Buongiorno a tutti!
Capitolo cortissimo perché impossibile da spezzare
diversamente J Probabile
che la continuazione arriverà prima del solito mese per compensare la scarsità
di materiale!
Grazie come sempre a tutti coloro che mi leggono, a
chi mi segue e a chi mi sopporta in tutte le mie ordinarie crisi esistenziali!!
Bacius!
Elendil
______________
Ed
improvvisamente tutto fu troppo veloce e rapido per riuscire a decifrarlo.
Troppo tempestivo per poterne percepire esattamente la sequenza.
Nella tenda fecero il loro ingresso una decina di Kamin armati fino ai denti, i volti trasfigurati da quella
che era chiaramente l’avvisaglia di un panico generalizzato e incombente.
Guardarono prima il Kamin-Na poi lei e poi nuovamente
il Kamin-Na.
“Alcune Ombre sono state avvistate a pochi minuti da
qui. Tutti gli Ivnes sono stati
allertati e così gli altri, ma loro saranno qui prima di essere tutti
pronti” esalò uno di quelli. Il Kamin-Na annuì una
volta, grigio in volto.
“Sapete cosa fare. Date armi ai prigionieri in grado
di combattere e nascondete gli altri” due del gruppo si allontanarono
rapidamente.
“Avete già piantato le Vele?” continuò l’uomo “Tutte
quelle a nostra disposizione” annuì uno.
“Cercatene di altre” Nuovo annuire. Nuovo defilarsi di
alcuni uomini.
“Come siamo messi con gli yenavo’r?”
riprese il Kamin-Na. Un ragazzo dall’aria grave fece
come un passo avanti “Stiamo provvedendo ora alle bardature. Pochi minuti e
saranno pronti in prima linea” l’altro annuì.
“Il tempo stringe. Provvedete a che tutto sia finito
al più presto”. Sguardo vitreo, il ragazzo fece un rapido dietrofront prima di
sparire dalla tenda.
“I segugi sono pronti?” lo sguardo del Kamin-Na cadde -con somma sorpresa della Nihaar’ì - su una donna lì presente. Era chiaramente una Kamin, ma il suo abbigliamento la faceva assomigliare più a
una dama “di corte” che a una combattente. La donna annuì piano facendo
tintinnare le perline affisse dai ninnoli del suo collo fino a quelli apposti
ai capelli bruni.
“Siamo pronti”. Mentre anch’ella se ne andava il Kamin-Na posò il proprio sguardo sugli uomini rimanenti.
“A voi il compito di orchestrare le difese. Mi aspetto
che ognuno faccia ciò che è stato addestrato a fare in queste occasioni. Liebes ehn Rai! (Forza e
coraggio)”
“Liebes ehn
Rai!” ripeterono in coro tutti prima di allontanarsi a passo di marcia dalla
tenda.
Rimasti soli, il Kamin- Na
posò finalmente il proprio sguardo su di lei. Era terrorizzato, percepì la
ragazza restituendo a sua volta l’occhiata. Eppure a differenza degli altri,
egli sapeva controllarsi abbastanza da non darlo a vedere. Intuire tuttavia il
tremolio delle sue mani fu un qualcosa di estremamente intimo e rivelatorio per
la ragazza.
“Chiunque voi siate” disse finalmente questi dopo un
lungo attimo “Credo sia ora mio dovere proteggervi”
Preoccupato per l’affare? Fu
tentata di rispondere la ragazza ma si trattenne: poter vantare la protezione
di nientemeno che il capo dei Kamin era un privilegio
non da poco. Sprecarlo per una stupida battuta forse non era la mossa migliore
da fare vista l’immanente situazione.
E difatti, nemmeno il tempo di prepararsi alla
baraonda che l’intera Carovana fu investita da un nuovo stridio acuto e
lacerante, greve avanguardia del boato che subito seguì e del successivo
innalzarsi di grida più o meno umane che a esso si accompagnarono.
Era cominciata. Rabbrividì la Nihaar’ì.
Subito si sentì brancare per la mano dal Kamin-Na e
sollevare letteralmente di peso sulla sua spalla. Non la mossa più ortodossa
che avesse mai visto ma di certo la più rapida per costringerla senza un
lamento a uscire dalla tenda e correre all’esterno alla ricerca - immaginò - di
un riparo dietro al quale nascondersi.
Mentre usciva dalla tenda ebbe appena il tempo di
gettare un’ultima all’ancora rannicchiata e ahimè dimenticata Karin. Ricordò
allora di averle gridato qualcosa. Sicuramente il suo nome. E qualcosa di molto
simile a una promessa di qualche tipo. Ma in breve assieme al socchiudersi
delle tende alle sue spalle, anche il pensiero di Karin e delle sue sfortunate
sorti abbandonò la Nihaar’i.
Ansimò, la spalla del Kamin-Na
che le premeva a ogni passo sullo stomaco impedendole quasi di respirare.
“Dove stiamo andando?” chiese con un gemito contratto.
L’uomo non le badò, evidentemente troppo impegnato a rifilare ordini a destra e
manca per darle attenzione. La voce calma e ferma, sembrava quasi immune al
panico che vivo serpeggiava già fra gli uomini presenti, una freddezza d’animo
tradita solo dall’inumidirsi via via della presa esercitata sul fianco della Nihaar’ì. Poi un’improvvisa svolta e nel campo visivo della
ragazza vi furono delle figure nel deserto, nere di penombra, che quasi volando
avanzavano di gran carriera in direzione della Carovana già ora accesa di mille
e più fuochi. Rapide nel cielo scattarono allora milioni e più di biglie
arroventate che per un attimo solcarono la volta celeste in un nugolo di
puntini ardenti, luminosi e fischianti come non mai.
Nuova svolta e l’esplosione rombò nell’aria assordando
la Nihaar’ì.
Poi una voce.
“Fuga d’amore, caro Kamin-Na?”
il brusco arrestarsi dell’uomo per poco non la fece cadere di schiena a terra.
A fatica lui la trattenne a sé prima di avvolgerle il fianco anche con l’altro
braccio.
“Solo una piccola precauzione nel caso in cui le Ombre
riescano a fare breccia nelle nostre difese. Non sia mai che io privi il vostro
padrone della sua prima scelta”
Momento di silenzio, probabilmente usato dai loro
inseguitori per valutare l’effettiva veridicità delle parole dell’uomo. Poi un
vago accenno di sorriso.
“Lusefin desidera che la
ragazza sia subito portata a lui” “Lusefin ha già con
sé il denaro che mi ha promesso?” fu la lapidaria risposta del Kamin-Na. Nuovo silenzio, evidentemente negativo.
“Molto bene dunque” prese nuovamente parola questi, la
voce che tradiva una più che palese nota di nervosismo “Dite al vostro padrone
che la ragazza sarà sua solo quando vedrò dinnanzi ai miei occhi il suo prezzo
in moneta. Fino ad allora ella rimane dei Kamin”.
Una risposta davvero fiera, non potè
che notare la Nihaar’ì. Sfortunatamente però non la
risposta che gli scagnozzi del mercanti erano pronti ad accettare perché nel
breve attimo che seguì la donna fu certa di percepire l’affilato sfregolio di lame estratte.
Male. Chiuse appena gli
occhi. Molto male.
E poi ecco il Kamin-Na
buttarla improvvisamente a terra ed estrarre con un unico movimento la propria
arma prima di slanciarsi all’attacco degli uomini lì schierati. Dimenticata a
terra nella confusione generale, la Nihaar’ì si
limitò a strisciare rapidamente a terra per raggiungere il riparo più vicino.
Una gabbia, per la precisione. Ma in quel caso qualunque cosa sarebbe di certo
andata bene.
Vi si accucciò sotto stringendosi al petto la parodia
di vesti che ancora tentavano - senza riuscirci - di coprirle meno di un quarto
del corpo nudo e attese, le scene della colluttazione fra il Kamin-Na e i due assalitori che sorvolavano il suo campo
visivo senza che ella ne prestasse per davvero attenzione.
Qualcosa di assai più terribile attirava in effetti i
suoi pensieri. Un qualcosa che suo malgrado percepiva starsi avvicinando
lentamente ma inesorabilmente a lei senza che ella fosse in alcun modo in grado
di evitarlo. Uno stridio lacerò nuovamente l’aria e con essa ogni traccia di
tranquillità che ancora la Nihaar’ì serbava.
Le Ombre l’avrebbero trovata. Si strinse appena di più
in se stessa. Era solo questione di secondi, di attimi di...
“Alzatevi!” fu in quella che il volto del Kamin- Na le si parò nuovamente innanzi scuotendola dai
suoi pensieri. Era sporco di sangue, notò lei distrattamente. Eppure non
sembrava ferito.
Lodò le sue capacità combattive e il suo sangue
freddo. Suo malgrado non diede alcun segno di volersi muovere.
Rapida la mano del Kamin-Na
le si serrò allora attorno al polso e con un solo strattone la trascinò allo
scoperto intimandole senza molte cerimonie di alzarsi in piedi. Eseguì, tanto
rigida di paura da non riuscire quasi a respirare. E poi si ritrovò a correre
nella mezza oscurità, una nota di panico a distorcere il mondo attorno a lei.
“La difesa sta andando bene” le disse lui mentre si
incassavano fra due Gabbie per riprendere fiato. Il sudore gli colava in rivoli
fumanti dalle tempie “Ma la cosa migliore da fare per voi è -”
Non riuscì a finire la frase. Dal nulla parve quasi di
vedere l’oscurità medesima inspessirsi e con un unico silente fruscio ghermirlo
e trascinarlo chissà dove molti metri più in là.
La Nihaar’ì gridò. Lui
atterrò senza un suono.
E finalmente eccola, la sua visione, mentre dal nulla
l’aria si condensava proprio dinnanzi ai suoi occhi in una gargantuesca massa
tutta nodi e oscurità, tutta sibili e stridii. Lacerante, la sua figura prese
il posto di ogni altra cosa dinnanzi alla Veggente che, sola, non potè far altro che assistere impotente al risalire della
sua paura attimo dopo attimo, istante dopo istante sempre più tangibile e vera.
Dimenticò di respirare. E perfino di coprirsi mentre
il “vestito” le scivolava a terra in mancanza di una presa a trattenerla.
E poi di nuovo eccola giungere dal profondo, quella
voce. Quella nota d’infinito.
“Dove stai andando, Odayn?”
E poi più lenta, grave.
“Non ricordi più la strada? O ti sei semplicemente
persa?”
Ansimò. E gemette.
E prima di capire come, eccola scalciare la sabbia lontano e con un retrofront degno della più agile Agves Anaphat
(Volpe del deserto) prendere a scappare
esattamente in direzione dalla quale era venuta.
Sapeva di stare sbagliando.
Urtò contro il fianco di un carro, l’idea del dolore a
infiammarle per un attimo le pareti della mente senza che ella vi prestasse
attenzione.
Sapeva che da protocollo la Nihaar’ì
avrebbe dovuto affrontare le Ombre e non darsela a gambe a quel modo
senza nemmeno provarci -che diavolo- a fare qualcosa di veggentico,
ma per qualche validissima ragione sapeva di non potere.
Evitò con un balzo una pila di corde ammonticchiate a
terra.
Non poteva affrontare le Ombre. Non ancora. Non
adesso.
E poi dal nulla due mani la ghermirono a metà di un
nuovo ed emozionante balzo per trascinarla nell’incavo di una struttura non
meglio identificata. Gridò, ma scoprì che una di quelle audaci mani le era
stata calata proprio sul viso per impedirle dar sfogo a tutta la sua gioia per
essere stata trovata. Gridò comunque.
E poi il volto di Matnery
fece capolino alla sua destra intimandole di starsene zitta. Si zittì
immediatamente, la deduzione che dunque alle sue spalle dovesse esserci Hiras che per qualche ragione le faceva allora salire le
lacrime agli occhi. Poi il cacciatore la voltò e schiacciandole il viso contro
il proprio petto la strinse in un rapido abbraccio tutto sabbia e tensione.
Prima di capire come si scoprì a ricambiare la stretta cominciando a
singhiozzare come una bambina.
Era contento di vederla? Si
chiese da qualche parte della propria coscienza.
Certo che era contento. Chi non sarebbe stato contento
di rivedere la Nihaar’ì? Ribadì
un’altra parte della sua mente.
Tutti quelli che ora la famosa Nihaar’ì
avrebbe dovuto difendersi al posto di scappare come una ragazzina piagnucolosa.
Le ricordò un altro qualcuno sempre nella sua testa ma
lo ignorò.
Ora come ora la gioia di ritrovarsi nuovamente in
compagnia dei suoi amici era più che sufficiente a distrarla da
qualsiasi dovere vero o apparente.
“Dobbiamo andarcene” la richiamò dopo qualche istante Hiras “O le Ombre ci staneranno”
Lei annuì, tuttavia non dando alcun segno di volersi
muovere. Lui la scostò allora con gentilezza, le mani ad allontanarla
lentamente per riuscire finalmente a guardarla in viso. L’assenza di Velo
attraversò come una scossa elettrica il volto di lui che si ritrovò ad
abbassare subito lo sguardo verso terra. Anche lei fece lo stesso. Matnery tuttavia pareva di diverso avviso.
“Alcuni Yenavor’ saranno di
certo stati dimenticati nella confusione generale” annunciò sbrigativo
“Troviamone un paio e andiamocene alla svelta”
Entrambi annuirono, loro malgrado restii a mettere
nuovamente il naso fuori da quella rientranza esponendosi così alla baraonda
ora onnipresente nel Campo. Così fu Matnery a farsi
avanti e cauto guidarli da un nascondiglio all’altro fino al punto ove secondo
lui avrebbero trovato gli yenavo’r.
Furono fortunati. Alcuni draghi vagavano abbandonati
per il Campo, mezzi impauriti e mezzi frastornati dalle esplosioni, grida e
confusione generali.
Matnery ne
afferrò uno. Hiras un secondo e spingendola di peso
sulla sella pressoché inesistente lo costrinse a partire in corsa.
Manco a dirlo, proprio allora un’Ombra si frappose sul
loro cammino. Il ragazzo strattonò il drago. Matnery
costrinse il proprio a cambiare direzione. E tutti e due, contemporaneamente,
esalarono un disperato “Somma Nihaar’ì!”
Ma la Nihaar’ì era già
svenuta da un pezzo, la paura di ciò che avrebbe dovuto - ma forse non potuto -
fare a rubarle infine le ultime energie rimastele in corpo e costringendola ad
accasciarsi senza un lamento addosso a Hiras.
Qualcuno gridò. Ma era troppo tardi.
Nello stesso istante Carovana, Danzatori e Ombre scomparvero in uno sbuffo di sabbia mentre la Nihaar’ì scivolava suo malgrado come un fantoccio inerte a terra.