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Autore: ERiCA_13    04/05/2017    2 recensioni
Raccolta di cinque shot sull'evoluzione del rapporto tra Remus e il suo "piccolo problema peloso".
#ARRENDERSI - "Era questo il sangue per Lunastorta quando il momento si avvicinava, un richiamo, una necessità, come lo era la luna… "
#LA LUCE - "[...] l’anziano mago fece scontrare le sue iridi cerulee con quelle ancora alterate del licantropo, provocando in quest’ultimo la ricomparsa di antichi ricordi, battaglie, amicizia, speranza, sacrificio, possibilità, dovere, amore… "
#TUTTO IN ROVINA - "Non aveva fatto del male ai ragazzi, questo era l’importante, solo questo. La caccia era stata un fiasco per la bestia e lui se ne beava."
#PERCHÉ NO? - "[...] stava andando male, qualcosa di brutto stava accadendo e lui era inerme, preda designata di un destino terribile, prigioniero di se stesso."
#LEI&LUI - "Rimase ferma fino alla fine, fin quando di Remus non c’era più traccia, fin quando davanti a lei trovò il lupo mannaro, la bestia, che la guardava con occhi spiritati, affamati ed omicidi."
.e.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Remus Lupin, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'RJL - Memorie di un Licantropo'
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Tempi di Caccia
#LA LUCE
 



Remus avanzava incerto sulle gambe stanche che, come tutto il suo corpo, erano percorse da spasmi dolorosi e incontrollati. Questa volta era riuscito a salvare i suoi vestiti dalla distruzione fortunatamente, perché non avrebbe potuto comprarne altri, il lavoro era scarso da tempo, ma mai come in quel momento.
Si era trasferito nello Yorkshire da un po’ e, forse, era arrivato il momento di andarsene, magari di nuovo in Spagna…

Raggiunse il portoncino di legno marcito, che segnalava l’ingresso di quella che era diventata “casa sua”, un vecchio casolare con chiari segni di abbandono, affiancato da un fatiscente, ma funzionale alle sue trasformazioni, fienile. Questa volta però era riuscito a fuggire dalla sua tana, si era risvegliato in una caverna nel bosco, nudo e pieno zeppo di ferite sanguinolente su tutte le gambe, le braccia e l’addome. La caccia doveva essere andata male alla bestia, quelli non sembravano suoi morsi… Aveva trovato alcuni suoi vestiti lì – ormai conosceva i luoghi preferiti dove si riparava da vagabondo trasformato –, con  alcuni si era dato una pulita, per poi romperli e farsi delle bende di fortuna, e con gli altri si era coperto.

Fece forza sulla maniglia, ma si rese conto che, anche se la porta era in condizioni critiche, lui doveva esserlo di più; così vi si appoggio di peso con la spalla, provocandosi fitte dolenti su tutta la parte sinistra del corpo. Una volta dentro fu accolto dal fresco e rigenerante buio della stanza, come una dolce e materna carezza sulla sua pelle martoriata e spossata. Fece per chiudere la porta, ma sbiancò vedendo quanto suo sangue la ricoprisse. Si girò verso il mobile più vicino, aprì un cassetto e ne tirò fuori uno straccio bianco, col quale iniziò a togliere le macchine cremisi dalla maniglia, affannandosi.
 
«Sai caro ragazzo, nelle tue attuali condizioni, puoi anche farlo con la magia, nessuno penserà che tu sia uno scansa fatiche.»

Remus sobbalzò al suono inaspettato di quella voce, cadendo quasi a terra dallo spavento. Si appoggiò al muro mentre girava il viso all’uomo sconosciuto in casa sua e… ma poi, sconosciuto…?
«Pro-professor Silente? È lei?» Quella domanda era uscita lieve ed incredula dalle sue labbra, come avesse detto una gigantesca eresia.

«Oh, molto bene Remus! Allora non sei impazzito come temevo!» Albus Silente entrò tranquillo e contento nel cono di luce che si era creato all’ingresso, grazie alla porta aperta. Tirò fuori la bacchetta e ripulì il sangue sul legno, poi si diresse verso il licantropo e gli passò delicatamente un braccio sotto le spalle, aiutandolo a camminare fino ad un grande e scassato divano giallognolo.
 
«Grazie professore… ma lei come…? Cosa, cosa ci fa qui? Come ha fatto a trovarmi?» Remus catturava ogni dettaglio dell’anziano amico, la lunghezza dell’argentea barba, le nuove e profonde rughe sul suo viso magro, le vesti chiare e bordate da tessuti preziosi, quei taglienti e limpidi occhi azzurri. Tutto quello che riusciva a pensare era che Albus Silente rispecchiasse perfettamente un potente fascio di luce, tutto quello che si trovava nelle sue immediate vicinanze brillava come avesse tratto nuova vita dalla presenza di lui.
Forse erano solo impressioni dovute allo spaesamento della trasformazione della notte appena trascorsa, ma il lupo non poté fare a meno di sentirsi leggero e contento. Non si era nemmeno reso conto che Silente stava curando le sue ferite.

«Così, così dovrebbe andar meglio, vero? Cioccolata?» dopo aver tirato fuori dalla lunga tunica una tavoletta di cioccolato gianduia, l’anziano mago fece scontrare le sue iridi cerulee con quelle ancora alterate del licantropo, provocando in quest’ultimo la ricomparsa di antichi ricordi, battaglie, amicizia, speranza, sacrificio, possibilità, dovere, amore…

Nell’attimo di quello scambio di sguardi, Lupin si ritrovò davanti tutta la sua vita, tutto il dolore e la nostalgia delle perdite, tutta la solitudine, la tristezza e lo sdegno per quello che era diventato.
«Professore, mi dispiace… non avrei mai voluto che mi vedesse in questo stato… Scusi.»

«Remus calmati, calma. Non mi sono certo scandalizzato, ci vuole ben altro per farlo ora che ci penso. In fondo sapevo delle tue condizioni e mi scuso io per non essere intervenuto prima, mio caro amico.» il volto del professore si rabbuiò per un momento, facendolo sembrare più vecchio di almeno 100 anni, ma si riprese quasi subito sorridendo all’altro.

«Tuttavia, ora sono qui e anche se trovo il paesaggio dello Yorkshire delizioso, devo pregarti di fare le valigie e trasferirti di nuovo.»
Remus si sistemò meglio sul divano, aiutandosi con uno dei polverosi braccioli e storse la testa, curioso di sapere dove Silente volesse andare a parare con quella frase.

«Vorrei ragazzo mio, che venissi a ricoprire il ruolo di Insegnante in Difesa Contro le Arti Oscure e sap…»
«Non credo di essere la persona più adatta per questo, né la più raccomandabile Albus…»
«… Come dicevo, sappi che un “no” non è contemplato fra le risposte! Avrai sempre garantita la pozione Anti-Lupo, se è questo che ti preoccupa. C’è bisogno di te Remus, è il momento di tornare tra noi!»

Il licantropo chiuse gli occhi stanco, ecco perché se ne era andato. Quel noi pesava come le montagne sulla sua anima, come se ancora avesse un’anima poi. Tsè.
Quel noi significava impegno e controllo, significava fiducia, significava sofferenza.

Impegno e controllo da parte degli altri verso la sua condizione.
Fiducia da ottenere di nuovo e da dare di nuovo.
Sofferenza di tutti, perché i lupi mannari portavano solo morte.
 

«Non credo che verrò… Non voglio trattenerla oltre, la mia risposta non cambierà. Quindi, la prego mi lasci solo… grazie per avermi aiutato prima e scusi per il tempo che ha perso con me questa mattina.»

Silente mise su una smorfia triste e senza dire una parola si voltò dando le spalle a Remus e si diresse verso la porta ancora aperta. Rientrò in quel cono di luce, brillando come non mai. Mise un piede fuori. Il busto oltrepassò le mura della casa. Anche l’atro piede stava per toccare il suolo, ma poi il vecchio mago parlò di nuovo.

«È un peccato che tu non venga a conoscere Harry, caro Remus. Sai è uguale a loro… si, direi un mix perfetto tra Malandrini e la Evans… » Un rumoroso respiro sfuggì dalle labbra del giovane, aveva la sua attenzione.

«È un peccato davvero, quel ragazzo avrebbe bisogno di un alleato, soprattutto ora. Sai cosa si dice in giro, no? Si dice che lui sia fuggito, potrebbe rappresentare un pericolo…»
 
Poche frasi. Poche frasi che avevano colpito sia il lupo che l’uomo. Sapeva che si trattava di un subdolo giochetto del professore, per dargli una motivazione e raggiungere il suo scopo, ma non gli importava troppo.
Stava di nuovo scivolando nel baratro dei suoi ricordi, dei suoi pensieri, delle sue emozioni…
Gli occhi si aprirono fino a spalancarsi, le pupille si dilatarono, riempiendosi di scintille color rubino, i sensi  si acuivano. La pelle venne scossa da mille brividi, il cuore saltava battiti, per poi recuperarli tutti insieme, veloci e dolorosi. Piccole e insolenti scariche elettriche lo percorrevano.
L’emozione che provava era indescrivibile, perversa, semplice e contorta, piacevole e spiacevole, inutile frenarla, l’istinto prendeva di nuovo il sopravvento.

Nella sua mente si formarono enormi tre parole,
“SEI MORTO BLACK. SEI MORTO BLACK. SEI MORTO BLACK”

E poi altre tre,
“VIA ALLA CACCIA.”
 
Eppure il suo corpo si irrigidì, un barlume di lucidità, la voglia di lottare contro sé stesso. Il respiro tornava a regolarizzarsi, i pensieri a turbinargli per la testa. “Sta calmo, sta calmo idiota… pensa… pensa…”.
 
La bestia, però, aveva già deciso la sentenza: Vendetta.
 
«Quando inizio?»
«Il primo di Settembre naturalmente, Professor Lupin.» La soddisfazione. Il secondo piede a terra. Pop.
   
 
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