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Autore: _apefrizzola_    29/04/2017    7 recensioni

«Sei più pettegolo della buon’anima di Bertha Jorkins, Ramoso»
«Ma come ti permetti, canide perfettamente riuscito?»
«Bertha Jorkins è morta!?»
«No, Peter... era per dire... visto che non è più a scuola...»
«Cosa te ne frega cosa si dicono Bones e McKinnon, James?»
«Se solo ci fossi stato, quel giorno davanti alla porta chiusa dell'ufficio di Silente, adesso staresti origliando dietro quello scaffale come il segugio quale sei»

«Barty, parlo sempre di te a Bella»
«Ma non l'hai ancora convinta! Così come non ho convinto del tutto voi, soprattutto da quando mio padre ha dato agli Auror il permesso di uccidere! Lo vedo nelle vostre facce, non sono stupido. E sappiate che lui non si fermerà, è sempre più pazzo. Svegliati, Regulus, sono quello messo peggio tra voi!»


«Stavo salendo le scale, lui è sprofondato da solo in quel gradino» esordì Liv per mettere subito in chiaro le cose come ogni volta che si ritrovava lì, a spiegare il motivo per cui aveva usato la bacchetta.
"Il Prefetto Malfoy ha detto che ho un cognome da Sanguesporco";
"Mulciber ha attaccato Mary";
"Rosier ha chiamato Dirk Cresswell mancato Magonò";
"Piton ha insultato Lily, l'ha chiamata schifosa Sanguesporco."
Genere: Commedia, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio, Regulus Black, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Malandrini'
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Capitolo 23

 AGRIFOGLIO PER AMICO

 

 

 
 
 
«É oggi il giorno, vero?»
Liv annuì alla domanda di Remus, sporgendosi meglio sul davanzale della finestra della Sala Comune per cercare di vedere meglio la casetta di Hagrid che appariva come un puntino scuro in mezzo alla neve.
Non c’era bisogno di specificare cosa significasse ‘Il giorno’ dato che Mary non faceva altro che parlarne dalla mattina alla sera anche con lui.
«Non sarei sorpresa nel vedere uno di quei cosi appena nati su in camera, come nuovo animale domestico».
Remus rise dal divano sul quale si era seduto, circondandosi di libri e pergamene che tirava fuori dalla tracolla come un ‘mago’ babbano con il suo cappello.
Mary stravedeva per gli Occamy, quasi quanto per i draghi. Sorrise leggermente anche se le trenta pagine di appunti di Trasfigurazione Avanzata che aveva appena preso averebbero dovuto farlo piangere.
Mary in realtà stravedeva per tutti, Lupi Mannari compresi. Sorrise ancora, tra sé e sé, ripensando alle parole dell’amica all’ultima ronda.
“I Licantropi, Remus! E chi sennò? Possibile che ogni volta che esce fuori il discorso tu debba essere sempre così razzista nei loro confronti? Perché li odi, si può sapere?”
Uno strano solletico allo stomaco gli fece perdere la presa e il libro di Incantesimi scivolò giù sul tappeto portando con sé anche le trenta pergamene fruscianti.
«Remus?» lo chiamò con tono pensieroso Liv assottigliando gli occhi per cercare di vedere meglio le piccolissime figure che uscivano, barcollanti in fila indiana, dalla porta del Guardiacaccia.
«Mh?» fece lui raccogliendo con calma le cose da terra.
Liv chiuse la finestra- Se Mary non torna viva per parlare di Lily-la Pazza la ripescherò dall’aldilà sotto forma di fantasma- e con tre passi davanti al camino scoppiettante si lasciò cadere sul divano per sedersi al suo fianco.
Remus raddrizzò la schiena, con il libro e un fascio di fogli tra le braccia, guardandola sconcertato. Il naso della compagna di Casa era arricciato in un’espressione indecisa e curiosa.
E adesso di cosa voleva parlargli? Di Mary? O dell’influenza di pochi giorni prima?
Sorprendentemente, si ritrovò a sperare che l’argomento da affrontare fosse il Piccolo Problema Peloso. Vide il naso di Liv ritornare normale e di colpo cambiò idea, forse era meglio parlare di Mary. O magari non voleva parlare di niente. Un aiuto con i compiti sarebbe stato l’ideale, avrebbe adorato farle ripetizioni anche se fosse stata impossibile da aiutare come James e Sirius quando diventavano dei completi idioti con la ridarella incontrollata e la voglia di fare i bambini di tre anni invece di buttare giù un disegno degli Asticelli o una cartina astronomica. Tutto fuorché Mary o la Licantropia.
Liv sorrise, decisa, anche se sapeva che avrebbe fatto meglio ad accertarsi della verità prima di agire, come le diceva sempre Lily.
Si ritrovò ad aprire le labbra per parlare a bassissima voce con una semplicità disarmante, come se gli stesse chiedendo di passargli il sale a tavola.
«Tu sei un Lupo Mannaro?»
«No».
La veloce risposta in automatico di Remus apparve alquanto innaturale e, qualche secondo dopo, sconnessa con il suo pallido viso che cominciò a deformarsi in un’impercettibile espressione sconvolta, come se si fosse accorto solo in quel momento della domanda appena ricevuta.
«Sì» replicò Liv in un sorriso aperto osservando gli occhi ambrati davanti a lei guardarla terrorizzati.
Finalmente aveva capito, finalmente vedeva il vero Remus che era molto più normale e coerente del Remus che lui faceva vedere a tutti.
«No» continuò a negare Remus che si era reso effettivamente conto di cosa era appena successo.
Un ronzio alle orecchie cominciò ad estraniarlo dal resto della Sala Comune. Quello che sapeva negare di avere due orecchie e una bocca era Sirius, Sirius che non si lasciava prendere dal panico subito dopo averlo fatto.
«Ti dico di sì, Remus»
«Ti dico di no, Liv»
«Se continui a mentire lo dirò ad alta voce qui, adesso, davanti a tutti gettandoti addosso petali di Aconito, anche detto... Luparia o Strozzalupo.  Sono scarsa a far bollire Pozioni, ma almeno questo lo so».
Libri, pergamene, piume e Remus stesso- che aveva saltato come una molla per afferrarle un polso, inciampando però sui suoi stessi piedi- cascarono dal divano contemporaneamente.
«Lo prendo per un sì» ridacchiò Liv osservando la faccia traumatizzata di Remus affacciata dal cuscino del divano, resa ancora più buffa dai capelli castano chiaro completamente arruffati.
Scivolò giù dal divano anche lei, per sedersi al suo fianco sul tappeto e Remus non si capacitò di quel sorriso disteso e sereno, di quella vicinanza amichevole.
«Mary aveva ragione, allora» riprese, sempre a voce molto bassa. «Scusa?!» esalò Remus col cuore in gola e la testa ad esplodere. «Ha eliminato l'ipotesi del Vaiolo di Drago. Potrebbe fare la Guaritrice, sei d'accordo? Però non ha mai tirato in ballo una possibile licantropia»
Remus parve sgonfiarsi all'ultima informazione, ogni muscolo si sciolse per irrigidirsi subito dopo perché Liv invece sapeva ed era assurdo quel suo sorvolare così, come se niente fosse, il problema che Remus sentiva invece pesare in un modo molto simile ad un macigno sui polmoni.
«Sai, Remus?»
«Sì, so che è orribile, che non dovrei stare nemmeno qua, che Silente è un pazzo, che potrei uccidere l’intera scuola, professori ed inservienti compresi, che sono spaventoso e... e orribile!»
«Orribile l’hai già detto quindi detto due volte si annulla. E io ripeto spaventoso così si annulla anche quello. Tu sei, e basta».
Era quello che le diceva sempre suo padre, da piccola, quando sua madre le dava dello ‘scherzo della natura’.
Era un gioco stupido, ma sapeva quanto riuscisse a risollevare il morale, a farla sentire speciale e unica, a cancellare gli insulti.
Certo, forse detto dal proprio genitore era un’altra cosa, forse detto da lei non avrebbe fatto effetto.
Un po’ le dispiacque, ma quando gli occhi ambrati di Remus, spalancati, divennero ridenti come le sue labbra sottili, capì che quelle parole potevano dare lo stesso sollievo dette anche da... un'amica? Erano amici?
Forse no, si disse Liv osservando Remus senza smettere di sorridergli; ma adesso che sapeva il vero perchè di quel silenzio immancabile, adesso che i suoi comportamenti insensati e che le erano sempre sembrati da egoista erano perfettamente comprensibili, voleva essere un'amica per lui. 
«Sai davvero una cosa, Remus?» ripetè Liv rimarcando il davvero in un sussurro gentile.
Remus sorrise ancora, scuotendo piano la testa davanti a quella strana Liv che restava la solita ragazza schietta che andava dritta al punto dele questioni ma per nulla aggressiva.
«Mary ti adorerebbe il doppio» rivelò, dicendo semplicemente la verità.
Rise notando il rosso delle guance di Remus diventare di un bordeaux molto simile a quello che Peter Minus, arrivato come un bolide e con un fiatone degno di Gazza, aveva sulla faccia stravolta e sudata.
Peter si accasciò sulla poltona accanto a loro e agitò le corte braccia verso Remus, tentando di parlare con un filo di voce rauca.
«Siamo messi-peggio di Gazza- al secondo anno!»
Remus conosceva Peter e- per quanto schifo potesse fargli- tutti i suoi tipi di sudore. Quello che adesso gli faceva luccicare la paffuta faccia rossa non era lo stesso che spuntava insieme ad un lieve color violetto a seguito di un’abbuffata di dolci con annessa nottata passata in bagno ad espiare il suo peccato di gola. Non era nemmeno quello che lo faceva assomigliare alla sua cravatta dopo una corsa.
Quindi no, quella faccia non era dovuta alla zampettata che si era fatto per arrivare in Sala Comune dal ‘Centro della Terra’, più comunemente chiamato ‘Buco’ da James, ‘Inferno’ da Sirius e ‘Dormitorio Serpeverde’ da uno qualsiasi dei professori. 
«Siamo messi-peggio di Gazza- al secondo anno- e di Sirius- al quinto!»
Ecco, appunto. C’era dell’altro.
Remus si alzò da terra con tutte le sue cose e gli occhi fissi su quelli di Liv che gli sorrise facendo il gesto esaustivo di cucirsi la bocca. Si ritrovò a sorriderle a sua volta, riconoscente.
«Peter, hai ancora i baffi dalla lezione con la McGranitt» gli fece notare Liv indicando i due lunghi fili bianchi sotto al naso appuntito del ragazzo che spalancò gli occhi celesti lasciandosi trasportare velocemente da Remus verso la stretta scala a chiocciola dei ragazzi.
 
 



 



*




 

 
 
James non andò in Guferia per raggiungere Sirius, lì non l’avrebbe trovato. Lo sapeva non perchè gliel’aveva detto la Mappa ma perchè c’era soltanto un posto dove Felpato andava in casi come quello.
Per questo, invece di rientrare al Castello avanzò tra la neve verso la Foresta Proibita, nonostante il gelo.
Senza togliersi il Mantello dell’Invisibilità di dosso, scese sul pendio innevato mischiando le sue impronte con quelle della classe di Erbologia appena uscita dalla Serra Numero Tre e quando superò il Platano Picchiatore spoglio e ghiacciato cominciò a correre fino ad arrivare alla foresta.
«Fanculo» imprecò quando, inoltrandosi tra i rami bianchi degli abeti, gli cascò addosso mezzo chilo di neve. Le impronte fresche di cane sotto le sue scarpe però lo fecero sorridere.
Avanzò cercando di fare il meno rumore possibile anche se non sarebbe servito a niente con quel Gramo che sentiva suoni e odori quasi più di Remus.
Quando girò attorno ad uno degli infiniti tronchi d’albero coperti per metà dal muschio si accorse del grande cane nero, seduto e fermo poco distante da lui, che gli dava la schiena. Le orecchie pelose spostate all’indietro, nella sua direzione, come ogni volta che faceva finta di non essersi accorto che lui era lì, che era andato a cercarlo ancora una volta. La folta coda scodinzolante lo tradiva bellamente e James non riuscì a non ridere in silenzio sotto al Mantello.
Fece un passo per avvicinarsi a lui ma Felpato fu più veloce e voltandosi con una mezza piroetta gli saltò precisamente addosso nonostante l’invisibilità.
Ogni volta che Sirius non riusciva a sopportare le troppe emozioni negative che lo assalivano un giorno sì e uno no, si trasformava in Felpato e tutto si faceva più semplice. James l’aveva imparato da anni e aveva imparato anche a lasciarsi schiacciare, sbavare, leccare e mordere; a grattargli dietro le orecchie in un punto preciso, a trasformarsi in Ramoso quando Felpato aveva bisogno di correre per sfogarsi e anche a rimanere il solito James per poter parlare. Quella era la volta di trasformarsi in Ramoso perchè, senza smettere di scodinzolare, Felpato aveva saltato in mezzo alla neve abbaiandogli contro, giocoso.
James non aveva idea di queli pensieri stessero disturbando quel sacco di pulci ma con uno schiocco e l’intenzione di riservagli tutto il tempo che gli aveva tolto decidendo di ascoltare Lily, si ritrovò a quattro zampe come lui.
 
 
 

 

*



 

 
 
«Quando arriva?»
«Calmati, Peter. Sarà andato a cercare Sirius, lo sai come sono quei due»
«Perchè, che è successo a Sirius?»
«Si è offes...»
«No, anzi, non raccontarmi niente adesso. Potrei dimenticare tutto quello che hanno detto i Serpeverde»
«Scrivilo su un foglio o dillo a me, stai tranquillo».
 Remus, in piedi a braccia conserte davanti ad un Peter a dir poco agitato che vagava per la camera dei Malandrini come un’anima in pena, non riusciva a spiegarsi il ‘Peggio di Sirius al quinto’.
Qualcosa di peggio di Sirius quando si era rinchiuso nella Torre di Astronomia per una lunghissima notte dopo lo scherzo al Platano era davvero grave. Provò, davvero, a pensare a qualcosa di così tanto drammatico da accostare al Quidditch ma a parte un’ipotetica bomba negli spogliatoi ai prossimi allenamenti non trovò molto altro. Ingigantire i problemi della squadra era roba da ossessionati e fanatici, roba da James. Non era raro vedere Peter con gli occhi fuori dalle orbite per qualcosa ma in quel momento metteva un certo disagio.
«Dov’è la Mappa? Andiamo a cercarli, Remus!» squittì Peter camminando più velocemente per cercare la Mappa del Malandrino nei vari letti.
Remus sospirò. «Davvero non puoi aspettare, Pete?» gli chiese, sentendo la preoccupazione aumentare. «Ma è qualcosa che riguarda il Quidditch o altro?» Altro come ‘Caccia ai Nati Babbani di questa scuola’.
Lo vide bloccarsi, senza fermare le piccole mani che si torturavano l’una con l’altra, il sudore sulla faccia aumentò e Remus non ebbe bisogno di risposte. Sciolse l’intreccio delle braccia dal petto e lo aiutò a cercare la Mappa che, dopo essersi quasi rotto l’osso del collo inciampando sulla scopa di James, Peter trovò dentro il baule di Sirius.
«Giuro solennemente di non avere buone intenzioni» disse Remus osservando l’intero Castello circondato dal Parco apparire sulla pergamena sotto la punta della sua bacchetta di cipresso.

Peter la aprì frettolosamente facendo scorrere lo sguardo in ogni angolo, scala, aula, Sala e cortile.
«Niente!» commentò, contrariato.

«Non credo siano a Hogsmeade» esordì Remus osservando con attenzione il passaggio sotto la Strega Orba.

Peter riprese a camminare nervosamente per la stanza. «La Foresta allora» mugugnò «Avremmo dovuto disegnare anche tutta quella! Hai visto che serviva?»

«O la Stanza delle Necessità» lo interruppe Remus fissando la parte vuota al settimo piano, tra ghirigori e linee precise. «Non siamo ancora riusciti a disegnarla, potrebbero essere anche lì. Il punto è che se ci sono già loro noi non possiamo entrare, quindi...»

«Io provo nella Stanza delle Necessità!» si offrì Peter per niente voglioso di uscire nella neve e a quell’ora.
Remus scosse la testa e riposando gli occhi sulla Mappa vide i nomi di James e Sirius muoversi sulla carta, appena fuori dalla Foresta.
«Li avrei trovati io, a quanto pare» ridacchiò indicando all’amico i due cartigli diretti verso il castello.


 
 

 

*

 
 


 
«Ehi». Lily si lasciò cadere, stravolta, sul divano dove Liv aveva cominciato i difficilissimi compiti di Trasfigurazione  anche se la difficoltà principale del momento era cercare il gusto fragola tra le centinaia di gelatine allo schifo.
«Mh» la salutò con i denti incollati dalla caramella che di fragola aveva solo il colore. Avrebbe volentieri voluto vomitare mentre il sapore di rapa le invadeva la lingua, ma anche chiedere alla sua migliore amica dove aveva perso il cervello prima di Pozioni.
Lily sembrò decifrare il suo sguardo interrogativo e sbuffò sistemandosi sui cuscini, gettando alle spalle con un gesto nervoso i lunghi e annodati capelli rossi. Quando il fiatone si placò, prese parola.
«Avevamo ragione» bisbigliò, serissima, fissando negli occhi Liv che rimase però impassibile mentre cercava di staccarsi la gelatina dai denti con la lingua.
«Avevamo ragione?» riuscì a dire lei, gettando quel dolce malefico al fuoco.

«Quindi tu sei una pazza?»
«Liv»
«Perchè rincorrere James e stare con lui a parlare per...» lasciò la frase in sospeso afferrando il polso di Lily con l’orologio per guardare l’ora. «... un’ora, ti sembra una cosa da Lily sana di mente?»
Lily liberò il braccio, spazientita. «Mi serviva chiedergli una cosa da Caposcuola a Caposcuola»
«Oh, sì, certo» commentò Liv sarcasticamente.«Basta bugie, Lily» la rimbeccò severamente.
«Gli ho chiesto il Mantello in prestito»
«Cosa?!»
«Non fare quella faccia stranita. Mi serviva per spiare Edgar e Marlene»
«E lui te l’ha dato?»
«Li abbiamo spiati insieme».
Se prima Liv aveva assunto una faccia stranita, adesso Lily temeva stesse per rimanere senza occhi da quanto li aveva spalancati.
«E sei ancora viva» constatò incredula Liv squadrandola da capo a piedi prima di spalancare ancora di più gli occhi scuri. «Lui è ancora vivo?» chiese, e Lily le diede un pugno su una coscia che la fece ridere almeno fino a quando Mary non sbucò dal ritratto con un fazzolettino sporco di sangue poggiato sul labbro. La videro fare lo slalom tra poltrone occupate e vuote, e quando arrivò da loro notarono i suoi occhi nocciola brillanti come non mai.

«Sono nati!» esclamò entusiasta poggiando la mano libera sulla spalla di Liv per scuoterla. «Sono nati e sono belliss... ahi!» Si pigiò il fazzoletto sulla faccia e Lily le fece segno di avvicinarsi per farsi curare, come ogni volta.
«Oh, dovete vederli! Sono così piccoli... e delicati! Con Kettleburn abbiamo subito nascosto i pezzi d'uova d'argento, Lumacorno non ci metterà molto a scoprire che sono nati*...»
«Mary, se parli come faccio a fermarti questa fontana di sangue?»
«Sì, ok, sto zitta. Però sbrigati perchè devo raccont...»
Liv rise vedendo Lily tapparle la bocca con il fazzoletto prima di avvicinare la bacchetta al labbro spaccato. Non capiva perchè mai non aveva pensato di zittirla senza violenza, magari con una domanda semplice ma d’effetto come «Sai che la nostra Lily è stata, di sua spontanea volontà, sotto il Mantello dell’Invisibilità con James?»
Come immaginava, Mary non aprì bocca e Lily sollevò gli occhi verdi al cielo.
«E soltanto dopo averlo rincorso per metà corridoio dei sotterranei... dall’aula di Pozioni fino alle scale».
Mary continuò il suo mutismo, strizzando gli occhi nocciola non dal dolore per la ferita, ormai quasi rimarginata.
«Ok, Liv, basta» sbottò Lily accertandosi che il taglio fosse completamente chiuso. «Non vi interessa più sapere cosa nascondono Edgar e Marlene?»
Fu la volta di Liv di stare zitta, almeno per qualche istante.
«Avete scoperto qualcosa?» chiese, improvvisamente seria. Lily annuì con la testa.
«Sul serio?» domandò Mary allargando gli occhi. Lily annuì di nuovo mentre con la coda dell’occhio vide James e Sirius entrare in Sala Comune. Anche James le lanciò un’occhiata prima di attraversare la sala e seguire Sirius sulle scale a chiocciola.

«Che voleva, Evans?» chiese Sirius osservando il leggero sorriso da imbecille di James. L’aria da idiota c’era tutta, forse anche più del suo solito, ma qualcosa sembrava illuminargli gli occhi in un modo nuovo.
Le curva delle labbra di James si aprì scoprendo i denti, e la luce da svitato negli occhi nocciola si intensificò. Bene, è questo che succede quando si ignora Sirius Black.
«Che cosa cavolo è successo, demente?» gli domandò ancora una volta.
Aveva forse fallito? La lista anti-rimbeccillimento aveva fallito? Quel Troll che aveva davanti aveva sgarrato.
Quasi gli dispiacque vedere James ridotto in quello stato, almeno fino a quando non misero entrambi nello stesso momento un piede sul pianerottolo per dirigersi verso la loro stanza e James gli fece la grazia di aprire bocca.
«Avevi detto che non ti interessava sapere dei reggiseni di McKinnon e delle preferenze sessuali di Bones, Sirius, quindi... che vuoi?» rispose James in uno dei suoi ghigni da stropicciare senza pietà  con una mano aperta davanti a quel muso di erbivoro che aveva come faccia. Cosa che Sirius fece.
«Cretino, mollami!»
«Che c’entrano quei due con Evans?»
James rise, piegato in due da un gomito di Sirius a metà schiena. Ingobbiti, passarono davanti alla porta aperta dei ragazzi del sesto anno da dove Harrison lanciò loro una palla di pergamena. Raggiunsero la loro camera con la voce in lontananza di Alan Morgan che li apostrofava scherzosamente come ‘Figli della Strega Orba!’.
«Io e Lily abbiamo scoperto qualcosa sul segreto con Silente. Io e Lily che mi chiama James» rise James aggrappandosi alla maniglia della loro porta. Sirius cercò di trattenere una risata ottenendo come risultato un ridicolo soffio che spruzzò di saliva le lenti degli occhiali dell’amico.
«Certo, James. Il segreto con Silente, Evans che ti chiama James, tu che chiami lei Lily senza ritrovarti a pezzi e questa estate alla Coppa del Mondo di Quidditch* ci andremo come giocatori della Nazionale e non come spettatori».
Il gomito pigiò di più sulla schiena e James abbassò completamente la maniglia, aprendo la porta.
«SIAMO MESSI PEGGIO DI GAZZA  AL SECONDO ANNO E DI SIRIUS AL QUINTO!»
Forse aveva sbagliato porta. Tutto, si sarebbe aspettato di tutto fuorchè quell’urlo che l’aveva pietricato sull’uscio all’istante.
Magari, la testa di Remus che sbucava da una montagna di libri, approfittando del silenzio per farsi mandare in pappa il cervello; Peter mezzo nudo dopo la doccia o steso a terra a cercare di fare addominali sopra un tappeto di cartacce di Gomme Bolle Bollenti.
Ma non la faccia enorme e rossa a pochi centimetri di distanza dal suo mento, l’urlo disumano e Remus che si mangiava le unghie seduto sul suo letto libero da compiti, temi e appunti.

«Allora» esordì Sirius spingendo da un lato James per entrare in stanza. «Iniziamo con le Caccabombe pronte ad esplodere o con un presunto suicida sommerso dai sensi di colpa?»
«Presunto suicida»
«Non dire scemenze, James. Caccabombe»
«Caccabombe anche secondo me, Remus»
«Oh, dai, Felpato! Prima il peggio! No?»
«No, James, se prima senti il peggio non sarai concentrato per il meno peggio dopo»
Ed ecco che Remus ha sempre ragione come se fosse un saggio di centoventi anni.

«Vai con le Caccabombe, Pete».



La camera di Regulus Black e dei suoi coetanei maschi Serpeverde era perfettamente in ordine, pulita e senza neanche un pezzetto di cibo sotto ai letti.
I poster sgargianti delle squadre di Quidditch o di qualche gruppo musicale magico facevano a pugni con l’atmosfera lievemente cupa data dei pesanti drappeggi color smeraldo sui baldacchini e dalla luce verdastra che entrava dalle finestre accarezzate sinuosamente dalle alghe.
Soltanto la parete di Regulus, tappezzata da uno stendardo dei Black disegnato da lui appariva fredda come l’ambiente. La squadra verde e argento, seduta sparsa sui i letti, rideva dopo una battuta di chissà chi. 
«Spintoni e gomitate, ovvio» ghignò Butler dando una leggera spallata a Montague che annuì, ridente. 
«Non servono con Potter» esordì Barty Crouch che Regulus appoggiò, sovrastando le voci degli altri cinque giocatori.
«Infatti. Per questo dobbiamo puntare a colpire Smith, la nuova Cacciatrice, e Morgan. Indebolire la catena che fa avanzare Potter. Inizieremo quindi con lo schema numero cinque esattamente quando loro metteranno in pratica il due e cioè a metà partita, come ci ha detto la nostra spia»
«Lo schema numero cinque, Reg? Quello dell’anno scorso che li ha praticamente spiazzati per dieci minuti di fila?» chiese in tono derisorio Parkinson, seguito a ruota da altre risate divertite.


«Sì, sì ho capito quale... non c’è bisogno che rigiri il coltello nella piaga, Pete. Poi?»


«Appena Mulciber tornerà da Pozioni gli dirò di continuare ad allenarsi per migliorare quel rovescio con la mazza. Se riesce a farlo alla partita, Harrison in confronto sarà come un Babbano in mezzo ad un duello di bacchette»
«Reg! Io, Barty e Butler allo schema numero cinque possiamo aggiungere l’attacco a due per bloccare Smith prima che faccia quel suo nuovo passaggio che gli idioti credono sia segreto?»

 

«COSA!?»
«Non ho idea di come facciano a saperlo, James»
«MA HO PARLATO DI QUEL PASSAGGIO A DAISY SOLTANTO IERI E QUI, IN QUESTA STANZA! COME CAZZO HA FATTO LA SPIA AD ENTRARE QUI!? É PER CASO UN ANIMAGUS ANCHE LEI!?»
«Non parlano mai della loro spia e non si vede nemmeno. Ma credo sia Regulus quello che la incontra perchè Montague gli ha detto...»

 

«Per il loro prossimo allenamento ordinagli anche di far cadere qualcuno dalla scopa o di incantare un bolide contro Potter»
«E McAdams, Reg? Se l’è cavata con Stevens. Farà la stessa cosa con te»
«A quella ci penso io. Basterà stuzzicarla quanto basta per farla esplodere... sarà un attimo e Madama Bumb la espellerà dal campo»

 

«VAFFANCULO! VAFFANCULO! VAFFANCULO!»
Peter si irrigidì  davanti a James che gli aveva urlato contro come se Regulus fosse lui.
«James» lo riprese infatti Remus, entrambe le sopracciglia castane inarcate. James scosse la testa passandosi entrambe le mani sui capelli scompigliati.
«Scusa» sospirò, cercando di calmarsi «L’importante è sapere queste cose in tempo. Ottimo lavoro, Pete! Posso sempre contare su di te» lo elogiò con sincera gratitudine.
Peter si gonfiò d’orgoglio lasciandosi abbracciare e dare una pacca sulla schiena che però James fece durare poco. Aveva chiaramente notato lo sguardo di Sirius che si era oscurato.
«Che c’è, Felpato?» gli chiese vedendolo stringere la mascella con le labbra chiuse.
«’Ordinagli’» mormorò pensieroso lui. «Sei sicuro che Montague ha detto così, Peter?»

Peter annuì con vigore.
«Potremmo usare la Mappa per scoprire chi è» esordì Remus facendo calare il silenzio nella stanza. A volte James si faceva prendere dalla rabbia o dall’entusiasmo eccessivi che lo rendevano praticamente cieco davanti ai problemi, anche con quegli occhiali enormi al loro posto sul naso.
«Quanto siamo stupidi?!» commentò infatti il Capitano, atterrito.
Peter cominciò a mangiarsi le pellicine delle unghie cercando di non lasciarsi distrarre dalla situazione. Aveva ancora negli occhi le facce illuminate da una luce diabolica di Avery e Mulciber che, visti dal basso in versione topo, apparivano dei giganti ancora più minacciosi del solito.
«Voi. Io ve lo propongo da metà del quinto anno, da quando abbiamo i nomi di tutti che calpestano ad ogni ora la Mappa» fece Remus, ridendo davanti alla faccia allibita di James.
«Ma ormai non ci serviva più, la partita era a Novembre» spiegò, allargando le braccia per sottolineare l’ovvietà. «Al prossimo allenamento, Remus, starai sugli spalti con la Mappa e tu, Codaliscia, nella Sala Comune di quei serpenti. Il nome di questo bastardo verrà fuori, in ogni angolo del campo o del cielo che sceglierà per nascondersi!».
«‘Ordinagli’...» sibilò impercettibilmente Sirius, con ancora lo sguardo pensieroso fisso sul pavimento.  James parve sentirlo ma il balbettare di Peter lo preoccupò non poco.
«Posso... posso dire adesso l’altra cosa?» chiese Peter, desideroso di liberarsi da quel peso enorme. James e Remus annuirono.


 

 

«Avanti! C’è bisogno di bussare così forte? E questa è una riunione della squadra» sbottò Regulus osservando Avery fare capolino dalla porta.
«Avete finito?» chiese, e Regulus fece per negare; quando vide l’amico più grande tirare fuori dalla tasca del pantalone della divisa un pezzetto di lettera dall’aria importante, cambiò subito idea. 
«Sì, abbiamo finito. Ci vediamo venerdì alla stessa ora per gli allenamenti, ragazzi»
Cinque paia di enormi scarpe calpestarono il tappeto verde ricamato d’argento, per uscire in corridoio. Soltanto tre andarono 
verso la porta dei ragazzi del settimo anno.

«La ceralacca dei Malfoy?» chiese Regulus mentre Avery entrava velocemente in stanza frugandosi le tasche, Barty Crouch alle calcagna.
«Esatto. Lucius» disse sottovoce, tirando fuori la busta da lettera dall’aria sofisticata. Tutt'e tre restarono a guardarla senza dire una parola. Avery controllò l’orologio d’oro che aveva al polso e poi i due baldacchini di Severus e Mulciber, vuoti.
«Potrebbe essere l’invito alla festa di fidanzamento con mia cugina. A me è arrivata quella di Narcissa stamattina» ipotizzò Regulus, deciso a non farsi illudere.

 

«Puzzasottoalnaso si è fidanzata ufficialmente con quello?» commentò Sirius, schifato. Non aveva ricevuto nessun invito, nessuna lettera. Invece di sentirsi offeso, un senso di libertà che lo dissociava totalmente da quella famiglia lo fece sorridere quasi quanto Ramosa prima.
«Merlino li fa e poi li accoppia» aggiunse James , leggendogli nel pensiero.

 

«Oppure è la lettera che aspettavamo da mesi» disse Avery; le mani quasi gli tremavano mentre cercava di trattenersi dall’aprire la busta. «Mio padre e il signor Mulciber non possono inviare lettere. Mio padre dice che sono controllati e che spedirci un gufo qui sarebbe come mandare una richiesta di soggiorno per Azkaban. In questa lettera c'è sicuramente anche qualcosa solo per me e Mulciber»
«Aspettiamo tutti gli altri, Avery, tutti» 
«Non la sto aprendo, tranquillo»
«Aspetta... hai sentito?»
«Cosa?»
«Uno squittio di topo»
«Cosa saresti insinuando, Regulus? Che questa camera è sporca?»
«Non intendevo questo. Ho soltanto sentito un...»

«Sono in ritardo per la riunione con la squadr... ah, Reg, sei qui?» esordì Mulciber entrando in dormitorio con la tracolla in spalla.
Avery sventolò la lettera come se fosse stata una bandiera e gli occhi dell'ultimo arrivato s'illuminarono all’istante.
«Severus?» chiese Regulus allungando il collo verso la porta, aspettando di vedere anche l’altro Serpeverde. Mulciber scosse la testa.
«Lumacorno l’ha fermato a fine lezione. Credo sia finita la pacchia per il nostro Prefetto disubbidiente» cantilenò, mellifluo.

 

«C’entri qualcosa James?» chiese Remus con una punta di perplessità nella voce. James si portò l’indice davanti al naso facendo segno di lasciar continuare Peter. Remus non potè fare a meno di pensare che c’entrasse eccome.

 

Aspettarono un bel po’- sentendo ogni tanto degli strani rumori sotto ai letti o dietro ai bauli- prima di vedere Piton entrare come una furia, gettando borsa e libri sul comodino che per poco non mandò a fuoco quando dalla bacchetta uscirono delle scintille rosse non di poco conto. Gli occhi spalancati di tutti gli misero ancora più fastidio e senza dire una parola si chiuse in bagno sbattendo al porta.
«Severus, finiscila di fare il disperato e vieni qui. Abbiamo La lettera» lo richiamò Mulciber.
Avery aveva già rotto il sigillo con lo stemma dei Malfoy quando Piton riaprì lentamente la porta cigolante.
Un breve zampettare sul pavimento si percepì chiaramente nel totale silenzio colmo d’attesa e agitazione ma nessuno sembrò accorgersene. Avery aveva un sorriso che si allargava ogni secondo di più di lettura.
«Allora?» chiese Barty, fremente. 

«Durante le vacanze di Natale a Diagon Alley, per Piton e Regulus. Regulus, tua cugina ha già fissato un incontro» disse semplicemente Avery, tutti sembrarono rabbrividire.



Peter scoccò un'occhiata furtiva a Sirius, sentendosi addosso il suo sguardo profondamente attento e cupo da far paura. Sapeva che quella parte del discorso l'avrebbe colpito: gli tremavano i pugni ai lati delle gambe. James gli fece segno di continuare a parlare, e Peter continuò.



«É troppo presto» esordì freddamente Piton senza scomporsi più di tanto, ma gli altri non sembravano pensarla come lui.
«Non ci stiamo mica infilando il cappuccio in testa, Severus» disse Regulus. «Vuole soltanto conoscerti, non sei figlio o nipote di Mangiamorte. Il Signore Oscuro ammette poche eccezioni alla sua regola di reclutare, per la sua cerchia ristretta, qualcuno già facente parte di una famiglia del giro. Deve conoscerti prima di farti entrare tra le persone più vicine a lui anche se hai Avery, Mulciber e Lucius come garanti. Non si fida, non è sprovveduto». 




«Bellatrix ha fatto un lavoro eccellente con lui, a quanto vedo» commentò Sirius, gelido. «Anni e anni di tè delle cinque a casa nostra per arrivare a... questo». Peter, inchiodato dal suo sguardo inquietante come se fosse stato lui Bellatrix Lestrange, guardò James sistemarsi gli occhiali sul naso col volto ombroso. Remus si schiarì la voce, distogliendo gli occhi preoccupati da Sirius sempre meno controllato.
«Vai avanti, Peter» disse, pacato.



«Non è questo il punto, Regulus»
«No, il punto è questo, Severus: tu non vuoi, loro sì. Quindi pensa per te senza bloccare loro» lo liquidò bruscamente Avery che stringeva tra le dita un'altra pergamena come se fosse la sua stessa vita, evidentemente la lettera nascosta di suo padre. Dalla busta con la ceralacca dei Malfoy ne prese un'altra, infatti, consegnandola a Mulciber.
Piton indurì le labbra.
«Perchè non sei sicuro, Severus?» gli chiese Regulus, un sopracciglio nero arcuato. 
«Mi serve ancora del tempo per pensare...»

«Ma a cosa devi pensare?» lo attaccò di nuovo Avery, incredulo. «Con lui, fuori da qui sarai un privilegiato! Non immagini il potere che avrai tra le mani! E ci si diverte un mondo! Mio padre, ogni volta che torna da una missione, me ne racconta di ogni! I babbani sono proprio degli spassosi imbecilli!»
«E non ti dovrai preoccupare di Dissennatori, Giganti, Lupi Mannari... li stanno convincendo! A fine anno scolastico saranno completamente nostri alleati!» aggiunse Mulciber distogliendo lo sguardo divertito ed acceso dalla sua pergamena personale. «Mio padre quest'estate aveva un Lupo Mannaro che gli faceva da spalla, stile animaletto domestico».

 

Peter fermò un attimo il discorso, sentendo lo sguardo attento di Remus farsi più intenso su di lui.

 

«Ho detto che voglio ancora pensarci» 
«Pensi troppo, Severus, per Merlino!» lo rimproverò Mulciber. «Se non ti sbrighi, Lui potrebbe non accettarti più»
«Sul serio?!» si inserì, angosciato, Barty. «Io voglio farne parte! Voglio fare qualcosa anch’io!»
«Lucius ha esplicitamente detto che il Signore Oscuro continuerà ad arruolare seguaci senza dare nessun limite di tempo» ricordò Piton.
«Giusto. Più si è meglio è, no? Arriverà anche il tuo momento, Barty» lo tranquillizzò Avery con frose un po' troppa leggerezza dato che il quindicenne lo fulminò con uno sguardo cupo segretamente sfidante.
«Ma adesso è il tuo, Severus» riprese Avery in un sussurro concitato Fatti conoscere dal Signore Oscuro e sono certo che apprezzerà il tuo innato talento con la Magia Oscura e...»
«Gli anni in cui starò qui a scuola mi serviranno come prova» lo interruppe Barty con un certo tono arrogante. «E so già cosa fare».

 

«Sentiamo, cos'avrebbe intenzione di fare la promettente mascherina?» sbottò James sentendo di averne già abbastanza di tutti quei discorsi su Arti Oscure e il voler essere Mangiamorte.

 

«La Camera dei Segreti»
«La cosa?»
«La Camera dei Segreti, Mulciber. Non avete letto Storia di Hogwarts?»

 

«Pure le leggende adesso» commentò ridente Sirius «Mancano le Profezie e siamo a posto. Il circolo dei fuori di testa è ufficialmente aperto, signori. Tutti i martedì sera, dopo quello di Sparaschiocco».
James e Remus risero apertamente, Peter però rimase più serio che mai.

 

«Non esiste, è una leggenda» fece Piton, sicuro.


«Da quando Mocciosus ha un neurone?» rise James, prolungando le risate nella stanza dei Malandrini.

 

«Non proprio, Severus. Mio padre, anni fa, mi ha detto che esiste» s'intromise Avery osservando Barty con la sua solita aria superiore e sospettosa nei suoi confronti, ma forse divertito e incuriosito da quella sua uscita. «Mi ha raccontato che è già stata aperta una volta, quando lui era qui a scuola* e che in quell’occasione è morta una Sanguesporco. Non mi ha voluto dire altro, ma esiste» mormorò Avery sollevando con orgoglio un angolo del sorriso.

«Mio padre non mi dice mai niente» sbottò invece Mulciber con un certo fastidio ad incrinargli la voce. «L'unica cosa che fa è farmi esercitare con la Maledizione Imperio fino allo sfinimento».
«E che cosa vorresti fare, Barty?» chiese Piton in tono per niente convinto. «Cercarla? Ho letto Storia di Hogwarts, prima di te, e anche se la trovassi non potresti entrarci... o credi di essere davvero l’erede di Salazar Serpeverde?»

 

Peter notò quanto il sopracciglio di Remus fosse identico a quello di Piton un’ora prima. James e Sirius invece si sbellicarono dalle risate, piegati l’uno sull’altro.

 

«Perchè no, Severus? Tu non potresti esserlo di certo, ma io sì. Io faccio parte delle Sacre Ventotto»
«Ancora meglio, io o lui» tenne a precisare a tono Avery, indicando col pollice Mulciber, sorridente al suo fianco. «Magari è stato proprio uno dei nostri padri a farlo, l'ultima volta. Quindi potremmo esserlo benissimo. E se Barty crede di poterla trovare, non sarò di certo io a fermarlo»concluse, forse mettendolo alla prova.
Il sopracciglio di Piton si arcuò ulteriormente mentre Barty sorrideva, così rosso in viso da nascondere le sue lentiggini.
«Possiamo provarci, ma dopo? Non sappiamo cosa c’è là dentro. Oro? Pozioni miracolose?»
«Un mostro, Mulciber» rispose Barty, nella voce c’era rinnovata baldanza per gli occhi ridenti di Avery ancora su di sé. «Di certo, trovare ed aprire la Camera dei Segreti mi toglierebbe del tutto l'ombra di mio padre di dosso».
Regulus sospirò prima di aprire bocca. «Ti ho detto che ci sto pensando io a te, Barty, parlo sempre di te a Bella»
«Ma non l'hai ancora convinta» ribatté il quindicenne «Così come non ho convinto del tutto voi, soprattutto da quando mio padre ha dato agli Auror il permesso di uccidere! Lo vedo nelle vostre facce, non sono stupido. E sappiate che lui non si fermerà, è sempre più pazzo. Svegliati, Regulus, sono quello messo peggio tra voi! Tua cugina non si fiderà mai come non si sono mai fidati Rosier e Wilkies fino all'anno scorso! Nessuno si fiderà mai di me se direte soltanto che farò la spia per loro da dentro il Ministero! Sono il figlio del fottuto Capo delle Forze dell'Ordine Magiche, nemmeno io mi fiderei! Devono, dovete, potermi credere davvero e liberare un mostro che obbedisce soltanto all’Erede e che ha lo scopo di liberare la scuola da tutti coloro che non sono degni di studiare la magia credo che possa convincerli abbastanza».
Gli occhi di Mulciber si accesero, emozionati come se avesse avuto davanti il suo piatto preferito dopo settimane di digiuno.

«Sarebbe perfetto per la causa, non solo per Barty» sussurrò guardando Avery fissare il più piccolo, come se stesse soppesando la sua idea.
«Questa scuola è praticamente sigillata e isolata dal resto del mondo» riprese Barty, eccitato. «Con quel rimbambito di Silente e le sue protezioni, il Signore Oscuro non può neanche avvicinarsi. Ma noi ci siamo dentro, possiamo fare il Suo volere anche qui! Ripulire anche questa scuola come sta facendo Lui, là fuori».


 


 


«Pete» esordì James con le lacrime agli occhi, cercando di restare serio mentre le risate di Sirius e Remus continuavano a contagiarlo. «Questo secondo te è come Sirius al quinto anno?».
Peter boccheggiò, aggrappandosi alle sue stesse mani. «Be’... be’, non è una cosa pericolosa?»
«Non è una cosa possibile, Peter! Non lo è» gli rispose Remus tra una risata e l’altra.
Peter aggrottò le sopracciglia biondicce, per niente d’accordo con loro. In quella stanza, i Serpeverde  erano sembrati tutti così sicuri di riuscire nell’impresa. A parte Piton che era rimasto in silenzio per tutto il resto del tempo.
Sirius gli andò vicino per poggiargli una mano su una spalla.

«Grazie, Pete, per questo quarto d’ora di male alla pancia» fece, in un sorriso divertito e soprattutto sincero, raro da vedergli quando si parlava di Regulus.
«Ma, veramente...» provò a dire lui sentendo un’altra mano sulla spalla libera. Era quella di Remus che non rideva più di cuore ma aveva ancora il sorriso sulle labbra pallide.
«Peter, stai tranquillo. Anche se sotto ai nostri piedi ci dovesse essere uno scantinato con un mostro affamato di Nati Babbani e ‘Ibridi vari’ dentro, quelli lì non riuscirebbero ad aprirla neanche se prendessero tutti i poteri di Silente. Altrimenti Silente stesso avrebbe fatto qualcosa a riguardo»
«Ma Silente non è l’Erede di Serpeverde. Avery e Mulciber invece potrebbero» farfugliò Peter facendo scoppiare a ridere di nuovo gli altri tre.
«Ma dove vorranno andare» fece Sirius gettandosi sul suo baldacchino a peso morto «se nemmeno tutti insieme valgono una manciata di moscerini in mezzo all’esercito di Mangiamorte già ‘fedeli’ a quel pazzo, da anni!»
Il tono canzonatorio faceva a cazzotti con il suo sguardo puntato sugli occhi nocciola di James che percepì chiaramente tutta la speranza che Sirius stava riponendo nelle sue stesse parole. L’ombra di Bellatrix aleggiava in quello sguardo palesemente angosciato.
«Parliamo di cose possibili invece» esclamò James servendo a Sirius la battuta liberatoria.
«Possibili quanto Evans che ti chiama James?» abboccò all’amo, infatti, lui e questa volta scoppiò a ridere anche Peter facendo il giro del suo letto per recuperare dal comodino di Remus una delle venti Cioccorane che, come sempre, James gli aveva regalato per riprendersi dalla Luna Piena.
«E non è finita qui!» continuò Sirius portandosi le mani dietro la testa comodamente poggiata sul cuscino «James ha scoperto il ‘Segreto con Silente’ e la sua boccuccia innamorata può finalmente pronunciare il nome Lily senza spaccarsi sotto ad un pugno».
«James, dai». Remus scosse la testa, totalmente scettico. James era il senso dell’umorismo fatto a persona ma adesso stavano rasentando il ridicolo.
«Ce l’ho io una cosa possibile» affermò  allentandosi la cravatta rossa e oro. «Liv sa che sono un Lupo Mannaro».
Altre risate riempirono la stanza che cominciava a diventare buia per via del tramonto.

«Ma vi siete tutti ubriacati a mia insaputa?» chiese Sirius, teatralmente offeso.
«Guardate che è la verità» ripetè Remus diventando serio. Il suo suo viso rilassato contagiò gli altri.
«Non stavi scherzando, Lunastorta?»
«No, James, non stavo scherzando. É successo prima in Sala Comune»
«Come?»
«Mi ha semplicemente chiesto se sono un Lupo Mannaro. Io le ho detto di no e lei ha minacciato che l’avrebbe detto a tutti lanciandomi petali di Aconito addosso se avessi continuato a mentire» spiegò Remus sentendosi leggero con incredibile semplicità, la stessa che aveva usato Liv.
Sapeva che lei non avrebbe mai gridato in Sala Comune la notizia, tantomeno avrebbe lanciato Aconito perché era stata lei ad allontanarglielo in aula di Pozioni. Quel suo modo di fare l'aveva divertito a dispetto della pesantezza del suo segreto svelato e solo in quel momento Remus si accorse che forse era stato proprio quello l'intento di Liv.
A Sirius scappò un sorriso divertito, negli occhi grigi intensi qualcosa baluginò e Remus non ci lesse sorpresa, ma con sorpresa da parte sua percepì un chiaro affetto muoversi in quelle iridi come se fossero posate su Liv. Peter, invece, non riuscì a chiudere la bocca dalla sorpresa.
«E ti ha per caso detto di non avvicinarti più a lei o di darti fuoco?» chiese sarcasticamente James, la labbra sollevate in una mezza risata. «Mi pare di no, sei tutto intero e stati sorridendo. Quindi perchè non lo dici anche a Macdonald?»
L’ultima domanda gli costò una Cioccorana in piena fronte.
«Magari l’hai fatto rinsavire, Lunastorta» si augurò Sirius guardando James sfregarsi la fronte con sguardo orripilato.
«Se mi lascia la cicatrice» minacciò la vittima occhialuta «ti unisco quelle che hai tu come quel gioco dei puntini sui cruciverba di Sirius, Remus! E lo farò in modo tale da formare la parola “Sono un Imbecille”!».
Remus per risposta rise apertamente lanciando un’altra Cioccorana a Peter che gradì come non mai.
 «E passiamo alle cose serie» aggiunse James facendo sorridere gli altri.

«Il Segreto con Silente»
«Santissimo Merlino»
«Tappati la bocca, Sirius»
«James, davvero, si può sapere perchè continui ad attaccarti a questa storia?»
«Devo davvero chiamare Lily, Remus? O farvi i disegnini? Pete, aiutami a rubare una lavagna perchè un foglio con voi non basta».
Remus perse il sorriso, lasciando posto ad un espressione sconcertata. ‘Devo davvero chiamare Lily?’ l’aveva detto con una tale naturalezza da sembrare reale.
«Che cosa ti voleva dire Lily prima?» chiese, cauto. Lo guardò mettersi le mani in tasca, facendo spallucce, con gli angoli delle labbra che cercavano di sollevarsi a tutti i costi. Aveva fatto di sicuro qualcosa ma qualcosa di decisamente diverso dal solito.
«Sei ridicolo» appurò in tono canzonatorio Sirius rivolgendosi a James che, con sua sopresa, gli fece il dito medio indietreggiando verso la porta senza staccargli di dosso lo sguardo colmo di sfida. Quando lo vide sparire in corridoio, tutti e tre si alzarono di scatto dai loro posti per seguirlo di corsa.




 


 


 


 

*


 


 


«Un gruppo segreto?»
Lily annuì a Liv per l’ennesima volta, incitandola ad abbassare ancora di più la voce anche se la Sala Comune cominciava a svuotarsi per la cena.
Sovrappensiero, Liv raccolse le uniche gelatine con un sapore decente che aveva messo da parte su un fazzoletto per non mischiarle di nuovo allo schifo che c’era nel pacchetto e se le mise in bocca.
Era indecisa. Credere a quella notizia significava spianare la strada tortuosa e buia che in estate aveva deciso di prendere dopo Hogwarts.
Suo padre le aveva detto più volte che combattere da sola non sarebbe servito a niente se non a farsi ammazzare nel giro di due giorni. Ma così, se davvero esisteva questo ‘esercito nascosto’, era fatta. Suo padre magari avrebbe cambiato idea, avrebbe perfino smesso di alzarsi alle due di notte per leggere scartoffie su scartoffie che parlavano della sicurezza magica in America, Australia o Francia per capire quale delle tre fosse la migliore.
Dal volto di Mary era sparita qualsiasi traccia di entusiasmo per i cuccioli di Occamy.
«Hai detto: un gruppo per combattere Tu-Sai-Chi con a capo Silente?»
«Da quel che ho capito sì, Mary, ma per saperlo con certezza dobbiamo fermare Marlene e Edgar a Hogsmeade...»
Lily esitò un attimo ma dopo qualche istante si decise a specificare anche con ‘chi’ l’avrebbero fatto.
«Fermare Marlene e Edgar insieme a Potter, Black, Pete e Remus, ovviamente».

Almeno, le era sembrato che James avesse intenzione di farlo, di scoprire qualcosa in più sulla possibilità di partecipare attivamente alla guerra.
La cosa l’aveva da subito colpita e, ripensandoci, le aveva fatto dimenticare anche Piton e il ‘Buon motivo’.

James aveva davvero intenzione di difendere, rischiando la sua vita, una categoria di persone di cui lui non faceva minimamente parte quando avrebbe potuto benissimo starsene a casa sua protetto dal suo potente status di Purosangue?
Cosa non conosceva ancora di lui?
«LILY?» La voce di James aleggiò per la Sala Comune facendo ridacchiare parecchie persone che si voltarono verso Lily, in attesa di una sfuriata o di una battuta particolarmente divertente, ma quando lei si voltò per guardare James con calma assoluta le risate si trasformarono in mormorii allarmati e sorpresi.
Liv cominciò a tossire spasmodicamente, diventando rossa come la cravatta che con mani frenetiche cercò di slacciarsi dal collo.
«Anapneo». La bacchetta di Sirius le puntò la gola, una gelatina viola volò dalla bocca verso il fuoco.
Le facce allibite di tutti la fissarono con terrore ma lei, mezzo tramortita e ancora stordita, si limitò a schiarirsi la voce con il mento per aria, ignorando volutamente Sirius.
«Che sta succedendo qui?» esordì Mary confusa ed indecisa tra l’essere più stranita da Lily che non aveva incendiato James con lo sguardo per averla chiamata per nome o da Black  che aveva praticamente appena salvato la vita a Liv.
«Lily mi vuole morta, Mary, è questo che sta succedendo» sentenziò con voce roca Liv continuando a schiarirsi la gola irritata sotto l’occhio preoccupato di Lily, osservata a sua volta da Remus, Peter e Sirius che spostò poi l’attenzione su di un James così sereno e compiaciuto tanto da assomigliare a Silente dopo il banchetto sostanzioso di Natale. Era uno scherzo?
I gruppetti di ragazzi e ragazze uscirono dalla Sala Comune come dei piccoli stormi di insetti ronzanti, pronti a spargere il nuovissimo pettegolezzo come polline.
«Lily, potresti spiegare a questi idioti dei miei migliori amici che abbiamo scoperto qualcosa su...»- James abbassò la voce- «Marlene e Edgar?»
«Remus» mormorò Peter sconvolto «L’ha fatto di nuovo».
Remus annuì, sinceramente spaesato. Lily sembrava in sè e James non aveva una bacchetta puntata contro di lei ma questo non significava poi molto perchè minacciare Lily non serviva mai a niente. Lei faceva sempre come voleva, bacchetta o armi varie puntate addosso, soprattutto se a minacciarla era James.
Lily sollevò gli occhi al cielo. «Credetegli, è vero» concesse, in un mezzo sorriso che Remus non riuscì davvero a spiegarsi.
«Beh, in questo momento non sei di certo nella posizione giusta per fare la bocca della verità, Evans» contestò, pungente, Sirius fissandola con sguardo diffidente. «Portatela in infermeria. Madama Chips saprà di sicuro curare un’intossicazione da Asfodelo»

«Certamente, peccato non sappia curare altrettanto bene i problemi al cervello come il tuo, Black» precisò a tono Lily.
Liv sollevò un sopracciglio, anche se cominciava a pensarla di nuovo come Black. Si fidava ciecamente di Lily, al trecento per cento, ma della Lily che chiamava James ‘Potter palla di ego’ non di questa Lily che aveva evidentemente mentito sulla storia della chiacchierata dopo Pozioni.
«Lily? Non avevi detto che dovevano aiutarci?»
«Così pensavo, Mary»
«Ed è così!» sbottò James, oltraggiato «Ma se questi non vogliono credermi...»
«Vedi un po’ tu» lo imitò ironicamente Sirius, spalancando le braccia.
Remus si schiarì educatamente la voce prima di parlare. «Aiutarvi a fare che cosa, di preciso?» chiese, affabile.
Se soltanto ‘qualcuno’ avesse spiegato il perchè delle cose assurde- come per esempio ‘Perchè le orecchie di Lily sentono la voce di James che la chiama per nome e non sanguinano’- magari adesso non saremmo in questa situazione alquanto imbarazzante.

«Potter? Non gli hai davvero detto niente?» sbottò Lily e Sirius capì di essere di nuovo tra i comuni esseri umani.
James boccheggiò, corrugando le sopracciglia come se stesse riformulando mentalmente tutta la domanda, compreso il ‘Potter’ iniziale, e Peter ridacchiò.

«Era davvero una bugia la storia del ‘James’»
«No che non lo era! Lily!» protestò con rabbia James.

Lei sollevò entrambe le sopracciglia rosse e con stupore James vide le sue labbra arricciarsi per fermare un sorrisetto beffardo.
Lo stava prendendo in giro, così, come se niente fosse.
Sirius si mise a braccia conserte, portandosi una mano davanti alla bocca per grattarsi sotto al naso nel tentativo di camuffare la curva che gli stava stirando le labbra ma quando Lily cominciò a raccontare il fantomatico Segreto con Silente, si sentì di nuovo la terra mancare sotto ai piedi.

«Non dobbiamo quindi farli scappare se vogliamo scoprire qualcosa di più su questa... resistenza, se così si può chiamare» concluse il discorso James con il tono più serio che Lily gli avesse mai sentito usare.
Le facce di Remus e Sirius erano identiche a quelle di Liv e Mary di qualche minuto prima mentre Peter sembrava per farsela addosso.
«Ma... perchè?» chiese, sperando di aver capito male. «Perchè volete scoprire di più?»

«Per partecipare, Pete!» gli rispose James come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Lily si portò il labbro inferiore tra i denti, osservando con attenzione James continuare a spiegare a Peter l’importanza di ‘fare qualcosa’, di ‘combattere perchè nessuno ha il diritto di uccidere una persona in generale e ancor meno per via del suo sangue ritenuto sporco e cazzate simili’.
«Ne riparleremo con la pancia piena, eh, Peter?» propose Remus vedendo l’amico andare nel panico. Lui annuì e, senza volerlo, Mary sorrise davanti a quel gesto gentile così tipico di Remus.
«Ma ci state almeno per fermare Marlene e Edgar?» domandò Liv a nessuno in particolare. A risponderle fu Sirius, anche lui più serio e deciso che mai.

«Certo che ci stiamo. Per quei due e, io come James, anche per tutto il resto».
Lily si alzò dal divano, lasciando che i folti capelli rossi le coprissero il viso per nascondere il guizzo di luce che sentiva di avere negli occhi, esattamente come quello che vedeva nello sguardo di Liv stranamente morbido, ancora posato su Sirius.
Quando scesero in Sala Grande per cena, il chiasso dei quattro lunghi tavoli si affievolì mentre centinaia di facce si voltarono a guardarli da sopra le spalle, i calici e i vassoi colmi di costolette fumanti.
«Complimenti, Potter. Come riesci ad attirare l’attenzione tu non ci riesce nessuno» gli mormorò con un piccolo sorriso divertito Lily prima di superarlo a passo svelto per sedersi in fondo alla tavolata con Mary e Liv sotto le occhiate curiose e il brusio di tutta la Sala Grande che però in un attimo tornò chiassosa come prima nel vedere in due Capiscuola sedersi lontani come sempre.
«Coglione, coglione, coglione, coglione...»
«Felpato»
«Sto cercando di renderti meno coglione, coglione. La puoi chiamare per nome ma non per chiederle di che colore vuole i confetti al vostro matrimonio, coglione»
James rise facendo sedere a forza Sirius sulla panca, vicino ad una ragazza del quarto anno che arrossì violentemente bloccando la mano con il pezzo di pane davanti alla bocca spalancata.
«Se permetti, James» fece Remus sedendosi davanti a Sirius e James con Peter al fianco. «Mi spieghi cosa cavolo hai fatto per rendere Lily una conoscente senza istinti omicidi nei tuoi confronti?»
James fece spallucce, tuffando le mani sui vassoi colmi di cibo.

«Niente» rispose con semplicità. «Ho soltanto firmato quel documento per segnalare l’assenza alle riunioni di Mocciosus. Lily lo voleva a portata di sguardo».
Remus strabuzzò gli occhi. Cos’aveva fatto? Diceva sul serio? Guardò Sirius che con la bocca già piena gli annuì brevemente prima di riempirsi il calice di succo di zucca.
«E perchè lo vuole a ‘portata di sguardo’?» domandò Remus, sempre più confuso.
Da quello che appariva, l’unica cosa che Lily voleva era stare alla larga da Piton e non avercelo tra i piedi.
La risposta di James arrivò sul suo tovagliolo che, quando Remus ebbe finito di leggere, si premurò di far sparire con un colpo di bacchetta.
Adesso forse la cosa cominciava ad avere senso anche per lui.
James aveva perso le sue arroganti ed ingombranti corna esattamente come Ramoso, preferendo vedere Piton nella stessa stanza di Lily piuttosto che Lily stare male.
Si affacciò oltre Peter, impegnato a rosicchiare un osso di pollo, cercando Lily. Ricevere minacce di morte per il fatto di essere ‘diversa’ ed ‘inferiore’ non era una passeggiata e lui lo sapeva bene. Lei era così brava a nascondere tutto che non si era accorto di niente.
 
 

*



 


 




«Allora? Sto aspettando»
«Se continui a farlo, quel purè verrà sù tutto insieme al piatto quando proverai a mangiarlo, Liv»
«Rispondi, Lily».
Lily si portò il boccone di carne alla bocca, masticando tranquillamente davanti al viso in attesa di Liv che dal nervoso faticava ad ignorare Adam Montgomery mangiare rumorosamente alla sua destra e la risata divertita di una Tassorosso alle sue spalle.
Lily stava diventando sempre più riservata e lei non riusciva proprio a capirlo, tanto meno ad accettarlo. 
«Non conosco Potter come invece pensavo» se ne uscì all’improvviso Lily punzecchiando l’uovo sodo con la forchetta prima di spezzarlo a metà. «Non posso usare la tua stessa motivazione?»
Liv, basita, non seppe che fare se non sorridere alla ‘Te l’avevo detto’, scansando i pezzi oleosi di insalata che Lily cominciò a lanciarle.
«In effetti, nemmeno io avrei mai immaginato che avesse intenzione di partecipare attivamente al caos che c’è fuori da qui» confessò sottovoce Mary intercettando l’occhiata lontana di Remus.
Lily annuì con la metà dell’uovo in bocca evitando di pensare al bottone e alla firma di James, la firma che le avrebbe dato l’opportunità di vedere Piton, subito dopo cena, insieme agli altri prefetti in aula professori per l’ultima riunione di dicembre.
Liv si decise a mangiare il suo purè ormai freddo che, come predetto da Lily, rimase incollato al piatto.
 
-Lasciarla perdere, Liv? Come si fa a lasciar perdere una spina su un dito o un sassolino dentro la scarpa?
-Forse togliendoli, James?
-Sì, certo... allora mettiamo in conto che suddetta spina sia infilata nella carne con un Incantesimo di Adesione Permanente fatto da Evans. Adesso che mi dici?
-Dico che se non mi lasci finire questo dannatissimo tema di Pozioni per recuperare la misera A dell’ultimo compito, non posso venire agli allenamenti di stasera.


 
Lasciò stare il cemento giallo che aveva attaccato al cucchiaio e spostò lo sguardo a metà tavolo, su James che evidentemente aveva trovato il modo per togliersi la spina.
«Ho voglia di baciare Remus» mormorò senza preavviso Mary facendo spalancare gli occhi alle altre due.
 
 
 




 

*

 





 
«E non c’è nient’altro che volete dirmi?»
«Nient’altro, signore. Questo mese è stato a dir poco noioso a parte la nostra vittoria a Quidditch».

Silente ridacchiò, restando per un attimo a fissarli in silenzio da sopra i suoi occhiali a mezzaluna.
Lily era certa che se avesse continuato a farlo per un secondo in più, quello sguardo penetrante sarebbe riuscito a farle spifferare tutto quello che stava cercando di nascondere con parecchio sforzo.
Provò invidia guardando con la coda dell’occhio James sorridere come un ebete, rilassato sulla sedia accanto.
«Molto bene» sentenziò Silente in un piccolo sorriso che gli faceva brillare la lunga barba argentata. «Allora potete andare. Buonanotte».

Appena i due Capiscuola uscirono dall'ufficio del Preside, James si voltò verso Lily con la faccia accortocciata da un'espressione accusatrice e divertita insieme prima di saltare su un gradino della scala a chiocciola che li portò lentamente al secondo piano.
«Lily, sei più scarsa di Peter!»
«Sta’ zitto! Silente è un Legilimante! Sai almeno cosa significa?»
«Certo, per questo quando gli devo mentire invece di guardarlo dritto negli occhi guardo sempre il naso, la fronte o i riflessi dorati della montatura degli occhiali».
Lily sollevò entrambe le sopracciglia, sorpresa.

«Sei un esperto, quindi, di Legilimanzia» indagò in tono prematuramente accusatorio.
James sorrise, rallentando il passo appena misero piede in corridoio per ritardare il più possibile l’incontro con i Prefetti prima della ronda.
«Remus è dal quarto anno che minaccia di studiare Legilimanzia per poter scoprire cosa facciamo e pensiamo io e Sirius prima di uno scherzo. Sono soltanto previdente» spiegò notando l’espressione accigliata di Lily stendersi leggermente in un breve sorriso incerto. Sì, certo, e tu pensi di farmela bere in questo modo?
«Cosa sto pensando in questo momento, Potter?» gli chiese, fissandolo spavaldamente negli occhi che James allargò a dismisura davanti a quella domanda inaspettata.
«Forse al fatto che non riesci ad abituarti a chiamarmi James» rispose con un sottile tono di rimprovero tra le righe.
Lily lo squadrò di sbieco, inquisitoria. O sta facendo finta di non essere Legilimante o non lo è davvero.
Tentare di conoscere James poteva benissimo essere paragonato a cercare di capire una Sfinge. La cosa le dava un certo fastidio anche se non le dispiaceva del tutto.

-Non mi va di parlarne, Lily. Sono solo problemi, non barzellette divertenti come le tue...
-Guarda che a me piacciono i problemi, Sev. Sai che noia parlare con qualcuno con la mente piatta e vuota come quel Thomas che prima ti ha fatto lo sgambetto... ridi pure! Qui non ti vede nessuno, solo io.


«Stai pensando al mio Buon Motivo che tra pochi minuti non mi farà richiudere Piton nello sgabuzzino, allora» ritentò James notando il velo di tristezza che sbiadiva il verde chiaro degli occhi di Lily ogni volta che pensava a quel deficiente.

Lo sguardo in tralice di Lily si sciolse, diventando incredibilmente aperto e attento. Piton?
«No, ma l’argomento mi interessa, Potter» gli rispose, cristallina. Peccato che, senza neanche accorgersene, erano arrivati alla Sala d’Ingresso dove Piton, pallido come un fantasma e con il distintivo da Prefetto che brillava sul petto come gli smeraldi nella clessidra alle sue spalle, si era bloccato a metà stanza assomigliando ad una statua.
Nel silenzio, Lily si schiarì la gola prima di riprendere a camminare con passi più lunghi e veloci, diretta verso l’Aula Professori in fondo al corridoio.
«Dopo di te» fece James rivolgendo al Serpeverde un cavalleresco gesto del braccio, per invitarlo a proseguire, che Piton osservò con così tanto disgusto da sembrare gli stesse per sputare in faccia.
Con uno svolazzo del mantello seguì a ruota Lily. James gli andò dietro, una mano in tasca e l’altra a fargli il dito medio come se niente fosse.

 
 
 



 

**

 
 

 


 
 
«Lumos
Ci mancava soltanto questo adesso. I maghi dovrebbero tenere presente che l’elettricità a volte può fare la differenza! Un po’ di modernità non ha mai fatto male a nessuno, anzi!
«Liv! Hai spento tu le candele!? Te le sei mangiate?»
Oh, avanti! Possibile non ce ne sia più nemmeno una di scorta nei cassetti!? Mary ha liberato sul serio tutti gli elfi domestici di Hogwarts?
«Mary!? Qualcuna vuole farmi la cortesia di rispondere!? Grazie!»
Impossibile che si siano già addormentate... sono le dieci... non andrebbero  a letto alle dieci nemmeno dopo una giornata di lavori forzati in punizione con Hagrid o nelle Serre a spalare letame di drago insieme alla Sprite.
«Liv, che cosa vi è pres...?»
Ok... trovare i letti vuoti a quest’ora è nella norma. Ma il dormitorio totalmente al buio, con la porta del bagno... e anche quella per uscire in corridoio... bloccate! No, non è nella norma, dannazione!
«CHE SCHERZO SAREBBE QUESTO!? BLACK! HAI SBAGLIATO VITTIMA!»

Se tutto questo è opera di quel demente giuro che stavolta mi farò espellere pur di vederlo strisciare sotto le mie migliori fatture! Giuro, Black! Ti faccio nero sul serio!
«LIV! MARY! APRITE! DOVE ACCIDENTI SIETE!!?»
«Evans, non possono sentirti... perchè sei tu che le tieni fuori da qui... »
Black!? Black in camera? Black seduto sul letto dove dovrebbe esserci Liv?! É proprio lui. Posa da gatto annoiato, occhi diabolici, ghigno da idiota..
«Abbassa quel bottone e allontanalo dalla mia faccia, Evans... mi stai accecando, per Merlino»
Zuppa di verdure... spezzatino... il pane a cena era un po’ strano, ecco cosa. Magari qualche sostanza allucinogena... ha detto ‘bottone’? 
Il bottone luminoso al posto della bacchetta che avevo in mano tre secondi fa non va di certo in favore dell’innocenza del pane. Non che trovare Black qui, seduto comodamente su un letto, non me l’abbia già fatto pensare.

«Lily? L’agrifoglio lo metto qui sopra o lasciamo lo spazio per il vischio?»
Remus?
«Perchè è tardi, sai? E l’agrifoglio non si appende in ghirlande da solo...»
«Remus, come...?»
«Evans?»
«Sta’ zitto, Black! Diamine! E che cosa ci fai qui!? Che cosa ci fate, tutt’e due!»
«Mi hai chiamato tu... te ne sei dimenticata come ti sei dimenticata di vestirti?»
«Cos...?»

Sono nuda. 
É una constatazione. Non una probabilità, un ipotesi o una bugia. Sono Nuda. Completamente nuda. Lo sono. Davanti a Black e alla schiena di Remus che tira fuori l’agrifoglio dalle tasche come se avesse un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile nei pantaloni.
Nuda.
Forse... forse dovrei
correre a coprirmi con il piumone del baldacchino più vicino invece di cercare di capire il perchè Remus sta appendendo decorazioni natalizie in camera o del perchè Black sia seduto lì.
Sì, dovrei proprio... in realtà è un bisogno primario impossibile da ignorare come la brezza fredda che mi arriva dove non dovrebbe... e anche come le frasi che qualcuno di invisibile sta scrivendo con il carbone sui muri intorno ai letti.

Bene, pane, hai il diritto di restare in silenzio, qualunque cosa dirai potrà essere usata contro di te in tribunale. 
«Lily, allora? Si fa sempre più tardi.... aspettiamo tutti te».
Qual è la priorità, Lily? Il tuo corpo nudo copribile- anche se a mala pena- con i capelli e le mani o quelle frasi che si moltiplicano come conigli, che ti fanno sentire comunque nuda come un verme e che Black sta leggendo come se fossero la cosa più interessante di questo mondo? 
Il muro. Coprire il muro, mi sembra ovvio. Sì, sarebbe meglio. Potrei farlo, certo... coprire i muri con il piumone... il mio, quello di Mary e di Liv... se solo potessi muovermi... se solo non avessi i piedi letteralmente incollati al pavimento.

«Wingardium Leviosa
Oh, ma certo. Ma certo che non funziona, Lily cara. 
Vorresti recuperare i piumoni così, Lily? Cosa ti ha detto Olivander sette anni fa? Che dice Olivander a chiunque entri nel suo negozio per cercare lo strumento fondamentale per far levitare una coperta? 
Non dice di certo che sono i BOTTONI a scegliere la strega, Lily! Vero? Vero!?
Fanculo ai bottoni! Anche e soprattutto a quelli luminosi!

«Basta chiamare James, Evans...»
Fanculo anche a te, Black! VAFFANCULO! Va bene!? Se tu hai constantemente bisogno di Potter non è un problema mio! Io so benissimo cavarmela da sola! Io e la mia bacchetta! Voglio la mia bacchetta! Non questo bottone!
«Accettare un aiuto non significa essere dipendente da qualcuno, Evans»
«Oh, e invece qui sembra proprio voglia dire questo, Black! DOV’É LA MIA BACCHETTA!?»
«Hagrid avrà già portato gli alberi in Sala Grande...»
Non m’interessa, Remus! Non m’interessa! Fosse per me, in questo momento inaugurerei una nuova tradizione natalizia! Piumoni rossi e oro sui muri e sulle balaustre delle scale! Bello, eh!? Che ne diresti di cominciare da questa stanza ormai completamente nera di carbone!?
E se me ne lanciassi uno mi faresti un enorme piacere! Non avrò il ‘balcone’ di Madama Rosmerta qui davanti, però...

«Siamo in ritardo, Lily»
E vorrei che adesso Liv buttasse giù a calci questa maledetta porta, Remus, perchè è così che lei fa quando non ha la bacchetta e perchè se non avessi i piedi piantati a terra l’avrei fatto io mezz’ora fa!

«Lily? Apri!»
Liv? Sei davvero tu?

«LIV!»
«LILY!»
«NON POSSO! NON POSSO MUOVERMI! FALLA ESPLODERE! FAI ESPLODERE LA PORTA! FAI QUALCOSA PER FARMI USCIRE DA QUI!»
«LILY, PER LA MISERIA! DEVO USARE LA SECCHIATA D’ACQUA PER SVEGLIARTI?»
«LIV!»
«SONO QUI! CALMATI!»

Sbattere le ciglia per la troppa luce che inondava la stanza, e che per fortuna non arrivava da bottoni fosforescenti o da bacchette, fu fisicamente doloroso per Lily. Si vide Liv, nel suo pigiama a quadri e con i capelli arruffati, praticamente addosso.
«Cavolo, Lily... ma sei impazzita?» esalò Mary, spaventata, uscendo dal bagno con lo spazzolino in bocca «Che incubo era?».
Gli occhi verdi spalancati di Lily puntarono su di lei prima di vagare per la stanza con aria sconvolta.
Nessuna traccia di scritte sui muri: la locandina del suo primo concerto dei Queen, appesa tra il disegno di un Ricciocorno Schiattoso che le aveva dato Xeno Lovegood anni prima e il ritaglio di giornale con il suo articolo preferito di Jill Tweedie*, era di nuovo pulito così come il Grugnocorto Svedese di dicembre sul calendario di Mary accanto ad un primo piano seducente di Robert Redford.
Era libero dal carbone e dall’agrifoglio anche il mega poster delle Holyhead Harpies di Liv che copriva quasi interamente il depliant di orientamento del dipartimento Auror e la foto- strappata dalla Gazzetta- di Stubby Boardman che ammiccava con l’attizzatoio della stufa conficcato in un occhio.
Ma soprattutto, le uniche due persone lì con lei erano le sue amiche e non Black e Remus.
«Ci hai fatto prendere un colpo» esordì Liv sollevandosi dal letto, guardandola aggrapparsi al piumone vermiglio che la copriva fin sotto il mento.
«Appena ti ho detto di svegliarti perchè siamo in ritardo per scendere ad addobbare hai cominciato a parlare e poi ad urlare cose senza senso... » farfugliò Mary con la bocca piena di dentifricio.
Lily scattò a sedere senza mollare la sua coperta. Gli occhi, ancora spalancati e seminascosti dai rossi capelli spettinati, si posarono sul comodino dove il bottone di James stava ancora a prendere polvere.
Senza soffermarsi a pensare al sogno appena fatto, saltò giù dal letto portandosi dietro il piumone come se fosse ancora completamente nuda, sotto lo sguardo accigliato di Liv e quello perplesso di Mary.
«Vi devo dire una cosa» annunciò pensando che, se proprio doveva sognare il bottone di Potter, a vederla nuda dovevano essere Liv e Mary, non Black e Remus.
Era il caso di aprire la porta del dormitorio alle sue due migliori amiche.
«Quando scendo nei sotterranei per la ronda, soprattutto dopo le due riunioni generali del mese con i Prefetti» cominciò, notando lo sguardo di Liv assottigliarsi insieme alle labbra che divennero un’unica linea dura.

«Trovo delle scritte sui muri che... mettiamola così, sarebbero un perfetto slogan per Voldemort e i suoi amichetti».
Mary rabbrividì, non di certo per il dentifricio che gli colò sul mento, ma Liv continuò a fissarla con i suoi occhi scuri colmi di risentimento. Lily sapeva che non erano dovuti soltanto a quella notizia.
«E ce lo dici solo adesso, Lily?»
Ecco, appunto. Era sinceramente ferita e stava cercando di nasconderlo con quel tono rabbioso.
«Liv, mi dispiace. Volevo evitare che...»

«Evitare cosa? Evitare un aiuto da quelle che chiami le tue migliori amiche?» la fermò lei mettendosi a braccia conserte. «Spiegami il significato di amicizia, Lily, perchè il mio e quello di Mary sono completamente diversi dal tuo a quanto pare»

«Smettila» sbottò Lily, serissima ed oltraggiata.
Come poteva mettere in dubbio la loro amicizia? Sapeva che avrebbe dato il cuore e i polmoni per ognuna di loro,
l’aveva anche dimostrato più volte come quando era finita in infermeria, al terzo anno, con un braccio rotto dopo essersi parata di fronte a lei durante un duello improvvisato con nemmeno ricordava chi.
«Evitare fatture contro i Serpeverde in generale, Liv! Ecco cosa! Evitare che tu perda la testa, come al solito!»
«Col cavolo! Ti sembra una cosa da lasciar perdere questa!? Serpeverde o no!»

«Vedi?! Vedi che ho ragione!?» sbottò Lily, frustrata. A quella frase, Liv ammutolì.
«Non sto lasciando perdere!» riprese, i capelli rossi sparati in tutte le direzioni sul volto pallido. «Prima voglio capire con certezza chi è! Non posso punire persone a caso!»
Le espressioni delle sue due amiche davanti non avevano bisogno di parole, così come potevano essere quelle di qualsiasi studente di Hogwarts davanti a quel discorso sui possibili colpevoli.
Lily se ne rese conto, sapeva di essere come Petunia quando un’estate, davanti ai vicini babbani, era stata costretta a dire che non sapeva davvero chi aveva trasformato le genziane viola dell’aiuola in enormi girasoli gialli.
«Potrebbe essere chiunque. Non per forza Mulciber, Avery, Crouch o Regulus Black che...»

«O Piton» sputò con disprezzo e gli occhi colmi di rabbia Liv.
Lily si strinse nel piumone. «Piton ieri si è presentato alla ronda e le scritte sul muro c’erano lo stesso anche se...» non riuscì a finire la frase perché Liv la bloccò di nuovo.
«Anche se? Erano di meno? Chissà perché. Di certo non sarà perché si è messo a cancellarne qualcuna mentre tornava nella sua Sala Comune con gli altri Perfetti maschi Serpeverde, Regulus e Crouch… si sarebbe rovinato la reputazione da idiota razzista» disse in tono scarcastico.
Lily non poté negare. Non aveva prove e quella versione dei fatti non era poi così infondata.
«Non voglio andarmene da lì, ok?» sbottò ancora più risentita. «E non voglio che si sappia in giro»

«Ma potresti… dirlo alla McGranitt... o a Silente» farfugliò Mary sputacchiando dentifricio ovunque.
Lily sembrò prendere fuoco e non solo perchè, avvolta nel piumone vermiglio che le lasciava scoperto solo il viso con i capelli rossi sparati in testa, sembrava una torcia umana.
«No! Mai! Sarebbe come piegarmi a loro!» sbottò, infuriata, indurendo i lineamenti. «Piegarmi davanti a quelle frasi che dicono che fuori da qui non avrò Silente a tenermi in vita!».
Avanzò fieramente verso il bagno nonostante le movenze da pinguino e si chiuse dentro senza far caso a Mary che con occhi spalancati e una mano davanti alla bocca non riusciva più a trattenere la troppa schiuma alla menta che le sfuggiva dalle labbra.
Un’ora dopo, anche se era sabato mattina, i corridoi brulicavano di persone.
Tutti i Prefetti, mezzi addormentati, si destreggiavano con agrifoglio e vischio sulle scale e nelle aule vuote, eccetto quella al primo piano dove il coro del professor Vitious- come ogni primo Dicembre- aveva cominciato a provare le carole.
«Non basta il fatto che ci siamo dovuti alzare presto il sabato. Siamo pure costretti a rovinarci le orecchie con questi... stonati è dire poco!»
«Zitto e lavora, Bulstrode. Piton, quella candela è al contrario».
La voce di James fu come un morso velenoso di serpente per Severus che si voltò lentamente a guardarlo con gli occhi neri ridotti a fessura.
L’aveva chiamato senza quell’odioso nomignolo, non aveva sentito male. Fissò con insistenza lo sguardo nocciola dell’idiota: era così luminoso e tronfio tanto da non sembrare velato da delle lenti di occhiali.
Ecco perchè aveva evitato per mesi di presentarsi lì, a cospetto di quello che si credeva il padrone del mondo e che adesso lo era davvero, almeno di quella scuola, anche se per poco.
Poteva dargli ordini, dirgli cosa doveva e non doveva fare dall’alto dall’ennesimo nuovo gradino in più che li separava ma, soprattutto, era il corrispettivo maschile di Lily.
Era una cosa che gli faceva perdere la ragione. Vederli collaborare, sentire lui chiamarla per nome senza beccarsi una fattura Pungente o anche solo stare l’uno di fianco all’altro mentre parlavano con la schiera di Prefetti dove era costretto a stare.
Quel ‘Voi’ Prefetti separato dal loro ‘Noi’. Quelle due firme su quella pergamena che segnavano ufficialmente che quei due andavano d’accordo per qualcosa, un qualcosa che era lui.
Il solo pensiero gli fece conficcare le unghie sulla cera candida e senza smettere di fissare James, infilò con sfida la candela ancora nel verso sbagliato dentro la lucente armatura. Quella, come se fosse stata appena colpita, si accasciò a terra prima di prendere vita intonando le carole del professor Vitious con qualche correzione maleducata ad ogni strofa.
«Pix» esordì Remus in tono arreso. Mollò a terra il mazzetto di vischio e si avvicinò in tutta fretta alla fonte del caos con la bacchetta sguainata.
«Lascialo cantare, Remus» lo fermò sornione James. «É Natale... l’atmosfera deve essere nell’aria... e “noi abbiamo il compito di crearla”... oggi... alle nove di mattina... di sabato... in allegra compagnia... “perchè è stato deciso così secoli fa”».
Remus sollevò un sopracciglio. Per trasportare James lì ci aveva rimesso un’ora di tempo, due Cioccorane extra fondenti e anche il primo turno della doccia- che tutti sapevano essere quello con l’acqua più calda- per almeno una settimana eppure James stava ancora protestando usando le frasi che lui stesso aveva utilizzato per rispondere alle domande uscite dall’ammasso di coperte che era James ore prima (‘Ma non se ne occupano i professori!? Si può sapere che diavolo fanno i professori in questa scuola!?’ o ‘E perchè di sabato all’alba?! Le nove di sabato è alba!’). Frasi abbinate a tutto il sarcasmo che aveva in corpo unito a quello di Sirius, assorbito per osmosi in sette anni di ‘convivenza fraterna’. 
Ma tutte quelle proteste erano finte, Remus l’aveva capito subito quando James aveva alzato la testa dal cuscino con gli occhi troppo svegli e accesi per essere quelli di uno assonnato e per niente desideroso di scendere dalla torre per passare una mattinata insieme a Lily in tutta pace.
Per questo l’unica cosa che Remus fece fu ignorarlo e rimboccarsi le maniche del largo maglione fatto da sua madre per prepararsi a far uscire Pix da lì.
«Ma si può sapere chi è che, anche quest’anno, si diverte ad incantare le armature al mio posto con rime che farebbero impallidire anche i peggiori frequentatori di Notturn Alley?!» sbottò irato il professo Vitious sbucando dalla porta dell’aula di fronte.
«Signor Potter!»
«Giuro che non sono io, professore»
«Lupin?» squittì incredulo l’omettino strabuzzando gli occhi in direzione della bacchetta di Remus che subito indietreggiò, abbassandola.

James rise, sfoderando la sua per far sputare l’armatura e Pix, con la candela in bocca, rotolò fuori dall’elmo insieme alle ultime parolacce.
Vitious sembrò gonfiarsi e diventare più alto di alcuni centimetri.
«James, Remus?» li chiamò Jane Phillips affacciandosi dalle scale in marmo «Abbiamo bisogno d’aiuto in Sala Grande».
Senza farselo ripetere due volte, i due lasciarono i Prefetti al primo piano, Pix e il professor Vitious che minacciava di chiamare immediatamente il Barone Sanguinario, e seguirono Jane giù per le scale intasate da altri Prefetti con lunghe trecce di agrifoglio sparse sui gradini e sulla balaustra.
Un enorme abete verde scuro coperto di neve stava facendo il suo ingresso dal grande portone di quercia.
«Hei!» li salutò allegramente Hagrid sbucando dalle fronde come un enorme marmotta spettinata prima di ricominciare a trascinarlo verso la rumorosa Sala Grande come se non pesasse quintali. «Questo è l’ultimo! Ci stavo per rimettere la pellaccia per prendercelo!».
 Tra rami, neve e peli del gonfio cappotto in pelliccia del guardiacaccia, James e Remus si ritrovarono le orecchie avvolte da un allegro ed indaffarato chiacchiericcio e il naso intriso di un intenso odore di abete e muschio umido.
La Sala Grande era nel completo caos, invasa da una marea di candele, minuscole fate luminose, luccicanti puntali dorati a forma di stella, vischio e agrifoglio che levitavano a mezz’aria diretti sul soffitto, sui due grandi camini e soprattutto sui dodici e altissimi alberi che svettavano ai lati della stanza e dietro il lungo tavolo dei professori.

«Beh, dai» esordì James guardandosi attorno sotto l’occhio divertito di Remus «Non è poi così male stare qui... ». Senza Corvonero privi di distintivi tra le palle.
La chioma rossa di Lily, vicina all’albero che Hagrid stava mettendo in piedi come se fosse un normale ombrellone da spiaggia, era tenuta a bada da un cerchietto giallo a pois blu. Come se non bastasse (a farla apparire stramba), le folte ciocche vermiglie erano punteggiate da fiocchi di neve e pezzetti di festoni d’oro sfuggiti all’ incantesimo di levitazione di qualcuno.
Era normale sentire di voler far sparire tutti per restare da solo con lei?
«Rammy era un cerrrbiattto... con la coda buffa assaaaiii... staava lì, piccola e a ciuffo... eee non si abbassava maaaii».

James e Remus si guardarono a vicenda facendo finta di non aver sentito la voce di Sirius uscire dalla tasca dei pantaloni di James perchè- a parte la faccia del prefetto Tassorosso che passando li aveva appena osservati stranito - era così che si faceva quando Sirius rivisitava canzoni natalizie.
«Luui con gli aaltri ceervii... non pooteeva maai gioocaar... era buurlato sempre... peer lo straan...» 
«Ancora una parola e diventerai la mia lista anti-rimbecillimento in pergamena e inchiostro. Scordati la carne e le ossa, Sirius»
«... Peer il dolce scuuleettaar...»
La risata canina echeggiò in Sala Grande. Sirius, poggiato tranquillamente sullo stipite della porta e con lo specchietto in mano, alzò la mano libera per sollevare un pollice in segno di ironico incoraggiamento a James prima di avanzare tra i tavoli pieni di ‘roba sbrillucicante’ e rametti di agrifoglio che si affrettò a rubare appena vide Liv, seduta al tavolo dei Grifondoro, stranamente china su un libro ed apparentemente ignara di tutta la confusione che aveva attorno.
Avvicinandosi a lei a passo lento, si accorse che stava leggendo attentamente il capitolo sul Veritaserum di Pozioni Avanzate, battendo distrattamente sul tavolo una matita mangiucchiata. Sirius si prese un istante per osservarla, trovandola adorabile.
«Veerde e roosso è l’aagriifoogliooo
Liv si sollevò di scatto dal banco con un principio di infarto e una pioggia di palline rosse e foglie pungenti a coprirle mani, libri e capelli.
«Falalala la la-la la laa»
«Ma che...?» farfugliò sconvolta, voltando la testa alla sua sinistra quando si vide al fianco Sirius che scavalcava con una lunga gamba la panca per sedersi come se fosse su una moto; disinvolto come se fosse la cosa più normale del mondo almeno fino a quando, poggiando un braccio sul tavolo, beccò una foglia appuntita di agrifoglio.
«Qua..aah!.. nte spiine in uun geermoglioo... Fanculo lolo lo-lo lo-loo»
 «Sul serio?» gli chiese Liv senza riuscire a tenere ferma la curva del sorriso divertito non solo per il fatto che si fosse punto, ma anche e soprattutto per la canzone inventata. Una risata cominciò a ribollirle nel petto, le spalle le si mossero e Sirius lo notò, diventando sorpreso.
«Questo sarebbe uno scherzo, Black?» tentò di darsi un contegno, lei, con voce rallegrata, mordendosi contemporaneamente le labbra ancora sollevate. «Il pesce rosso della mia vicina di casa babbana, in confronto, è un genio del male» continuò Liv sollevando un sopracciglio e facendo rotolare via le bacche rosse dalle pagine macchiate di chissà quale vecchio ingrediente o pozione.
«No. Infatti volevo solo cantare, Olivia» si decise a parlare non più in strofe Sirius, guardandola piacevolmente colpito da quella sua aria rilassata e divertita. Si chiese se le piacesse il Natale, dato che ogni anno da quando Lily era diventata Prefetto, l'aveva vista stare in mezzo ai preparativi.
Alla sua rivelazione, il sopracciglio di Liv si alzò ulteriormente. Black e le sue uscite improbabili che servivano solo a distrarre la vittima.
«Ti sei fumato l’abete?» gli chiese, sinceramente convinta. Di sicuro era molto più probabile dell’affermazione sul voler solo cantare.
Sirius allargò il sorriso scanzonato.
«Potrei chiederti la stessa cosa. Che cosa ci fai qui?» fece, alzandosi per mettere i piedi sulla panca e sedersi tranquillamente sul tavolo.
Liv lo squadrò, spostandogli con una gomitata giocosa il ginocchio troppo vicino al suo braccio.
«Studiare in Sala Grande adesso è diventato un comportamento da drogati?» chiese poggiando comodamente i gomiti sul tavolo e le mani sul manuale di Pozioni, tra le palline rosse.
«Beh... in effetti, hai ragione» iniziò Sirius guardandosi attorno. «Studiare qui è l’ideale. Come quando voglio lavarmi e mi butto in una pozza di fango». Il suo sguardo grigio, caldo ed acceso d'ironia, tornò sul volto ridente di Liv.
«Il chiasso mi fa concentrare» disse lei facendo spallucce e tenendo per sè il fatto che era lì per quell'aria natalizia, ma soprattutto per incontrare casualmente Piton e portarlo in luogo appartato in modo tale da potergli fare un interrogatorio che avrebbe faticato a dimenticare anche a centovent’anni. Se mai ci arriverà, dipende tutto da quello che ha o non ha fatto.
«Davvero? Allora posso continuare a cantare...»
«Provaci, Black. Provaci e il gargoyle laggiù, avrà una parrucca in testa fatta con tutti i tuoi capelli»
«Lascia fare a me, Crouch! Ci penso io al vischio! É delicato» esclamò Pandora mollando sul tavolo, precisamente addosso a Liv, un ammasso di nastro argentato prima di correre in direzione di Barty Chrouch, Prefetto Serpeverde del quinto anno, che forse credeva di essere alle prese con pietre indistruttibili e non con i sottili rami colmi di bacche bianche e morbide foglie.
«Per caso Lovegood ti ha detto come trattare i Nargilli?» la prese in giro, sferzante. Pandora lo fulminò con lo sguardo ceruleo, sfilandosi la bacchetta da dietro un orecchio con fare risoluto.
«No» rispose mentre con un gesto delicato della bachetta faceva levitare il vischio lontano da lui. «Ma sarebbe molto felice di sapere che ti ricordi dove si possono annidare quegli esserini».
«Anche la stoffa sopra la testa ti fa concentrare, Olivia, immagino» la stuzzicò Sirius, sarcastico, vedendola districarsi tra quel lamè argentato con gesti per niente bruschi.Decisamente, le piace il Natale. Sorrise, sentendola ridere.
Quando Liv riuscì a rimergere grazie a una mano di Sirius, si limitò a trucidarlo con gli occhi senza riuscire ad abbassare la curva di un sorriso che Sirius aveva già sul volto.
Lo squadrò di sottecchi e poco dopo lo vide recuperare la bacchetta dai pantaloni, sentendolo mormorare con furbizia un "Diffindo" come se non fosse dentro una stanza invasa da praticamente tutti quelli che avevano il diritto di togliere punti e dare punizioni, in quella scuola.
«Sei uno stronzo» commentò, osservando la lunga treccia di agrifoglio che Elizabeth Truman di Tassorosso e Jane Phillips stavano appendendo sul camino, spezzarsi a metà.
«Quanto vuoi che ci metta Pix ad arrivare qui e a distruggere tutto in meno di un secondo?» ribattè Sirius, divertito.
«Sei uno stronzo lo stesso» fece lei posando il lamè sulla panca prima di tirare fuori la sua bacchetta. «Se proprio devi anticipare le mosse di Pix fallo con chi se lo merita» continuò, puntandola verso Barty Chrouch. «Depulso» mormorò. In un attimo, Crouch fu scagliato con forza addosso all’enorme albero davanti a lui, affondando nelle fronde innevate e mezzo decorate da Lily che saltò sul posto, spaventata.
«Ma che stai facendo, Crouch!?» sbottò, mettendosi le mani sui capelli rossi; si rese conto soltanto in quel momento di averli pieni di fili d’oro e foglie. «Questo non è fare la Caposcuola, ma la baby-sitter a bambini di tre anni! Immagino che il vischio da dividere in mazzi sia andato a fuoco o qualcosa del genere, vero?» sbraitò afferrando una gamba di Barty per cercare di tirarlo fuori dall’albero.
Remus le si avvicinò con sguardo perplesso. «Lily?» le chiese poggiando cautamente su una panca la gabbia piena di luminose e ridacchianti fate. «Hai bisogno di una mano?»

«Remus, spiegami perchè» esordì lei con il fiatone, continuando a strattonare il quindicenne che si lamentò dalle fronde. «Spiegami perchè non ho... pensato prima... a cambiare la tradizione natalizia di questa scuola  medievale... che ci costringe... ad addobbare alle nove di sabato!»
Remus rise, pensando a quanto Lily parlasse sul serio.
Molto spesso, negli anni precedenti, Lily gli aveva confessato che a volte quella scuola le sembrava fin troppo retrograda e bisognosa di un po’ di ‘aria fresca’; che Silente aveva fatto parecchio per modernizzarla, ma che mancava ancora qualcosa. Lily non avrebbe esitato a rompere la tradizione inventando nuove regole, checchè ne dicesse Sirius quando la chiamava ‘Minerva Seconda’. 
«Guarda la lista sul tavolo, Remus» ringhiò Lily sbuffando rumorosamente e facendo svolazzare i ciuffi di capelli rossi che le erano caduti davanti al viso.
«Quale lista?» chiese lui, spaesato. Sul tavolo non c’era niente a parte un cesto rovesciato e una marea di aghi di pino.
Lily voltò di scatto la testa scarmigliata verso di lui, mollando la gamba del Prefetto Serpeverde che ricadde a terra tra i rami con un tonfo e un’imprecazione poco innocente.
«Quella che... » iniziò a dire lei, bloccandosi subito perchè della lista non c’era traccia, non dove l’aveva l’asciata. Fece saettare gli occhi su tutti nei dintorni, trovandola tra le mani di James.
«Potter»
«Lily, questo non è uno schema di gioco vincente» proclamò  lui con lo sguardo attentamente concentrato sul foglio, ignorando gli occhi verdi socchiusi con stizza e la parola ‘Schema di gioco’ ripetuta più volte e con sconcerto.
«Per prima cosa» continuò, sollevando lo sguardo verso il grande portone aperto sulla Sala d’Ingresso. «Non vedo il Barone Sanguinario a difesa degli anelli per non far passare Pix».
 Lily si mise furentemente le mani sui fianchi anche se, pensandoci bene, quell’idea rubata al Quidditch non era poi così male.
Remus ne approfittò per svignarsela riafferrando la gabbia con le fate da appendere all’albero il più lontano possibile da lì che, guarda caso, era quello davanti a Mary.
«No, loro no, Black» ringhiò a bassa voce Liv abbassando velocemente il braccio di Sirius con la bacchetta. «Lasciali stare».
Purtroppo, però, l’ incantesimo aveva già fatto apparire un rigoglioso ramo di vischio sopra la testa di Mary che Remus stava per raggiungere a passo improvvisamente incerto.
«Perchè loro no?»
«Perchè è...»
«Se dici ‘Perchè è così’ ti incollo quel puntale sul naso per farti sembrare la sorella gemella di Mocciosus» la bloccò Sirius sentendo l’eco della voce di sua madre tornare alle orecchie come da un pozzo abbandonato. «É una risposta che non ha senso e mi dà sui nervi».
 
 

-Perchè non posso, mamma? Cos’ha che non va?
-Il sangue, Sirius, ha il sangue diverso dal nostro. É inferiore. Quante volte devo ripetertelo ancora? Regulus, raddrizza la schiena e non camminare fuori dal marciapiede, ti sporchi le scarpe.
- Non è vero! Ho visto il suo sangue! Si è sbucciato un ginocchio ed era rosso! E cosa cambia se è rosso o blu o verde?!
- Abbassa-la-voce, Sirius. Il colore non è importante, lo sai, te l’ho spiegato anche ieri. Mi fai dubitare della tua intelligenza. Prendi esempio da Regulus e smettila di fare sempre le stesse domande.
- Perchè non ha la magia dentro, me lo ricordo, non sono scemo. Ma perchè è inferiore al nostro solo perchè non ha la magia dentro?
-Perchè è così e basta. Se me lo richiederai un’altra volta, soprattutto davanti a tuo fratello, salterai la cena e dormirai nel ripostiglio con Kreacher. E poi vedremo se dirai ancora che vuoi diventare amico di quell’insulso bambino babbano.


 


 


«Non avevo nessuna intenzione di dire ‘Perchè è così’» rispose stranita Liv guardando di sottecchi lo sguardo improvvisamente serio e meno brillante di Sirius.
«Loro no perchè è un dato di fatto che quei due sanno complicarsi le cose da soli, ci manchi solo tu: il Creatore di Illusioni di ultima generazione» sussurrò, dura.
Sirius sollevò un sopracciglio, poggiando i gomiti sui jeans babbani per chinarsi e poterla osservare meglio. «Creatore di illusioni?» le chiese, piuttosto interessato.
«Appendere vischio sopra Remus e Mary significa creare illusioni, Black, tanto quanto dare un appuntamento ad una ragazza e poi dimenticarsene, come hai fatto con Jane mesi fa» rispose prontamente lei scivolando un minimo sulla panca per allontanarsi da quel bel viso troppo vicino.
«Cosa?» fece lui in una risata incredula, raddrizzando la schiena mentre Liv storceva il naso mordendosi metà labbro inferiore.
Stupido idiota.


*

 

 

 

 

 

«Se potessi decidere io...»
«Per piacere, Gilderoy, tu non dovresti essere nemmeno qui. Il prefetto del tuo anno Corvonero è Cresswell» lo fermò all’istante Mary allungando la bacchetta verso un ramo particolarmente alto per far comparire un scintillante ed elegante Ghiacciolo Sempiterno.
«Dirk è a letto con l'influenza, mi sembrava carino venire al posto suo per non farvi mancare due braccia e un cervello pieno di idee in più, Macdonald». Mary sollevò gli occhi al soffitto pensando a quanto dovevano aver brillato gli occhi di Allock vedendo il suo compagno di dormitorio sotto le coperte, malato. L'ennesima opportunità per mettersi in mostra.
«Con le statue di ghiaccio sarebbe tutto molto più grandioso, ci pensi!?» continuò lui saltellandole pomposamente attorno senza rendersi conto che, ad ogni giro, il nastro dorato che aveva tra le mani stava avvolgendo le caviglie della collega come un infido Tranello del Diavolo.
«Mary, avanti! Vedrai che ci faranno i complimenti! A chi non piacciono le sculture di ghiaccio!?»
«A me» s’inserì Deanne Stevens, Prefetto Serpeverde, che faceva levitare una candela ornata di vischio verso il soffitto.
Allock fece finta di non sentirla.
«Vi servono delle luci?» esordì Remus avvicinandosi a Mary e al suo sorriso radioso tanto quanto la fata che sbatteva le ali tra le sbarre, in cerca di libertà.
«Giusto in tempo, Remus» rispose allegramente Mary voltandosi per andargli incontro ma il festone di Allock ormai stretto alle gambe la fece rovinosamente cadere addosso a lui e alla gabbia con le fate che guizzarono fuori in giocose scie di luce bianca.
«Chiederò a James per le sculture! I complimenti li faranno solo a me!» fece Allock prima di andarsene lasciando lì a terra Mary, rossa come le bacche di agrifoglio sparse ovunque a terra, e stordita, così stordita da non vedere le fate vibrare leggiadre nell’aria attorno, non sentire Deanne Stevens ridacchiare dalla panca e non riuscire a staccare gli occhi dal naso sfocato di Remus che sentiva sfiorarle il suo.
Tutto questo molto probabilmente perchè Remus era così... profumato... un profumo di sapone, di pulito, di buono... e caldo, era anche caldo sotto di lei... e zitto... Remus era incredibilmente zitto. Non gli sentiva nemmeno il respiro. Gli occhi ambrati e sfocati ai lati di quello che ormai era un tutt’uno con il suo naso erano davvero spalancati, forse troppo, e Mary si alzò di scatto sperando di non averlo ucciso.
«Mi dispiace, Remus» esalò, mortificata, allungando una mano per aiutarlo a rialzarsi anche se tutto quello che avrebbe voluto fare era stare lì a terra con lui per far sfiorare anche le loro labbra e non solo i nasi. Il solo pensiero le fece sentire il calore sulle guance sprigionarsi come se si fosse trasfigutata in un asciugacapelli babbano impostato al massimo della sua potenza.
«Non preoccuparti... non è stata colpa tua» rispose con pochissimo fiato lui sperando con tutto il cuore che nè James e nemmeno Sirius avessero assistito a quella scena ridicola.
Afferrò la sua mano giusto il tempo per mettersi in ginocchio e cominciare così a liberarle i piedi dal lamè dorato sentendo il cervello non proprio lucido come quando era arrivato lì.
«Dove... dove passerai le vacanze quest’anno?» le chiese infatti senza guardarla e tantomeno ragionare.
Mary non osò chinarsi per aiutarlo. «Con Lily pensavamo di tornare a casa. Sai, di questi tempi... » balbettò, sperando che il cuore non avesse intenzione di bucare i polmoni e saltare fuori dal petto. «Ma Liv vuole stare qui... non so se lo sai, ma non va molto d’accordo con i suoi» continuò nervosamente, finalmente libera e con Remus di nuovo in piedi davanti a sè. Gli sorrise incerta prima di spostarsi verso il cesto pieno zeppo di sfere di cristallo poggiato sul tavolo.
«Mi dispiace» rispose lui seguendola. L’imbarazzo sembrava si fosse attaccato a lui con l’incantesimo di Adesione Permanente.
Improvvisamente, qualcosa gli solleticò i capelli castani e Remus sollevò lo sguardo al soffitto notando un mazzo abbastanza esagerato di vischio che pochi istanti prima non aveva notato. Si chiese come avesse fatto a non vederlo dato che era praticamente impossibile ignorare quell’ammasso ingombrante fermo a mezz’aria...
«Già... quindi molto probabilmente staremo qui a farle compagnia» disse sbrigativa Mary che sembrava non essersi accorta di niente «Sarà il nostro ultimo Natale insieme... ad Hogwarts voglio dire... almeno spero...». Afferrò due palline e ritornò all’albero.
Remus annuì, prendendone una anche lui. 
L’ultimo Natale a Hogwarts... l’ultimo sicuro, certo e senza problemi perchè una volta fuori da quella scuola per quelli come lui e come Mary tutto sarebbe diventato imprevedibile. Di certo e sicuro non ci sarebbe stato niente, neanche il buongiorno, figurarsi le feste annuali.
L’imbarazzo per aver avuto Mary addosso impallidì in confronto al pensiero che quel mese la luna piena sarebbe stata proprio il giorno di Natale*.
Forse non era poi così tanto vero che quello sarebbe stato un Natale sicuro e senza senza problemi... come del resto tutta la sua vita, dentro o fuori da quel Castello.


 


 


 


*

 
 
«Piantala, Black»
«Che male c’è a dare una mano con le decorazioni anche se non si ha una spilla al petto? La generosità non viene più apprezzata, al giorno d’oggi...»
«Stai tappezzando di vischio solo quella parte di soffitto» gli fece notare Liv, sempre meno seria; una risata le stava pian piano risalendo alla gola.
«E quindi?» fece Sirius, ridente, accorgendosene.
«Se non si sono baciati prima che erano praticamente come pane e marmellata, figuriamoci adesso»
«Questo lo dici tu...»
«Remus ha troppa paura di svelare il suo segreto e Mary non osa più fare passi azzardati. Stai soltanto rendendo le cose ancora pi...»
«Vai da Allock a dirgli se può rifare quella cosa con il nastro...»
«Tu sei scemo». Liv rimase ad osservarlo, basita.
Remus e Mary si allontanarono dall’abete addobbato e Sirius fece comparire sopra le loro teste un nuovo mazzo di vischio ancora più grande con lo sbuffo esausto di Liv in sottofondo. Sbuffo che si trasformò in risata vera e propria quando lo stesso mazzo di vischio cominciò a sbattere ripetutamente sulla testa di Remus che si coprì con le braccia, guardandosi attorno oltraggiato.
«Sei un idiota» lo insultò Liv senza riuscire a smettere di ridere di gusto, le lacrime agli occhi socchiusi, il busto piegato sul tavolo, il manuale, l'agrifoglio, la matita che caddde a terra. La risata spontanea ed incontrollata così come l'intera figura di Liv, stupì Sirius che dopo un istante di sorpresa sorrise guardandola incredulo e divertito; sorrise vedendola così spontanea, rilassata, allegra, per niente controllata,vera. L'aveva vista in quelle condizioni soltanto con Lily e Mary, mai con lui. E l'umore parve salire a dismisura, qualcosa cominciò a scaldarlo dalla testa ai piedi.
Sirius rise insieme a lei e non riuscì a trattenersi quando Liv si risollevò dal tavolo dove si era piegata tenendosi la pancia con i lunghi capelli corvini spettinati sul viso arrossato, le labbra aperte nella risata ormai muta, gli occhi scuri scintillanti; era irresistibilmente naturale e genuina, senza controllo. Con la punta della bacchetta le sfiorò d'istinto la fossetta sulla guancia rossa, senza pensare che quel gesto agli occhi di lei non sarebbe per niente apparso innocente fatto con un'arma. Sospirando piano, si disse che forse non sarebbe apparso innocente, anche se in un altro modo, nemmeno con un dito o una nocca che gli stavano fremendo dal desiderio di toccarla.
In un attimo, infatti, l’arma di Liv fu davanti a lui insieme allo sguardo perplesso, ancora bagnato di lacrime per la ridarella. L’unica fossetta sulla guancia, in quel momento, fu quella che le stava creando lui con la bacchetta ancora sulla sua pelle.
«Va bene» le mormorò Sirius ridente ed incredibilmente restio ad allontanarsi da lei. Quella risata gli aveva accelerato il cuore, gli aveva messo allegria e leggerezza in un modo del tutto inatteso e decisamente piacevole. Sirius sentì il forte desiderio di risentirla. Spaventato da quella sensazione, abbassò la bacchetta dalla guancia verso le mani di Liv che si ricoprirono di squame verde melma come due code di sirena.
«Tregua finita, Olivia»
«BLACK!» gridò lei tra il chiasso della Sala Grande. Sirius si limitò a saltare giù dal tavolo, salutandola con un sorriso scanzonato per poi allontanarsi verso l’uscita dove un’emozionata e strategicamente appostata Jane Phillips appendeva il vischio.
Liv s'irrigidì sulla panca vedendolo passare accanto al Prefetto senza fermarsi a darle il bacio come da tradizione, prima di sparire oltre lo stipite.
Jane, visibilmente delusa, si girò verso il muro e Liv buttò piano fuori l'aria dalle labbra socchiuse, il cuore accelerato. Riportò lo sguardo sulle sue mani squamose, aggrappate spasmodicamente al libro di Pozioni macchiato dalle bacche rosse accidentalmente schaicciate durante la ridarella, e la voce lontana di Sirius le riempì ancora una volta le orecchie facendola sorridere ancora.
«Tuuu sceendi daalle scaaleee... oooh reee deel ceeessooo».
Si girò di nuovo verso la porta aperta, vedendo Piton scendere l’ultimo gradino della scala di marmo e attraversare la sala d’ingresso come un ragno frettoloso. Raccattò libro e pergamene sgusciando via dalla panca, decisa a seguirlo in cortile.
 

 


 


 

 *

 

 

 


 

Il divieto di accostare l’argento al verde degli alberi per ‘Evitiamo di inneggiare ai serpenti, Lily’ era stata la cosa più stupida che Lily avesse mai sentito- e di stupidaggini da Potter ne aveva sentite a bizzeffe- ma, da dieci minuti, non riusciva a credere di star annuendo in modo sincero e convinto a Potter che, per di più, parlava di Quidditch.
Perchè sì, paragonare la Tassorosso Louisa Lufkin che rincorreva una fata capricciosa ad un Cercatore piuttosto lento e tutti quelli che appendevano decorazioni sull’albero senza centrare i rami giusti a Cacciatori ubriachi, era parlare di Quidditch. E, come dimostrava sempre in campo e come aveva cominciato a dire Liv da quando era entrata in squadra, le soluzioni di Potter stavano miracolosamente equilibrando il caos della Sala Grande.
Lily non poteva negarlo così come non aveva mai negato che Potter, come Capitano di Quidditch, era perfettamente organizzato e responsabile.

«Black!» chiamò James, autoritario. Regulus distolse lo sguardo gelido dal lamé dorato che stava Evocando con eleganti gesti della bacchetta, per guardare James con un’aria di interrogativa piuttosto altera.

«Aiuta Lufkin con le fate, recupera quelle fuori dalle gabbie» ordinò James alludendo al suo essere un ottimo Cercatore.

Regulus non fece nemmeno un cenno d’assenso, ma il lamè dorato smise di scivolare dolcemente a spirale dalla punta della sua bacchetta. Lily vide il Serpeverde dirigersi verso la Tassorosso in difficoltà, senza fare una piega ma con i pugni stretti sicuramente dal fastidio, la rabbia o il disgusto di essere comandato così da un Traditore del suo sangue, dal fratello di Sirius.
«E lui, Lily» riprese James come se niente fosse voltandosi dall’altra parte per indicare un altro Prefetto. «Lui è troppo magro per riuscire a trasportare da una parte all’altra della stanza quei cesti...»
Con un gesto della bacchetta, James salvò un povero quindicenne Grifondoro sul punto di cascare a terra. «Jordan! Sei bravo con gli Incantesimi di Levitazione? Bene, sei perfetto per le candele!»
Lily si trovò spiazzata davanti al sorriso di Jordan e a quello di Potter che aveva appena dimostrato di saper riconoscere le abilità e i punti di forza di ognuno così come i difetti. L’aveva sempre fatto, certo, trovare le abilità migliori da portare in squadra e i difetti peggiori. La cosa nuova, però, era che lo faceva senza usare quelle loro mancanze per prenderli in giro.
«Bell! Prendi tu i cesti! Hai delle buone braccia, hai mai pensato di presentarti ai provini per fare il Cacciatore?»
«James! James!» lo chiamò allegramente Allock mentre si dirigeva nella loro direzione.
«Bolide in arrivo, Lily... afferra quel ramo e colpiscilo. Tu hai un'ottima mira» le mormorò giocosamente. «A proposito, cosa ci fa qui?»
Lily si ritrovò a sorridere. «Dirk Cresswell è malato» rispose senza riuscire a smettere di sorridere; non per il povero Corvonero malato, ma perché aveva sempre trovato il Quidditch sorprendentemente affascinante da vedere- niente a che vedere con il noiosissimo gioco del calcio babbano- e adesso che in un certo senso Potter l’aveva ‘portata in mezzo al campo’ sembrava ancora più divertente.

«Che ne dici di aggiungere delle sculture di ghiaccio, James?!» esclamò Allock, radioso, arrivandogli quasi addosso. James rimase impassibile e quella totale assenza di entusiasmo offese non poco il falso Prefetto Corvonero, senza però perdere le speranze.
«All’ingresso, magari ai lati dei tavoli. Ho fatto delle ricerche sulle decorazioni natalizie e ho scoperto che a Beauxbatons usano delle splendide sculture di ghiaccio da togliere il fiato, Lily!»
«Se ti ho bocciato l’idea degli elfi domestici travesiti da quelli di Babbo Natale che prendono ‘le nostre letterine’, come pensi che possiamo accettare le sculture di ghiaccio, Gilderoy?» esclamò Lily incrociando le braccia al petto. Era la seconda volta che ridimensionava l’entusiasmo eccessivo da Wedding Planner di Allock. Soltanto Gazza quando parlava delle vecchie punizioni-torture lo superava.
«Poco originali, ecco cosa siete voi due»
«La sculture di ghiaccio sono poco originali, Gilderoy, visto che le usano già da un’altra parte» rispose con più gentilezza Lily. «Però possiamo pensare a qualcos’altro. Hai altre idee?»

«Tanto me le negate tutte! Questo posto è di una noia mortale!» sbottò il Corvonero, allargando teatralmente la braccia per indicare la sala che proprio in quel momento fu invasa da un forte scoppio.
Del fumo rosa e oro si levò vicino al portone dove Pandora, la Corvonero del settimo anno che come Allock non era un Prefetto ma si offriva volontaria ogni Natale, stava a terra con le mani davanti al viso. Lily corse immediatamente a soccorrerla.
«Pandora! Stai bene? Ti fa male da qualche parte?» esclamò, spaventata, inginocchiandosi davanti a lei per aiutarla a mettersi seduta.

«Sto bene, Lily, grazie» mugolò Pandora, tossicchiando. «Qualcosa... è andato storto... ma non so cosa!» Nel suo tono di voce più che sofferenza c’era rabbia per non essere riuscita nel suo intento.
James le raggiunse, insieme ad una piccola folla di Prefetti. «Che cosa stavi combinando stavolta?» le chiese allibito.
Qualcuno dietro di lui borbottò- «Se non sta più attenta, un giorno di questi ci lascerà le penne con uno dei suoi esperimenti»- e delle risatine lo seguirono a ruota.
«Volevo fare la neve che cade dal soffitto, ma invece del solito bianco la volevo d’oro. In Sala Comune ci sono riuscita...» rispose lei in un sussurro concentrato sollevando lo sguardo pensieroso verso l’altissima volta coperta da nuvoloni grigi sopra le loro teste.
Qualche Corvonero annuì alla sua affermazione e la sua amica di dormitorio Marlene McKinnon, arriva di corsa con la spilla da Prefetto appuntata al maglione lanoso, confermò le sue parole aggiungendo anche che era uno spettacolo più bello delle fate.

Lily scosse la testa posandole una mano sulla schiena. «Dora, spetta al professor Vitious incantare il soffitto, così come le armature»

«Lo so» rispose lei alzandosi mentre tutti gli altri ritornavano ai loro compiti. «Ma è così bella in Sala Comune! Lily, dovresti farmi riprovare!»
Lily schiuse le labbra rivolgendo uno sguardo a James che fece spallucce. Non fece in tempo a dare il consenso a Pandora perchè, dalla sala d’ingresso, John Owen le afferrò delicatamente un braccio per farla arrivare sotto alla porta completamente decorata di... vischio.
Lo sguardo orripilato di James notò, con lo stesso piacere che provava ogni volta che trovava i capelli di Sirius nello scarico della doccia, che i Prefetti avevano lasciato lo zampino natalizio anche lì. Per un attimo desiderò che tutti quei rami e quelle bacche se li infilassero nel...
«Ciao» salutò con un sorriso il suo ragazzo Lily, vedendolo indicarle il mazzetto sopra le loro teste che la bacchetta di James, nascosta dietro la schiena, trasfigurò immediatamente in Agrifoglio.
Lo sguardo del Corvonero si assottigliò, fissando con incredulità le bacche rosse che prima aveva chiaramente visto bianche.
«Da quando l’agrifoglio ordina a tutti di baciarsi? Evans, se non ci muoviamo l’unico pranzo che vedremo sarà quello di domani» s’inserì James in tono sorprendentemente severo.
«Che rottura» mormorò tra i denti Lily ad un John particolarmente infastidito. «Ma ha ragione, per una volta».
Si allontanò da lui dandogli una lieve carezza sul braccio e poi superò James senza accorgersi di Violet, l’amica pettegola della Signora Grassa, che ridacchiava da un quadro vicino facendo starnazzare il gruppo di anatre della padrona della cornice, una bambina ridente in vestaglia.
«Le tradizioni si rispettano, Owen» fece James con un sorriso sornione stampato in faccia davanti all’espressione guardinga di John. «Se non è vischio, niente bacio... o la sfortuna vi perseguiterà per tutta la vita» fece, sollevando lo sguardo sull’agrifoglio dalle bacche rosso acceso che sembravano fargli un occhiolino complice. Non aveva la più pallida idea delle ‘conseguenze’ di un bacio dato sotto l’agrifoglio ma se non sarebbe stata la sfortuna a perseguitarli di certo l’avrebbe fatto lui e il suo fidato Gramo personale.
Strabuzzò gli occhi quando vide il Corvonero entrare in Sala grande al loro seguito.
«Ci stai seguendo, Owen?» domandò, pungente, James.
«Non direi, Potter. Studiare qui, oltre che un mio bisogno, è un mio diritto».
James imitò il suo sorriso gentile, piegando un minimo la testa di lato.
Farti fare una rotolata fino ad arrivare alle clessidre è il mio bisogno e diritto invece. Come la mettiamo? Alza pure quel sopracciglio... magari ti cascasse insieme all’occhio. Puoi anche fissarmi con questo sguardo da babbuino che crede di essere un leone, Owen... mi fai lo stesso effetto di un Basilisco cieco. 
 
 














Note:
 
 
 
*Nel 1978 la Coppa del Mondo di Quidditch è stata annullata per via della guerra. Qui ancora non lo sanno. Nel 1974 è stata vinta dalla Siria.
 

*Le uova degli Occamy sono fatte d'argento puro e per il Ministero sono materiale commerciabile di classe B: hanno un alto valore e il loro commercio è permesso, ma strettamente regolamentato.
Lumacorno, nei libri, si è sempre dimostrato interessato per i materiali preziosi, cari, difficili da reperire (i peli di unicorno dentro la capanna di Hagrid e il veleno di Acromantula). In un modo o nell'altro riesce a prenderli. Immagino che per le uova d'argento degli Occamy farebbe lo stesso, Mary e il professor Kettlebrun lo sanno.
Anche qualcun'altro sarà interessato alle uova degli Occamy xD State attenti!

*Ho voluto descrivere Piton insicuro sul fatto dei Mangiamorte perchè nel quarto libro Sirius dice ad Harry che non ha mai saputo con assoluta certezza se Piton aveva o no il Marchio Nero.
Da Kreacher sappiamo che Regulus si è unito a Voldemort a sedici anni, quindi in questo periodo della mia storia.

*Il padre di Avery era nella cerchia di amici stretti di Tom Riddle ad Hogwarts, quindi quando è morta Mirtilla lui c’era. Molto probabilmente anche quello di Mulciber (che accompagna Voldemort quando chiede la cattedra di Difesa a Silente). Nel sesto libro, Silente in una lezione privata con Harry, li descrive come i primi futuri Mangiamorte insieme a Nott (padre di Theodore, come veniamo a sapere nel sesto libro, e non il nonno) e il padre dei fratelli Lestrange che a scuola, guidati da Tom, compivano malefatte senza farsi mai scoprire come l’apertura della Camera dei Segreti. Soltanto nel 1992 si scoprirà che non è stato Hagrid ad uccidere Mirtilla per colpa di Aragog (come aveva detto Tom Ridlle). Prima, nessuno sapeva che Voldemort era l'Erede di Serpeverde e nessuno doveva saperlo. Lucius lo sa perchè era un Mangiamorte e aveva il diario (Dobby dice a Harry che la Camera era già stata aperta, ma non dice chi l'aveva aperta perché non può dirlo, essendo l'elfo di Malfoy. Draco non lo sa, ma dato che nessuno deve sapere, Lucius non lo dice nemmeno al figlio). Non credo che i genitori Mangiamorte potessero dire i segreti di Voldemort ai figli.
I genitori di Avery e Mulciber devono per forza sapere che Voldemort è l’Erede dei Serpeverde e che la Camera esiste, ma non lo dicono ai figli.
Silente dice che molto probabilmente, Tom Ridlle ha scoperto che Salazar Serpeverde era un rettilofono come lui già la sera in cui venne smistato a Serpeverde. Non era un segreto che Salazar fosse un rettilofono, però Tom Riddle era praticamente come un Nato Babbano e non conosceva nulla del Mondo Magico.

Tom Riddle, aprendo la Camera dei Segreti, se ne frega di uccidere anche bambini... sa che il basilisco ucciderà solo Nati Babbani e a lui sta bene così. Quindi nessun ''sangue magico sprecato'', come dirà poi durante l'ultima battaglia nel 1998. Anche se poi per tutta la vita ha ucciso anche purosangue come l'erede di Tosca Tassorosso, Smith. E non si fa scrupoli ad ordinare di uccidere, se necessario, bambini come il fratello di cinque anni di due compagne di scuola di Harry, nel sesto libro, solo perché la madre non ha voluto aiutare i Mangiamorte.

*I Prefetti a Natale. Nel quinto libro Harry dice che Ron e Hermione a dicembre sono ancora più impegnati con i doveri di Prefetto (questo fa pensare che anche per il resto dell'anno fanno qualcosa, come le ronde serali a turni dato che spesso stanno con Harry dopo cena).
A pagina 429 vengono descritti chiaramente questi doveri: "Furono incaricati di sovrintendere alla decorazione del castello, sorvegliare gli allievi di primo e secondo anno nei corridoi, pattugliare i corridoi con Gazza". Ron dice chiaramente che è davvero difficile appendere le ghirlande con Pix attorno.

*Jill Tweedie (nella foto sul muro di Lily): esponente del femminismo inglese, scrittrice e giornalista di The Guardian .
 
*Barty Chrouch Prefetto e giocatore di Quidditch: 
  "Erano anni che non uscivo di casa. Avevo amato il Quidditch". Barty Crouch jr. sotto effetto del Veritaserum mentre Silente lo interroga, alla fine del quarto libro.
Non so se sia mai stato un prefetto, ma il padre (quando Harry lo incontra nella Foresta al quarto anno, un po' mezzo fuori di testa) mentre delira dice espressamente che Barty aveva preso 12 G.U.F.O. (Una cosa strana perché Hermione non è riuscita a farlo, nemmeno con la Giratempo per via delle lezioni che si accavallavano). Credo che anche Bill e Percy Weasley ne abbiano presi 12, magari il vecchio calendario delle lezioni in passato era meglio organizzato. La Rowling in un'interivsta ha detto che la Giratempo le ha sempre dato problemi (per questo nel quinto libro le fa distruggere tutte nell'Ufficio Misteri). Dice anche che quella data ad Hermione è stata l'unica entrata a Hogwarts. In altre interviste dice che non le è mai piaciuta la matematica e che se torviamo errori con i numeri è perché si è sbagliata. Semplicemente, la Rowling voleva far vedere quanto fosse intelligente Barty Crouch. In effetti, lo vediamo fare una miriade di cose per riuscire nel suo intento di portare Harry a Voldemort: cattura il vero Malocchio costantemente in allerta in casa sua, lo mette sotto Maledizione Imperius (Arti Oscure, Difesa e duello), prepara la Pozione Polisucco rubando gli ingredienti a Piton (Pozioni), Confonde un oggetto antichissimo e carico di magia potente, tra l'altro protetto da Silente (Incantesimi e Antiche Rune), consiglia l'Algabranchia in modo indiretto a Dobby (Erbologia), trasfigura il corpo di suo padre in un osso (Trasfigurazione). 
 
*La luna piena nel dicembre 1977 era davvero il giorno di Natale.

 

 

   
 
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