sua mossa, allora la faremo anche noi. Si sa, dopotutto, che i bianchi muovono per primi.»

Non appena Labbra Cucite ebbe sistemato il cappuccio della mantella bianco sporco, si scambiarono un ultimo sguardo. Poi questa si rivolse a Tatara «Lǎoshī. » Lo chiamò, incoraggiata da Eto «Se ce ne sarà l’occasione, voglio farti un grande dono.»

Lui non parve sorpreso «Per quale motivo?»

«Per rimediare alla mia debolezza in passato.»

L’albino spostò gli occhi sottili sul Gufo, prima di rispondere all’apprendista «Deve essere un regalo molto grande per compensare.»

«Se uno non bastasse, provvederò con altri.»

Unì il pugno alla mano aperta, inchinandosi a lui, prima di superarlo, salendo le scale a rapidi passi. Eto la guardò sparire, prima di fissarsi nuovamente su uno dei capi dell’organizzazione, con entrambe le sopracciglia alzate e le braccia incrociate sotto ai seni tondi.

Lui alzò il mento, come per invitarla a parlare.

«Sei troppo duro con lei. È migliorata.»

«Peggiorare non poteva.» si levò anche lui in tutta la sua altezza, portando le mani alla maschera rossa per rimetterla sul naso e sulla bocca. Quando si fu di nuovo nascosto dietro di essa, concluse il discorso «Nemmeno se mi donasse la Cina intera potrebbe rimediare alle perdite di tempo che mi ha dato negli ultimi anni.»

«Signor Tatara, hai il cuore più duro della pietra con cui hanno costruito la Muraglia.»

Gli lanciò uno sguardo obliquo, prima di tornare ai suo svaghi, chiudendosi la porta alle spalle con lentezza, così da continuare a scrutarlo con i suoi grandi occhi verdi.

Rimasto solo, Tatara non trovò più un senso nella sua presenza lì. Raccolse il contenitore di plastica, avviandosi per le scale.

«Non sarà mai freddo quanto il tuo, Eto

 

 

Continua…

  
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