Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: ethelincabbages    26/04/2017    3 recensioni
Questa è la storia di quello che sarebbe successo se Harry e Hermione non fossero stati quei retti e leali eroi che noi conosciamo. Questa è la storia di quello che sarebbe potuto succedere in una tenda nascosta nel nulla inglese, una notte di dicembre, tra due ragazzi soli, spaventati e alla ricerca di un po' di calore. Questa è la storia di un errore.
Chi sei, Chris? Chi sei?
Un’incrinatura sul percorso lineare del destino. Sei un pensiero scritto frettolosamente nella stesura di una lettera altrimenti perfetta, una frase sbagliata che hanno cercato con sollecitudine di cancellare, sistemare, riordinare in qualche modo. E non ci sono riusciti.

Avvertimenti: Questa storia contiene una buona dose di drammaticità postmoderna, qualche triangolo amoroso, diversi cliché, personaggi che potrebbero essere considerati Out of Character e personaggi non presenti nella saga originale.
Genere: Angst, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley, Teddy Lupin | Coppie: Harry/Hermione
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da VII libro alternativo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 33
Petali di rosa e Prugne Dirigibili
C’era una volta un ragazzo insicuro con un amico importante e un’amica che lo era anche di più. C’era una volta un ragazzino spaventato e geloso che aveva voltato le spalle a entrambi. C’era una volta una gelosia cieca e rabbiosa, c’era la paura di sbagliare, di non essere mai all’altezza, mai abbastanza. Solo in seguito vennero gli scontri, le maledizioni, le morti, le vittorie e le stelline di Capitano.
Le Prugne Dirigibili pareva dovessero avere degli strani effetti benefici – o almeno così diceva Luna. Piacevano tanto a Rosie, quelle palline svolazzanti intorno a un albero storto. Ron le prese a pugni una ad una, dedicandovi una concentrazione che concedeva a poche altre cose nella vita. Era un po’ come lanciare lontano dalla porta una Pluffa o due. Era un po’ come prendere a cazzotti il viso finto-innocente di Harry Potter. Pugni e cazzotti che non sarebbero serviti a nulla, pugni e rabbia che non facevano altro che ferire solo il suo cuore già abbastanza malandato.
Ronald Weasley e Hermione Granger. Gli era sempre piaciuto il suono dei loro due nomi accostati l’uno all’altro. Avevano una bella famiglia, ci avevano messo così tanto a costruirla e a renderla serena, si erano perdonati così tante cose a vicenda. Cos’era rimasto adesso? Quando si era incrinato il loro rapporto? Quando avevano smesso di parlare? Quando avevano smesso di litigare?
Lasciò che fosse il vento freddo di dicembre ad asciugargli le lacrime e la frustrazione, a terra, in piena notte, sotto l’albero di Prugne Dirigibili che separava la collina in due: la proprietà dei Lovegood dalla Tana – da casa.
Entrò in cucina a passi leggeri, per scoprire Ginny che prendeva appunti alla luce di una candela e sua madre che sistemava le ultime stoviglie sotto un getto d’acqua infinito. Le donne Weasley non riposavano mai.
“Dove sono i bambini?”
“Dormono.”
“Bene.”
“Cosa è successo, Ron?”
Domande – una dopo l’altra – spiegazioni, chiarimenti, sguardi preoccupati, cordoglio. Domande, conversazioni che non era in grado di sostenere.
“Ti faccio una tazza di tè.” La proposta così squisitamente inglese di Ginny non ammetteva risposte negative. Se qualcosa va male, facciamo una tazza di tè. Tutti meritano una tazza di tè.
“Dovresti stare con tua moglie, ora, Ron.  Lo sai che i bambini stanno benissimo qua. Adesso riposati un po’ però, torna nella tua cameretta, sono sicura che a Hugo non dispiacerà dividere il letto con il suo papà.” Sua madre si preoccupava, come sempre.
Gli scoccò un bacio sulle tempie. Non si lasciava andare a queste dimostrazioni d’affetto da anni. Era così ingiusto doverle dare altre preoccupazioni. Non aveva già votato abbastanza giorni al dio della pace domestica? La Tana non sarebbe mai stata casa senza di lei. No, non era giusto aggiungerne di nuove Ron la ringraziò di cuore.
“Vado a letto tra un po’, finisco prima questa.”
“Buonanotte,” disse infine Molly, guardando entrambi i suoi figli a fondo. Forse, pensò Ron, stava resistendo alla voglia di chiamarli ancora bambini miei. Perché, in fondo, quando avevano smesso di esserlo?
“Ha ragione lei, sai?” bisbigliò Ginny. Tracciava col dito il bordo della sua tazza, perdendo lo sguardo nelle sfumature scure dell’infuso. Non aveva ancora chiesto di Harry. Forse non lo avrebbe fatto: a Ginny piaceva non chiedere mai nulla. Strano approccio alla vita per una giornalista.
“Gin, no, non farlo.”
“Sto solo cercando di dir-”
“Niente,” la interruppe. “Non dire niente. Non sono in vena. E non mi importa del tuo stupido patto con Harry. Io e Hermione, il nostro rapporto non funziona così.” Anche se forse non funziona più. “Chris… tu non l’hai vista, era posseduta, Gin, - Voldemort era sul punto di tornare, tramite una bambina! – e ades-”
“Cosa? Pensi che io non sappia cosa voglia dire? Non t’azzar-”
“E adesso,” alzò la voce in maniera istintiva, “potrebbe morire e ovviamente – ovviamente – i suoi genitori sono spaventati a morte. Perché, per la miseria, Harry e Hermione sono i suoi genitori. Per quanto possano nascondere la verità agli occhi degli estranei, restano i suoi genitori. Prima riesci a dirlo ad alta voce, prima riusciremo tutti ad affrontare questa storia.”
“E quindi? Cosa succede se lo diciamo ad alta voce, Ron? Cosa cambia? Cosa è cambiato ora?” Ginny abbandonò la perlustrazione della sua tazza di tè per guardarlo dritto negli occhi. Alla luce di quel mezzo moccolo di candela, aveva gli occhi scuri e determinati. Sempre determinati gli occhi di Ginevra Weasley - Potter. “Lo hai appena detto tu, Tu-Sai-Chi stava tornando, di nuovo, stava usando una ragazzina, di nuovo. E i suoi genitori sono spaventati a morte.” Allungò le dita sul tavolo per afferrare la sua mano, in un raro momento di comprensione. “E fa male, lo so che fa male, e so quello che ti fa ricordare. Ma è normale che i suoi genitori siano terrorizzati, è giusto che sia così, è così che funziona. Ma temo che qui non c’entri Chriseys, o almeno non del tutto, e non c’entra il mio rapporto con Harry.”
“Tranquilla, non ci vorrà molto prima che ne risenta anche tu.” Strinse labbra e occhi non appena pronunciò quelle parole amare. Era ingiusto un tale pensiero, ma c’era e non poteva ignorarlo. Era il suo cuore affranto a parlare, la gelosia, il ragazzino insicuro che c’era una volta. L’amore della sua vita era andato distrutto dal tempo e dai silenzi, e Harry Potter era l’ombra che li seguiva dovunque, ancora là, sempre là. Se io perdo lei, tu perderai lui.
“Ron…” lo rimproverò semplicemente bisbigliando il suo nome, alla maniera di sua madre. Gli lasciò andare anche la mano.
“Ha smesso di parlare con me. Ha smesso di fidarsi di me. Adesso abbiamo persino smesso di litigare. Mi sembra di non conoscerla più.”
“Non puoi lasciarti andare a questi pensieri, Ron, non adesso. Soprattutto adesso, dovresti, dovremmo stare al loro fianco.”
Uno alla volta, pugni e cazzotti contro due stupide Prugne Dirigibili. Una risata amara gli salì lungo il petto fin su alla gola. Ginny Weasley-Potter era indistruttibile. Ma lui no.
“E se loro non avessero bisogno di noi?”
 
*
 
“Due uova di Ashwinder, petali di rosa in quantità, peperoncino in polvere, mescolare sette volte in senso antiorario e due volte in senso orario. Come diamine si fa? Come accidenti si fa, Chris?” mugugnava tra sé e sé.
Rilesse in fretta le istruzioni sul libro impolverato a causa del peperoncino che gli era appena caduto. Che cazzo c’era tornato a fare a lezione? Doveva andare a casa, da nonna Andromeda e trovare un modo, una scusa per andare da Chris. Questo doveva fare. Come si fa? Sospirò. Come stai, Chris?
Ted leggeva, mescolava e aggiungeva ingredienti a caso, ma il buco che aveva nello stomaco gli impediva di comprendere appieno le azioni che continuava a compiere. Era a lezione, nei sotterranei, a mescolare stupide pozioni. Nello stesso tempo, però, era a Londra, in ospedale, a pregare che Chrissie stesse bene.
Non era tornata quella sera, non era più tornata. Harry e Hermione l’avevano trovata ma nessuno di loro si era ripresentato al castello. Le scarse informazioni che era riuscito a cavare fuori dalla professoressa McGranitt non potevano per nulla colmargli quel buco nello stomaco.
“Ted, per cortesia, smetti di torturati le ferite sul collo.”
Sentì appena il rimprovero bisbigliato di Sybil, che dal tavolo dietro di lui cercava di far fermentare la sua Amortentia insieme a Elise Thomas. Lasciò scivolare via le mani. Non era colpa sua se continuava a premere sulle ferite, era diventata una reazione automatica: le dita gli correvano sulle tracce lasciate dalle corde causate dall’incantesimo di Chris ogni volta che pensava a lei.
Era stata poi davvero lei a lanciare quell’incantesimo? Perché adesso, dopo tutto quello che era successo, non ne era più tanto sicuro? Blackwood si era convinto ci fosse qualcun altro dietro le sue azioni sconsiderate, qualcuno di cui non aveva voluto fare il nome. La reazione di Ron non faceva altro che avvalorare quella tesi. Chrissie, come stai? Ted non riusciva a non pensarci.
“È che non posso fare a meno di- ” Ho paura e non so cosa fare e mi manca e se poi non … .
“Lo so,” bisbigliò Sybil, tirando un sospiro. Era preoccupata anche lei. “Anche io,” confermò, abbassando lo sguardo sul mortaio e i semi di peperoncino. “Starà bene, vero?”
“Sì.”
Sì. Che cosa poteva rispondere? Chriseys Granger non aveva mai mollato una sfida in vita sua, figurarsi se mollava ora. Ted non avrebbe saputo immaginare nessun altro scenario. Starà bene.
Ma se poi non … ?
Due uova di Ashwinder, petali di rosa in quantità, peperoncino in polvere. La pozione d’amore più potente al mondo, impara a prepararla e avrai il suo cuore tra le tue mani.
Aveva avuto il suo cuore tra le mani e la sua fragilità lo aveva spaventato. Aveva avuto il suo cuore tra le mani e non aveva saputo proteggerlo. Va’ via. Erano le ultime parole che le aveva detto. Va’ via. Erano l’ultima preghiera che Chris aveva sentito dalla sua voce. E se poi non…?
Si tirò giù le maniche e asciugò in fretta le lacrime che gli avevano bagnato gli occhi prima che qualcuno lo vedesse. Chiuse il libro di fretta e, mugugnando qualcosa a metà tra una richiesta di permesso e qualche scusa verso la professoressa, lasciò l’aula di Pozioni.
Avvertì i passi svelti di qualcuno che lo seguiva. L’ultima cosa che aveva voglia di fare era dare retta alla professoressa Light e al suo falso senso d’autorità.
“Ted.” Era Sybil. “Prendi quella cartina colorata del castello.” Cartina colorata? Se Chris fosse stata lì in quel momento si sarebbe indignata a quella denominazione degradante della Mappa del Malandrino. “Ci serve Blackwood.”
Sybil Joyce aveva un piano ed Edward Lupin lo avrebbe seguito.
 
*
 
Damian Blackwood non era un argomento che a Ted piaceva particolarmente. Se avesse deciso di guardarsi a fondo nell’animo avrebbe anche saputo perché, ma non era quello il momento per darsi da fare in sedute di autoanalisi. Tuttavia, Ted si ritrovò ugualmente a seguire Sybil che camminava a passo spedito tra gli intricati corridoi dei sotterranei di Hogwarts.
Blackwood stava studiando. Perlomeno così appariva. Lo trovarono nell’aula per le esercitazioni di Incantesimi, circondato da un numero indeterminato di fogli e un paio di libri. Faceva rotolare la bacchetta avanti e indietro sul piano scosceso del tavolo.
“Hai di nuovo la bacchetta,” esordì Ted. Erano entrati a sorpresa in un’aula vuota, non doveva certo preoccuparsi dei convenevoli in momenti del genere. L’assenza della sua bacchetta era stata una delle lamentele preferite di Blackwood sabato sera, quando erano stati costretti a condividere l’Infermeria.
“La McGranitt me l’ha restituita ieri sera. A cosa devo questa invasione? Sono un po’ impegnato, come potete vedere.”
Ted vide Sybil annuire e sottrargli un libro dalle mani. “Questo è un libro sulle guerre magiche?” Lo sfogliò appena e poi ne lesse il titolo “Il Marchio Nero e i suoi significati…”
Blackwood riacciuffò il testo con aggressività. L’approccio simil-imboscata non era di certo il migliore per assicurarsi la sua collaborazione, ma Sybil aveva un’idea e degli strani modi di fare e a Ted non importava granché di entrare nelle grazie di Blackwood. Non gli importava proprio, a essere onesti.
“Cosa accidenti volete?”
“Ci servi,” spiegò Sybil, senza tanti giri di parole. Una prima volta per lei, forse. “Vogliamo andare al San Mungo. Da Chris.” Il piano di Sybil era semplice e geniale. Ted non aveva saputo di desiderarlo finché la ragazza non gliel’aveva spiegato.
“E io perché dovrei aiutarvi?” Blackwood giocava a fare il difficile, ma non era così bravo a dissimulare il suo interesse come voleva fargli credere.
“Tre validi motivi, Damian. Posso chiamarti Damian?” chiese Sybil, continuando ininterrotta il suo treno di pensieri. “Odio chiamare le persone con il loro cognome, è maledettamente impersonale.”
“Okay,” Blackwood annuì, ghignando appena. “Sybi-il, giusto?”
“Wow! Certo che questo sorriso però stenderebbe chiunque… Chrissie, sai essere davvero cieca quando t’intestardisci,” borbottò tra sé, inconsapevole o del tutto incurante dei suoi due ascoltatori.
Ted si ritrovò a sbuffare, impaziente: cosa aveva di così speciale quel sorriso? Due denti bianchi.
“Scusa, scusate…” ricominciò Sybil. “Il piano, un piano, per vedere Chris. Perché ci devi aiutare? Tre ragioni. Uno: il tuo ruolo di Caposcuola ti permette di saltare le lezioni adducendo qualche sciocco motivo istituzionale. Ci serve solo raggirare Gazza, i professori non dovrebbero disturbarci. Abbiamo la cartina. Due: hai diciassette an- ”
“Diciotto.”
“Meglio. Non hai più la Traccia addosso e puoi Smaterializzarti dove ti pare.”
“Ancora non vedo perché dovr-?”
“Tre: vuoi vedere anche tu Chriseys.” Il che era probabilmente vero. E sicuramente irritante.
Blackwood si tirò in piedi e iniziò a raccogliere i fogli che aveva sparpagliato sul tavolo. Con precisione maniacale li impilava uno sull’altro. “Non ci permetteranno mai di entrare.” Scuoteva la testa, foglio dopo foglio.
“Questo significa che ci stai?”
 

 

Note: Prima c'è il trauma e poi tutto lo strascico di conseguenze che si porta con sé. In questo capitolo, ne iniziamo a vedere qualcuna. 
Come sempre, tutto ciò che riconoscete non mi appartiene.
Ho solo un messaggino per chi voleva una sana scazzottata tra Damian e Ted: credo dobbiate aspettare un po', per il momento pare vogliano firmare un piccolo armistizio.

 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: ethelincabbages