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Autore: piccolo_uragano_    27/04/2017    6 recensioni
“Perché ogni volta che c’è in giro Lord Voldemort facciamo figli io e te, Martha?”
Martha accennò un sorriso. “Perché ogni volta che io e te facciamo figli c’è in giro Lord Voldemort, Sirius?”
Remus trattenne una risata. “Ed è per questo che sono vent’anni che ti ripeto che è quella giusta.”
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Non è una di quelle storie tutte miele e amore in cui Sirius trova la sua perfetta metà e vissero tutti felici e contenti. Martha darà a Padfoot del filo da torcere, insegnandogli ad amare e a restare.
(Si parte dal 1976 fino a poco dopo la battaglia di Hogwarts; in teoria è finita, dopo anni, ma in pratica.....)
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
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Come lo scorso anno, pubblico a meno di un'ora dal mio (diciottesimo) compleanno, e come lo scorso anno vorrei davvero dedicare questo capitolo a voi, che dopo più di due anni ancora credete in questa storia almeno quanto me. 
Grazie, grazie davvero. Vi sono -profondamente- grata.
C




Martha rimase immobile, con quella busta in mano, parecchio tempo. Pensava, semplicemente, che nel momento in cui l’avesse aperta la morte di sua sorella sarebbe diventata qualcosa di talmente reale da non poter essere più ignorato. Mentre Remus riusciva a tenersi impegnato sistemando tutte le cose da trasferire alla Tana, Molly cucinava e Sirius stava con Anya e Fierobecco, lei non riusciva a ignorare l’assurdo pensiero che, per qualche stupida ragione, fosse tutto falso. Uno scherzo uscito male, un sogno che sembrava fin troppo vero. Qualsiasi cosa, ma non la realtà.
Era giusto che fosse lei ad aprirla?
Cazzo, Rose, è difficile. Non sono mai riuscita ad entrare nella tua testa, a capire cosa volessi o pensassi, figurati se ci riesco adesso.
Si rigirò la lettera tra le mani una dozzina di volte, mentre Sirius, con Anya in braccio, la guardava perplesso. Le bastò alzare lo sguardo verso suo marito perché lui capisse.
“Perché non aspettiamo che i ragazzi tornino a casa?” propose, con tono dolce. “Sono sicuro che vorrebbero esserci.”
“Casa?” domandò lei.
Aveva insistito per lasciare Grimmauld Place, e Sirius le aveva dato corda: in effetti, vivere nella stessa casa di Kreacher non era una cosa furba, e visto che l’elfo non poteva spostarsi da quella casa, se ne sarebbero andati loro. Martha non si sentiva al sicuro, e con lei Molly e Arthur; sapevano che, con un po’ di pressione, Bellatrix avrebbe ottenuto dall’elfo le informazioni necessarie per trovarli.
“Alla Tana.” Disse lui, baciandole i capelli prima di dirigersi in cucina.
Casa loro era troppo prevedibile, troppo esposta, e troppo vicina a Londra. Martha non ricordava neanche più quando fosse stata l’ultima volta che lei, Sirius e i ragazzi avevano dormito lì. Scosse la testa.
Mi manchi, Rose.
Nessuno notò il trasloco, e nessuno sorrise troppo quando, al Binario, recuperarono i ragazzi, mentre i loro compagni li acclamavano per aver detto la verità. Martha e Sirius occuparono la stanza di Percy insieme ad Anya, Kayla, Tonks e Hermione invasero la camera di Ginny, mentre Robert si unì ai gemelli nella loro stanza piena di scatole con materiale per gli scherzi. Ron preparò la sua stanza per il momento in cui Harry sarebbe tornato (Martha e Sirius lo avevano consegnato in mano dei Dursley in stazione, raccontando brevemente quanto accaduto e dicendo che, un pomeriggio della settimana a seguire, sarebbe venuta a prenderlo per il funerale. Funerale. Era stata la prima volta che lo aveva detto ad alta voce.)
La prima sera, a cena, mentre Damian fissava il vuoto e Tonks dava da mangiare a Nicole, i gemelli rientrarono a casa con i completi da lavoro, espressione sfinita e un bel po’ di notizie da dare.
“Il Ministero è in subbuglio, famiglia” iniziò George.
“E pare che Caramell sia andato a parlare con il Primo Ministro Babbano.” Gli diede corda Fred. “Per avvertirlo.”
“Per legge, deve farlo.” Rispose Tonks, con il mano il biberon.
“E il Profeta ha pubblicato una fantastica guida alla sicurezza che comprende punti come ‘non uscire di casa nelle ore più buie della notte’.”
“E io che speravo si svegliassero un pochino!” esclamò Robert.
“Fidatevi di me, ragazzi miei” disse Martha “se dovesse essere come l’ultima volta, la notte sarà la cosa meno buia che vi potrà capitare.”
Molly guardò Martha con risentimento. “Martha!” strillò. “Così li spaventi!”
Martha scosse la testa. “Scusa, Molly, ma non me la sento di raccontare loro delle favole su come un mattino si sveglieranno tutti felici e contenti: lo aveva detto mio padre e lo aveva detto anche James, questa non è una di quelle battaglie di cui ci ritroveremo a ridere tra qualche anno seduti a tavola tutti insieme.”
“Smettila, Martha.”le disse di nuovo la signora Weasley.
“Di fare che?”
“Di comportarti come se fossi tu l’unica ad avere perso qualcuno che amavi.”
Martha si irrigidì.
“I tuoi figli hanno perso in riferimento, tuo marito ha perso un’amica, quella bambina di nemmeno sei mesi ha perso sua madre e, anche a me è successo di perdere i miei fratelli in battaglia, eppure non …”
“Io non mi comporto affatto così!”
“Poteva andare peggio, Martha, potevi essere tu!”
Dovevo essere io!”disse, alzandosi. “Perché se fossi morta io, lei avrebbe saputo cosa fare! Avrebbe saputo prendervi a schiaffi se vi avesse visti piangere e vi avrebbe teso la mano se foste caduti, lo avrebbe fatto brontolando parolacce e bestemmie, sì, ma lo avrebbe fatto. Avrebbe preso le redini della mia vita al mio posto. Sapeva cavarsela senza di me. Sono io che non so cavarmela senza di lei. Cazzo, Rose è la stessa stronza che mi ha insegnato ad allacciarmi le scarpe e a farmi la ceretta ovunque, dammi il tempo di realizzare che devo organizzare il suo dannatissimo funerale!”
Silenzio. Tutti la fissavano senza dire niente. I gemelli erano ancora in piedi all’ingresso, con la bocca aperta.
“Le ho promesso un bel funerale.” Intervenne Remus. “Le ho promesso che non ci saremmo vestiti di nero, e che nessuno avrebbe pianto.”
Martha spostò lo sguardo su Remus. “Quando?”
“Non ha importanza. Sapeva che sarebbe potuto succedere; me lo ha chiesto, e io ho promesso.” Ammise lui, fissando il suo piatto ancora pieno.
“Non immaginerei un funerale diverso, per lei.” Gli disse Damian.
Martha, allora, con un colpo di bacchetta, Appellò la lettera di Rose, che aveva trovato nella sua giacca: la fece atterrare nella mano di Damian. “Credo sia giusto così.”
Erano le quattro e quaranta della mattina del funerale di Rose. Kayla, con una lunga vestaglia grigia e le treccine folte che le cadevano sulle spalle, stava in piedi nella cucina della Tana; fissava il fornello in attesa che l’acqua per il tè si scaldasse. Cercava di ignorare il fatto che il polso le facesse ancora male, soprattutto di sera, cercava di non dare peso al fatto che, in due settimane, fosse riuscita a dormire solo poco più di due ore per notte, e cercava di ignorare la consapevolezza che in camera dei gemelli e Robert, ci fosse solo uno dei due rossi.
Incrociò le braccia sul petto, mentre faceva respiri profondi.
Non pensare a Fred. Non pensare a zia Rose. Non pensare al Dottore e Jack.
Oh, Salazar, non c’è niente a cui io possa pensare.

Scosse la testa, e, improvvisamente, sentì la porta aprirsi dietro di lei, e prima che si potesse girare, sentì un familiare profumo di shampoo all’ananas e fin troppo alcol. Guardò Fred, che, barcollante, era stupito quanto lei. “Io, ehm …”
Kayla scosse la testa, come a dirgli che non c’era bisogno di dire nulla. Prese una tazza dalla credenza, ci mise lo zucchero e la busta di tè, e quando l’acqua iniziò a bollire spense il fornello sotto al pentolino. Distrattamente, poi, lo afferrò a mani nude, per lasciarlo subito.
“Cazzo!”
Fred, con i riflessi un po’ più lenti del solito, corse verso di lei prima che iniziasse a strillare e saltellare come suo solito. “No, no, va tutto bene, non … aguamenti.” Disse, puntando la bacchetta contro la mano di Kayla ormai piena di bolle bianche da ustione. “Ecco, sei la solita, e smettila di saltare.”
“Ma fa male!” disse lei, mordendosi l’altra mano per non urlare.
“Come, dico, come ti è venuto in mente …”ripeteva lui, mentre continuava a gettare acqua sulla mano.
“Oh Salazar, è colpa tua, tu mi hai distratta!”
Fred scosse la testa, sorrise, e fece apparire delle garze, con cui le fasciò palmo e dorso della mano.
“Hai bevuto.” Disse lei, imbronciata.
“Dieci punti a Serpeverde.”
“Da solo! George e Robert sono tornati a mezzanotte!”
“Tu non dormi mai, eh?”
Finì di fasciarle la mano, evitando sempre di guardarla negli occhi.
“Non … non dormo da un po’.”
“Perché sogni Rose.”  Kayla incarnò un sopracciglio, e lui alzò le spalle. “Posso bere fino a dimenticare anche il mio nome, Kayla Lily Black, ma di te non dimenticherò mai nemmeno un dettaglio.”
Lei gonfiò il petto. “Angelina Johnson?” chiese, poi.
Lui alzò lo sguardo di scatto. “Come fai?” disse, alzando troppo il tono e pentendosi immediatamente di aver reagito così.
Lei accennò un sorriso e si toccò il naso con l’indice della mano rimasta sana. “Olfatto di Padfoot. Hai addosso il suo odore.”
“Noi, cioè … è stata una giornata pesante, al negozio, ero al Paiolo Magico e abbiamo bevuto qualcosa insieme, poi …”
Lei scosse la testa. “Non mi serve sapere.” Si voltò per mettere l’acqua nella tazza, questa volta usando una presina. “E di sicuro non me lo devi spiegare.” Disse, tornando a guardarlo. “Vai a dormire, Fred Weasley.”
Lui la guardò con lo sguardo più sbronzo di sempre. “Mi manchi.”
Lei annuì, sentendo lo stomaco che improvvisamente si dava alla danza. “Buonanotte.” Disse, senza incrociare il suo sguardo. Senza voltarsi, andò verso le scale. Fred la guardò sparire, pensando a quanto ci avrebbe messo lui, in quelle condizioni,a salirle. Poi posò casualmente lo sguardo sul bancone della cucina: la tazza con il tè era rimasta lì.
Scosse la testa. “Sempre la solita.”
Damian stava davanti allo specchio con la cravatta attorno al collo, e, mantenendo un’espressione seria, cercava di fare il nodo quando Martha bussò ed entrò. “Scusami, cercavo Sirius.” Disse, notandolo. “Quella cravatta è …”
“Di Remus, sì. Ho … ho messo la cravatta solo al mio matrimonio e alla prima comunione, sai.”
Martha accennò un sorriso. “Immagino tu non sappia annodarla, quindi.”
Lui scosse la testa e lei, da buona inglese, con un gesto gli chiese di entrare nella stanza. “Oh, prego.” Disse lui, con leggero imbarazzo.
“Sai, nemmeno Sirius ha mai imparato a farlo. A scuola glielo faceva James, e poi a fine giornata la sfilava, e come lui Robert.” Disse, prendendo in mano la sua. “A me e Rose l’aveva insegnato nostro padre, una sera per gioco.”
Damian annuì. “Rose me lo aveva raccontato.”
Martha sospirò, sistemando il fermacravatta sulla camicia chiara.
“Ho sempre fatto tutto come andava fatto, sai, Martha? Sono nato in una famiglia babbana e ho sempre tenuto ben nascosto il mio dono divino di fare magie a tutti tranne che ai miei e a mia sorella. Ho sempre preso ottimi voti a Beauxbatons, mi sono diplomato con il massimo e quando è stato il momento di sposarsi ho scelto la ragazza più bella di Parigi, avendo subito un bambino bellissimo. Quando si è ammalata, io … ho creduto di non farcela. Mia sorella era in giro per il mondo e io ero solo. Rose è stata … ossigeno. L’ho conosciuta una sera in un pub che fa una birra terribile ma ottima musica. Non sapevo che fosse una strega, ma avevo appena scoperto che Gabriel era un mago. Abbiamo parlato fino all’alba e poi è stato tutto così semplice che … per la prima volta dopo la morte di Isabelle, ho pensato di poter essere felice anche io.”
Martha abbassò lo sguardo.
“Mi ha detto subito di Remus. E non sono mai stato geloso, io … l’amore della mia vita era Isabelle, e lei sarebbe stata sempre troppo legata a Remus per amarmi come sosteneva che meritassi. Però le ho voluto davvero bene. Davvero, davvero bene. E poi c’è Nicole che è … meravigliosa, dico sul serio. Ma adesso cosa succederà?”
Lei lo guardò. “Adesso sei parte della famiglia, e da questa famiglia non si esce. Siamo strani, urliamo moltissimo, combiniamo guai e combattiamo un dittatore, ma … siamo forti. Tu sei il papà di Nicole e Gabriel, sei un abile duellante, e … sei parte della famiglia.”
“Mamma?” urlò la voce di Robert dalla stanza accanto. “Mamma? Il nodo! Cazzo, non me lo ricordo mai!”

Fred, George e Robert stavano guardando l’immenso campo che circondava la Tana, senza prestarvi davvero attenzione. Ognuno portava il suo completo buono e ognuno fumava la sua sigaretta, cercando di non pensare che quello, quello era il giorno del funerale di Rose Redfort.
Fred aveva la testa piena di immagini sfocate di lui e Kayla che parlavano in cucina, la notte prima, e non riusciva a pensare ad altro. Robert pensava a sua madre, al fatto che peggio di vederla piangere, ci fosse solo l’immagine che si era trovato davanti mentre gli faceva il nodo della cravatta: era talmente triste da non riuscire nemmeno a piangere. Non era riuscito a parlare con suo padre, ma era sicuro di avere visto nei suoi occhi di tutto, quella mattina: dal senso di colpa alla gratitudine.
Proprio in quel momento Sirius, anche lui nel completo buono, uscì in veranda e si accese una sigaretta. Non guardò nemmeno i ragazzi, ma disse: “Immagino che questo sia il momento della giornata in cui io vi dico qualcosa di molto profondo e vero su quanto la vita faccia schifo, vero?”
Fred annuì.
“Ma non devi per forza farlo.” Disse George.
“Sto pensando a cosa sarebbe più corretto dirvi. Ma la verità è che … anche Rose direbbe che io non sono tagliato per fare l’adulto della situazione.”
Fred sorrise e spense la sigaretta.
“No, ecco, questo lo devo dire: Fred, tu non avevi smesso?”
“Forse più che l’adulto della situazione sei la Martha della situazione.” Rispose George.
“Ho smesso per Kayla, ho ricominciato quando mi ha mollato.” Spiegò l’altro rosso.
Sirius gli rivolse uno sguardo poco sereno.
“Non ti è mai andata giù, eh?” lo incalzò.
“Non è per te, è l’idea che qualcuno possa ferirla.” Aspirò tutto il fumo possibile. “L’idea che qualcuno possa ferirla e che io non possa fare assolutamente nulla per proteggerla da questo. Ma ero … ero contento che fossi tu.”
Fred rimase come ghiacciato.
“Ti sta in qualche modo dando la sua benedizione.” Tradusse Robert.
“Si, ma … ci siamo lasciati.” Disse lui, tirando un calcio al terriccio sottostante. “Insomma, lei … lei mi ha lasciato, e …”
“Poco importa, ragazzo, davvero. Anche io e Martha ci siamo lasciati, eppure guarda” e indicò Robert “guarda cosa abbiamo combinato poi!”
Fred guardò il suo amico e accennò un sorriso. “Non … non saprei che dirle.”
“Niente sesso prima del matrimonio.” Suggerì Sirius, buttando la sigaretta. “E niente matrimonio prima di un lavoro, una casa, un progetto di vita …”
“Tutto quello che non abbiamo fatto noi, insomma.” Disse Martha, apparendo dietro di loro.
“Stavi origliando, piccola?” scherzò lui, senza ridere.
“Ti stavo cercando.” Ammise lei, per poi mostrargli la chitarra che teneva in mano.
Sirius scoppiò nella sua risata simile ad un latrato, riempiendo il viso di Martha di un ormai raro sorriso puro.

Kayla si ritrovò a pensare a quanto un centinaio di persone fossero in grado di creare un silenzio teso e triste. Non era giusto, si disse, che sua zia Rose fosse ricordata in un momento del genere: se avesse potuto scegliere, l’avrebbe ricordata alzando un buon calice di vino e ridendo. Appena formulato quel pensiero, però, si rese conto di non essere più in grado di ridere. Non per il momento, almeno.
La bara di legno chiarissimo era ricoperta di fiori di ogni colore e Gabriel teneva la mano a suo padre, cercando di non piangere, mentre Nicole riposava in braccio a Remus e Damian aveva gli occhi lucidi e gonfi.
Sentiva, dietro di lei, i respiri pesanti di Robert, la testa piena di pensieri di Fred e ogni muscolo teso di George, e in quel momento maledisse sé stessa per conoscerli così bene. Si disse che avrebbe voluto che quello fosse un momento molto più privato, molto più intimo: la maggior parte delle persone che stavano lì, quel giorno, conoscevano Rosalie Redfort solo di vista o di nome. O, peggio, di fama.
Martha, in un vestito verde petrolio, con la chitarra in mano si avvicinò alla bara. In quel momento, si rese conto di quanto le parole non potessero esprimere. C’erano davvero luoghi che nessun vocabolo avrebbe mai espresso, e se qualcuno ci avesse provato, lo avrebbe sminuito: era il dolore di una perdita.
Lanciò un veloce sguardo a Sirius, Remus e al misterioso uomo chiamato Aaron posizionato in prima fila, e poi, senza dire nulla, iniziò a suonare.
Kayla l’aveva sentita suonare giusto un paio di volte in tutti quegli anni, e sempre perché Rose glielo aveva esplicitamente chiesto più volte. Ma quella volta fu diverso, quella volta non suonò perché Rose glielo aveva chiesto, quella volta suonò per Rose e basta.
When we were younger we thought
everyone was on our side,
than we grew a little
and romanticized the time I saw
flowers in your hair.
Takes a boy to live,
takes a man to pretend he was there.
So then we grew a little and knew a lot,
and now we demonstrated it to the cops
and all the things we said,
we were self assured.

‘Cause it’s a long way to wisdom
and it’s a short one to be ignored.

Be in my eyes,
be in my heart,
be in my eyes,
be in my heart
.”


“Forse, beh, forse è meglio così.” Disse Martha, fissando il tavolo della Tana senza vederlo.
Robert e Sirius, con ancora le mani che puzzavano di sigaretta, la guardarono dalla soglia della cucina.
“Forse è meglio che i ragazzi stiano bene, che Harry, comunque, si senta al sicuro, ed è sicuramente meglio che né mia madre né mio padre abbiano dovuto vivere o vedere una cosa del genere. Ed è meglio che Nicole non avrà memoria del funerale o di suo padre che piange su un corpo freddo, così come è meglio che ci siamo noi, per lei, ma …”
“No.” disse Sirius. “Hai letto la sua lettera, Nicole non è compito tuo.”
“Ma noi siamo comunque la sua famiglia.”  Rispose Martha, alzando lo sguardo e mostrando due occhi vuoti.
“C’era un ‘ma’.” Le disse Robert. “Alla fine della tua frase, c’era un ‘ma’.”
“Ma sei arrabbiata.” Continuò Sirius.
Martha lo guardò stranita.
“Oh, Martha. Sono più le cose di te che ho capito guardandoti che quelle che ho capito mentre cercavi di spiegarmele.”
“Sono arrabbiata. Sai cosa facevo, di solito, quando ero arrabbiata con Rose?”
“Vi urlavate contro?”
“Esatto. E non riesco … non riesco a ricordare un momento nella mia vita in cui Rose non sia stata accanto a me. Anche quando partiva o quando mi teneva il broncio, c’era. Anche quando urlavamo, c’era. E adesso?”
Sirius scosse la testa. “Adesso? Merlino, bimba, vuoi dirmi che adesso non la senti accanto a te comunque? Non la vedi negli occhi di Nicole, non la vedi nel modo in cui Dora la fa addormentare e nel modo in cui Remus le da il biberon? Non la vedi in Kayla che gesticola come voi? Adesso, Martha non vorrai dirmi che tua sorella non fosse il genere di persona che si lascia uccidere da una stronza come Bellatrix. Rose non è mai stata il genere di persona che muore, perché Rose è e sarà sempre quel tipo di persona che lascia il segno.”




Mi scuso per la mancanza del banner, dovuta a sua volta ad una banale mancanza di tempo. 
Se la canzone del funerale interessasse a qualcuno, è la prima parte di Flowers in your hair, dei The Lumineers.
love 
C
 
   
 
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