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Autore: Urban BlackWolf    10/04/2017    3 recensioni
Michiru è determinata. Determinata a riprendersi ciò che le appartiene, che è suo dalla nascita. Ne va della sua stessa sopravvivenza, del suo benessere fisico e mentale.
E questa volta quella meravigliosa bionda che è la sua compagna, anima nobile, essere irrequieto, fortezza per il suo spirito e gioia della sua vita, non potrà aiutarla. Dovrà addirittura essere ferita, lasciata in disparte, relegata all'impotenza, perchè questo genere di lotte si debbono combattere da soli.
Ma la donna amante delle profondità oceaniche, non sa di avere un piccolo angelo custode venuto dal passato che la guiderà nei percorsi intrigati e dolorosi dei sui ricordi; Ami, giovane specializzanda in medicina, tenterà in tutti i modi di restituirle la libertà di sogni perduti. -Sequel dell'Atto più grande-
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Ami/Amy, Haruka/Heles, Michiru/Milena, Nuovo personaggio | Coppie: Haruka/Michiru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Il viaggio di una sirena

 

Sequel dell'Atto più grande

 

I personaggi di Haruka Tenou, Michiru Kaiou e Ami Mizuno appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf


 

 

 

Gli stati dell'anima

 

 

 

Khloe teneva saldamente la barra direzionale del motore cercando di non dare a vedere quanto quel gruppo di francesi le stessero per far saltare i nervi. Erano pur sempre clienti, ma non potevano continuare a comportarsi come un branco di scimmie ammaestrate solo perché paganti professori universitari. Erano partiti all'alba, quando il sole stava appena iniziando a fare capolino tingendo il blu del cielo di quel giallo un po' biancastro tipico di quell'ora e tornavano ora quasi per la mezza, cotti dalla stanchezza e dalla salsedine, ma euforici per le bellezze marine che erano riusciti a studiare. Ancora con la muta in dosso, i quattro francesi, due donne e due uomini, tutti professori di ruolo all'Università statale di Parigi, avevano tenuto un comportamento compito e sobriamente transalpino fino al momento dell'immersione, iniziando a schiamazzare subito dopo aver fatto ritorno a bordo e svaccandosi in un chiacchiericcio molto poco degno, non appena la greca aveva messo in moto il motore Honda della sua imbarcazione. Ora, quasi del tutto scomparsa a metà del viaggio di ritorno, la pazienza socratica di Khloe stava li li per cedere.

Amava il mare, ma non quel lavoro. La gente le piaceva, ma durante gli anni passati a contatto con clienti di ogni tipo, aveva riscontrato l'avvisaglia di una maleducazione via via sempre più marcata, soprattutto nelle nuove generazioni e soprattutto in persone come quelle che, in teoria, avrebbero dovuto dare il buon'esempio perché acculturate. Agapi glielo ripeteva spesso che un pezzo di carta non rendeva ne più intelligenti, ne più rispettosi del lavoro altrui e agli occhi della figlia il sapere che avesse ragione faceva tristezza. Accelerando leggermente così che il rollio quietasse almeno in parte il continuo via vai di quei quattro scemi e li costringesse quanto meno a star seduti e composti, puntò decisa la prua verso il pontile di attracco alla spiaggia della pensione. Mentre stava aspettando che i professoroni di città finissero la loro immersione, aveva chiamato la sorella al cellulare per conoscere le condizioni di Michiru e sapeva che l'avrebbe trovata nei pressi della spiaggia, perciò gettò un occhio sulla linea di costa per vedere di scorgerne la figura.

Si era “ritirata”, è vero, ma non poteva impedire al suo cuore di godere nell'accarezzarne la bellezza con lo sguardo. Ed infatti eccola li, a circa una trentina di metri da lei. Ferma in piedi con il braccio proteso verso un'altra persona. Khloe ridusse gli occhi a due fessure scure. Ma chi poteva essere? Michiru non amava essere disturbata da estranei quando si trovava sulla spiaggia o nel locale piscine a lavorare al murales. E dunque?

Cercando di avvicinarsi ulteriormente, rallentò i giri dell'elica fissando l'estraneo che, afferrata la mano dell'altra, si issava in piedi. Alto! Era alto e slanciato, ma con una corporatura poco robusta per essere un uomo. Poi Khloe puntò l'attenzione su un particolare; i capelli, o per meglio dire, il loro colore. Biondi, molto vicini al dorato e nessun visitatore residente in quel momento al Re del mare li aveva. Ne era sicura.

E' lei! Pensò avvertendo i battiti del cuore modificare totalmente il ritmo generico usato fino a quel momento.

 

 

“Vieni amore. Devo dirti una cosa.” Ed afferrando la mano dell'altra Michiru l'aiutò ad alzarsi.

Togliendosi la sabbia dai calzoni con schiaffi secchi Haruka le sorrise maliziosa. Conosceva Michiru e sapeva cosa aspettarsi da lei, per questo non disse nulla mentre prendeva a seguirla camminando verso le scale in pietra che aveva percorso poc'anzi per raggiungerla sul bagnasciuga. Arrivarono ad un piccolo terrazzamento con alcune panchine ed un paio di tavoli protetti dal sole dai folti rami di un pino e li si fermarono godendo della quiete di quel piccolo spazio.

“Ohi ohi Kaiou. Da quale spaventoso pericolo mi stai allontanando?” Chiese divertita facendo scattare la testa a destra e a sinistra come un suricato ritto sulla tana.

“In realtà sei tu il pericolo.” Rispose sorridendo mentre si appoggiava al bordo di uno dei tavoli lasciando i palmi delle mani sulle tessere musive di vetro colorato che ricoprivano il pianale con disegni floreali.

Non sapeva cosa aspettarsi da quelle due teste calde se si fossero incontrate senza uno stato cuscinetto a dividerle e vedendo la forte personalità e la bellezza di Haruka, con molta probabilità Khloe se ne sarebbe uscita con qualche battutina all'indirizzo di quel bacio rubato.

Con le mani nelle tasche posteriori, Tenou la guardò con stupore. “Io?”

“Esatto. Tu.”

“Oddio, mi hanno chiamata in parecchi modi, a volte neanche tanto lusinghieri, ma mai pericolo. E si che faccio un mestiere particolare Michi.” Ridendo capì da quello sguardo profondissimo che nella sua dea stava salendo una certa apprensione.

Michiru sospirò non sapendo da quale verso prenderla. Non voleva rovinare le poche ore a loro disposizione innescando uno stupido, quanto inutile litigio, ma non le avrebbe tenuta nascosta una cosa tanto importante.

“Sono un po' stanca di confessioni.” Ammise dolcemente guardando il mare.

“Inizia con il dirmi chi dovrebbe aver paura di me.” Suggerì avvicinandosi di un passo.

“Khloe.” Tornò a guardarla e la bionda capì.

“Ci ha provato?!” Disse per la verità neanche troppo sorpresa e Michiru confermò stirando le labbra ed alzando di pochissimo le spalle.

“Ma che gran brutta...”

“Ruka!” La bacchettò afferrandole un braccio per tirarla a se.

“Non difenderla!”

“Non la sto difendendo. Sai che non mi piace che tu dica, beh, quello che stavi per dire. - Estraendole a forza una mano dalla tasca iniziò a massaggiarglila con i polpastrelli della sua - Ascolta, ci ho già pensato io. Volevo solamente che tu lo sapessi. ”

“Me lo avresti detto anche se non fossi venuta?” Una leggera punta di rabbia mista a sarcasmo.

“Certamente e lo sai. Il nostro rapporto è basato sulla fiducia, anche se non lo avrei mai fatto per telefono, bensì al mio ritorno.”

Staccando il contatto visivo con le iridi della compagna, Haruka guardò lontano chiedendole quando e, soprattutto, cosa fosse accaduto fra loro.

“Due sere fa... Un singolo bacio, che non avrei permesso se fossi stata più accorta, lo riconosco.” Sentì la mano della bionda irrigidirsi per poi chiudersi a pugno.

“Ruka, guardami.” Alzandolo dal piano del tavolo, le mise l'altro palmo sulla guancia costringendola a ridarle gli occhi.

Valla a prendere. Quella frase fino a quel momento criptica scavò la percezione di Tenou diventando improvvisamente cristallina. “L'hai detto a Giovanna!?”

“Come? No! Cosa c'entra Giò adesso!”

“... Nulla. In ogni caso è meglio che non veda questa Khloe o...”

“...o? Cosa sono un osso da difendere zanne al vento? Ti ho già detto di averci pensato io Ruka. Non ti basta?”

L'altra ritrasse la mano per andarsi a sedere sul muretto che dava sulla spiaggia tre metri sotto alla piazzola artificiale.

“Ma fammi il piacere Kaiou. Immagino come tu abbia risolto la questione. Un sorriso ed amiche come prima.” Malignamente veritiera iniziò a far dondolare una gamba mentre l'altra rimaneva piantata a terra.

Mani nelle mani Haruka continuò a guardare altrove fino a quando non avvertì la presenza della compagna a pochi centimetri dal fianco.

“Preferiresti che ti dicessi di averla schiaffeggiata?”

“Si!” Ringhiò minacciosa scattando il viso verso il suo.

“Il tuo ego ne sarebbe più compiaciuto?” Chiese vedendola voltarsi un'altra volta verso la distesa azzurra.

“Piantala Michiru, non trattarmi da zotica.”

“E allora non comportarti come tale!” Sbottò sinceramente stufa di quel comportamento.

Aveva ormai perso il potere d'assorbimento che aveva contraddistinto il suo relazionarsi con il mondo fino a quel viaggio. Non era più una spugna e se da una parte le faceva una gran paura, perché poteva causare negli altri reazioni non volute, dall'altra era meravigliosamente liberatorio.

Haruka la guardò perplessa. Un misto tra lo stupito e l'offeso.

“Sinceramente credevo capissi Ruka, pensavo che proprio per l'amore che nutri per me saresti riuscita a comprendere l'azione di Khloe. Ti ho già detto che la sua passionalità è molto simile alla tua, ma ti ho anche rivelato quanto mi porti rispetto. E' arrivata a scusarsi.”

“Ti porta tanto di quel rispetto che non ha impedito alle sue labbra di appiccicarsi alle tue!”

Esasperata da quello che iniziava a sembrarle il mantenimento ad oltranza di un puntiglio infantile, Michiru le chiese cosa avrebbe fatto lei se si fosse trovata a vivere quella situazione. Haruka ci pensò su un attimo per poi ammettere candidamente. “E che avrei fatto?! Ci avrei provato Michi...”

Allargando le braccia l'altra si allontanò tornando a poggiarsi al tavolo. Incrociandole poi al petto attese la sbollita. Tempo un paio di minuti e la bionda tornò molto più tranquilla.

“Sta di fatto che la cosa mi da fastidio lo stesso.”

“Non dirlo a me. Comunque se ti può consolare, è stato abbastanza... irrilevante.” Rivelò riferendosi alle sensazioni provate a quel contatto e come una bambina vittoriosa ll bionda sembrò goderne.

“In effetti... irrilevante è un aggettivo che mi aggrada.” Si alzò per tornarle davanti.

Michiru scosse la testa sospirando. Che ragazzaccia si era scelta per compagna. “Accidenti a te Ruka. Quando fai così non ti sopporto.” E stringendosi al suo petto affondò il viso nel cotone della camicia.

“Non è colpa mia se sono gelosa.” Ammise per stamparle poi un bacio sulla fronte.

“Haruka..., sono tanto stanca. Prima il ricordo di mio padre che non mi lascia mai, poi Khloe, mia madre e i suoi discorsi al limite dell'assurdo e adesso tu. Sembra che più necessiti di pace e meno ne riceva da coloro che dicono di amarmi e volere il mio bene.” Tornando a nascondere il viso nel petto della bionda la sentì irrigidirsi capendo troppo tardi di averle causato dolore.

Oltre a non essere più una spugna, Michiru sentiva di avere anche i riflessi emotivi leggermente rallentati, come se si stesse risvegliando da un letargo decennale non riuscendo ancora a fare il punto della situazione. In pratica non era più in grado di trattenersi dal dire ciò che il suo cuore provava.

“Scusami Michiru. Hai ragione. Sono venuta qui per farti sentire la mia presenza ed il mio sostegno e come al solito mi sto comportando da egoista.”

“Ssss... Basta amore. Non parliamone più. Vorrei solamente rimanere così per un po'. Ti dispiace?”

“No, Michi mia.” E la strinse ancora più forte a se.

Da una delle finestre della reception che davano sul terrazzamento, Khloe guardò in maniera apparentemente distaccata tutta la scena. Sentiva dentro al petto una serie di emozioni contrastanti. Se da una parte l'immaginare della sua Michiru felice per quell'improvvisata la faceva stare bene, dall'altra il vederla tra le braccia di un'altra, concederle quelle stesse labbra che le erano state precluse con tanta determinata freddezza e magari donarle nel breve anche qualcos'altro, la faceva impazzire. Certo che Kaiou se l'era trovata proprio bella l'anima gemella. Nulla da dire. Non avvertendo Ami alle spalle trasalì quando sentì la sua mano sulla spalla.

“Intendi presentarti?”

“Vuoi che mi prenda a sberle? E' più alta di me di almeno dieci centimetri.”

“Non ti hanno mai spaventato dieci centimetri.”

Khloe la guardò sorridendo ed abbracciandola le chiese se quella “sorpresa” avrebbe potuto aiutare o compromettere il percorso di guarigione di Michiru.

“Indubbiamente si amano e non può che trarre forza dalla sua compagna. Spero solo che non le venga in mente di seguirla. Ora che la signora Flora è qui ad Atene, abbiamo un'occasione unica di chiudere il discorso riguardante il signor Viktor. Sciolto questo nodo Michiru sarà in grado di guarire da sola, lentamente e senza più alcun problema.”

“E per la questione spinosa che riguarda il suo rapporto con la madre?”

“Bèh, mi sembra che questa mattina Flora sia venuta a trovare la figlia no?”

“Mmmmm....”

“Comunque lascia che ti dica che tra te e quella stangona bionda trovo la mia sorellona molto più affascinante. E' troppo nordica per i miei gusti.”

Ridendo l'altra alzò le spalle e tornando a guardare fuori vide che le due donne erano andate via.

 

 

Haruka volle portare Michiru a pranzo fuori, ma non conoscendo nulla di quella città, si lasciò guidare dalla più giovane che decidendo di non spingersi troppo lontano dal mare, optò decisamente per una grigliata di pesce in una trattoria sulla spiaggia che le era stata indicata da Alexios durante la festa del Porto Grande. Qui la bionda l'aggiornò su quanto era accaduto a Bellinzona durante la sua assenza. Per esempio di quanto i vicini chiedessero di lei, di come il manutentore del loro comprensorio si fosse rotto un braccio durante la potatura di uno degli abeti che davano sul parcheggio condominiale e della “bella” multarella che gli uffici Ducati le avevano imposto di pagare per la stupida sconsideratezza di aver appiccicato al muro il secondo pilota collaudatore. A quest'ultima notizia Michiru reagì tirando su pesantemente con il naso chiudendo gli occhi e contando fino a dieci.

“Dovrebbe essere Giovanna a pagare mille franchi, non io. E' lei che se ne va in giro con i jeans aderenti.”

“Haruka... bevi un po' di vino che ti fa bene.” Consigliò Kaiou riempiendole il bicchiere di bianco.

“Guarda che non sto cercando di tirarmene fuori sai?! Lo so che la colpa è stata mia, ma è lei che va rimorchiando imbecilli a ogni dove.”

“Ma chi? Giovanna? La stessa Giovanna che conosco anch'io? Stiamo parlando di una donna che sovente indossa Kombat e polo macchiate di calce. Haruka stai diventando paranoica ed un tantino opprimente.”

Michiru vide la compagna scuotere la forchetta per niente convinta addentando poi l'ennesima rondella di Totano. “Mica vero. Senti questa; Stefano non fa che chiedermi di lei e sono sicura che a Giò la cosa non dispiaccia.”

Due secondi e l'altra scoppiò a ridere coprendosi la bocca con una mano. Gelosa! Haruka era gelosa della sorella. "Amor mio, lascia che ti riveli una cosa; se non te ne fossi accorta, Giovanna è una bella donna e anche se afferma di star bene da sola è normale ed umanissimo che ogni tanto punti a divertirsi un po'.”

“Ovvero?”

“Sai a cosa alludo. Tua sorella è grande, grossa e vaccinata, lascia che si diverta se vuole. Passi per gli apprezzamenti poco carini di quello stupido di Patrik, ma Stefano Astorri è degno di considerazione, non trovi?”

“No. Non vorrai imparentarti con lui spero?”

“Imparentarmi?! Ho parlato di divertimento non di matrimonio.” Disse allibita dalla fantasia galoppante della bionda e mentre stava pulendosi la bocca con il tovagliolo la sentì borbottare un ci mancherebbe.

“Vuoi che lasci mia sorella nelle mani del primo venuto?”

“Ma si può sapere cosa ti è successo ? Non ti sei mai comportata così. Sei la prima a dire che dovrebbe uscire di più, che dovrebbe fare nuove conoscenze. La chiami zitella acida ogni tre per due e ora?” Sempre più divertita da quell'insolita scenetta che Tenou le stava regalando, Michiru tornò a mangiare non riuscendo però a togliersi un sorrisetto sfacciato dalle labbra.

Haruka dovette cedere. Galeotto fu l'allontanamento della sua dea e la rottura del suo Iphone. Da quel momento in avanti l'era diventato sempre più difficile pensare alla sua vita senza quella fastidiosa bestia tra i piedi. Gli sfoghi, le discussioni, i “giochi” di un silenzio pupesco, i momenti catartici e quelli divertenti, le lunghe chiacchierate al telefono fino a tarda sera. La lista di Kurzh!

“Colpa mia anche per quella, ma trascriverla corredandola di appuntini e “baci baci”. Dai, un po' di serietà!”

Michiru tornò a ridere tenendosi la fronte. La compagna stava sopportando quel periodo anche grazie a Giovanna ed alle sue dolcissime stranezze e forse anche la maggiore aveva trovato in quel periodo di forzata unione, uno spiraglio per iniziare a non temere più il carisma di Haruka.

“Amore, stavo pensando che potresti farla venire da noi finché non torno, che ne pensi?” Chiese vedendola bloccarsi una volta recepita l'ultima parola.

Questo voleva dire solo una cosa; che Michiru non intendeva seguirla. Posando le stoviglie sul bordo del piatto la bionda sospirò iniziando a picchiettare l'unghia di un dito sul vetro del bicchiere.

“Sapevo che non saresti ritornata a casa con me, ma non ti nascondo che un po' ci sparavo.”

“Non sai che voglia ho di riappropriarmi della vita di tutti i giorni. Non credevo di arrivare a sentire nostalgia persino delle Alpi, ma voglio riuscire a portare a fine il lavoro del murales, ti ricordi, te ne ho parlato. Non posso ricambiare la loro ospitalità e l'affetto che mi stanno dimostrando con la mia inoperosità. In più devo cercare di risolvere con mia madre, soprattutto ora che si trova così vicina a me, fisicamente ed emotivamente. I miei sogni sono diventati discontinui e frastagliati. Ci sono notti che compaiono, altre no e questo per Ami è sinonimo di guarigione. In pratica devo battere il ferro finché è caldo.” Disse non accennando però dell'attacco di febbre avuta meno di quarantotto'ore prima e il senso di colpa per la morte del padre che ancora si portava sulle spalle.

“Mi sembra giusto. Sono stati splendidi con te, soprattutto questa Ami. Sei molto più serena... nonostante la tua stupida bionda. - Ammise Tenou per poi proseguire alzando le sopracciglia con aria pentita. - Visto che siamo in tema di cose stupide, credo di averne combinata un'altra delle mie. Tua madre...”

Michiru sbiancò ed una volta finito il racconto del “salvataggio” della BMV presa a noleggio, scosse la testa lentamente.

“Il signor Maiers ha molte buone qualità, ma non ce lo vedo proprio a sporcarsi le mani di grasso, perciò dimmi che non hai fatto sfoggio di quel ghigno irrispettosamente tronfio che monti su ogni volta che hai occasione di far vedere ad un uomo come si tratta un motore.”

La bionda alzò le spalle. Se era dotata, era dotata.

“Ruka... un conto è sentirsi portati per una cosa ed un altro è sbatterlo in faccia a chi non ha il tuo stesso talento. Hai fatto il ghigno irrispettosamente tronfio. - Respirò profondamente. - E lo hai fatto al compagno di mia madre. Fantastico.”

“Sarei stata sicuramente più umile e più rispettosa - mimò le virgolette a mezz'aria - se l'avessi riconosciuta, ma ho avuto modo di vedere solo qualche foto di Flora e risalgono tutte a vent'anni fa. Non puoi pretendere che me la ricordi.”

“Con la fisionomia dei volti non sei mai andata d'accordo. Lasciamo perdere. Almeno hai reso un servizio ad un bel motore.” E la vide stirare le labbra muovendo la testa energicamente convinta. Due occhioni da bambina bellissimi.

Rifiutandosi di sperimentare l'espressività espressa da un espresso greco, scelsero di chiudere il pranzo con due bicchierini di Mirto gelato, ed una volta pagato il conto uscirono per fare una breve passeggiata. Tra il tempo che Haruka avrebbe impiegato per tornare in aeroporto e tutta la trafila per l'imbarco, rimanevano a loro disposizione neanche quattro ore. La bionda avrebbe tanto voluto passarle tra le braccia della sua dea, ma il posto? Mai in un motel, mai in maniera frettolosa e mai in forma approssimativa. Mai! Era talmente tanto tempo che non stavano insieme che sarebbe stato quasi peggio iniziare una cosa senza poi “goderne” a pieno.

“A cosa stai pensando?” Le chiese Michiru stringendola sotto braccio mentre camminavano lentamente sul marciapiede del lungo mare.

“Che non abbiamo preso il desser.” Disse sentendosi la pelle scottare sapendo benissimo che non era per effetto del sole.

“Possiamo prenderlo al Re del mare... se vuoi.” Consigliò languida.

Haruka si fermò guardandola negli occhi. Erano carichi di desiderio. Accidenti Kaiou... e non guardarmi così! Pensò tossicchiando.

“Non hai paura che mi scontri con la greca?”

“Assolutamente no.”

“E non sarebbe irrispettoso verso i Mizuno?”

“Beh, non credo. Li adoro, ma non sono la mia famiglia ed anche se lo fossero, non sono una sedicenne in cerca di un anfratto per far cosacce con la sua compagna di banco."

"Giusto."

”E poi non innescheremmo certo una bomba facendo saltare tutta la pensione in aria.”

Un sorrisetto maliziosamente al limite del perverso stirò le labbra della bionda. “Ne sei sicura?”

 

 

Volo 942 per Trento delle venti e dieci, ultima chiamata.”

La voce stentorea dell'alto parlante non lasciava alle due altro tempo. Michiru aveva insistito per accompagnare Haruka in taxi così da prolungare di qualche ora il loro stare insieme. Ora ferme l'una dinnanzi all'altra, fronte contro fronte, sulla soglia della zona d'imbarco, sentivano di non avere la forza per lasciarsi. Tra le due Haruka sembrava la più scombussolata. Tanto audace e decisa nel “guidare” i loro scambi di pelle, tanto maledettamente esitante ora che doveva girarsi e sciogliersi dalle braccia della sua compagna.

“Ruka... devi andare.” Cercò di scuoterla contraddicendo lei per prima a quelle parole.

Michiru teneva le dita di entrambe le mani arpionate alla vita dell'altra ed anche se sapeva di doverla abbandonare, una parte del suo subconscio sembrava non volere accettare la cosa.

“Ruka.” Ripeté continuando a sentire il calore della fronte della bionda sulla sua.

“Lo so.” Disse aprendo gli occhi per prenderle poi le mani e staccarle lentamente dalla sua maglietta.

Le aveva lasciato sotto il cuscino la camicia nera. In quel cotone era inpresso il suo odore e sapeva che a Kaiou avrebbe fatto piacere averlo una volta che si fosse coricata per la notte.

“Mi chiami quando arrivi a Bellinzona?”

“Certo Michi.” Confermò più che convinta sentendo le labbra di lei premute sulle sue.

“Mio Dio, mi manchi già. - Michiru guardò la porta d'imbarco per poi continuare. - Tornerò presto. Ciao amore mio grande.”

L'altra le lasciò le mani afferrando la borsa e stirando le labbra in quello che era più un ghigno che un mezzo sorriso, si girò dirigendosi verso una delle l'hostess adibite al controllo. Lo sapeva Haruka che sarebbe stato difficile lasciarla andare, ma quell'azione si stava rivelando una delle cose più dolorose mai compiute da quando si erano conosciute. Senza voltarsi indietro, alzò il mento fieramente decisa a non lasciare che lo scoramento le invadesse il cuore e camminando si diresse verso l'aereo che l'avrebbe riportata a casa.

 

 

Con il mento poggiato svogliatamente sul palmo della mano destra, Haruka fissava l'enorme distesa blu scuro che si estendeva sotto l'ala del suo Boing 747. Il crepuscolo aveva quasi definitivamente ceduto alla sera, ed i colori fuori dall'abitacolo si erano fatti tutti uguali, confondendo la linea del cielo con quella del mare per dar vita ad un unico, immenso elemento. Cielo e mare. Diversissimi, ma agli occhi di Haruka mai così intrinsecamente e meravigliosamente legati. Come loro due; Tenou e Kaiou.

Quando dopo qualche minuto l'oscurità avvolse definitivamente il mondo esterno, il vetro del suo oblò le rimandò l'immagine di una bellissima donna dallo sguardo triste e pensieroso. Erano state ore intense, particolari e totalmente inaspettate, nate e consumatesi con l'aiuto di sentimenti contrastanti, ma tutti legati saldamente all'amore che provava per la sua Michiru. Preoccupazione, ansia, trepidazione, gioia, gelosia, accettazione, eccitazione, dolcezza e tristezza. Nove stati per nove momenti che avevano cadenzato il tempo ritagliato a fatica da due strade che non vedevano l'ora di ritornare ad unirsi.

Dopo la frase di Giovanna, era stata la preoccupazione a farla scattare verso l'ufficio di Henry Smaitter per chiedere, supplicare, un giorno, uno soltanto, da dedicare interamente alla sua famiglia e vedendo quegli occhi verdi da bambina, a quell'uomo burbero era bastata la promessa di tornare il giorno successivo per accontentarla. Durante il volo di andata l'ansia le aveva attanagliato le viscere come una morsa e sensi di nausea sempre più marcata l'avevano accompagnata sino al prospetto principale del Re del mare, dove una trepidazione quasi adolescenziale si era fatta strada in quello stesso malessere trasformandolo in gioia profonda, vera, immensa, esplosale dentro alla sola vista delle spalle di colei che amava più di se. Ma Haruka non sarebbe stata Haruka senza che la “compagna” dagli occhi verdi, il mostro famelico dei bei sentimenti altrui, non le avesse falcidiato lo spirito con vagheggiamenti indegni di una mente lucida e matura, così la gelosia, grande nemica di ogni rapporto, era tornata a batterle sulla spalla per ricordarle di stare sempre in guardia. L'accettazione, amica preziosissima, le aveva invece suggerito di voltare pagina ed andare avanti, perché tutto è divenire.

Sicuramente meno scalmanata di quando aveva vent'anni, l'eccitazione era, alla sua età, diventata gestibile e bene indirizzata. Le poche ore che aveva potuto passare tra le braccia della sua dea, erano state complete ed intimamente appaganti, come una doccia gelata dopo un bagno di sudore e l'infinita dolcezza di ogni gesto immediatamente successivo a quel vortice di passione, era stato lenitivo ed indimenticabile. Ora però, seduta al suo posto tra sconosciuti di ogni nazionalità, era arrivata lei, arcigna, vigliacca, silenziosa. La tristezza, quella vera, stava lacerandole il cuore come se fosse stato di burro ed Haruka si sentiva sola, tremendamente sola. Non ci sarebbe stato nessuno ad aspettarla a casa. Nessun sorriso, nessun ciao amore, ben tornata.

Un respiro più pronunciato degli altri e tornò a poggiare la schiena alla poltroncina incrociando le braccia al petto e chiudendo gli occhi cercò di imprimersi nella memoria ogni azione, gesto e parola, compiute ed ascoltate durante il corso di quelle ore ormai passate.

 

 

Michiru ringraziò il tassista prendendo il resto ed uscendo mestamente dall'abitacolo. Guardando la scritta in ellenico ormai accesasi, spostò l'attenzione al mare poco distante. Una coltre pesante l'era entrata nel cuore e ora le stava soffocando ogni singolo battito. Da quando aveva osservato quelle spalle fiere allontanarsi lentamente per il corridoio dell'imbarco, aveva preso a desiderare in maniera quasi irrazionale di seguirle ed afferrarle per non lasciarle più, ed anche se ormai le poteva vedere solo con gli occhi della mente, quella sensazione di necessario contatto non accennava a scomparire.

Quella giornata era stata incredibilmente intensa, vuoi per sua madre, con la quale aveva innescato discorsi al limite del paradossale se paragonati al rapporto asettico che avevano da sempre, vuoi per il meraviglioso regalo che Haruka le aveva fatto. Si decise a muovere i primi passi verso l'entrata della pensione non volendo neanche sfiorare con gli occhi la piccola piazzola posta al lato di uno dei prospetti secondari della struttura che le aveva viste insieme. Aprendo la porta a vetri della pensione avvertì il vociare della clientela ormai in procinto di mettersi a tavola per la cena ed il caldo appiccicoso dell'umidità marina. Sorrise sapendo cosa avrebbe detto la sua bionda di quel clima così poco congeniale ai suoi geni alpini. Evitando una famiglia, si accorse dell'arrivo di una scolaresca spagnola e corrugando la fronte intravide Khloe dietro al bancone impegnata con l'assegnazione delle camere. Addio alla pace, soprattutto notturna. I loro sguardi s'incrociarono per un attimo. La greca le simulò il gesto del portarsi una forchetta alla bocca e Michiru scosse la testa facendole capire che sarebbe andata subito a dormire. Un sorriso come saluto e Khloe tornò a dar retta a quel branco di adolescenti scalmanati. Michiru sapeva che le aveva viste rientrare alla pensione. Era stata egoista a scegliere il Re del mare per avere un po' di intimità con la sua bionda? Può darsi. Ma era stato meraviglioso riavere Haruka stretta al petto.

Una volta salita in camera e chiusasi la porta alle spalle, Michiru si sedette sul letto lasciando che la mano corresse sulle lenzuola ancora disfatte fin sotto al suo cuscino. Ed eccola li, dove Haruka gliela aveva lasciata prima di uscire per andare ad aspettare il taxi.

“Così respirando il mio odore scaccerai via tutti i brutti sogni.” Le aveva detto facendole un occhiolino. Dolcissima donna testarda.

Ed in effetti, cullata da quel profumo si addormentò non sognando nulla fino a quando, verso la mezzanotte Haruka non la chiamò.

 

 

Il cellulare squillò proprio mentre era in procinto di salire sul cestello di un “ragno” da 32 metri. Sbuffando e stando bene attenta a non sbattere per l'ennesima volta la testa alla traversa di ferro che ne bloccava l'accesso, Giovanna fece cenno all'operaio di attendere un attimo e con un saltello tornò scarponi ben piantati sull'asfalto. Visto sul display il nome ed il viso di quella bionda imbronciata allergica ad ogni tipo di scatto fotografico, che in teoria doveva essere sua sorella, ma che in pratica era sparita per quattro giorni, rispose mantenendo nella voce un piglio alquanto professionale.

“Pronto, Architetto Aulis... con chi ho il piacere?”

Dalla parte opposta Haruka guardò la cornetta del telefono del suo ufficio socchiudendo gli occhi.

“Qui è l'ufficio del Primo Ingegnere collaudatore della casa automobilistica Ducati del distaccamento elvetico di Bellinzona.... deficiente!”

Giovanna si agganciò l'elmetto al moschettone della cinta continuando la diatriba. “Non ho il piacere di conoscere nessun Primo Ingegnere collaudatore della casa automobilistica Ducati del distaccamento elvetico di Bellinzona… deficiente sarai tu!”

“Ok, ok, scusa. Facciamola finita qui.” Disse sapendo di aver mancato con Giovanna. Era sparita non dicendole nulla in merito al suo viaggio lampo in Grecia.

“Scusa per cosa?” Indomita.

“Lo sai.”

“Scusa per cosa... Ruka?” Ripeté piatta come un padrone in procinto di dare una giornalata sul muso del suo cucciolo perché trovato con una pantofola in bocca.

Questa non gliel'avrebbe fatta passare senza delle scuse decenti. Anche lei era preoccupata per Kaiou ed anche se aveva ricevuto dall'amica una telefonata la mattina successiva alla sua “toccata e fuga” di Tenou e sapeva perciò che era andato tutto bene, quella gran bestia gialla non si era neanche degnata d'inviarle uno straccio di messaggio.

Alzando gli occhi al cielo Haruka roteò la sua poltrona di cento ottanta gradi piazzandosi davanti alla finestra che dava sulle guglie ancora imbiancate delle sue adorate montagne. “Scusa per essere sparita e non averti detto di aver seguito il tuo consiglio partendo per raggiungere Michiru.” Confessò di mala voglia.

“Meglio.”

“Guarda che so che ti ha chiamata e conoscendola ti avrà' ringraziata a sufficienza.”

Questa volta toccò a Giovanna alzare gli occhi al cielo. “Tenou… cosa desideri a codesta ora della mattina? Ovvero... che voj ?!”

“Volevo sapere quando finiscono i lavori che stai dirigendo in quel Condominio del quale mi hai accennato?” Chiese mentre prendeva a spulciare la sua agenda di pelle verde.

“Domani, perché.”

“Tempismo perfetto! Come stai messa a strumenti di rilevazione metrica?”

Ma che domande fa? Pensò prima di rammentarle che essendo un tecnico, non ne era proprio del tutto sprovvista.

“Tenou, con chi credi di parlare? Dimmi piuttosto perché me lo stai chiedendo?”

“Perché per la gara mondiale di metà maggio, i “galletti” hanno modificato la pista con un paio di curve in più ed io devo andare al circuito di Le Mans per fare delle rilevazioni. Se ti va potresti accompagnarmi dandomi una mano.”

Giovanna rimase interdetta. Voleva il suo aiuto?

“Ma che alla Ducati siete a corto di personale?” Chiese tra il serio ed il faceto.

“Non fare domande stupide, certo che no! E' solo un'occasione per stare... - Si bloccò virando come un piroscafo di fronte ad uno scoglio. - E' solo un'occasione. Insomma Goovanna, ti interessa o no?!”

“Certo che m'interessa, ma ti avverto che di rilievi di strade non ne so poi molto.”

“Per quello lascia che ci pensi io. Imparerai presto. Ascolta, francamente non riesco a venirti a prendere con la macchina perché devo chiudere delle cose qui, ma se riesci a saltare sul treno per Bellinzona domani pomeriggio dopo la consegna del cantiere, sarai alla stazione verso le dieci. Mangiamo una cosa al volo al ristorante, ci facciamo una bella dormita e poi si parte all'alba. Staremo fuori un... tre giorni circa. Tutto spesato naturalmente.”

Sempre più interdetta, l'altra accettò la proposta e dopo un rapido saluto Haruka riattaccò sorridendo soddisfatta. Si sentiva stranamente elettrizzata ed additò questa nuova benedetta euforia al fatto di non svolgere da sola un lavoro che in due sarebbe stato più veloce, meno noioso e più stimolante. Piccolo cucciolo alpino! Non voleva proprio accettare che quello stato di grazia natogli improvvisamente dopo giorni di apatia lavorativa era dovuto al pensiero del primo, vero viaggio che stava per intraprendere con la sorella maggiore.

Giovanna guardò l'operaio che la stava aspettando sul cestello sigaretta in bocca. “Problemi Architè?” Le disse con marcato accento dell'est Europa.

“Speriamo di no Vasili. Speriamo di no.” E tornando a calzare il suo elmetto si diresse come un piccolo fante verso la sua personale trincea, che poi altro non era che un cestello incrostato di vernice di uno Spider 32.

 

 

 

 

Note dell'autrice: Salve. Si, lo so, lo so, alcune di voi volevano il sangue. Dai non si poteva. Haruka l'avrebbe tritata alla povera Khloe. Non la stava prendendo bene e se l'avesse vista... altro che suricato sulla tana; Panzer d'assalto! Michiru potrebbe fare la maestra delle elementari, perché quanto a pazienza, nonostante il periodaccio, non la batte nessuno! A breve gli ultimi capitoli di questa piccola storia. Intanto godiamoci i casini che Haruka e Giovanna andranno a seminare in Francia e gli scontri tra Flora e la figlia.

Un salutone.

   
 
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