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Autore: Signorina Granger    15/04/2017    5 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
Agli occhi di molti la Cimmeria Academy è solo l'ennesima scuola privata, con le sue divise perfette e i suoi brillanti e ricchi studenti. La scuola ospita i figli delle più influenti e importanti famiglie di tutto il mondo, i ragazzi più promettenti e destinati a ricoprire ruoli di spicco nella società, come i loro genitori.
Ma mai giudicare un libro dalla copertina: la Cimmeria è molto di più e nasconde dei segreti, come alcuni suoi studenti già sanno... e presto anche altri se ne renderanno conto.
Genere: Romantico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Night School '
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Capitolo 29: Fidati di me

 

 L'amore senza una completa fiducia diventa una triste oscurità densa di errori e incomprensioni

Giovedì 17 Marzo

 

Si passò una mano tra i capelli lisci, guardando l’immagine che lo specchio le restituiva.

Dopo qualche istante – in effetti non sapeva da quanto fosse dentro il bagno – allungò una mano verso la bacchetta.

La strinse tra le dita e riportò gli occhi sullo specchio, guardando i suoi capelli colorati in parte di rosa e in parte di viola. Proprio come ad inizio anno, in effetti.

Si sfiorò la frangia e poi sospirò prima di sollevare il braccio, pronta a colorarsi i capelli per la centesima volta… anche se era abbastanza sicura che fosse la prima volta in cui sceglieva quel colore.

 

                                                                                    *

 

“Sono io o i giorni stanno passando con il freno a mano?”

 

Faye sbuffò, aprendo la porta dell’aula di Incantesimi quasi con sollievo: le ore avevano iniziato a non finire mai, ormai passava gran parte delle lezioni con gli occhi fissi sull’orologio.

“No, non è solo una tua impressione… e probabilmente tutto quello che è successo non aiuta.”

 

Phoebe sbuffò, passandosi stancamente una mano tra i capelli scuri mentre si trascinava verso l’aula di Trasfigurazione insieme a Faye, Sebastian e Isabelle.

Peccato che quest’ultima avesse la testa visibilmente da un’altra parte e non avesse aperto bocca per tutta l’ora appena passata in classe.

 

“Io non capisco come possano ostinarsi a fare finta di niente… Credono davvero che non ci rendiamo conto di quello che succede, che non ci facciamo domande?”

Sebastian sbuffò, maledicendo mentalmente anche suo padre: aveva provato più volte a contattarlo, a chiedergli che cosa stesse succedendo ai piani alti… ma niente, non voleva dirgli nulla.

Faye annuì con la stessa espressione seccata stampata in faccia mentre si sistemava la borsa sulla spalla, prendendo in seria considerazione l’idea di darsela a gambe e scappare dalla lezione di Jefferson.

 

“O pensano che siamo degli idioti o ignorano tutto e basta… Insomma, speravo che almeno a NOI avrebbero detto qualcosa!”

“Forse non sanno quasi niente nemmeno loro, quindi si limitano a comportarsi come se non stesse succedendo nulla davanti a noi.”

 

La voce di Isabelle giunse alle orecchie dei tre forse per la prima volta dopo diversi minuti e Sebastian si voltò verso di lei, guardando la compagna quasi con una nota speranzosa nella voce:

“Il padre di Al non ti ha detto niente?”
“Non vuol dirmi niente sugli ultimi incontri del Consiglio, dice che non è giusto caricarmi di un peso che non mi spetta…”

 

Se solo avesse saputo…

Isabelle scosse leggermente il capo, cercando di non pensare o sentirsi in colpa per mentire anche a Morgan Shafiq. Ma non voleva farlo preoccupare e cacciare nei guai anche lui… aveva già perso suo figlio dopotutto.

Phoebe rivolse all’amica un’occhiata scettica, morendo dalla voglia di chiederle a cosa stesse pensando… ma non poteva, non davanti agli amici.

 

“Faye, puoi andare a prenderci un posto per favore? Possibilmente abbastanza infondo e non proprio davanti allo sguardo da falco di Jefferson… Devo andare in bagno. Isabelle, accompagnami.”

“Non ho mai capito perché le ragazze vanno in bagno in gruppo…”

 

“Perché nel bagno le ragazze spettegolano, Bas… lì abbiamo la certezza che nessuno verrà a disturbare. Su, andate.”

 

Phoebe fece cenno ai due cugini di precederle in aula e Faye sorrise, sapendo che l’amica aveva ragione, prima di prendere Sebastian sottobraccio e andare insieme a lui verso l’aula.

 

“Fammi indovinare Bibi, non devi affatto andare in bagno.”

“No, ma dobbiamo parlare… e come ho detto, lì di sicuro nessuno ci disturberà.”

 

Phoebe prede l’amica per mano e iniziò a trascinarla con decisione verso il bagno, imbattendosi in un Jude dall’arai annoiata che rivolse alle due un’occhiata accigliata:

 

“Dove state andando?”
“Con il tuo permesso, andiamo in bagno Verräter… vuoi seguirci anche lì per caso?”

 

Phoebe roteò gli occhi e lo superò senza tanti preamboli, mentre Isabelle si lasciava sfuggire una risatina di fronte alla faccia di Jude, che scosse il capo e borbottò che nemmeno lui avrebbe origliato una conversazione nel bagno delle ragazze.

 

                                                                                *

 

“Allora Bibi, che c’è?”

“A cosa stai pensando Belle? Sei un po’ pensierosa oggi… che cosa succede?”

 

Phoebe si voltò verso l’amica, appoggiandosi al lavandino e inarcando un sopracciglio, osservandola con un’aria inquisitoria che fece sorridere Isabelle perché in netto contrasto con la sua figura minuta.

 

“Beh… non trovo più la lettera di Morgan. Quella dove mi parlava della famiglia di Jude. Forse tutta questa storia mi sta facendo diventare paranoica e in realtà è solo in mezzo ad uno dei miei disegni… non lo so Bibi, ho paura che possa averla presa qualcuno.”

“Ma nessuno sa della sua esistenza a parte me, te, tuo zio e Morgan… E io di sicuro non l’ho presa, Morgan nemmeno… Ma non capisco, perché tuo zio dovrebbe rivolerla?”

“Non lo so. Ma lo conosco, e dopo tutto quello che è successo non sono mai sicura di nulla… nemmeno io capisco perché potrebbe rivolerla, non c’era scritto niente di esageratamente privato o che potesse tornargli utile. Ma come ho detto… non si può mai sapere.”

 

Isabelle sbuffò leggermente, chiedendosi che cosa potesse avere in mente. Non lo vedeva da qualche giorno, ma una vocina nella sua testa le suggeriva che era in mano sua… e l’idea non le piaceva, non sapeva perché.

 

                                                                                         *

 

“Smettila di guardarmi così.”

“Scusami… stai bene, in realtà. Solo che… beh, è una strana novità.”

 

Mathieu sfoggiò un piccolo sorriso, osservando i capelli di Camila ancora con aria vagamene stralunata: era davvero strano vederla con i capelli anche solo di un singolo colore… specialmente se era quello.

 

“Mi piace cambiare, lo sai.”    Camila si strinse nelle spalle, continuando a prendere distrattamente appunti mentre Mathieu osservava i suoi capelli con un’espressione incerta, come se trovasse la sua scelta davvero strana.

Di sicuro era inconsueta rispetto al solito… e non era l’unico a pensarlo, quando l’americana era entrata in Sala da Pranzo molti l’avevano guardata con sorpresa.

 

Probabilmente nessuno aveva mai visto Camila Selwyn-Holt con i capelli, di solito molto vivaci e colorati, tinti completamente di nero.

 

                                                                                  *

 

Come stai?

Tutto bene?

 

Era davvero stanco di sentire sempre quelle domande… ma le persone continuavano a porle. Anche suo fratello, in via epistolare… e lui non sapeva più come rispondere, nemmeno a lui che probabilmente lo conosceva meglio di chiunque.

Perché proprio non sapeva come stesse… Aveva smesso di andare in giro per la scuola con una faccia da funerale, aveva smesso di stasera in silenzio per la maggior parte del tempo e anche di starsene chiuso in camera… ma la tristezza, la malinconia, l’avevano abbandonato?

No, proprio per nulla. E continuava a pensare a Francisca ogni giorno, finendo col chiedersi che cosa avrebbe detto o fatto lei in determinate situazioni.

 

A lezione di Trasfigurazione aveva fissato pigramente il suo rotolo di pergamena quasi senza scrivere nulla, Jude aveva dovuto dargli una sonora pacca sulla schiena per riportarlo alla realtà e ricordargli che era in classe. E si era reso conto che non gli importava neanche granché…

 

Aveva quasi sorriso, amaramente, quando aveva alzato lo sguardo sul Vicepreside… all’improvviso si era ricordato di tutte le volte in cui aveva riso insieme a Francisca e ad Alexandrine, aveva sorriso pensando alla forte antipatia che la sua Frankie aveva nutrito per quell’uomo, a tutte le volte in cui gli aveva fatto il verso o che l’insegnante l’aveva fulminata con lo sguardo.

Chissà se a lui dispiaceva per la dipartita di Francisca Lothbrock… ma Adrianus sapeva che anche se era sempre piuttosto scontroso, poco loquace e tremendamente pignolo infondo gli dispiaceva per la sorte tanto triste e ingiusta di una ragazza con cui aveva avuto a che fare per più di sei anni e mezzo, nel bene o nel male.

 

 

Se ne stava seduto da solo, fissando pigramente il piatto vuoto che aveva davanti agli occhi.

Sapeva che intorno a lui molti compagni di scuola gli lanciavano occhiate, provando quasi compassione per quel ragazzo in genere sorridente e loquace che aveva perso così brutalmente la sua ragazza.

 

“Mangiare da soli è molto triste Steb… e anche non mangiare. Coraggio…”

 

Si voltò nel sentire la familiare voce di Isabelle, guardandola sedersi accanto a lui e piazzandogli senza tante cerimonie una buona dose di pasta nel piatto. Adrianus però non ci fece caso, continuando a guardare la compagna e ripensando a quello che aveva visto nella camera di Jude… i disegni che la raffiguravano… specialmente quello dove compariva anche Alastair.

 

Lei ricambiò il suo sguardo, rivolgendogli un piccolo sorriso… gli disse così che le dispiaceva per quello che stava passando.

 

“Io… ovviamente non so che cosa provi, ma ho perso anche io una persona molto cara. Credo di sapere come ti senti Steb e davvero, mi dispiace.”

“Passerà?”

“Non del tutto. La tristezza sì, la malinconia… quella no. Credo che continuare a chiedersi cosa farebbe quella persona, rivivere dei momenti… credo che sia normale.”

 

Adrianus annuì, restando in silenzio per qualche secondo prima di parlare di nuovo, dicendo finalmente a voce alta qualcosa a cui pensava già da qualche giorno:

“Jude ha trovato Alastair davanti all’ingresso, vero?”

 

“Penso di sì. Così ha detto… perché me lo chiedi?”

Isabelle si accigliò leggermente, osservando il ragazzo con lieve nervosismo: non e avevano più parlato… né con Phoebe né con Jude. Hamilton non aveva più insistito e Isabelle aveva quasi dimenticato la bugia di Jude a riguardo. Quasi, certo.

Ma perché Adrianus glielo domandava dopo quasi tre mesi?

Quattro mesi… all’improvviso sentì un fastidioso groppo in gola formarsi insieme alla consapevolezze che fossero già passati tre mesi… tre mesi senza Alastair, non era mai successo prima di allora.

 

“Ho solo… visto un disegno di Jude parecchio interessante, qualche giorno fa. Ritraeva Alastair morto, credo. Aveva la gola mozzata, giusto?”

“Sì.”

Non pensarci

 

“Ma nel disegno era appeso a testa in giù… nel Padiglione, credo. Strano, non trovi?”

“Conosci Jude da più tempo di me Steb… ha una fervida fantasia e un grande amore per le storie assurde. Probabilmente ha solo romanzato la vicenda.”

 

Si strinse nelle spalle, cercando di risultare il più naturale possibile… ma Adrianus continuava a guardarla attentamente e si ritrovò costretta a sospirare, parlando a mezza voce:

 

“Non mi va di parlare di Al Adrianus. Vorrei smettere di pensarci.”

“Che cosa ricordi di quella sera? Della sua morta, intendo, non prima.”

 

“Poco. Non ero molto… in me.”

“Già… me lo ricordo. Non piangevi, ma eri molto pallida. Quasi sotto shock, oserei dire.”

“Si, beh, non capita tutti i giorni di trovare il tuo amico d’infanzia con la gola mozzata, ti pare?”

 

Isabelle inarcò un sopracciglio, parlando con un velo di studiata ironia mentre continuava ad osservare Adrianus di rimando, sapendo di non poter distogliere lo sguardo.

Il ragazzo esitò per un attimo ma poi annuì, parlando comunque con una nota dubbiosa nella voce:

 

“Per fortuna, direi di no.”

 

Ma era davvero bastata quella visione per ridurla in quello stato?

Non lo sapeva… non ci aveva mai riflettuto troppo sopra, ma dopo quel disegno era cambiato qualcosa nella sua testa.

 

“Del resto… perché Jude dovrebbe mentire per te e finirei quasi nei guai per questo? Infondo lui non fa mai niente per niente, giusto? Per decidere di coprirti dovresti aver fatto qualcosa per lui.”

“Adrianus, io e Jude non siamo “in combutta”.”

 

“Non lo so Isabelle, ‘è qualcosa che non mi torna… se si trattasse di qualunque altra persona non capirei proprio, ma trattandosi di te sarebbe anche plausibile.”

 

Era stata anche avvelenata, poche settimane prima… forse Isabelle era davvero più coinvolta di quanto pensasse.

 

“Isabelle… non ti voglio accusare di niente, davvero. Ma se sai qualcosa, per favore, vorrei saperlo.”

Lo sapeva… Isabelle lo guardò, leggendo negli occhi grigi di Adrianus tutto il risentimento, la frustrazione che vedeva anche in quelli di Sebastian... Forse anche nei suoi, guardandosi allo specchio.

 

L’impotenza, il non poter far nulla.

Sapeva come si sentiva, e le dispiaceva… forse sarebbe stato giusto che lui sapesse, ma non poteva.

 

“Non so niente che tu non sappia, Adrianus. Davvero… non fare affidamento su un disegno. Chiedi spiegazioni a Jude, se proprio ci tieni.”

“Credo che lo farò, sì.”

 

Adrianus annuì, appuntandosi mentalmente di farlo: dopotutto non aveva poi molto altro da perdere… tanto valeva approfondire la questione che, non sapeva perché, gli ronzava fastidiosamente nell’orecchio.

Isabelle si limitò ad annuire, sforzandosi di risultare il più indifferente possibile mentre si alzava, sapendo di non dover insistere: non voleva che anche lui scoprisse tutto… non voleva che uccidesse anche lui.

 

“Beh, buona fortuna, carpire informazioni dalla persona più sibillina del mondo non è impresa facile. Ci vediamo dopo Steb… ma mangia, ok?”

Adrianus annuì, guardandola allontanarsi per raggiungere Faye e Phoebe.

Poco dopo distolse lo sguardo e sentì un paio di mani stringergli le spalle:

 

“Finalmente! Era ora che ti decidessi a mangiare decentemente.”  

 

Camila spuntò accanto a lui, rivolgendogli un sorriso prima di abbracciarlo. Intuì che si stava sforzando di non sembrare triste a sua volta soltanto per cercare di sollevargli il morale e ricambiò debolmente il sorriso, annuendo leggermente:

 

“Si, beh… non vorrei subire di nuovo la tua predica.”

“Bravo. Ma dov’è Mat? Mathieu, vieni qui! A volte mi sento una baby-sitter…”

 

Camila sbuffò e Adrianus non riuscì a non sorridere mentre l’ormai familiare borbottio di Mathieu arrivava anche alle sue orecchie:

 

“Smettila Cami, ero proprio dietro di te!”

Ah sì? Non me n’ero accorta… Scusa. Dai, non fare quel muso, lo sai che ti voglio bene e che senza di te sarei perduta…”

“Ruffiana.”

“Forse un pochino.”

 

Mathieu roteò gli occhi mentre prendeva posto accanto ad Adrianus, lanciando un’occhiata scettica in direzione dell’americana: non riusciva ancora ad abituarsi ai suoi capelli neri, era più forte di lui… c’era qualcosa che stonava.

 

“Cami… ti prego, torna colorata come prima. Mi sembri un’altra persona!”

“Tipo chi?”

“Non so… ma di sicuro non sei tu. E sono sicuro che Steb è d’accordo con me.”

 

Mathieu gli rivolse un’occhiata molto eloquente e l’ex Corvonero seppe di non avere assolutamente scelta: così annuì, guardando la ragazza con affetto prima di parlare.

“E’ vero Cami… con i tuoi capelli portavi sempre allegria con te. E credo che ora ne abbiamo bisogno.”

Sorrise e seppe di aver fatto c’entro nel momento in cui Camila annuì, sospirando leggermente:

“Va bene, visto che me lo chiede Steb lo farò.”

 

“Ah, quindi io non conto niente, buono a sapersi!”

“Non essere geloso Mat, voglio bene anche a te!”

 

                                                                                       *

 

Sbuffò mentre saliva le scale per tornare in camera sua, praticamente esausto dopo una giornata fin troppo lunga… e la chiacchierata con Adrianus di certo non aveva contribuito.

Aveva visto quel disegno, quindi…. Ma era sicuro che Isabelle non volesse fargli sapere la verità e aveva dovuto trovare una scusa bella e buona, sostenendo che si fosse solo lasciato prendere dall’immaginazione per una situazione alquanto pittoresca.

 

Non gli era sembrato di averlo convinto parecchio, ma almeno non aveva insistito. Sapeva però che non avrebbe lasciato perdere, di certo non ora che Francisca era stata uccisa… avrebbe fatto di tutto per scoprire la verità.

E non poteva nemmeno biasimarlo, in effetti.

 

Aprì la porta della sua camera per lasciarci la borsa e poi, magari, passare a salutare Atropo per riposarsi un po’. Lasciò come suo solito la borsa sulla sedia e lanciò un’occhiata ai suoi album, appuntandosi mentalmente di far sparire qualche disegno compromettente.

 

L’occhio gli cadde inevitabilmente sull’unica cosa che risultava fuori posto: non avrebbe mai potuto non accorgersene, lui che pianificasva e organzizava sempore tutto.

C’era una busta sulla sua scrivania… ma era stata aperta.

Il suo primo pensiero fu che suo padre gli avesse scritto e che qualcuno l’avesse letta… immediatamente allungò la mano per prendere la busta, ma si accorse rapidamente con sollievo che l’emblema sulla ceralacca non era lo stemma della sua famiglia.

La girò, chiedendosi perché quella lettera fosse lì… a maggior ragione visto che non era stata indirizzata a lui.

 

No… era per Isabelle Van Acker, quella lettera. Mandata da Morgan Shafiq.

Aggrottò la fronte, chiedendosi che cosa stesse succedendo. Isabelle l’aveva lasciata lì? Ma perché non darla a lui di persona se voleva che lui l’avesse?

 

Per una attimo pensò di cercarla e chiederlo direttamente a lei, dicendosi che forse leggerla senza sapere nulla non era una buona idea… ma in fin dei conti lui era pur sempre Jude Verräter, curioso ai limiti dell’inverosimile. E di certo quella lettera non era arrivata lì volando, per caso.

 

Tirò fuori la lettera dalla busta e si accorse immediatamente che non era recentissima, era stata scritta diversi giorni prima. Quindi Isabelle l’aveva già letta? O qualcuno l’aveva intercettata? Perché la busta non era sigillata, ergo da qualcuno doveva essere stata aperta per forza.

 

Continuando a capirci ben poco lesse quanto scritto da un uomo che conosceva solo di vista, ma che sapeva conoscere molto bene Isabelle.

Dopo solo un paio di righe si ritrovò a sgranare gli occhi… e l’orrore aumentò a dismisura mentre andava avanti.

Si alsciò scivolare sulla sedia quasi senza rendersene conto, mentre le parole davanti a lui vorticicavano nella sua testa.

 

Perché?

Perché stava leggendo quelle cose?

 

Improvvismanete capì perché quella lettera era suylla sua scrivania… ma l’idea che potesse averla messa lì Isabelle svanì dalla sua testa: no, era assolutamente impossibile che fosse stat lei. Di certo non glie l’avrebbe mai mostrata.

 

Deglutì a fatica mentre si passava nervosamente una mano tra i capelli neri, ignorando il lieve tremore che aveva colpito il suo braccio.

Non era possibile… non poteva essere vero.

 

Guardò la data: erano passati giorni. Che cosa poteva aver impedito a Shafiq di scriverle ancora? Di scriverle altro, quello che non doveva assolutamente sapere.

 

Gli occhi di Jude saettarono alle prime righe, leggendo con preoccupazione e disgusto crescente quelle parole che gli rimasero tristemente impresse nella mente.

Come mi hai chiesto, ecco cosa sono riuscito a scoprire sulla famiglia Verrater…

 

Come mi hai chiesto

 

Scattò in piedi quasi senza rendersene conto, uscendo dalla sua camera quasi di corsa e con la lettera sempre in mano.

 

Perché?

Le parole continuavano a tornargli in mente, immaginandosi persino Isabelle che scriveva al padrino per chiedergli quelle informazioni su di lui, sulla sua famiglia.

Perché?

 

Mi fido di te, Jude, davvero.

La vide sorridergli, sfiorargli le spalle con le dita. Gli sembrò come di sentire di nuovo quell’abbraccio, lei che gli assicurava che sì, si fidava di lui.

 

Deglutì mentre la vista gli si annebbiava leggermente, continuando a camminare quasi a passo di marcia.

 

Perché?

Perché non gli andava mai bene nulla?

Per una volta… ci aveva davvero iniziato a credere, che lei si fidasse. Che gli si fosse persino affezionata in qualche modo.

Forse voleva davvero il suo aiuto e basta. Forse era come tutti gli altri.

 

 

Raggiunse il Dormitorio femminile prima di rendersene conto… e la vide uscire dalla propria camera. Accelerò il passo e quando lo vide lei sorrise leggermente, muovendo qualche passo verso di lui mentre lo guardava con curiosità:

 

“Ciao. Come mai qui?”

 

Contrasse la mascella mentre si fermava di fronte a lei, restando in silenzio per un attimo. Isabelle lo guardò di rimando e la sua espressione cambiò, intuendo che qualcosa che non andava:

 

“Che cosa c’è?”

“Credo che tu abbia perso la tua posta.”

 

Sollevò la mano, mettendole la lettera davanti… la vide sgranare gli occhi verdi con sincero orrore e quasi impallidire mentre si voltava di nuovo verso di lui, maledicendo mentalmente suo zio:

 

“Dove… come l’hai avuta?”

“Era in camera mia. Dovresti stare attenta alle tue lettere Isabelle, potrebbero finire in mani sbagliate. Come ti sei permessa?”

 

Jude assottigliò gli occhi, quasi sputando con rabbia crescente quelle parole appena sibiliate mentre Isabelle deglutiva, scuotendo il capo:

 

“Jude, mi dispiace… Non volevo. Me l’ha chiesto lui, non avrei mai fatto ricerche su di te…”

“Ti ha scritto altro?”

“Come?”

“Shafiq. Ti ha scritto altro?”

 

“No.”

“Sicura?”

“Sì… te lo giuro Jude, non è stata una mia idea… ti prego.”

 

Allungò una mano per sfiorargli il braccio ma lui si ritrasse, lasciandole la lettera tra le mani prima di parlare di nuovo:

 

“Chi l’ha letta?”

“Mio… zio. Ti prego, non guardarmi così. Davvero Jude, non ti ho mentito, mi fido di te…”

 

Il tono di Isabelle aveva una nota implorante che non avrebbe mai pensato di sentire, ma in quel momento non gli importò granché… scosse il capo, voltandosi per andarsene e ignorando la mano della ragazza che gli aveva stretto il braccio, chiedendogli di ascoltarla:

 

Non toccarmi, Van Acker.”

“E tu ascoltami. Non ti ho preso in giro Jude, non capisci? Te l’ha fatta avere di proposito, vuole che tu non mi aiuti!”

 

Isabelle gli si piazzò davanti e Jude si ritrovò a sospirare, sapendo di non poterle fare niente… non ci sarebbe mai riuscito, anche se in quel momento moriva dalla voglia di fare a pezzi qualcosa.

 

“Per favore… mi dispiace. Davvero, ma non è stata una mia idea!”
“Non mi interessa… spostati.”

“Io mi fido di te Jude… fidati di me anche tu.”

 

Isabelle sollevò una mano per sfiorargli il viso ma lui si ritrasse, distogliendo lo sguardo per evitare di guardarla: non ci riusciva.

 

“Isabelle… spostati. Non voglio farti male.”

“Guardami Jude, per favore.”

 

Si costrinse a cercare di rilassarsi, pensare che in quella lettera non parlava della sua “attività” di famiglia… ma forse c’era un’altra lettera, forse Isabelle gli stava mentendo.

Jude mosse il capo, voltandosi finalmente verso di lei… ma forse Isabelle avrebbe preferito non vedere quella nota così delusa e rabbiosa nel suo sguardo.

“Vuoi informazioni sulla mia famiglia Van Acker? Segnati questa… noi non perdoniamo.”

 

La superò, allontanandosi con lunghe falcate e cercando di non pensare alla sua espressione sinceramente ferita, cercando di non sentire la sua voce che lo chiamava.

Cercando di non pensare alla sensazione di nausea, forse di delusione, che provava.

 

                                                                                   *

 

 

“In effetti dovresti prestare più attenzione alle tue cose, in futuro.”

Si voltò, maledicendosi per non aver bruciato quella stupida lettera e guardando quell’uomo con sincero odio.

 

Perché l’hai fatto?”

“Beh, come hai detto tu voglio che non vi avviciniate troppo.”

“Ti assicuro che me la pagherai… alla fine, pagherai per tutto quello che mi hai fatto. E quello che hai fatto agli altri.”

 

Le sorrise con noncuranza mentre lei quasi tremava di rabbia, trattenendosi dal tirare fuori la bacchetta e affatturarlo.

 

“Non prendertela tanto nipotina… che c’è? Non è che ti piace quel ragazzo vero?”

 

Non rispose, limitandosi a chiedersi a come avrebbe convinto Jude a fidarsi di lei di nuovo… mentre lui le sorrideva, fingendosi sorpreso:

 

“Oh, è così? Una vera disdetta… anche perché non mi è sembrato che scherzasse.”

Vai al diavolo.”

 

Si voltò, quasi correndo lungo il corridoio con un solo chiodo fisso in testa: Jude. Doveva trovare Jude. Non gli avrebbe permesso di portarle via anche lui.

 

                                                                            *

 

Come mi hai chiesto

Informazioni

Sulla sua famiglia

Isabelle

 

Uno sbuffo misto ad una specie di ringhio rabbioso uscì dalla sua gola mentre il suo incantesimo si scagliava contro un manichino, riducendolo in polvere con un botto.

 

Come tutti gli altri

Stupido… si era soltanto illuso

 

“Qui nessuno ti ama Jude… nessuno potrebbe farlo.”

 

Nessuno

Solo, sempre solo

 

 

Isabelle che lo evitava, ma che lentamente cominciava ad aprirsi con lui… Isabelle che gli sorrideva. La vide tremante mentre tossiva sangue, sentì la sua mano trattenerlo per la camicia prima di appoggiarsi a lui, come in cerca di conforto.

Risentì il suo abbraccio, lei che gli diceva di fidarsi, la sua voce cantargli quella stupida canzone… Isabelle. I suoi stupidi occhi verdi che lo guardavano imploranti, ridenti o irritati.

 

Sempre lei. Rivisse i suoi ricordi mentre faceva a pezzi un altro manichino, la mascella contratta.

Non sapeva nemmeno cosa provava… rabbia, frustrazione? Risentimento, delusione?

 

Gli sembrò di rivederla, bellissima con quel vestito bianco… seduta sui gradini, con quella foto in mano e sotto shock per aver appena perso il suo più grande amico. Le aveva messo il suo mantello sulle spalle, l’aveva presa per mano, l’aveva coperta con tutti… le aveva salvato la vita, l’aveva aiutata, le era stato vicino.

Non aveva mai fatto niente del genere per nessun altro. Non si era mai illuso del tutto, dicendosi che difficilmente qualcuno l’avrebbe ricambiato… ma forse da qualche tempo un po’ di speranza aveva cominciato a nutrirla. Aveva pensato che lei gli avesse finalmente parlato del libro perché si fidava, perché forse stavano iniziando a costruire qualcosa…

 

Ma magari voleva il suo aiuto e basta. Dirgli che si fidava di lui per non dover pagare nessun prezzo.

Aveva sempre pensato che le persone si avvicinassero, che fossero gentili con lui solo per un tornaconto. Con lei aveva iniziato a pensarla diversamente, ma forse doveva semplicemente ricredersi.

Era ancora così: forse nessuno lo apprezzava, nemmeno lei.

 

Respirò profondamente, passandosi una mano tra i capelli mentre il suo battito cardiaco era accelerato e le scritte sui suoi polsi brillavano da sotto le maniche della camicia bianca.

Deglutì, cercando di svuotare la mente ma senza riuscirci… si chiese se lei fosse stata sincera: c’erano altre lettere o solo quella?

 

Non voleva che lei sapesse… non lei. Avrebbe fatto finire la sua famiglia in seri guai se qualcuno avesse scoperto qualcosa, ma non voleva che lei lo sapesse perché di sicuro avrebbe preso le distanze.

 

Per un attimo la vide guardarlo quasi con disgusto e perse un battito, faticando a sopportare quell’immagine.

Non lei

Perché proprio lei?

 

 

Quasi senza rendersene conto si lasciò scivolare sul pavimento freddo dei sotterranei, mollando la presa sulla sua bacchetta mentre cominciava a sentirlo, il dolore alla testa.

Era da tempo che non aveva quelle crisi… e sapeva cosa sarebbe successo.

 

Deglutì, chiudendo gli occhi e cercando di non pensare a niente mentre si prendeva la testa tra le mani tremanti.

Non vide più Isabelle, all’improvviso… solo un orrendo susseguirsi di ricordi.

 

Suo padre, spesso fuori casa e in grado di dargli ben poche attenzioni… e ben poco affetto, essendo quasi peggiore di lui nel trasmetterlo.

Sua nonna, la donna che gli rovinava la vita da anni.

Freddo… riconosceva quella sensazione. Quando metteva piede dentro casa o nella sua camera e sentiva il freddo penetrargli fin dentro il corpo… e la voce di sua nonna, che borbottava che non avrebbe usato la magia per scaldare niente e nessuno. Doveva arrangiarsi.

 

Quegli occhi pieni di odio che lo fissavano come se fosse un enorme sbaglio… e dolore. Il dolore fisico che aveva provato tante volte a causa dei numerosi “incidenti” che aveva subito.

Già, incidenti che erano continuati anche ad Hogwarts… sua nonna, quella maledetta donna che l’aveva odiato fin da prima della nascita e che probabilmente moriva dalla voglia di vederlo morto da sempre.

 

Dolore, freddo, lacrime represse… perché piangere è da femmine, non si fa, mai.

Affetto, bisogno d’affetto e di attenzioni che scemava con il tempo, imparando a farne a meno.

 

Hogwarts. Libertà, gioia, Serpeverde… e segreti, tanti segreti. Patti, promesse, ricatti, sorrisi. Vacanze, sua nonna, incidenti che si ripetevano…

E poi il trasferimento, suo padre che gli diceva che non sarebbe tornato ad Hogwarts mai più… la Cimmeria era più sicura, forse. Lontana da sua nonna, ma suo padre non glielo aveva mai detto apertamente… come se non potesse capirlo da solo che dietro a tutti quegli “incidenti” c’era lei.

 

Odio, tanto odio… reciproco, certo.

Amore, affetto? Mai, quello mai.

 

Deglutì, mentre cercava di non urlare per il dolore alla testa che sentiva… sembrava che gli si stesse per spaccare a metà, all’improvviso.

 

Ansia, paura, misteri da svelare… la Cappella, Isabelle, le morti. Alastair appeso a testa in giù nel Padiglione.

C’era lei dietro alle morti? Lo aveva trovato anche lì?

Paura, domande, tante domande… poche risposte.

 

Amarezza: odiava non sapere.

Isabelle, veleno, domande su domande…

 

Lo nascondeva, esorcizzava sempre tutto… ma aveva da sempre così tanta paura di morire… e il pensiero che sua nonna potesse averlo trovato anche lì lo tormentava da molto tempo ormai, senza mai potersi sfogare con nessuno.

Il tutto mischiato al suo travaglio interiore, combattuto tra quelle sensazioni così strane, nuove, incredibilmente piacevoli che provava quando pensava ad Isabelle, o quando la vedeva.

Gli sembrò come di risentire quelle farfalle svolazzare quando ripensò a quando lei l’aveva abbracciato.

 

Jude chiuse gli occhi, icapace di tenerli aperti mentre la testa gli girava leggermente… non saeva nemmeno più se era seduto o steso sul pavimento.

 

“Hey, Jude… non portare il peso del mondo sulle tue spalle.”

 

Com’era ironico… a lui smebrava davvero di portarlo, a volte.

La pura, tutte quelle domande, il pensiero fisso di sua nonna, il dover trovare risposte, Isabelle… e ora quella dolorosa stilettata al cuore.

 

Troppo, davvero troppo.

 

Si lasciò scivolare sul pavimento, respirando a fatica mentre continuava a tremare convulsamente, non riuscendo ad alzarsi o a mettersi seduto.

La scrittura di Shafiq continuava ad essere lì, proiettata nella sua testa… insieme a tutte le parole di Isabelle. Doveva cancellare tutto? Mettersi l’animo in pace e arrendersi al fatto che aveva ragione, sua nonna aveva ragione, nessuno sarebbe mai riuscito ad apprezzarlo davvero?

 

Infondo, chi mai avrebbe potuto stargli vicino una volta visto davvero? Una volta scoperto cosa faceva la sua famiglia?

 

Non aveva più voglia di rompere qualunque cosa, all’improvviso… ma si chiese per quanto sarebbe continuata mentre muoveva appena una mano, vagando sulla superficie fredda, dura dell’antico pavimento. Cercando qualcosa a cui aggrapparsi, in qualche modo.

 

Quando la sua mano tremante incrociò qualcosa Jude aprì gli occhi, deglutendo a fatica mentre metteva a fuoco l’immagine di Isabelle, inginocchiata accanto a lui… la mano che stringeva la sua.

No, non lei.

Nessuno l’aveva mai visto in momenti come quello… non voleva che la prima fosse proprio lei.

 

“Vattene, Van Acker…” 

La testa gli duoleva paurosamente per lo sforzo di tenerla sollevata e guardarla, parlando a fatica e riconoscendo a stento la sua voce… la guardò, quasi implorante, ma lei scosse il capo, guardandolo con fermezza e preoccupazione:

 

“Scordatelo. Respira, Jude… va tutto bene.”

Gli sorrise lievemente e allungò un braccio, sistemandolo dietro la sua schiena per stringere a sé quel ragazzo tremante e così fragile in quel momento.

 

Jude forse avrebbe voluto allontanarsi, dirle di andare via di nuovo… ma proprio non riuscì a muoversi, trattenendosi dall’urlare e mordendosi il labbro tanto forte da farsi lacrimare gli occhi.

La sua mano era ancora stretta convulsamente su quella più piccola di Isabelle, che dopo qualche istante la fece scivolare dalla sua presa. E Jude si ritrovò a boccheggiare, la vista annebbiata mentre muoveva la mano, cercando la sua di nuovo… se da una parte non voleva che lei lo vedesse in quello stato, dall’altro aveva davvero bisogno di sentirla vicino a lui.

 

“Va tutto bene Jude… sono qui.

Gli sorrise e gli sfiorò i capelli neri con le dita, senza distogliere lo sguardo dal suo viso mentre Jude deglutiva a fatica, continuando ad essere in quello strano, assurdo, doloroso limbo.

Da una parte continuava a sentire quelle voci, rivivere i ricordi della sua tremenda infanzia e dell’ultimo, difficile periodo alla Cimmeria… dall’altra era cosciente e vedeva Isabelle, sentendo il suo braccio sorreggerlo.

 

Isabelle guardò la mano del ragazzo che tremava paurosamente e la strinse di nuovo, facendolo quasi sospirare di sollievo.

Jude si mosse leggermente, appoggiandosi a lei e sistemando il capo tremante nell’incavo del suo collo, respirando quel dolce profumo di tulipani mentre lei continuava a parlargli a bassa voce, accarezzandogli i capelli:

 

“Rilassati Jude… non me ne vado.”

 

E forse infondo non voleva che lei se ne andasse, proprio per niente.

 

Per un minuto dimenticò e mandò al diavolo quella lettera, i suoi dubbi, le sue fisime e le paranoie che si faceva da anni…

Era normale? Era strano? Era folle? Qualcuno lo apprezzava? Qualcuno l’avrebbe mai amato?

 

Smise di pensarci, concentrandosi solo sulla sua voce e sulle sue dita. Forse sì, era davvero mezzo matto. Ma se lei era ancora lì, accanto a lui, forse non era poi così tremendo.

 

Respirò profondamente il suo profumo, smettendo lentamente di tremare… ma allo stesso tempo smise di sentire la sua voce, insieme alle dita che gli sfioravano il viso e i capelli.

La guardò con gli occhi lucidi e arrossati e la vide sorridergli con dolcezza prima che la vista gli si annebbiasse totalmente. E poi, come sempre, finì col perdere i sensi. Con la differenza che questa volta, contrariamente a tutte le altre, non era solo.

 

“Jude? Oh, merda…”

 

Isabelle imprecò a mezza voce, rendendosi conto che aveva perso i sensi tra le sue braccia.

Per qualche istante rimase perfettamente immobile, inginocchiata sul pavimento freddo e tenendolo ancora accanto a sé mentre pensava a come diamine l’avrebbe portato in Infermeria… Jude era piuttosto magro ma era pur sempre alto circa 20 centimetri più di lei, portarlo di sopra di peso sarebbe stato decisamene impossibile.

 

Sospirò e lo fece scivolare, lentamente e con delicatezza, di nuovo sul pavimento per prendere la bacchetta e sollevarlo magicamente… Ma gli occhi di Isabelle indugiarono sul braccio del ragazzo coperto dalla manica della camicia bianca, riuscendo ad intravedere qualcosa di vedere.

Si accigliò e scostò la manica per guardargli il polso, trovando il nome del ragazzo scritto sulla pelle e lampeggiante di una tenue luce verde… strano. L’aveva visto più di una volta con le maniche della camicia arrotolate sui gomiti e non aveva mai visto quella specie di tatuaggio.

 

E poi perché luccicava in quel modo inquietante?

Sospirò, rendendosi conto di quante cose non sapeva… e si chiese se, una volta sveglio, lui l’avrebbe allontanata o perdonata.

 

Si alzò, evitando di pensarci mentre con un lieve colpo di bacchetta lo sollevava da terra di un metro e mezzo, facendo in modo che la seguisse magicamente fino all’Infermeria.

Alle domande ci avrebbe pensato dopo… ora doveva solo assicurarsi che stesse bene.

 

 

                                                                           *

 

“Ma perché quella ragazza sparisce sempre? Dove diamine si è cacciata Isabelle?”

“Non ne ho idea… tre ore fa mi ha chiesto se avessi visto Jude, le ho detto di no e lei è corsa via senza darmi il tempo di chiederle spiegazioni.”

 

Faye sbuffò, roteando gli occhi e chiedendosi perché quell’anno non ci fosse praticamente un solo giorno senza qualcosa di strano. Phoebe invece continuava ad agitarsi leggermente, visibilmente nervosa visto che sia Isabelle che Jude erano spariti da un po’.

 

Ripensò alla preoccupazione dell’amica di quella mattina si chiese se fosse stata fondata… forse suo zio aveva davvero preso la lettera? Ma per farci cosa? Forse farla vedere proprio a Jude… e per quel che lo conosceva, era abbastanza certa che il ragazzo non l’avrebbe presa molto bene.

 

“Ultimamente quando qualcuno sparisce non va’ a finire bene… andiamo a cercarli. Fuori diluvia, dubito che siano nel parco… coraggio, io vado in Biblioteca, tu vai in Infermeria.”

 

“In Infermeria? Bibi, non pensare così in negativo!”

“Beh, quest’anno mi ha insegnato a farlo, l’ultima volta in cui avevo una strana sensazione Francisca è morta! E quando Isabelle è sparita l’ultima volta era stata avvelenata…”

 

Phoebe sbuffò prima di affrettarsi, uscendo a passo svelto dalla Sala Comune con l’amica al seguito: Faye odiava ammetterlo, ma forse aveva tristemente ragione.

 

                                                                                  *

 

Aprì gli occhi di colpo, puntandoli sul soffitto… e si rese conto di essere in Infermeria.

Ad Hogwarts ci era finito di tanto in tanto, per colpa di quelle crisi… ma le persone avevano finito col dimenticarsene in fretta. Chissà, probabilnente sarebbe andata a finire così anche alla Cimmeria.

 

Gemette leggermente, portandosi una mano alla testa e sfiorarsi il capo, chiedendosi perché dopvess efargli tanto male.

Ci mise qualkche secondo, in effetti, a collegare e a realizzare cosa fosse successo… e cosa l’avesse spinto a trovarsi in quelle condizioni.

 

La lettera, Isabelle… sbuffò leggermente, chiedendosi se non fosse per caso tutto un brutto sogno.

E l’idea che lei l’avesse visto quando praticamente dava il peggio di sé stesso gli fece venire voglia di seppellirsi sotto quell’antico pavimento.

Mosse lentamente la testa dolorante per guardare la poltroncina che affiancava il letto, accanto al comodino… vuota.

 

Sospirò e nascose la faccia sul cuscino, dandosi dello stupido: certo che non c’era. Chi sarebbe rimasto dopo quella specie di crisi? Probabilmente lo aveva portato in Infermeria e poi se n’era andata, pensando che ce l’avesse a morte con lei e che non volesse vederla.

 

Già… cosa sentiva, in effetti? Era arrabbiato? Non lo sapeva… di sicuro voleva parlare con lei.

Non gli sarebbe dispiaciuto, in effetti, poter stringere di nuovo la sua mano e trovarlesi così vicino… ma probabilmente era chiedere troppo.

Sentendo dei passi si voltò, posando gli occhi stanchi sull’Infermiera, che gli sorrise con sollievo:

 

“Finalmente si è svegliato, Signor Verräter! Ha dormito per diverse ore… come sta?”

“Bene. In effetti credo che potrei…”

“No, non se ne parla… rimarrà qui fino alla fine della giornata, o magari fino a domattina. E poi ho ricevuto ordini precisi, non devo permetterle di alzarsi dal letto.”

 

Un sorrisetto comparve sul volto della donna di mezz’età, tanto che Jude si ritrovò ad inarcare un sopracciglio mentre si tirava lentamente a sedere sul materasso:

 

“E da chi?”

“La Signorina Van Acker… è stata lei a portarla qui, tre ore fa. Le ho chiesto cosa le fosse successo e mi ha detto che non lo sapeva di preciso, probabilmente un attacco di panico… si sente meglio adesso?”

“Sì.” 

 

Annuì, ma il suo tono era comunque piuttosto torvo: già, l’aveva portato lì e poi era andata via. Non poteva nemmeno biasimarla del tutto, però… almeno non era scappata a gambe levate quando lo aveva torvato nei sotterrani tremante, fuori di sé e parlando persino a fatica, con una voce che nemmeno somigliava alla sua.

 

“Bene… le farà piacere vedere che si è svegliato. L’ha mancata di poco, in effetti.”

“Vuol dire che è appena andata via?”

“Sì, ha detto che andava solo a prendere qualcosa da mangiare visto che ormai è ora di cena.”

 

Jude esitò prima di praticamente illuminarsi, sorridendo leggermente. E Marianne Flint si trattenne dal scoppiare a ridere nel cogliere quel radicale mutamente d’espressione.

 

Davvero? Cioè… ok.”

 

Jude fece in modo di far sparire quel sorriso, stringendosi nelle spalle mentre si appoggiava ai cuscini e provando a risultare il più noncurante possibile… e quelle maledette farfalle intanto continuavano a svolazzare, maledetti insetti multicolori.

 

Quando la porta si aprì Marianne si defilò, ricordandosi di avere un mucchio di unguenti da preparare mentre una Isabelle piuttosto sorridente si avvicinava quasi di corsa al letto di Jude:

 

“Ehy… come stai?”

“Bene. Non dovevi restare qui, comunque.”

“Sì invece… Tieni, bevi.”

 

Isabelle fece il giro del letto per sedersi accanto a lui, porgendogli un bicchiere d’acqua. Lo guardò bere in silenzio, sollevata di vederlo finalmente sveglio ma chiedendosi allo stesso tempo cosa dirgli.

 

“Jude… mi dispiace per la lettera, davvero. Ti assicuro che mi fido di te, non ti ho mai mentito. Quel bastardo… te l’ha fatta trovare di proposito, non vuole far altro che dividerci.”

 

Isabelle sospirò mentre Jude restava in silenzio, evitando di guardarla e tenendo gli occhi fissi sul copriletto bianco.

 

“Te l’ho detto… non sono come gli altri. So cosa pensi, so che sei sempre così diffidente perché pensi che le persone ti si avvicinino solo per un tornaconto… non sono così. Non voglio il tuo aiuto perché sei Jude Verräter, quello che sa e scopre sempre tutto… Voglio il tuo aiuto perché sei un rompipalle di cui, non so perché, mi fido. Dio, non sono brava con le parole…”

“Io… ho sempre pensato che nessuno potrebbe starmi vicino se mi vedesse veramente. Perché tu sei rimasta, prima? E anche qui, in Infermeria.”

 

Jude spostò di nuovo gli occhi su di lei e Isabelle gli rivolse un debole sorriso, allungando una mano per scostargli i capelli scuri dal viso, in modo da poter vedere anche l’occhio chiarissimo del ragazzo.

Immediatamente lui s’irrigidì e sollevò una mano per prenderle il polso e bloccare il gesto, ma lei non batté ciglio e sorrise ancora, parlando con lo stesso tono dolce di qualche ora prima:

 

“Voglio guardarti.”

“Te l’ho detto… penso che non ti piacerei per niente se mi vedessi davvero.”

“Beh, fammi provare almeno. Non capisco perché nascondi sempre quest’occhio Jude… è qualcosa che ti rende assolutamente unico, a me piace.”

 

Isabelle sorrise e Jude per una volta rimase in perfetto silenzio, elaborando quello che aveva appena sentito mentre lei faceva scendere la mano dai suoi capelli per posarla sul suo viso, parlando a bassa voce:

“Te l’ho detto, mi fido di te. Ora devi essere tu a fidarti…”

 

Deglutì, cercando di far arrivare al cervello quello che gli aveva detto, cercando di prendere in considerazione quella scelta… ma la vicinanza con Isabelle gli aveva probabilmente mandato il cervello in pappa e le uniche cose che percepiva erano la sua voce, la mano che gli sfiorava il viso e i suoi grandi occhi verdi.

 

Improvvisamente aveva la gola secca e non riusciva a staccare gli occhi dai suoi, guardandola avvicinarsi leggermente per dirgli qualcos’altro mentre le sue mani erano abbandonate sul copriletto anche se gli prudevano dolorosamente, morendo dalla voglia di metterle sui suoi fianchi e stringerla a sé.

 

“Chi tace acconsente Jude, lo sai?”

 

Isabelle sorrise, dandogli un lieve bacio su una guancia mentre Jude decideva di ignorare tutto quello che pensava, tutti i dubbi, tutte le domande e tutti i rischi. Non si era mai fidato di nessuno, ma forse poteva cominciare a farlo… La prese per i fianchi e posò gli occhi sulle sue labbra carnose prima di baciarla, mentre le farfalle svolazzavano a più non posso nel suo stomaco.

Con suo sommo sollievo Isabelle non si staccò e non lo prese nemmeno a sberle, allontanandosi di malavoglia solo quando lui si staccò, guardandola attentamente ma tenendola sempre a poca distanza:

 

“Hai detto che ti piace il mio nome, che ti piacciono i miei occhi… ma dimmi Van Acker, io ti piaccio?”

 

In effetti aveva ragione: era una vera maestra a scappare… specialmente se si parlava di sentimenti. Lo guardò e capì quanto bisogno avesse di sentirselo dire, di avere certezze… e sorrise, annuendo prima di chinarsi e baciarlo di nuovo:

 

“Che razza di domande fai… te l’ho detto, ti stai rammollendo, una volta l’avresti capito da un chilometro. Certo che mi piaci, stupido.”

 

Si, forse infondo aveva ragione lei e si stava rammollendo… ma mentre la baciava di nuovo e la circondava con le braccia capì che non gli importava granché.

Per una volta non gli importò nemmeno di quello che doveva e voleva sapere e scoprire, non si pose nemmeno il dubbio che lei gli stesse mentendo… in quel momento non gli interessava perché si rese conto di volere solo quello.

Voleva soltanto lei.

 

                                                                                                   *


Sorrise, in modo appena accennato, mentre guardava attrraverso la porta semi-aperta dell'Infermeria. Sorrise guardando Jude seduto su un letto con Isabelle di fronte, tenendola per mano mentre le diceva qualcosa. A giudicare dalla sua espressione e il modo in cui lei lo guardava sembrava importante... e deicse di non interromperli, dicendosi che avrebbe potuto salutarlo più tardi.

Adrianus sorrise, facendo un passo indietro e allontanandosi dalla porta. All'improvviso ripensò a quando era rimasto per ore accanto a Francisca aspettando che si svegliasse, ripensò alla gioia e al sollievo che erano venuti dopo... decise che era meglio lasciarli da soli.
E anche se era sinceramnete felice per loro, mentre si allontanava non potè non provare un po' di amara invidia.












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Angolo Autrice:

Mamma mia, ma cos'è tutta questa melensaggine? Mah, sarà la Primavera... o la cioccolata che ho già cominciato a mangiare. Forse sentivo di dovervi risarcire per gli Stenkie.
Comunque sia, vi faccio sapere che:

1. Alla fine i Judelle NON hanno battuto il record dei Malek, direi che sono a pari merito
2. Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto visto il mazzo che mi avete fatto con loro... Sesilia, ora puoi festeggiare
3. Phebe, ti avevo detto che leggendo il capitolo mi avresti odiato... ma forse alla fine neanche tanto, spero XD

Bene... dicevo?
Ah si... insomma, qui sono stata di un melenso che mi stupisco da sola, penso di essere scesa al livello dei Jante... ma visto che hanno le stesse autrici non c'è da stupirsi, direi.     E dopo questo capitolo all'insegna dell'ammmmore c'è da chiedersi se nel prossimo capitolo non distruggerò tutti psicologicamente (ride sadicamente).
Spero che non ci siano molti errori, ma non ho tempo di rileggerlo perchè l'ho scritto tra il preparare una portata e l'altra...
Vi auguro un buona Pasqua, a presto :)

Signorina Granger

   
 
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