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Autore: Bankotsu90    14/04/2017    3 recensioni
1755: durante la guerra franco-indiana il generale inglese Edward Braddock inizia una spedizione verso la fortezza francese di Fort Duquesne. Durante il tragitto però si imbatterà in forze sovrannaturali, ben decise a fermarlo... Prequel di Kill Me.
Genere: Horror, Mistero, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sesshoumaru, Signora Madre
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Morte e resurrezione.'
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8 luglio
 
Il giorno dopo stavano già salendo lungo le ripide pendici montuose, dopo essersi lasciati alle spalle la vasta pianura dove sorgeva il villaggio irochese; i soldati marciavano in fila per quattro, armati fino ai denti e pronti a tutto, con i cavalieri che li proteggevano sui fianchi. Ma per il momento non v'era alcun segno di pericolo. Tutto sembrava tranquillo. Nonostante ciò Washington, che camminava tra le prime file, era inquieto. Da tutto il giorno era perseguitato da una strana sensazione... come se qualcuno li osservasse. Ma ogni volta che si guardava intorno non vedeva nulla di strano... era tutto tranquillo... troppo tranquillo; i boschi che li attorniavano erano pervasi da una calma quasi innaturale, resa ancor più inquietante dalla nebbia.
 
Forse mi sto solo facendo suggestionare.
 
Pensò, e volse lo sguardo al resto della truppa; in tutto erano 2100 uomini, tra regolari e milizie; inoltre trasportavano 10 cannoni. Una cosa era certa: con un simile schieramento Fort Duquesne non aveva scampo, avrebbe senza dubbio capitolato. Poi guardò accanto a sé e vide Braddock; cavalcava leggermente distanziato dal resto della truppa, con aria impettita. Per il suo atteggiamento estremamente aggressivo era stato soprannominato il bulldog. Era irascibile, autoritario e spietato. Di recente aveva ucciso un subalterno solo perché aveva contestato un suo comando. E a causa di ciò i soldati lo temevano, quando non lo odiavano.  Improvvisamente questi disse:
 
“Di certo molti si chiedono perché ci spingiamo tanto a ovest. Sono lande selvagge, e anche ribelli e incivili. Ma non lo resteranno a lungo. A breve, i possedimenti non basteranno più. E quel giorno è sempre più vicino. Dobbiamo garantire al nostro popolo spazio per crescere e prosperare. Questo significa che ci occorre terra! I francesi lo capiscono, e cercano di arginare la conquista. Circondano il nostro territorio, erigono forti e stringono alleanze, in attesa del giorno in cui ci strangoleranno col loro bel cappio. Questo non deve accadere! Dobbiamo segar la coda e cacciarli via! Ecco perché lottiamo. Per metterli di fronte ad una scelta: devono fuggire o morire! Dico bene, colonnello Washington?”
 
“Sissignore.” Rispose il diretto interessato.
 
*******
Poco più indietro, Thomas Gage si guardava intorno con circospezione.
 
“Che hai, Thomas? Ti vedo teso.” Gli chiese il tenente John Fraser.
 
“Dovresti esserlo anche tu… Ci troviamo in una zona isolata, per giunta avvolta dalla nebbia. L’ideale per un’imboscata.”
 
“Beh, quel tale di Boston… Come si chiamava?”
 
“Benjamin Franklin.”
 
“Franklin aveva avvisato il comandante Braddock sulla possibilità di una imboscata da parte delle truppe francesi.”
 
“Non sono i francesi a preoccuparmi… Siamo abbastanza numerosi da respingere ogni agguato.” Intervenne Charles Lee.
 
“E allora cosa ti angustia?”
 
“Quella storia degli dei del cielo…”
 
Si guardò intorno, inquieto.
 
Gage lo guardò beffardo.
 
“Non mi dirai che credi a quella sciocca leggenda?.”
 
“Beh, quella vecchia irochese sembrava intimorita solo a nominarli.”
 
“Viviamo nell'età dei lumi, Lee… Il Medioevo è finito da un pezzo. Nemmeno i bambini credono a queste favole. Dobbiamo preoccuparci dei francesi e dei loro alleati nativi, non di illusioni.”
 
“Thomas ha ragione… Il tragitto verso Fort Duquesne è lungo, e rischiamo di subire imboscate da parte del nemico.” Convenne Fraser.
 
Lee preferì non replicare, non ci teneva a diventare lo zimbello dei suoi commilitoni… Per non parlare di Braddock, che sicuramente non avrebbe tollerato certi atteggiamenti superstiziosi.
 
*******
Nello stesso momento, a Fort Duquesne, il comandante del forte Daniel Liénard de Beaujeu era seduto nel suo studio, quando improvvisamente qualcuno bussò alla porta.
 
“Avanti!”
 
“Scusi il disturbo, comandante, ma alcune persone desiderano vedervi.” Lo informò un soldato.
 
“Chi sono?”
 
“Inviati del governatore generale Pierre de Rigaud.”
 
“Falli entrare.”
 
“Subito.”
 
Il soldato si eclissò per poi tornare dopo pochi minuti in compagnia di due donne, una con lunghi capelli bianchi e occhi dorati e l’altra con lunghi capelli azzurri e occhi blu.
 
“Ho il piacere di parlare con Daniel Liénard?” Chiese la prima.
 
“In persona, madame.”
 
“Io mi chiamo Seiya, e sono un’inviata del governatore. Sono qui per portarvi un messaggio della massima urgenza.”
 
Daniel squadrò da capo a piedi le due straniere, poi disse:
 
“Per essere francesi avete un aspetto anomalo, nonostante la padronanza perfetta della lingua.”
 
“Infatti siamo giapponesi.”
 
“Credevo che il Sol Levante avesse proibito ai suoi cittadini di lasciare l’arcipelago.”
 
“Lo abbiamo abbandonato da tempo, monsieur. Abbiamo intrapreso un lungo viaggio attraverso l’Asia fino ad Istanbul. Lì ci siamo imbarcate per Napoli. Abbiamo risalito la penisola e abbiamo raggiunto la Francia, dove ci siamo messe al servizio di re Luigi, che ci ha inviate qui nel Nuovo Mondo in qualità di interpreti e messaggere. Le nostre conoscenze geografiche e linguistiche sarebbero state molto utili.”
 
“Tres bien.. Ma ora riferitemi il messaggio.”
 
“Il forte è in grave pericolo. Gli inglesi marciano in questa direzione e intendono espugnarlo.”
 
“In quanti sono?”
 
“Più di 2000, comandati dal generale Edward Braddock.”
 
A quelle notizie l’uomo si rabbuiò.
 
“Allora siamo spacciati. Qui ho solo 250 soldati regolari più 640 alleati nativi per un totale di 890 uomini.”
 
“Non è detto.”
 
“Come sarebbe a dire? Il forte è indifendibile, gli inglesi potrebbero distruggerlo semplicemente soffiando!”
 
“No, se giocheremo bene le nostre carte.”
 
“Che diamine intendete?”
 
“Che dobbiamo colpire per primi.”
 
“E in che modo? Non mi dica tramite un attacco frontale, sarebbe una follia oltre che un suicidio.”
 
“No, tendendo loro un agguato nei pressi del fiume Monohangela. È a 16 chilometri a sud di qui.”
 
“Non abbiamo forze sufficienti per difendere il forte, figuriamoci per tendere una imboscata!”
 
“Lasci fare a me e le garantisco che le servirò la vittoria su un piatto d’argento. Ma a tale scopo ho bisogno di tutte le truppe dislocate qui.”
 
Daniel la guardò come se fosse impazzita e sbuffò:
 
“Anche se la proposta mi sembra un suicidio non ho altra scelta che accettare.”
 
Seiya sorrise soddisfatta.
 
“Bene.”
 
******
Giunse la sera, e Braddock diede ordine di fermarsi e di predisporsi per la notte. Tutti si misero al lavoro per montare l'accampamento e preparare il pasto serale. In meno di un'ora l'oscurità avvolse ogni cosa come un manto nero; l'unica luce proveniva dall'accampamento inglese, dove i soldati si erano riuniti in piccoli gruppi intorno ai fuochi di bivacco per riscaldarsi e mangiare. Ai limiti del campo numerose sentinelle montavano la guardia, pronte a dare l'allarme in caso di attacco improvviso. Ma era ancora tutto tranquillo. Washington era seduto presso uno dei fuochi insieme ad alcuni suoi commilitoni e in quel momento stava ascoltando il racconto di un certo Haytham Kenway, il quale narrava dell’incontro che aveva avuto con una Mohawk dal nome impronunciabile a Boston.
 
“Stavo sorseggiando una birra al Green Dragon, quando all'improvviso vedo entrare una donna indiana…  Una bella donna, con una espressione fiera e spavalda in volto.  E non ero l’unico, un altro paio di avventori l’aveva notata, lanciandole apprezzamenti o occhiate lascive. Lei si si dirige al banco e si siede accanto a me. Io le offro una birra, giusto per attaccare bottone. Il barista riempie un boccale e glielo porge. Lei mi ringrazia, io le chiedo il suo nome… È così strano che neanche lo ricordo. Chiacchieriamo un po’, tra un sorso e l’altro… Sapete, parla correttamente inglese. Mi chiedo dove l’abbia imparato. Discutiamo un po’, poi le chiedo se le va di farsi un giro e…”
 
“Ti manda in bianco!” Intervenne Lee, suscitando le risate dei presenti.
 
“Già… Mi è andata buca.”
 
“Braddock non sarebbe contento di sapere che ci hai provato con una selvaggia.” Commentò Gage, serio.
 
“Non sarai tu a dirglielo, spero. Si tratta di un abbordaggio finito male, niente di più.”
 
“Fortunatamente per te non ho la lingua lunga.”
 
“Manca ancora molto per Fort Duquesne?” Domandò Fraser.
 
“No… Siamo vicini.” Gli rispose Washington.
 
“È  tutto troppo tranquillo… Siamo a poca distanza dal forte e non abbiamo subito neanche un’imboscata.”
 
“Sta’ zitto, Kenway… Rischi di portare male con le tue parole funeste.”
 
“Superstizioso come sempre, eh Gibbs?”
 
“Beh, meglio superstizioso che iettatore! L’ho imparato quand'ero un lupo di mare, a bordo della Perla Nera…”
 
Ecco che ricomincia!
 
Pensò Gage.
 
Prima di unirsi alle giubbe rosse Gibbs aveva militato nella Royal Navy, prestando servizio nei Caraibi agli ordini del capitano Alexander Smollet, incaricato dalla corona di debellare la pirateria in quella zona (fatta eccezione per i corsari che per conto dell’Inghilterra depredavano le navi francesi e spagnole). In seguito a un imprecisato evento denominato Incidente dell’isla de muerta   si era trasferito a Boston, arruolandosi nel reggimento di Braddock. Di norma e regola Gibbs non parlava mai dell’incidente suddetto e se qualcuno gli faceva domande in merito si chiudeva a riccio, rifiutandosi di rispondere. Solo una volta, quando era ubriaco, gli aveva sentito farfugliare qualcosa riguardo quell'evento, dicendo le testuali parole:
 
“Ho visto un lampo dal cielo… Poi lui è venuto giù… E ha iniziato ad ammazzare tutti!”
 
Ma chi fosse il lui di cui parlava restava un mistero. Una volta tornato sobrio aveva provato a domandarglielo e lui aveva risposto di non dare credito ai suoi vaneggiamenti. Aveva anche cercato di informarsi negli archivi della marina di Londra, ma non esistevano documenti riguardanti l’incidente di Isla de Muerta. Era come se non fosse mai avvenuto. Aveva poi cercato di recarsi sull'isola ma essa era sprofondata in mare tempo prima, portando i suoi segreti negli abissi.
 
“Risparmia il fiato, Gibbs… Conosciamo i tuoi trascorsi nei Caraibi, ce l’avrai narrato un miliardo di volte.” Intervenne Lee.
 
Gibbs lo guardò sprezzante.
 
“Sentirselo raccontare non è come averlo vissuto. Tu non capirai mai cosa ho visto…”
 
“Già, non lo capirò mai.”
 
Fece per bere un sorso d’acqua dalla borraccia ma improvvisamente una strana sensazione lo mise in allarme. Si voltò, osservando incerto la boscaglia circostante.
 
“E adesso che ti prende?” Gli chiese Washington, notando il suo comportamento.
 
“Per un attimo mi è sembrato di percepire una presenza qui vicino.”
 
Fraser guardò il punto indicato da Lee, poi disse:
 
“Sarà qualche animale… Queste terre ne sono piene.”
 
“E se fosse qualche spia francese?”
 
“Impossibile, le sentinelle avrebbero dato l’allarme.”
 
“Washington ha ragione, i nostri soldati fanno buona guardia.” Gli diede manforte Gage.
 
Confortato dalle parole dei suoi commilitoni, Lee si rilassò e bevette un sorso d’acqua.
 
“A proposito, dov'è il generale Braddock?” Domandò Haytam.
 
“Sarà nella sua tenda, a preparare i piani di conquista di Fort Duquesne.”  Gli rispose Gage.
 
“Si comporta come se avessimo la vittoria in pugno.” Commentò Washington.
 
“La abbiamo in pugno, George… Noi siamo 2000, loro meno di 900.”
 
“Alle Termopili gli spartani  erano 300 contro un milione persiani e li hanno tenuti in scacco per 3 giorni.”
 
“Ma alla fine sono stati sopraffatti.”
 
“Hanno perso una battaglia, ma Serse ha perso la guerra.”
 
“Dubitate della nostra vittoria, colonnello?” Chiese all'improvviso una voce conosciuta.
 
Tutti alzarono lo sguardo e videro Braddock che li fissava severo.
 
“Nossignore. Sto solo dicendo che dovremmo essere prudenti… Non si scuoia l’orso prima di averlo ucciso.”
 
“L’Inghilterra non è diventata un impero grazie alla prudenza, ma alla sua forza militare e all'intraprendenza dei suoi leader! Vi assicuro che entro domani prenderemo Fort Duquesne, con o senza di voi! Sono stato chiaro?”
 
“Sissignore.”
 
“Bene! Allora può anche gettare alle ortiche la paura!” Detto questo si allontanò.
 
“Ti è andata bene che fosse di buon umore, George… In caso contrario saresti stato spacciato.”
 
“Già, Thomas… Ricordi il povero Norrington?”
 
“Certo che lo ricordo… Si è beccato una pallottola in  testa per averlo smentito.”
 
“In futuro sarò più prudente.”
 
*******
Mentre i soldati discutevano, a pochi passi da loro una ragazza dai capelli corti rossi e dagli occhi dello stesso colore era posizionata in cima a un albero e li osservava.
 
Si fanno sempre più vicini… Devo avvertire la somma Seiya!
 
Pensò.
   
 
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