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Autore: La Setta Aster    10/05/2017    1 recensioni
Max straccia la fotografia con la quale avrebbe potuto salvare la baia: per lei Chloe è più importante anche di Arcadia Bay. Conclusa la tempesta, entrambe sanno che la loro vita non sarà mai più la stessa, e che possono contare solo l'una sull'altra. Questo è il loro viaggio, per dimenticare, per ricordare, per ricominciare a vivere insieme, tra Seattle, Portland, in lungo e in largo per lo stato dell'Oregon. Questa è la seconda stagione, così come l'abbiamo immaginata io (Helen ;-) ) e Riordan (grazie per avermi fatto scoprire Life is Strange, non avevo proprio bisogno di sostenere l'industria dei fazzoletti! ;-P ).
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri | Personaggi: Chloe Price, Max Caulfield
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Il viaggio di Max e Chloe si era protratto dalla costa in cui Arcadia Bay un tempo esisteva, verso l’entroterra, in direzione della contea di Columbia, per poi riprendere la strada a nord, dove avrebbero di lì a poco incontrato il confine con lo stato di Washington. Chloe sapeva che prendere la strada per Astoria, costeggiando le baie che assomigliavano un po’ tutte alla perduta città della loro infanzia, sarebbe stato doloroso per entrambe, ed in particolar modo per Max, quindi non si soffermò nemmeno sull’idea di attraversare l’Astoria Megler Bridge che scavalcava il fiume Columbia fino allo stato di Washington. Le sarebbe piaciuto portare Max nella città in cui era ambientato il film I Goonies, ma lo avrebbero fatto in un altro momento. Inoltre, anche Chloe, come Max, non aveva voglia di mettere le radici da qualche parte. Il pick up della coppia di ragazze in viaggio si riportò sulla strada per Portland, a un’ora e mezza di macchina. Ma non avevano fretta, Chloe decise di non spremere l’acceleratore come era sua cattiva abitudine.

Per Max era la prima volta nella sua vita in cui una meta non era sinonimo di certezze. Una strana sensazione le permeava il cuore: non voleva una casa, non ancora. Voleva la sua Chloe e una strada. Le poche ore che la dividevano da Seattle per lei erano passate dall’essere una sicurezza, una via di fuga, un vicino nido dove sarebbe stata accolta, ad un vampiro che le succhiava il sangue del tempo che avrebbe passato in viaggio con la ragazza dai capelli blu. Sapeva che i suoi genitori la stavano aspettando, e che erano molto preoccupati, ma dopo la settimana appena vissuta aveva un bisogno feroce e mordente di evadere con Chloe. E lo avrebbe fatto, non le importava nient’altro. La città di Kurt Cobain avrebbe potuto attendere.

Chloe aveva un senso dell’orientamento fuori dal comune. Prima che Max imparasse la strada per il loro nascondiglio pirata, ad Arcadia Bay, fu Chloe a guidarla attraverso il bosco di sempreverdi, come un capitano guida la sua ciurma. E adesso era capitano di una decadente ma fascinosa nave di metallo, e stava conducendo il suo “primo ufficiale” attraverso i mari del mondo.

Max lasciava vagare il suo sguardo sognante prima alla strada, e poi a Chloe, che accarezzata dal sole del pomeriggio appariva come una eburnea statua greca. Non si stancava mai di osservare, pensare, e ascoltare il suono del silenzio. Passarono una trentina di minuti senza dire una parola, ma immerse in una bolla di sapone, una coperta calda di serenità dipinta in una cornice dalla luce carezzevole che rendeva il panorama morbido e rilassante. Era come se il rumore delle ruote sull’asfalto potesse coccolare le orecchie di Max, come facevano gli auricolari nel caos delle voci, lungo gli affollati corridoi di scuola. Il suono del motore si trasformò in quello del caffè che viene preparato da una caffettiera, la mattina presto. Assomigliava anche al soave rombare delle onde contro la scogliera, come lei e Chloe amavano udirle dal faro. Cullata dal lieve ondeggiare del pick up sulla strada dalle curve leggiadre, Max si addormentò. Chloe non se ne accorse per un bel pezzo, ma quando vide la sua Maxine addormentata così dolcemente, si lasciò spuntare un sorriso quasi commosso. Mentre dormiva appariva ai suoi occhi turchesi come un cucciolo, che respira sommessamente tra un sogno e l’altro, oppure un fiore così delicato, che se toccato con più forza del semplice sfiorare, avrebbe perso i suoi petali, e Max si sarebbe svegliata. Chloe, mentre teneva d’occhio la strada, ogni tanto si concedeva uno sguardo all’amica. Una volta temette che fosse svenuta come quando aveva le sue visioni, e diede prima uno sguardo al ventre, per assicurarsi che si muovesse insieme al respiro, e poi estrasse un coltellino dal cruscotto e lo avvicinò al naso di Max. Quando sulla lama comparve uno sbuffo di vapore, Chloe si rincuorò, e tornò a guidare tranquilla. Pian piano il paesaggio iniziava a cambiare, ad essere più pianeggiante, e la nuova tavolozza di colori si allontanava leggermente dal verde appena lasciato, in favore di colori più consoni al deserto.

Era raro che io e Max giocassimo a Cowboy e Indiani; di solito eravamo piratesse. Sarà il fascino della baia, il porto, il mare, e quel faro che a novembre veniva avvolto dalla nebbia. Una volta Max gli scattò una fotografia e disse che il faro indossava un vestito di seta bianco per la serata. È sempre stata una poetessa. 

Mancava poco più di mezz’ora a Portland, ma Chloe intravvide un motel. Il sole aveva appena iniziato a scivolare lungo il cielo ad ovest, e alla notte mancavano ancora delle ore, ma lei era sfinita, e avrebbe voluto che Max potesse dormire in un letto, invece che seduta sul sedile del suo pick up.

Come fa a stare comoda? C’è addirittura una molla dello schienale che sporge in fuori, non le dà fastidio? Deve essere dannatamente stanca.

Senza fare manovre brusche, parcheggiò la macchina e si diresse alla reception, chiudendo a chiave le portiere. Max sarebbe potuta scendere, se si fosse svegliata, aprendole dall’interno, ma nessuno avrebbe potuto raggiungerla, mentre Chloe era lontana.

Entrò, e la porta tintinnò per avvisare che un cliente era intenzionato ad acquistare una stanza. Il responsabile, però, pareva molto più preso dalla partita di football che davano alla televisione, e non udì il campanello.

“sarei tentata di rubare una chiave, tanto non se ne accorgerebbe nemmeno” disse la ragazza dai capelli blu, attirando l’attenzione dell’uomo, basso e stempiato “ma sono diventata onesta, ultimamente”

Seccato, l’uomo le consegnò una chiave, con il numero 13 stampato sopra, e sbiadito.

Sul serio? La numero 13? Beh, speriamo che questa notte non si trasformi in una canzone dei Black Sabbath… Tornò dall’amica. Bene, ora come accidenti faccio a portare Max fino alla stanza senza svegliarla?

Per prima cosa, condusse il pick up più vicino alla stanza, poi aprì la porta e la lasciò spalancata. Slacciò la cintura di sicurezza di Max con estrema cautela, e la prese in braccio senza che lei si accorgesse di nulla.

Ora chi è la ninja tra noi due, SuperMax?

Quando la posò sul letto, stropicciò il viso, e Chloe temette che si stesse svegliando, ma alla fine sbuffò nel sonno, si girò sul fianco e tornò a dormire.
Dovette trattenersi dal lasciarsi sfuggire una risata. Per prima cosa, parcheggiò l’auto dove non fosse d’intralcio, poi chiuse la porta della stanza a chiave. Gettò un altro sguardo a Max, ogni tanto improvvisava delle buffe facce mentre dormiva. Scosse la testa per non ridacchiare, poi levò il cappello e lo gettò sul suo letto, che distava lo spazio di un comodino da quello di Max. Si passò le mani tra i capelli azzurri, scompigliandoli. Si rese subito conto che erano schiacciati ed unti: una doccia le avrebbe fatto bene. La porta del bagno era immediatamente davanti ai due letti. La aprì, per esplorare quel loculo che il motel spacciava per bagno. Nella doccia c’era a malapena lo spazio per potersi muovere.

Di certo non ci staremmo in due, qui dentro; scusa, Max. Scherzò con sé stessa. Però non poteva fare a meno di pensare a quando lei e Max si erano intrufolate nel camper di Frank. Chloe fantasticava immaginandosi loro due, piratesse della strada in viaggio lungo la costa occidentale verso Big Sur a bordo di quel “bestione”, e Max, celando un desiderio in una battuta goliardica, le disse: “e probabilmente mi chiederesti di baciarti di nuovo”.

Mi viene da ridere ogni volta che ci penso. Oh, la mia Max cresce e fa fantasie su di me. Beh, il viaggio è ancora lungo…

Si spogliò, gettando i vestiti per terra, attese con pazienza che l’acqua da gelida divenisse calda, e poi s’immerse nella cabina, lasciando che l’acqua le scivolasse gradita addosso. La accolse con piacere, mentre si faceva strada tra i suoi capelli, per poi ricoprirla come un abito trasparente. Le scaldava la pelle infreddolita dall’avvicinarsi delle rigide stagioni fredde dell’Oregon. In quel momento si sentiva così rilassata che nemmeno pensò all’erba, come era solita fare quando aveva bisogno di staccare la spina. Non poteva sapere che, invece, nell’altra stanza, Max, si agitava tra le grinfie di un incubo.

Max era confusa, non comprendeva come mai quel sogno, così vivido, le stesse facendo questo. Era paralizzata, sdraiata per terra, nella discarica dove Chloe amava isolarsi. Era notte. Sentiva delle voci, e poté distinguerle con grande angoscia: Nathan Prescott e Mark Jefferson. Insieme alle voci, Max udiva il rumore di una pala. Il professore stava inveendo contro Nathan, gli rimproverava di aver esagerato con la dose e di aver ucciso Rachel Amber. Diceva che era pericoloso, un omicidio attira troppa attenzione, e che bisognava sperare che il pensiero comune fosse che la ragazza fosse fuggita da qualche parte al sud.

“forza, seppelliscila” ordinò Mark Jefferson al suo giocattolo.

Max si sentì afferrare i polsi, sollevare la schiena. Nathan la stava trascinando nella fossa. Era spaventata a morte, non riusciva a gridare, a reagire, nemmeno a muoversi, ed era una sensazione che lei detestava. Si sentiva soffocare. Cadde nella buca. Credette di morire, quando Nathan iniziò a ricoprirla, lasciando cadere zolle di terra smossa su di lei. Quando arrivò al volto, non riuscì più a respirare, ansimando con foga. Pian piano, Max, come Rachel, finì seppellita in quella fossa, in attesa di essere trovata da Chloe.

La porta del bagno si aprì.

“dovremmo comprarci dei vestiti nuovi, e anche dell’intimo” disse Chloe. Si interruppe ancor prima di concludere la frase: Max respirava come se fosse asmatica, come se cercasse di trarre la maggior quantità d’aria possibile in due polmoni che non volevano gonfiarsi. E aveva le lacrime agli occhi, era rossa in volto e fradicia di sudore, e si agitava con spasmi isterici.

“Max!” urlò, ed accorse. La prese tra le braccia e la strinse. Dapprima, la ragazza provò a dimenarsi, tanto che riuscì a colpire l’amica con un pugno. Ma non demorse dal tentativo di svegliarla, e di calmarla. Quando finalmente tornò al mondo reale, era nel pieno di una crisi di panico. Non riusciva a parlare, ma tentò di dire “non respiro”. Chloe capì immediatamente. Le premette leggermente una mano contro il ventre.

“senti la mia mano? Voglio che la spingi via con il tuo respiro, va bene?” Max si fidò dell’amica, e tentò di respingere la mano di Chloe, calda e gentile. Dapprima i respiri erano faticosi, febbrili, e troppo rapidi. Iniziò a girarle la testa, temette di svenire. “così, respira con la bocca, come se sbadigliassi” la guidava passo passo “ora cerca di rallentare, respira più piano ma fai respiri più profondi”. Il viso di Chloe da corrucciato per lo spavento divenne più dolce, amichevole, per tranquillizzare l’amica. Pian piano il respiro iniziò a farsi regolare. Si sentiva ubriaca, doveva essere in iperventilazione.

Chloe, sei arrivata a salvarmi da quell’incubo.

“visto? Sei sempre la mia Super Max, un incubo non può fermarti!” le accarezzava le guance, mentre parlava.

“da oggi in poi” parlava a fatica, tra un respiro ed un altro “ti vendo i diritti del nome” ridacchiò, confortando Chloe “sarai Super Chloe”

Sollevata, e grata che Max stesse bene, la ragazza dai capelli blu la aiutò a ridere. Non le chiese cosa avesse sognato, non ancora. Non era il momento.

Credo che ora sia il mio turno di una doccia, ne ho davvero bisogno. Pensò la crononauta.

Max si prese qualche minuto per riprendere appieno le forze, mentre Chloe vegliava su di lei.

Oggi sei la mia eroina. Non so che farei, o chi sarei senza te. Grazie di essere tornata nella mia vita, anche se hai dovuto morire prima… Per poi farti salvare il culo giusto un po’ di volte. Il pensiero la fece divertire.

“credo mi serva una doccia, puzzo più dello spogliatoio dei ragazzi nella palestra della Blackwell”

“per fortuna non abbiamo avuto il piacere di avventurarci in quell’antro oscuro, l’altra notte”

“ragazze, oh la là!” la canzonò.

L’altra notte. Merda, è passato così poco tempo? Mi sembra così distante, quel momento, come se l’avessi vissuto durante un’infanzia ormai sbiadita. Sto diventando vecchia, col mio girovagare nel tempo? Max aveva vissuto talmente tanti momenti, talmente tante realtà, in tempi così lontani, che quella settimana le era parsa lunga come una vita intera. L’aveva davvero provata. La sua riserva illimitata di forza per andare avanti era lì accanto a sé.

Fece per chiudersi in bagno, ma Chloe la fermò.

“aspetta, non chiudere del tutto”

Max rimase interdetta.

“vuoi sbirciarmi, sporcacciona?”

“scema, se dovessi avere un’altra crisi non voglio trovarti nella doccia priva di sensi”

Con uno sguardo malizioso, Max entrò in bagno. Si concesse del tempo per studiare l’ambiente e per curiosare in giro. Non era certo interessante come il bagno di Chloe, ma almeno non trovò antidepressivi nell’armadietto, di fianco alla tinta blu. Ed ecco lo specchio. Max attraverso lo specchio. Chissà, forse c’è un modo di parlare con un’altra Max, una di quelle che mi sono lasciata indietro nel tempo. Intanto però ho sempre la faccia da zombie, appena sveglia, soprattutto dopo un incubo. Non perse occasione per scattarsi una fotografia. Quando sgusciò fuori dalla polaroid, Max la osservò per vedere come fosse venuta, se ancora si vedevano le lacrime. Il sangue si gelò nelle sue vene, quando, per una frazione di secondo, al posto del suo autoscatto allo specchio vide lei stessa, legata a quella sedia nella camera oscura, gli occhi rossi, il corpo indebolito dalla droga. Lasciò cadere la fotografia, e gettò uno sguardo allo specchio: Mark Jefferson era alle sue spalle con un ago. Si voltò di scattò, e tutto tornò normale, compresa la fotografia.

Max, che ti sta succedendo? Voleva Chloe lì accanto a sé. La chiamo? Non la chiamo? Si merita un po’ di pace. Ma non posso farcela da sola.

“Chloe” chiamò, cercando di mantenere la voce calma, ma non riuscì a mascherare l’angoscia. Sentì che nell’altra stanza l’amica si agitò, e prese a camminare di fretta. Irruppe in bagno.

“che succede?” disse, era preoccupata.

Dannazione Max!

Era insicura, voleva riavvolgere, aveva visto che Chloe adesso viveva con il terrore che lei stesse male. Decise di raccontare una mezza verità.
“scusami, non volevo farti preoccupare” disse prima “ho solo bisogno che tu mi prometta che non mi lascerai” gli occhi erano spaventati come quelli di una cucciola terrorizzata dal mondo “voglio dire, me lo meriterei, dopo quello che ti ho fatto, ma io ho bisogno di te”

“chiudi quella bocca, Max Caulfield!” la zittì abbracciandola forte.

“grazie, Chloe”

“sarò qui se vorrai inventarti altre scuse per prenderti abbracci gratis” le diede una sculacciata amichevole.

 Poi, era giunto per Max il momento di dedicare le proprie attenzioni alla doccia. Iniziò appoggiando la sua tracolla per terra, facendo molta attenzione a non urtare la fotocamera. Mentre si spogliava, non poteva fare a meno di pensare a Chloe. Si mise esattamente davanti allo spiraglio della porta.

Mi sta guardando? Almeno si sta immaginando qualcosa? Chissà se fa fantasie su di me… Ammetto che ne sarei lusingata.

Chloe, nell’altra stanza, poteva sentire il suono della stoffa che sfregava contro la pelle di Maxine, mentre si levava i vestiti. Ricordò quel lieve, dolce imbarazzo che la colse mentre l’aveva vista spogliarsi prima di tuffarsi in piscina con lei. Provava la stessa cosa. Ma, come in quel momento, si sentì in colpa per Rachel. Come poteva essere accaduto tutto così in fretta? Il suo angelo, la sua Rachel, che aveva amato, baciato, era morta. E nonostante la ferita fosse ancora sanguinante, iniziava a provare un sentimento simile anche per Max.

Maxine Caulfield, la mia migliore amica dell’infanzia che torna da me dopo cinque anni, s’improvvisa investigatrice per aiutarmi a scoprire che la ragazza che amavo è morta; e ora mi fai innamorare tu, Max? che diritto ne hai, stronzetta? Non sapeva se sorridere, felice di essere viva insieme a lei, oppure se piangere Rachel. Fallo ora, Chloe, stupida frignetta che non sei altro. Ora che Max è sotto la doccia puoi piangere, fallo!

Si sforzò così tanto di piangere, ma non ci riusciva. Se ne vergognò, ne fu mortificata.

Perché non riesco a piangerti, Rachel?

Cercò disperatamente nel suo portafogli la fotografia della ragazza, ma non riuscì a trovarla. Presa dal panico, Corse in macchina per cercare altri suoi scatti, che l’aiutassero a piangere, ma si accorse che le uniche foto che aveva della ragazza erano rimaste a casa sua. Chiuse la porta della macchina con rabbia e tornò in stanza, gettandosi sul letto come un mucchio di vestiti dopo una giornata intensa. Per distrarsi, si mise a sbriciare nei cassetti del comodino. Trovò una copia della Bibbia.

Figurarsi, mai una volta che ti facciano trovare un libro di Stephen King.

Notò che c’era un segnalibro. Aprì la pagina nella quale era inserito, e poté constatare che qualcuno aveva sottolineato un particolare passo, come ricordo del proprio passaggio. Chloe rise, quando lo lesse.

Max uscì dal bagno. Aprendo la porta, lasciò intravvedere che aveva lasciato una scritta impressa nella condensa sullo specchio: “Max & Chloe sono state qui”.

“leggi la Bibbia, Max?”

“come scusa?” domandò la ragazza, sorpresa.

“e allora ascolta questo passo che conosco a memoria:” Chloe proseguì senza badare alla risposta dell’amica “Ezechiele 25 : 17”

Max scoppiò a ridere.

“qualche idiota si è divertito a sottolineare questo passo, da’ un’occhiata!” le lanciò il libro.

In un primo momento, era divertita, ma ad un certo punto il suo volto s’incupì, e si sedette accanto all’amica.

“che hai, Max?”

“Kate… anche lei prendeva appunti nella Bibbia” rispose sommessamente “scusami, non dovrei fare così, ma non posso credere di averle salvato la vita per poi averla lasciata morire”

Chloe soppesò le parole da dirle. “non importa ciò che è successo, Max, ascoltami” le pose una mano sulla schiena “lei si sarebbe uccisa dilaniata dal senso di colpa, dalla tristezza, dalla rabbia. Tu le hai dato speranza, un motivo per vivere. Per il tempo in cui sei stata con lei tu hai reso la sua vita degna di essere vissuta, così come la mia. E, fidati, andarsene sapendo che tu esisti e sei entrata nella sua vita è il modo migliore di morire”

“Chloe…”

“io ero pronta a morire, su quella scogliera, perché ciò che tu mi hai regalato valeva quanto una vita vissuta nel migliore dei modi. Non potevo chiedere di più dalla vita che averti rincontrata”

Finalmente, Chloe riuscì a commuoversi, e anche Max si commosse. Si strinsero in un abbraccio vigoroso, tanto forte che pareva fossero fuse insieme come due statue di bronzo destinate a non lasciarsi mai.

“grazie, Chloe”

“devo smetterla, o non la finirai più di ringraziarmi” rispose per farla sorridere “nemmeno io ti ho ringraziata così tanto per avermi salvata tutte quelle volte”

“te l’ho detto: ormai sei Super Chloe!”

“beh, allora basta musi lunghi, ne ho avuto abbastanza per oggi: mettiamo in moto il nostro dinamico duo, si va a fare compere tra ragazze!”

ANGOLO DEI REGISTI
Rieccoci! Siamo tornati con Max & Chloe in un'altra puntata psichedelica a cavallo degli orologi di Dalì! 
In questo capitolo Chloe si rende conto di doversi prendere cura di Max, poiché la ragazza inizia a perdere il contatto con la realtà. Ma Chloe non sa quanto in fretta ciò stia avvenendo... E Max non sa se avvisare l'amica oppure darle pace, facendole credere di poter davvero vivere un viaggio tra piratesse come quello che avevano sempre sognato. Saremmo curiosi di sentire quale scelta avreste fatto nei panni di Max, e, chissà, magari potremmo proseguire la storia in questo modo, facendo scegliere voi, pubblico da casa! 
Alla prossima, crononauti!
 

 
  
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