Capitolo 29: Fidati di me
Giovedì 17 Marzo
Si
passò una mano
tra i capelli lisci, guardando l’immagine che lo specchio le
restituiva.
Dopo
qualche
istante – in effetti non sapeva da quanto fosse dentro il
bagno – allungò una
mano verso la bacchetta.
La
strinse tra le
dita e riportò gli occhi sullo specchio, guardando i suoi
capelli colorati in
parte di rosa e in parte di viola. Proprio come ad inizio anno, in
effetti.
Si
sfiorò la
frangia e poi sospirò prima di sollevare il braccio, pronta
a colorarsi i
capelli per la centesima volta… anche se era abbastanza
sicura che fosse la
prima volta in cui sceglieva quel colore.
*
“Sono
io o i
giorni stanno passando con il freno a mano?”
Faye
sbuffò,
aprendo la porta dell’aula di Incantesimi quasi con sollievo:
le ore avevano
iniziato a non finire mai, ormai passava gran parte delle lezioni con
gli occhi
fissi sull’orologio.
“No,
non è solo
una tua impressione… e probabilmente tutto quello che
è successo non aiuta.”
Phoebe
sbuffò,
passandosi stancamente una mano tra i capelli scuri mentre si
trascinava verso
l’aula di Trasfigurazione insieme a Faye, Sebastian e
Isabelle.
Peccato
che
quest’ultima avesse la testa visibilmente da
un’altra parte e non avesse aperto
bocca per tutta l’ora appena passata in classe.
“Io
non capisco
come possano ostinarsi a fare finta di niente… Credono
davvero che non ci
rendiamo conto di quello che succede, che non ci facciamo
domande?”
Sebastian
sbuffò,
maledicendo mentalmente anche suo padre: aveva provato più
volte a contattarlo,
a chiedergli che cosa stesse succedendo ai piani alti… ma
niente, non voleva
dirgli nulla.
Faye
annuì con la
stessa espressione seccata stampata in faccia mentre si sistemava la
borsa
sulla spalla, prendendo in seria considerazione l’idea di
darsela a gambe e
scappare dalla lezione di Jefferson.
“O
pensano che
siamo degli idioti o ignorano tutto e basta… Insomma,
speravo che almeno a NOI
avrebbero detto qualcosa!”
“Forse
non sanno
quasi niente nemmeno loro, quindi si limitano a comportarsi come se non
stesse
succedendo nulla davanti a noi.”
La
voce di
Isabelle giunse alle orecchie dei tre forse per la prima volta dopo
diversi
minuti e Sebastian si voltò verso di lei, guardando la
compagna quasi con una
nota speranzosa nella voce:
“Il
padre di Al
non ti ha detto niente?”
“Non vuol dirmi niente sugli ultimi incontri del Consiglio,
dice che non è
giusto caricarmi di un peso che non mi spetta…”
Se solo avesse saputo…
Isabelle
scosse
leggermente il capo, cercando di non pensare o sentirsi in colpa per
mentire
anche a Morgan Shafiq. Ma non voleva farlo preoccupare e cacciare nei
guai
anche lui… aveva già perso suo figlio dopotutto.
Phoebe
rivolse
all’amica un’occhiata scettica, morendo dalla
voglia di chiederle a cosa stesse
pensando… ma non poteva, non davanti agli amici.
“Faye,
puoi andare
a prenderci un posto per favore? Possibilmente abbastanza infondo e non
proprio
davanti allo sguardo da falco di Jefferson… Devo andare in
bagno. Isabelle,
accompagnami.”
“Non
ho mai capito
perché le ragazze vanno in bagno in
gruppo…”
“Perché
nel bagno
le ragazze spettegolano, Bas… lì abbiamo la
certezza che nessuno verrà a
disturbare. Su, andate.”
Phoebe
fece cenno
ai due cugini di precederle in aula e Faye sorrise, sapendo che
l’amica aveva
ragione, prima di prendere Sebastian sottobraccio e andare insieme a
lui verso
l’aula.
“Fammi
indovinare
Bibi, non devi affatto andare in bagno.”
“No,
ma dobbiamo
parlare… e come ho detto, lì di sicuro nessuno ci
disturberà.”
Phoebe
prede
l’amica per mano e iniziò a trascinarla con
decisione verso il bagno,
imbattendosi in un Jude dall’arai annoiata che rivolse alle
due un’occhiata accigliata:
“Dove
state
andando?”
“Con il tuo permesso, andiamo in bagno
Verräter… vuoi seguirci
anche lì per caso?”
Phoebe
roteò gli
occhi e lo superò senza tanti preamboli, mentre Isabelle si
lasciava sfuggire
una risatina di fronte alla faccia di Jude, che scosse il capo e
borbottò che
nemmeno lui avrebbe origliato una conversazione nel bagno delle
ragazze.
*
“Allora
Bibi, che
c’è?”
“A
cosa stai
pensando Belle? Sei un po’ pensierosa oggi… che
cosa succede?”
Phoebe
si voltò
verso l’amica, appoggiandosi al lavandino e inarcando un
sopracciglio,
osservandola con un’aria inquisitoria che fece sorridere
Isabelle perché in
netto contrasto con la sua figura minuta.
“Beh…
non trovo
più la lettera di Morgan. Quella dove mi parlava della
famiglia di Jude. Forse
tutta questa storia mi sta facendo diventare paranoica e in
realtà è solo in
mezzo ad uno dei miei disegni… non lo so Bibi, ho paura che
possa averla presa
qualcuno.”
“Ma
nessuno sa
della sua esistenza a parte me, te, tuo zio e Morgan… E io
di sicuro non l’ho
presa, Morgan nemmeno… Ma non capisco, perché tuo
zio dovrebbe rivolerla?”
“Non
lo so. Ma lo
conosco, e dopo tutto quello che è successo non sono mai
sicura di nulla… nemmeno
io capisco perché potrebbe rivolerla, non c’era
scritto niente di
esageratamente privato o che potesse tornargli utile. Ma come ho
detto… non si
può mai sapere.”
Isabelle
sbuffò
leggermente, chiedendosi che cosa potesse avere in mente. Non lo vedeva
da
qualche giorno, ma una vocina nella sua testa le suggeriva che era in
mano sua…
e l’idea non le piaceva, non sapeva perché.
*
“Smettila
di
guardarmi così.”
“Scusami…
stai
bene, in realtà. Solo che… beh, è una
strana novità.”
Mathieu
sfoggiò un
piccolo sorriso, osservando i capelli di Camila ancora con aria
vagamene
stralunata: era davvero strano vederla con i capelli anche solo di un
singolo
colore… specialmente se era quello.
“Mi
piace
cambiare, lo sai.”
Camila si strinse
nelle spalle, continuando a prendere distrattamente appunti mentre
Mathieu
osservava i suoi capelli con un’espressione incerta, come se
trovasse la sua
scelta davvero strana.
Di
sicuro era
inconsueta rispetto al solito… e non era l’unico a
pensarlo, quando l’americana
era entrata in Sala da Pranzo molti l’avevano guardata con
sorpresa.
Probabilmente
nessuno aveva mai visto Camila Selwyn-Holt con i capelli, di solito
molto
vivaci e colorati, tinti completamente di nero.
*
Come stai?
Tutto bene?
Era
davvero stanco
di sentire sempre quelle domande… ma le persone continuavano
a porle. Anche suo
fratello, in via epistolare… e lui non sapeva più
come rispondere, nemmeno a
lui che probabilmente lo conosceva meglio di chiunque.
Perché
proprio non
sapeva come stesse… Aveva smesso di andare in giro per la
scuola con una faccia
da funerale, aveva smesso di stasera in silenzio per la maggior parte
del tempo
e anche di starsene chiuso in camera… ma la tristezza, la
malinconia, l’avevano
abbandonato?
No,
proprio per
nulla. E continuava a pensare a Francisca ogni giorno, finendo col
chiedersi
che cosa avrebbe detto o fatto lei in determinate situazioni.
A
lezione di
Trasfigurazione aveva fissato pigramente il suo rotolo di pergamena
quasi senza
scrivere nulla, Jude aveva dovuto dargli una sonora pacca sulla schiena
per
riportarlo alla realtà e ricordargli che era in classe. E si
era reso conto che
non gli importava neanche granché…
Aveva
quasi
sorriso, amaramente, quando aveva alzato lo sguardo sul
Vicepreside…
all’improvviso si era ricordato di tutte le volte in cui
aveva riso insieme a
Francisca e ad Alexandrine, aveva sorriso pensando alla forte antipatia
che la
sua Frankie aveva nutrito per quell’uomo, a tutte le volte in
cui gli aveva
fatto il verso o che l’insegnante l’aveva fulminata
con lo sguardo.
Chissà
se a lui
dispiaceva per la dipartita di Francisca Lothbrock… ma
Adrianus sapeva che
anche se era sempre piuttosto scontroso, poco loquace e tremendamente
pignolo
infondo gli dispiaceva per la sorte tanto triste e ingiusta di una
ragazza con
cui aveva avuto a che fare per più di sei anni e mezzo, nel
bene o nel male.
Se
ne stava seduto
da solo, fissando pigramente il piatto vuoto che aveva davanti agli
occhi.
Sapeva
che intorno
a lui molti compagni di scuola gli lanciavano occhiate, provando quasi
compassione per quel ragazzo in genere sorridente e loquace che aveva
perso
così brutalmente la sua ragazza.
“Mangiare
da soli
è molto triste Steb… e anche non mangiare.
Coraggio…”
Si
voltò nel
sentire la familiare voce di Isabelle, guardandola sedersi accanto a
lui e
piazzandogli senza tante cerimonie una buona dose di pasta nel piatto.
Adrianus
però non ci fece caso, continuando a guardare la compagna e
ripensando a quello
che aveva visto nella camera di Jude… i disegni che la
raffiguravano…
specialmente quello dove compariva anche Alastair.
Lei
ricambiò il
suo sguardo, rivolgendogli un piccolo sorriso… gli disse
così che le dispiaceva
per quello che stava passando.
“Io…
ovviamente
non so che cosa provi, ma ho perso anche io una persona molto cara.
Credo di
sapere come ti senti Steb e davvero, mi dispiace.”
“Passerà?”
“Non
del tutto. La
tristezza sì, la malinconia… quella no. Credo che
continuare a chiedersi cosa
farebbe quella persona, rivivere dei momenti… credo che sia
normale.”
Adrianus
annuì,
restando in silenzio per qualche secondo prima di parlare di nuovo,
dicendo
finalmente a voce alta qualcosa a cui pensava già da qualche
giorno:
“Jude
ha trovato
Alastair davanti all’ingresso, vero?”
“Penso
di sì. Così
ha detto… perché me lo chiedi?”
Isabelle
si
accigliò leggermente, osservando il ragazzo con lieve
nervosismo: non e avevano
più parlato… né con Phoebe
né con Jude. Hamilton non aveva più insistito e
Isabelle aveva quasi dimenticato la bugia di Jude a riguardo. Quasi,
certo.
Ma
perché Adrianus
glielo domandava dopo quasi tre mesi?
Quattro
mesi…
all’improvviso sentì un fastidioso groppo in gola
formarsi insieme alla
consapevolezze che fossero già passati tre mesi…
tre mesi senza Alastair, non
era mai successo prima di allora.
“Ho
solo… visto un
disegno di Jude parecchio interessante, qualche giorno fa. Ritraeva
Alastair
morto, credo. Aveva la gola mozzata, giusto?”
“Sì.”
Non pensarci
“Ma
nel disegno
era appeso a testa in giù… nel Padiglione, credo.
Strano, non trovi?”
“Conosci
Jude da
più tempo di me Steb… ha una fervida fantasia e
un grande amore per le storie
assurde. Probabilmente ha solo romanzato la vicenda.”
Si
strinse nelle
spalle, cercando di risultare il più naturale
possibile… ma Adrianus continuava
a guardarla attentamente e si ritrovò costretta a sospirare,
parlando a mezza
voce:
“Non
mi va di
parlare di Al Adrianus. Vorrei smettere di pensarci.”
“Che
cosa ricordi
di quella sera? Della sua morta, intendo, non prima.”
“Poco.
Non ero
molto… in me.”
“Già…
me lo
ricordo. Non piangevi, ma eri molto pallida. Quasi sotto shock, oserei
dire.”
“Si,
beh, non
capita tutti i giorni di trovare il tuo amico d’infanzia con
la gola mozzata,
ti pare?”
Isabelle
inarcò un
sopracciglio, parlando con un velo di studiata ironia mentre continuava
ad
osservare Adrianus di rimando, sapendo di non poter distogliere lo
sguardo.
Il
ragazzo esitò
per un attimo ma poi annuì, parlando comunque con una nota
dubbiosa nella voce:
“Per
fortuna,
direi di no.”
Ma
era davvero
bastata quella visione per ridurla in quello stato?
Non
lo sapeva… non
ci aveva mai riflettuto troppo sopra, ma dopo quel disegno era cambiato
qualcosa nella sua testa.
“Del
resto… perché
Jude dovrebbe mentire per te e finirei quasi nei guai per questo?
Infondo lui
non fa mai niente per niente, giusto? Per decidere di coprirti dovresti
aver
fatto qualcosa per lui.”
“Adrianus,
io e
Jude non siamo “in combutta”.”
“Non
lo so
Isabelle, ‘è qualcosa che non mi torna…
se si trattasse di qualunque altra
persona non capirei proprio, ma trattandosi di te sarebbe anche
plausibile.”
Era
stata anche
avvelenata, poche settimane prima… forse Isabelle era
davvero più coinvolta di
quanto pensasse.
“Isabelle…
non ti
voglio accusare di niente, davvero. Ma se sai qualcosa, per favore,
vorrei
saperlo.”
Lo
sapeva…
Isabelle lo guardò, leggendo negli occhi grigi di Adrianus
tutto il
risentimento, la frustrazione che vedeva anche in quelli di
Sebastian... Forse
anche nei suoi, guardandosi allo specchio.
L’impotenza,
il
non poter far nulla.
Sapeva
come si
sentiva, e le dispiaceva… forse sarebbe stato giusto che lui
sapesse, ma non
poteva.
“Non
so niente che
tu non sappia, Adrianus. Davvero… non fare affidamento su un
disegno. Chiedi
spiegazioni a Jude, se proprio ci tieni.”
“Credo
che lo
farò, sì.”
Adrianus
annuì,
appuntandosi mentalmente di farlo: dopotutto non aveva poi molto altro
da
perdere… tanto valeva approfondire la questione che, non
sapeva perché, gli
ronzava fastidiosamente nell’orecchio.
Isabelle
si limitò
ad annuire, sforzandosi di risultare il più indifferente
possibile mentre si
alzava, sapendo di non dover insistere: non voleva che anche lui
scoprisse
tutto… non voleva che uccidesse anche lui.
“Beh,
buona
fortuna, carpire informazioni dalla persona più sibillina
del mondo non è
impresa facile. Ci vediamo dopo Steb… ma mangia,
ok?”
Adrianus
annuì,
guardandola allontanarsi per raggiungere Faye e Phoebe.
Poco
dopo distolse
lo sguardo e sentì un paio di mani stringergli le spalle:
“Finalmente!
Era
ora che ti decidessi a mangiare decentemente.”
Camila
spuntò
accanto a lui, rivolgendogli un sorriso prima di abbracciarlo.
Intuì che si
stava sforzando di non sembrare triste a sua volta soltanto per cercare
di
sollevargli il morale e ricambiò debolmente il sorriso,
annuendo leggermente:
“Si,
beh… non
vorrei subire di nuovo la tua predica.”
“Bravo.
Ma dov’è
Mat? Mathieu, vieni qui! A volte mi sento una
baby-sitter…”
Camila
sbuffò e
Adrianus non riuscì a non sorridere mentre l’ormai
familiare borbottio di
Mathieu arrivava anche alle sue orecchie:
“Smettila
Cami,
ero proprio dietro di te!”
“Ah sì?
Non me
n’ero accorta… Scusa. Dai, non fare quel muso, lo
sai che ti voglio bene e che
senza di te sarei perduta…”
“Ruffiana.”
“Forse
un
pochino.”
Mathieu
roteò gli
occhi mentre prendeva posto accanto ad Adrianus, lanciando
un’occhiata scettica
in direzione dell’americana: non riusciva ancora ad abituarsi
ai suoi capelli
neri, era più forte di lui… c’era
qualcosa che stonava.
“Cami…
ti prego,
torna colorata come prima. Mi sembri un’altra
persona!”
“Tipo
chi?”
“Non
so… ma di
sicuro non sei tu. E sono sicuro che Steb è
d’accordo con me.”
Mathieu
gli
rivolse un’occhiata molto eloquente e l’ex
Corvonero seppe di non avere
assolutamente scelta: così annuì, guardando la
ragazza con affetto prima di
parlare.
“E’
vero Cami… con
i tuoi capelli portavi sempre allegria con te. E credo che ora ne
abbiamo
bisogno.”
Sorrise
e seppe di
aver fatto c’entro nel momento in cui Camila
annuì, sospirando leggermente:
“Va
bene, visto
che me lo chiede Steb lo farò.”
“Ah, quindi io non conto niente, buono a
sapersi!”
“Non essere geloso Mat, voglio bene anche
a
te!”
*
Sbuffò
mentre
saliva le scale per tornare in camera sua, praticamente esausto dopo
una
giornata fin troppo lunga… e la chiacchierata con Adrianus
di certo non aveva
contribuito.
Aveva
visto quel
disegno, quindi…. Ma era sicuro che Isabelle non volesse
fargli sapere la
verità e aveva dovuto trovare una scusa bella e buona,
sostenendo che si fosse
solo lasciato prendere dall’immaginazione per una situazione
alquanto
pittoresca.
Non
gli era
sembrato di averlo convinto parecchio, ma almeno non aveva insistito.
Sapeva
però che non avrebbe lasciato perdere, di certo non ora che
Francisca era stata
uccisa… avrebbe fatto di tutto per scoprire la
verità.
E
non poteva
nemmeno biasimarlo, in effetti.
Aprì
la porta
della sua camera per lasciarci la borsa e poi, magari, passare a
salutare
Atropo per riposarsi un po’. Lasciò come suo
solito la borsa sulla sedia e
lanciò un’occhiata ai suoi album, appuntandosi
mentalmente di far sparire
qualche disegno compromettente.
L’occhio
gli cadde
inevitabilmente sull’unica cosa che risultava fuori posto:
non avrebbe mai
potuto non accorgersene, lui che pianificasva e organzizava sempore
tutto.
C’era
una busta
sulla sua scrivania… ma era stata aperta.
Il
suo primo
pensiero fu che suo padre gli avesse scritto e che qualcuno
l’avesse letta… immediatamente
allungò la mano per prendere la busta, ma si accorse
rapidamente con sollievo
che l’emblema sulla ceralacca non era lo stemma della sua
famiglia.
La
girò,
chiedendosi perché quella lettera fosse
lì… a maggior ragione visto che non era
stata indirizzata a lui.
No…
era per
Isabelle Van Acker, quella lettera. Mandata da Morgan Shafiq.
Aggrottò
la
fronte, chiedendosi che cosa stesse succedendo. Isabelle
l’aveva lasciata lì?
Ma perché non darla a lui di persona se voleva che lui
l’avesse?
Per
una attimo
pensò di cercarla e chiederlo direttamente a lei, dicendosi
che forse leggerla
senza sapere nulla non era una buona idea… ma in fin dei
conti lui era pur
sempre Jude Verräter, curioso ai limiti
dell’inverosimile. E di certo quella
lettera non era arrivata lì volando, per caso.
Tirò
fuori la
lettera dalla busta e si accorse immediatamente che non era
recentissima, era
stata scritta diversi giorni prima. Quindi Isabelle l’aveva
già letta? O
qualcuno l’aveva intercettata? Perché la busta non
era sigillata, ergo da
qualcuno doveva essere stata aperta per forza.
Continuando
a
capirci ben poco lesse quanto scritto da un uomo che conosceva solo di
vista,
ma che sapeva conoscere molto bene Isabelle.
Dopo
solo un paio
di righe si ritrovò a sgranare gli occhi… e
l’orrore aumentò a dismisura mentre
andava avanti.
Si
alsciò
scivolare sulla sedia quasi senza rendersene conto, mentre le parole
davanti a
lui vorticicavano nella sua testa.
Perché?
Perché
stava
leggendo quelle cose?
Improvvismanete
capì perché quella lettera era suylla sua
scrivania… ma l’idea che potesse
averla messa lì Isabelle svanì dalla sua testa:
no, era assolutamente impossibile
che fosse stat lei. Di certo non glie l’avrebbe mai mostrata.
Deglutì
a fatica
mentre si passava nervosamente una mano tra i capelli neri, ignorando
il lieve
tremore che aveva colpito il suo braccio.
Non
era possibile…
non poteva essere vero.
Guardò
la data:
erano passati giorni. Che cosa poteva aver impedito a Shafiq di
scriverle
ancora? Di scriverle altro, quello che non doveva assolutamente sapere.
Gli
occhi di Jude
saettarono alle prime righe, leggendo con preoccupazione e disgusto
crescente
quelle parole che gli rimasero tristemente impresse nella mente.
Come mi hai chiesto, ecco cosa sono
riuscito a scoprire sulla famiglia Verrater…
Come mi hai chiesto
Scattò
in piedi
quasi senza rendersene conto, uscendo dalla sua camera quasi di corsa e
con la
lettera sempre in mano.
Perché?
Le
parole
continuavano a tornargli in mente, immaginandosi persino Isabelle che
scriveva
al padrino per chiedergli quelle informazioni su di lui, sulla sua
famiglia.
Perché?
Mi fido di te, Jude, davvero.
La
vide
sorridergli, sfiorargli le spalle con le dita. Gli sembrò
come di sentire di
nuovo quell’abbraccio, lei che gli assicurava che
sì, si fidava di lui.
Deglutì
mentre la
vista gli si annebbiava leggermente, continuando a camminare quasi a
passo di
marcia.
Perché?
Perché
non gli
andava mai bene nulla?
Per
una volta… ci
aveva davvero iniziato a credere, che lei si fidasse. Che gli si fosse
persino
affezionata in qualche modo.
Forse
voleva
davvero il suo aiuto e basta. Forse era come tutti gli altri.
Raggiunse
il
Dormitorio femminile prima di rendersene conto… e la vide
uscire dalla propria
camera. Accelerò il passo e quando lo vide lei sorrise
leggermente, muovendo
qualche passo verso di lui mentre lo guardava con curiosità:
“Ciao.
Come mai
qui?”
Contrasse
la
mascella mentre si fermava di fronte a lei, restando in silenzio per un
attimo.
Isabelle lo guardò di rimando e la sua espressione
cambiò, intuendo che
qualcosa che non andava:
“Che
cosa c’è?”
“Credo che tu abbia perso la tua
posta.”
Sollevò
la mano,
mettendole la lettera davanti… la vide sgranare gli occhi
verdi con sincero
orrore e quasi impallidire mentre si voltava di nuovo verso di lui,
maledicendo
mentalmente suo zio:
“Dove…
come l’hai
avuta?”
“Era
in camera
mia. Dovresti stare attenta alle tue lettere Isabelle, potrebbero
finire in
mani sbagliate. Come ti sei
permessa?”
Jude
assottigliò
gli occhi, quasi sputando con rabbia crescente quelle parole appena
sibiliate
mentre Isabelle deglutiva, scuotendo il capo:
“Jude,
mi
dispiace… Non volevo. Me l’ha chiesto lui, non
avrei mai fatto ricerche su di
te…”
“Ti
ha scritto
altro?”
“Come?”
“Shafiq.
Ti ha
scritto altro?”
“No.”
“Sicura?”
“Sì…
te lo giuro
Jude, non è stata una mia idea… ti
prego.”
Allungò
una mano
per sfiorargli il braccio ma lui si ritrasse, lasciandole la lettera
tra le
mani prima di parlare di nuovo:
“Chi
l’ha letta?”
“Mio…
zio. Ti
prego, non guardarmi così. Davvero Jude, non ti ho mentito,
mi fido di te…”
Il
tono di
Isabelle aveva una nota implorante che non avrebbe mai pensato di
sentire, ma
in quel momento non gli importò
granché… scosse il capo, voltandosi per
andarsene e ignorando la mano della ragazza che gli aveva stretto il
braccio,
chiedendogli di ascoltarla:
“Non toccarmi, Van
Acker.”
“E
tu ascoltami.
Non ti ho preso in giro Jude, non capisci? Te l’ha fatta
avere di proposito,
vuole che tu non mi aiuti!”
Isabelle
gli si
piazzò davanti e Jude si ritrovò a sospirare,
sapendo di non poterle fare
niente… non ci sarebbe mai riuscito, anche se in quel
momento moriva dalla voglia
di fare a pezzi qualcosa.
“Per
favore… mi
dispiace. Davvero, ma non è stata una mia idea!”
“Non mi interessa… spostati.”
“Io
mi fido di te
Jude… fidati di me anche tu.”
Isabelle
sollevò
una mano per sfiorargli il viso ma lui si ritrasse, distogliendo lo
sguardo per
evitare di guardarla: non ci riusciva.
“Isabelle…
spostati. Non voglio farti male.”
“Guardami
Jude,
per favore.”
Si
costrinse a
cercare di rilassarsi, pensare che in quella lettera non parlava della
sua
“attività” di famiglia… ma
forse c’era un’altra lettera, forse Isabelle gli
stava mentendo.
Jude
mosse il
capo, voltandosi finalmente verso di lei… ma forse Isabelle
avrebbe preferito
non vedere quella nota così delusa e rabbiosa nel suo
sguardo.
“Vuoi
informazioni
sulla mia famiglia Van Acker? Segnati questa… noi
non perdoniamo.”
La
superò,
allontanandosi con lunghe falcate e cercando di non pensare alla sua
espressione sinceramente ferita, cercando di non sentire la sua voce
che lo
chiamava.
Cercando
di non
pensare alla sensazione di nausea, forse di delusione, che provava.
*
“In
effetti
dovresti prestare più attenzione alle tue cose, in
futuro.”
Si
voltò,
maledicendosi per non aver bruciato quella stupida lettera e guardando
quell’uomo con sincero odio.
“Perché l’hai fatto?”
“Beh,
come hai
detto tu voglio che non vi avviciniate troppo.”
“Ti
assicuro che
me la pagherai… alla fine,
pagherai per
tutto quello che mi hai fatto. E quello che hai fatto agli
altri.”
Le
sorrise con
noncuranza mentre lei quasi tremava di rabbia, trattenendosi dal tirare
fuori
la bacchetta e affatturarlo.
“Non
prendertela
tanto nipotina… che c’è? Non
è che ti piace quel ragazzo vero?”
Non
rispose,
limitandosi a chiedersi a come avrebbe convinto Jude a fidarsi di lei
di nuovo…
mentre lui le sorrideva, fingendosi sorpreso:
“Oh,
è così? Una
vera disdetta… anche perché non mi è
sembrato che scherzasse.”
“Vai al diavolo.”
Si
voltò, quasi
correndo lungo il corridoio con un solo chiodo fisso in testa: Jude.
Doveva
trovare Jude. Non gli avrebbe permesso di portarle via anche lui.
*
Come mi hai chiesto
Informazioni
Sulla sua famiglia
Isabelle
Uno
sbuffo misto
ad una specie di ringhio rabbioso uscì dalla sua gola mentre
il suo incantesimo
si scagliava contro un manichino, riducendolo in polvere con un botto.
Come tutti gli altri
Stupido… si era soltanto illuso
“Qui nessuno ti ama Jude…
nessuno potrebbe
farlo.”
Nessuno
Solo, sempre solo
Isabelle
che lo
evitava, ma che lentamente cominciava ad aprirsi con lui…
Isabelle che gli
sorrideva. La vide tremante mentre tossiva sangue, sentì la
sua mano trattenerlo
per la camicia prima di appoggiarsi a lui, come in cerca di conforto.
Risentì
il suo
abbraccio, lei che gli diceva di fidarsi, la sua voce cantargli quella
stupida
canzone… Isabelle. I suoi stupidi occhi verdi che lo
guardavano imploranti,
ridenti o irritati.
Sempre
lei.
Rivisse i suoi ricordi mentre faceva a pezzi un altro manichino, la
mascella
contratta.
Non
sapeva nemmeno
cosa provava… rabbia, frustrazione? Risentimento, delusione?
Gli
sembrò di
rivederla, bellissima con quel vestito bianco… seduta sui
gradini, con quella
foto in mano e sotto shock per aver appena perso il suo più
grande amico. Le
aveva messo il suo mantello sulle spalle, l’aveva presa per
mano, l’aveva
coperta con tutti… le aveva salvato la vita,
l’aveva aiutata, le era stato
vicino.
Non
aveva mai
fatto niente del genere per nessun altro. Non si era mai illuso del
tutto,
dicendosi che difficilmente qualcuno l’avrebbe
ricambiato… ma forse da qualche
tempo un po’ di speranza aveva cominciato a nutrirla. Aveva
pensato che lei gli
avesse finalmente parlato del libro perché si fidava,
perché forse stavano
iniziando a costruire qualcosa…
Ma
magari voleva
il suo aiuto e basta. Dirgli che si fidava di lui per non dover pagare
nessun
prezzo.
Aveva
sempre
pensato che le persone si avvicinassero, che fossero gentili con lui
solo per
un tornaconto. Con lei aveva iniziato a pensarla diversamente, ma forse
doveva
semplicemente ricredersi.
Era
ancora così:
forse nessuno lo apprezzava, nemmeno lei.
Respirò
profondamente, passandosi una mano tra i capelli mentre il suo battito
cardiaco
era accelerato e le scritte sui suoi polsi brillavano da sotto le
maniche della
camicia bianca.
Deglutì,
cercando di
svuotare la mente ma senza riuscirci… si chiese se lei fosse
stata sincera:
c’erano altre lettere o solo quella?
Non
voleva che lei
sapesse… non lei. Avrebbe fatto finire la sua famiglia in
seri guai se qualcuno
avesse scoperto qualcosa, ma non voleva che lei lo sapesse
perché di sicuro
avrebbe preso le distanze.
Per
un attimo la
vide guardarlo quasi con disgusto e perse un battito, faticando a
sopportare
quell’immagine.
Non lei
Perché proprio lei?
Quasi
senza
rendersene conto si lasciò scivolare sul pavimento freddo
dei sotterranei,
mollando la presa sulla sua bacchetta mentre cominciava a sentirlo, il
dolore
alla testa.
Era
da tempo che
non aveva quelle crisi… e sapeva cosa sarebbe successo.
Deglutì,
chiudendo
gli occhi e cercando di non pensare a niente mentre si prendeva la
testa tra le
mani tremanti.
Non
vide più
Isabelle, all’improvviso… solo un orrendo
susseguirsi di ricordi.
Suo
padre, spesso
fuori casa e in grado di dargli ben poche attenzioni… e ben
poco affetto, essendo
quasi peggiore di lui nel trasmetterlo.
Sua
nonna, la
donna che gli rovinava la vita da anni.
Freddo…
riconosceva quella sensazione. Quando metteva piede dentro casa o nella
sua
camera e sentiva il freddo penetrargli fin dentro il corpo…
e la voce di sua
nonna, che borbottava che non avrebbe usato la magia per scaldare
niente e
nessuno. Doveva arrangiarsi.
Quegli
occhi pieni
di odio che lo fissavano come se fosse un enorme sbaglio… e
dolore. Il dolore
fisico che aveva provato tante volte a causa dei numerosi
“incidenti” che aveva
subito.
Già,
incidenti che
erano continuati anche ad Hogwarts… sua nonna, quella
maledetta donna che l’aveva
odiato fin da prima della nascita e che probabilmente moriva dalla
voglia di
vederlo morto da sempre.
Dolore, freddo, lacrime represse…
perché
piangere è da femmine, non si fa, mai.
Affetto, bisogno d’affetto e di
attenzioni
che scemava con il tempo, imparando a farne a meno.
Hogwarts. Libertà, gioia,
Serpeverde… e
segreti, tanti segreti. Patti, promesse, ricatti, sorrisi. Vacanze, sua
nonna,
incidenti che si ripetevano…
E
poi il
trasferimento, suo padre che gli diceva che non sarebbe tornato ad
Hogwarts mai
più… la Cimmeria era più sicura,
forse. Lontana da sua nonna, ma suo padre non
glielo aveva mai detto apertamente… come se non potesse
capirlo da solo che
dietro a tutti quegli “incidenti” c’era
lei.
Odio,
tanto odio…
reciproco, certo.
Amore,
affetto?
Mai, quello mai.
Deglutì,
mentre
cercava di non urlare per il dolore alla testa che sentiva…
sembrava che gli si
stesse per spaccare a metà, all’improvviso.
Ansia, paura, misteri da svelare… la
Cappella,
Isabelle, le morti. Alastair appeso a testa in giù nel
Padiglione.
C’era lei dietro alle morti? Lo aveva
trovato anche lì?
Paura, domande, tante domande… poche
risposte.
Amarezza: odiava non sapere.
Isabelle, veleno, domande su domande…
Lo
nascondeva,
esorcizzava sempre tutto… ma aveva da sempre così
tanta paura di morire… e il pensiero
che sua nonna potesse averlo trovato anche lì lo tormentava
da molto tempo
ormai, senza mai potersi sfogare con nessuno.
Il
tutto mischiato
al suo travaglio interiore, combattuto tra quelle sensazioni
così strane,
nuove, incredibilmente piacevoli che provava quando pensava ad
Isabelle, o
quando la vedeva.
Gli
sembrò come di
risentire quelle farfalle svolazzare quando ripensò a quando
lei l’aveva
abbracciato.
Jude
chiuse gli
occhi, icapace di tenerli aperti mentre la testa gli girava
leggermente… non
saeva nemmeno più se era seduto o steso sul pavimento.
“Hey,
Jude… non
portare il peso del mondo sulle tue spalle.”
Com’era
ironico… a
lui smebrava davvero di portarlo, a volte.
La
pura, tutte
quelle domande, il pensiero fisso di sua nonna, il dover trovare
risposte,
Isabelle… e ora quella dolorosa stilettata al cuore.
Troppo,
davvero
troppo.
Si
lasciò
scivolare sul pavimento, respirando a fatica mentre continuava a
tremare
convulsamente, non riuscendo ad alzarsi o a mettersi seduto.
La
scrittura di
Shafiq continuava ad essere lì, proiettata nella sua
testa… insieme a tutte le
parole di Isabelle. Doveva cancellare tutto? Mettersi l’animo
in pace e
arrendersi al fatto che aveva ragione, sua nonna aveva ragione, nessuno
sarebbe
mai riuscito ad apprezzarlo davvero?
Infondo,
chi mai
avrebbe potuto stargli vicino una volta visto davvero? Una volta
scoperto cosa
faceva la sua famiglia?
Non
aveva più
voglia di rompere qualunque cosa, all’improvviso…
ma si chiese per quanto
sarebbe continuata mentre muoveva appena una mano, vagando sulla
superficie
fredda, dura dell’antico pavimento. Cercando qualcosa a cui
aggrapparsi, in
qualche modo.
Quando
la sua mano
tremante incrociò qualcosa Jude aprì gli occhi,
deglutendo a fatica mentre
metteva a fuoco l’immagine di Isabelle, inginocchiata accanto
a lui… la mano
che stringeva la sua.
No,
non lei.
Nessuno
l’aveva
mai visto in momenti come quello… non voleva che la prima
fosse proprio lei.
“Vattene,
Van
Acker…”
La
testa gli
duoleva paurosamente per lo sforzo di tenerla sollevata e guardarla,
parlando a
fatica e riconoscendo a stento la sua voce… la
guardò, quasi implorante, ma lei
scosse il capo, guardandolo con fermezza e preoccupazione:
“Scordatelo.
Respira, Jude… va tutto bene.”
Gli
sorrise
lievemente e allungò un braccio, sistemandolo dietro la sua
schiena per
stringere a sé quel ragazzo tremante e così
fragile in quel momento.
Jude
forse avrebbe
voluto allontanarsi, dirle di andare via di nuovo… ma
proprio non riuscì a
muoversi, trattenendosi dall’urlare e mordendosi il labbro
tanto forte da farsi
lacrimare gli occhi.
La
sua mano era
ancora stretta convulsamente su quella più piccola di
Isabelle, che dopo
qualche istante la fece scivolare dalla sua presa. E Jude si
ritrovò a boccheggiare,
la vista annebbiata mentre muoveva la mano, cercando la sua di
nuovo… se da una
parte non voleva che lei lo vedesse in quello stato,
dall’altro aveva davvero
bisogno di sentirla vicino a lui.
“Va
tutto bene
Jude… sono
qui.”
Gli
sorrise e gli
sfiorò i capelli neri con le dita, senza distogliere lo
sguardo dal suo viso
mentre Jude deglutiva a fatica, continuando ad essere in quello strano,
assurdo, doloroso limbo.
Da
una parte
continuava a sentire quelle voci, rivivere i ricordi della sua tremenda
infanzia e dell’ultimo, difficile periodo alla
Cimmeria… dall’altra era
cosciente e vedeva Isabelle, sentendo il suo braccio sorreggerlo.
Isabelle
guardò la
mano del ragazzo che tremava paurosamente e la strinse di nuovo,
facendolo
quasi sospirare di sollievo.
Jude
si mosse leggermente,
appoggiandosi a lei e sistemando il capo tremante nell’incavo
del suo collo,
respirando quel dolce profumo di tulipani mentre lei continuava a
parlargli a
bassa voce, accarezzandogli i capelli:
“Rilassati
Jude…
non me ne vado.”
E
forse infondo non
voleva che lei se ne andasse, proprio per niente.
Per
un minuto
dimenticò e mandò al diavolo quella lettera, i
suoi dubbi, le sue fisime e le
paranoie che si faceva da anni…
Era
normale? Era
strano? Era folle? Qualcuno lo apprezzava? Qualcuno l’avrebbe
mai amato?
Smise
di pensarci,
concentrandosi solo sulla sua voce e sulle sue dita. Forse
sì, era davvero
mezzo matto. Ma se lei era ancora lì, accanto a lui, forse
non era poi così
tremendo.
Respirò
profondamente il suo profumo, smettendo lentamente di
tremare… ma allo stesso
tempo smise di sentire la sua voce, insieme alle dita che gli
sfioravano il
viso e i capelli.
La
guardò con gli
occhi lucidi e arrossati e la vide sorridergli con dolcezza prima che
la vista
gli si annebbiasse totalmente. E poi, come sempre, finì col
perdere i sensi.
Con la differenza che questa volta, contrariamente a tutte le altre,
non era
solo.
“Jude?
Oh, merda…”
Isabelle
imprecò a
mezza voce, rendendosi conto che aveva perso i sensi tra le sue
braccia.
Per
qualche
istante rimase perfettamente immobile, inginocchiata sul pavimento
freddo e
tenendolo ancora accanto a sé mentre pensava a come diamine
l’avrebbe portato
in Infermeria… Jude era piuttosto magro ma era pur sempre
alto circa 20
centimetri più di lei, portarlo di sopra di peso sarebbe
stato decisamene
impossibile.
Sospirò
e lo fece
scivolare, lentamente e con delicatezza, di nuovo sul pavimento per
prendere la
bacchetta e sollevarlo magicamente… Ma gli occhi di Isabelle
indugiarono sul
braccio del ragazzo coperto dalla manica della camicia bianca,
riuscendo ad
intravedere qualcosa di vedere.
Si
accigliò e
scostò la manica per guardargli il polso, trovando il nome
del ragazzo scritto
sulla pelle e lampeggiante di una tenue luce verde… strano.
L’aveva visto più
di una volta con le maniche della camicia arrotolate sui gomiti e non
aveva mai
visto quella specie di tatuaggio.
E
poi perché
luccicava in quel modo inquietante?
Sospirò,
rendendosi conto di quante cose non sapeva… e si chiese se,
una volta sveglio,
lui l’avrebbe allontanata o perdonata.
Si
alzò, evitando
di pensarci mentre con un lieve colpo di bacchetta lo sollevava da
terra di un
metro e mezzo, facendo in modo che la seguisse magicamente fino
all’Infermeria.
Alle
domande ci
avrebbe pensato dopo… ora doveva solo assicurarsi che stesse
bene.
*
“Ma
perché quella
ragazza sparisce sempre? Dove diamine si è cacciata
Isabelle?”
“Non
ne ho idea…
tre ore fa mi ha chiesto se avessi visto Jude, le ho detto di no e lei
è corsa
via senza darmi il tempo di chiederle spiegazioni.”
Faye
sbuffò,
roteando gli occhi e chiedendosi perché quell’anno
non ci fosse praticamente un
solo giorno senza qualcosa di strano. Phoebe invece continuava ad
agitarsi
leggermente, visibilmente nervosa visto che sia Isabelle che Jude erano
spariti
da un po’.
Ripensò
alla
preoccupazione dell’amica di quella mattina si chiese se
fosse stata fondata…
forse suo zio aveva davvero preso la lettera? Ma per farci cosa? Forse
farla
vedere proprio a Jude… e per quel che lo conosceva, era
abbastanza certa che il
ragazzo non l’avrebbe presa molto bene.
“Ultimamente
quando qualcuno sparisce non va’ a finire bene…
andiamo a cercarli. Fuori
diluvia, dubito che siano nel parco… coraggio, io vado in
Biblioteca, tu vai in
Infermeria.”
“In
Infermeria?
Bibi, non pensare così in negativo!”
“Beh,
quest’anno
mi ha insegnato a farlo, l’ultima volta in cui avevo una
strana sensazione
Francisca è morta! E quando Isabelle è sparita
l’ultima volta era stata
avvelenata…”
Phoebe
sbuffò
prima di affrettarsi, uscendo a passo svelto dalla Sala Comune con
l’amica al
seguito: Faye odiava ammetterlo, ma forse aveva tristemente ragione.
*
Aprì
gli occhi di
colpo, puntandoli sul soffitto… e si rese conto di essere in
Infermeria.
Ad
Hogwarts ci era
finito di tanto in tanto, per colpa di quelle crisi… ma le
persone avevano
finito col dimenticarsene in fretta. Chissà, probabilnente
sarebbe andata a
finire così anche alla Cimmeria.
Gemette
leggermente, portandosi una mano alla testa e sfiorarsi il capo,
chiedendosi
perché dopvess efargli tanto male.
Ci
mise qualkche
secondo, in effetti, a collegare e a realizzare cosa fosse
successo… e cosa
l’avesse spinto a trovarsi in quelle condizioni.
La
lettera,
Isabelle… sbuffò leggermente, chiedendosi se non
fosse per caso tutto un brutto
sogno.
E
l’idea che lei l’avesse
visto quando praticamente dava il peggio di sé stesso gli
fece venire voglia di
seppellirsi sotto quell’antico pavimento.
Mosse
lentamente
la testa dolorante per guardare la poltroncina che affiancava il letto,
accanto
al comodino… vuota.
Sospirò
e nascose
la faccia sul cuscino, dandosi dello stupido: certo che non
c’era. Chi sarebbe
rimasto dopo quella specie di crisi? Probabilmente lo aveva portato in
Infermeria e poi se n’era andata, pensando che ce
l’avesse a morte con lei e
che non volesse vederla.
Già…
cosa sentiva,
in effetti? Era arrabbiato? Non lo sapeva… di sicuro voleva
parlare con lei.
Non
gli sarebbe
dispiaciuto, in effetti, poter stringere di nuovo la sua mano e
trovarlesi così
vicino… ma probabilmente era chiedere troppo.
Sentendo
dei passi
si voltò, posando gli occhi stanchi
sull’Infermiera, che gli sorrise con
sollievo:
“Finalmente
si è
svegliato, Signor Verräter! Ha dormito per diverse
ore… come sta?”
“Bene.
In effetti
credo che potrei…”
“No,
non se ne
parla… rimarrà qui fino alla fine della giornata,
o magari fino a domattina. E
poi ho ricevuto ordini precisi, non devo permetterle di alzarsi dal
letto.”
Un
sorrisetto
comparve sul volto della donna di mezz’età, tanto
che Jude si ritrovò ad
inarcare un sopracciglio mentre si tirava lentamente a sedere sul
materasso:
“E
da chi?”
“La
Signorina Van
Acker… è stata lei a portarla qui, tre ore fa. Le
ho chiesto cosa le fosse
successo e mi ha detto che non lo sapeva di preciso, probabilmente un
attacco
di panico… si sente meglio adesso?”
“Sì.”
Annuì,
ma il suo
tono era comunque piuttosto torvo: già, l’aveva
portato lì e poi era andata
via. Non poteva nemmeno biasimarla del tutto,
però… almeno non era scappata a
gambe levate quando lo aveva torvato nei sotterrani tremante, fuori di
sé e
parlando persino a fatica, con una voce che nemmeno somigliava alla
sua.
“Bene…
le farà
piacere vedere che si è svegliato. L’ha mancata di
poco, in effetti.”
“Vuol
dire che è
appena andata via?”
“Sì,
ha detto che
andava solo a prendere qualcosa da mangiare visto che ormai
è ora di cena.”
Jude
esitò prima
di praticamente illuminarsi, sorridendo leggermente. E Marianne Flint
si
trattenne dal scoppiare a ridere nel cogliere quel radicale mutamente
d’espressione.
“Davvero?
Cioè…
ok.”
Jude
fece in modo
di far sparire quel sorriso, stringendosi nelle spalle mentre si
appoggiava ai
cuscini e provando a risultare il più noncurante
possibile… e quelle maledette farfalle
intanto continuavano a svolazzare, maledetti insetti multicolori.
Quando
la porta si
aprì Marianne si defilò, ricordandosi di avere un
mucchio di unguenti da
preparare mentre una Isabelle piuttosto sorridente si avvicinava quasi
di corsa
al letto di Jude:
“Ehy…
come stai?”
“Bene.
Non dovevi
restare qui, comunque.”
“Sì
invece… Tieni,
bevi.”
Isabelle
fece il
giro del letto per sedersi accanto a lui, porgendogli un bicchiere
d’acqua. Lo
guardò bere in silenzio, sollevata di vederlo finalmente
sveglio ma chiedendosi
allo stesso tempo cosa dirgli.
“Jude…
mi dispiace
per la lettera, davvero. Ti assicuro che mi fido di te, non ti ho mai
mentito.
Quel bastardo… te l’ha fatta trovare di proposito,
non vuole far altro che
dividerci.”
Isabelle
sospirò
mentre Jude restava in silenzio, evitando di guardarla e tenendo gli
occhi
fissi sul copriletto bianco.
“Te
l’ho detto…
non sono come gli altri. So cosa pensi, so che sei sempre
così diffidente perché
pensi che le persone ti si avvicinino solo per un
tornaconto… non sono così.
Non voglio il tuo aiuto perché sei Jude Verräter,
quello che sa e scopre sempre
tutto… Voglio il tuo aiuto perché sei un
rompipalle di cui, non so perché, mi
fido. Dio, non sono brava con le parole…”
“Io…
ho sempre
pensato che nessuno potrebbe starmi vicino se mi vedesse veramente.
Perché tu
sei rimasta, prima? E anche qui, in Infermeria.”
Jude
spostò di
nuovo gli occhi su di lei e Isabelle gli rivolse un debole sorriso,
allungando
una mano per scostargli i capelli scuri dal viso, in modo da poter
vedere anche
l’occhio chiarissimo del ragazzo.
Immediatamente
lui
s’irrigidì e sollevò una mano per
prenderle il polso e bloccare il gesto, ma
lei non batté ciglio e sorrise ancora, parlando con lo
stesso tono dolce di qualche
ora prima:
“Voglio
guardarti.”
“Te
l’ho detto…
penso che non ti piacerei per niente se mi vedessi davvero.”
“Beh,
fammi
provare almeno. Non capisco perché nascondi sempre
quest’occhio Jude… è
qualcosa che ti rende assolutamente unico, a me piace.”
Isabelle
sorrise e
Jude per una volta rimase in perfetto silenzio, elaborando quello che
aveva
appena sentito mentre lei faceva scendere la mano dai suoi capelli per
posarla sul
suo viso, parlando a bassa voce:
“Te
l’ho detto, mi
fido di te. Ora devi essere tu a fidarti…”
Deglutì,
cercando
di far arrivare al cervello quello che gli aveva detto, cercando di
prendere in
considerazione quella scelta… ma la vicinanza con Isabelle
gli aveva
probabilmente mandato il cervello in pappa e le uniche cose che
percepiva erano
la sua voce, la mano che gli sfiorava il viso e i suoi grandi occhi
verdi.
Improvvisamente
aveva la gola secca e non riusciva a staccare gli occhi dai suoi,
guardandola
avvicinarsi leggermente per dirgli qualcos’altro mentre le
sue mani erano
abbandonate sul copriletto anche se gli prudevano dolorosamente,
morendo dalla
voglia di metterle sui suoi fianchi e stringerla a sé.
“Chi tace acconsente
Jude, lo sai?”
Isabelle
sorrise,
dandogli un lieve bacio su una guancia mentre Jude decideva di ignorare
tutto
quello che pensava, tutti i dubbi, tutte le domande e tutti i rischi.
Non si
era mai fidato di nessuno, ma forse poteva cominciare a
farlo… La prese per i
fianchi e posò gli occhi sulle sue labbra carnose prima di
baciarla, mentre le
farfalle svolazzavano a più non posso nel suo stomaco.
Con
suo sommo
sollievo Isabelle non si staccò e non lo prese nemmeno a
sberle, allontanandosi
di malavoglia solo quando lui si staccò, guardandola
attentamente ma tenendola
sempre a poca distanza:
“Hai
detto che ti piace
il mio nome, che ti piacciono i miei occhi… ma dimmi Van
Acker, io ti piaccio?”
In
effetti aveva
ragione: era una vera maestra a scappare… specialmente se si
parlava di
sentimenti. Lo guardò e capì quanto bisogno
avesse di sentirselo dire, di avere
certezze… e sorrise, annuendo prima di chinarsi e baciarlo
di nuovo:
“Che
razza di
domande fai… te l’ho detto, ti stai rammollendo,
una volta l’avresti capito da
un chilometro. Certo che mi piaci, stupido.”
Si,
forse infondo
aveva ragione lei e si stava rammollendo… ma mentre la
baciava di nuovo e la
circondava con le braccia capì che non gli importava
granché.
Per
una volta non
gli importò nemmeno di quello che doveva e voleva sapere e
scoprire, non si
pose nemmeno il dubbio che lei gli stesse mentendo… in quel
momento non gli
interessava perché si rese conto di volere solo quello.
Voleva soltanto
lei.
Sorrise, in modo appena accennato, mentre guardava attrraverso la porta semi-aperta dell'Infermeria. Sorrise guardando Jude seduto su un letto con Isabelle di fronte, tenendola per mano mentre le diceva qualcosa. A giudicare dalla sua espressione e il modo in cui lei lo guardava sembrava importante... e deicse di non interromperli, dicendosi che avrebbe potuto salutarlo più tardi.
Adrianus sorrise, facendo un passo indietro e allontanandosi dalla porta. All'improvviso ripensò a quando era rimasto per ore accanto a Francisca aspettando che si svegliasse, ripensò alla gioia e al sollievo che erano venuti dopo... decise che era meglio lasciarli da soli.
E anche se era sinceramnete felice per loro, mentre si allontanava non potè non provare un po' di amara invidia.
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Angolo Autrice:
Mamma mia, ma cos'è tutta questa melensaggine? Mah, sarà la Primavera... o la cioccolata che ho già cominciato a mangiare. Forse sentivo di dovervi risarcire per gli Stenkie.
Comunque sia, vi faccio sapere che:
1. Alla fine i Judelle NON hanno battuto il record dei Malek, direi che sono a pari merito
2. Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto visto il mazzo che mi avete fatto con loro... Sesilia, ora puoi festeggiare
3. Phebe, ti avevo detto che leggendo il capitolo mi avresti odiato... ma forse alla fine neanche tanto, spero XD
Bene... dicevo?
Ah si... insomma, qui sono stata di un melenso che mi stupisco da sola, penso di essere scesa al livello dei Jante... ma visto che hanno le stesse autrici non c'è da stupirsi, direi. E dopo questo capitolo all'insegna dell'ammmmore c'è da chiedersi se nel prossimo capitolo non distruggerò tutti psicologicamente (ride sadicamente).
Spero che non ci siano molti errori, ma non ho tempo di rileggerlo perchè l'ho scritto tra il preparare una portata e l'altra...
Vi auguro un buona Pasqua, a presto :)
Signorina Granger