L’Erede del Male.
“And I'm damned if I do and I'm
damned if I don't
So here's to drinks in the dark at the end of my road
And I'm ready to suffer and I'm ready to hope
It's a shot in the dark and right at my throat
'Cause looking for heaven, found the devil in me
Looking for heaven, for the devil in me
Well what the hell I'm gonna let it happen to me.*”.
[Florence and the Machine – Shake it out]
Atto VII, Parte III
– La Negromante
Non si era mai sentita così.
Non quando ancora la sua vita poteva essere
definita normale ed il massimo dell’avventura era stata appendersi a testa in
giù sulla scopa e segnare un punto ad uno sconvolto portiere serpeverde alla partita del suo debutto1. Non
quando, ormai grande, aveva deciso di non essere più cauta e di accettare
quelle sue strane emozioni per il proprio Capitano, gioendo nell’essere così
apertamente ricambiata. Non quando, ormai cambiata, aveva visto il suo giovane
amore crollare sotto il peso del dubbio e finire fra le braccia di una donna
che lei non credeva sarebbe mai stata nulla più di una insignificante mosca
nella sua vita.
Katie credeva che non avrebbe mai più provato emozioni
forti come quella notte. Credeva che non si sarebbe mai più sentita talmente
distrutta dal dolore come quando, dopo aver deciso di tornare indietro, di darsi una possibilità, aveva assistito
alla morte dichiarata di un rapporto che probabilmente non era mai stato
destinato ad iniziare2.
Oliver
Baston non le apparteneva più e lei si era convinta che
null’altro avrebbe più avuto importanza. Un cuore quasi morto poteva spezzarsi
ma non più guarire, tanto valeva mettersi l’anima in pace e lasciarsi consumare
dall’orrore di un’esistenza a metà. Katie si era lasciata morire, cullata solo
dalla memoria di ciò che era stata e che non avrebbe vissuto mai più, perché le
era stata tolta quella scintilla d’umanità che riteneva necessaria.
Si era
sbagliata.
Quando era solo una bambina, sua madre le aveva
rivelato che molte delle sue cugine presto o tardi avrebbero iniziato a dare
dimostrazione di poteri strani,
circondandosi di esseri spaventosi e rinunciando alla loro stessa anima pur di
diventare sempre più forte. Lei, così come Katie, era stata risparmiata a
quello strazio e per questo non avrebbero più dovuto mettere piede a casa di bunică3, perché sarebbe
stato troppo pericoloso per loro, perché sarebbero state delle vittime nella
stessa casa in cui Katie aveva adorato andare a giocare.
Naturalmente, Katie aveva compreso le bugie di sua
madre già pochi anni dopo. Quale modo migliore di nascondere il suo
risentimento verso l’unica figlia, se non metterla contro quegli stessi parenti
di cui era morbosamente invidiosa? Charis Bell era
stata fra le poche donne della famiglia a non ereditare il potere della Morte
e, una volta che Katie ebbe compiuto sei anni senza dimostrare a sua volta
alcuna capacità speciale, l’idea di non essere alla stessa altezza delle sue
sorelle e dei suoi fratelli, tutti sacerdoti o genitori di giovani negromanti,
l’aveva riempita di un veleno che non avrebbe mai potuto sfogare in libertà,
non in Romania. Allora aveva deciso di voltare le spalle a tutto e tornare in
Irlanda, tagliare tutti i ponti rimasti in piedi dopo il suo matrimonio e
tentare di mettere la sua stessa bambina contro la loro famiglia.
Charis aveva
programmato tutto, degradando la figlia così da poter sfogare su di lei anni di
inadeguatezza, perché neppure Katie sarebbe mai stata speciale4, nonostante il Quidditch e nonostante i buoni
voti a scuola. Sarebbe stata mediocre, come lei. L’aveva resa felice della sua mediocrità, almeno
finché qualcosa non era cambiato.
Almeno finché il caso non aveva voluto che lei finisse fra le grinfie inesperte di
Draco Malfoy e dei suoi bizzarri tentativi d’omicidio. Finché la Morte non aveva guardato Katie negli
occhi ed aveva riconosciuto quel marchio che ai sacerdoti era sfuggito,
reclamando di prepotenza una vita che era una sua proprietà, incurante di
lasciarsi dietro solo distruzione e confusione.
Un
miracolo, l’avevano definita i suoi zii, quando un confuso Viktor Bell
li aveva mandati a chiamare, nonostante le proteste della moglie, dopo che sua
figlia aveva quasi ucciso tutto il personale che il San Mungo aveva messo a sua
disposizione per tentare di rianimarla. Un
miracolo voluto dalla Madre.
I negromanti sviluppavano il loro potere entro il
quarto anno di vita, i più forti generalmente lo sviluppavano entro il sesto e
raramente oltre, perché il prezzo da pagare per la conversione era troppo alto
per chi non avesse un’età tanto tenera5. Katie aveva subito il suo
cambiamento a diciassette anni ed il suo potere era stato talmente grande da
spingere il suo subconscio a difendersi, a cercare un qualsiasi aiuto affinché
il prezzo non venisse pagato per intero, non subito. Katie non era pronta a
rinunciare a se stessa, non era pronta a rinascere ed il Gran Sacerdote l’aveva
aiutata.
Potresti
essere la più forte, vuoi davvero fermarlo?
Nessuno sapeva, nessuno avrebbe potuto sapere.
Non il Dottor Crave,
così convinto che lei non sapesse,
che lei non volesse essere aiutata.
Non Winnie, che era cresciuta con un peso troppo grande sulle spalle e non
accettava che qualcun altro potesse trovarsi nella sua posizione. Non Ophelia e
Barry, che avevano imparato ad amare quella problematica ragazza troppo fragile
per il suo stesso potere.
Quando
cambierai, non potrai più tornare indietro, dragă6. Quando il potere acquisirà coscienza, allora
niente potrà fermarlo.
Quante volte le avevano detto che Katrina, in
realtà, non fosse altro che una proiezione della sua mente, credendo di
rivelarle qualcosa di cui lei non avesse la minima idea? Quante volte lei aveva
resistito alla tentazione di urlare, di cadere in ginocchio e supplicarli di liberarla, di portare via quel freno che
la teneva bloccata a metà fra un’esistenza che non le apparteneva più ed una
che ancora non le apparteneva completamente? Katrina esisteva, ma non era viva. Katrina non esisteva più di quanto
esistesse Katie, a quel punto. Una era potere senza coscienza, l’altra
coscienza senza potere.
E nessuno
doveva sapere.
Il suo potere era cresciuto, straripando da quei
limiti che il Gran Sacerdote le aveva imposto. Era cresciuto ed era mutato,
acquistando la tinta oscura e densa della Morte macchiata di Sesso, della
lussuria portata all’ultimo respiro. Katie aveva sedotto uomini e donne senza
potersi controllare, li aveva sfruttati, spremuti fino all’ultima goccia di
linfa vitale, poi era crollata sotto il peso di ricordi mancanti e più forza di
quanto quel suo corpo cambiato a metà potesse sopportare.
Le piaceva sentirsi così forte. Le piaceva, ma ne
era terrorizzata. Era come stuzzicare una cicatrice non ancora perfettamente
guarita: la curiosità era troppa per limitarsi ad ignorarla, ma il dolore dopo
averla toccata poteva lasciarla senza respiro. C’era un masochistico piacere
nel richiamare Katrina, spingendo contro i limiti che lei stessa aveva voluto
per ottenere qualcosa in più,
nonostante la sola idea la facesse star male. Avrebbe dovuto aspettare la cerimonia prima di lasciarsi andare,
così da affrontare il cambiamento fra i suoi simili, davanti a Sacerdoti che
avrebbero saputo controllarla, che avrebbero potuto aiutarla ad accettare la nuova sé.
Ma qualcuno aveva stuzzicato il potere con un
bastoncino affilato, svegliandolo di prepotenza e chiedendogli poi di
sottomettersi. Come avrebbe potuto farlo? Era sottomesso da anni e finalmente
qualcuno lo aveva svegliato.
Le era servita solo una spinta in più e Malfoy – la causa di tutto, il motivo per cui la
Morte l’aveva trovata – era stato ben lieto di dargliela, cedendole
quell’energia vitale che già una prima volta l’aveva fatta cambiare.
Era strano, sentirsi potente senza dover prima
tirare vai da se stessa la Morte, tormentando la sua anima con aghi imbevuti di
dolore e rimorso. Non c’era più bisogno di pensare ad un amore perduto o alla
folle gelosia verso una donna che lei non aveva neppure mai conosciuto7.
Tutto stava passando in secondo piano, perché, dopotutto, non era più Katie
Bell a dover attingere al Potere. Katie Bell era morta per mano di Draco Malfoy
a soli diciassette anni. Era rimasta in agonia, tuttavia, bloccata nel limbo
che Katrina aveva creato come se fosse stato il suo Purgatorio personale,
finché quell’ostacolo non era stato rimosso e, così come l’aveva uccisa, Draco
Malfoy era riuscito a riportarla alla vita, nella
Morte.
Oliver Baston non c’era più.
Katie non c’era più.
Era
libera.
E così, libera, scoppiò a ridere.
***
Una risata come quella avrebbe fatto gelare
l’inferno ed avrebbe mandato a fuoco il paradiso, Draco ne era assolutamente
certo, nonostante la confusione che la stanchezza di quel bacio mortale gli
aveva lasciato dentro. Seduto a terra, non riusciva a staccare gli occhi dalla creatura che aveva preso il posto della
Katie Bell che, seppur diversa dalla ragazza che lui aveva condannato a morte
anni prima, aveva imparato nuovamente a conoscere.
Era ancora bassa com’era sempre stata, eppure il
suo modo di rapportarsi con lo spazio intorno a lei era totalmente differente.
Katie Bell era stata una ragazza capace di passare inosservata se lontana da
una scopa, poi era diventata una donna così terrorizzata da se stessa da
preferire raggomitolarsi in un angolo e urlare contro chiunque si intromettesse
nel suo spazio vitale. Katrina era stata differente, sicura di sé ma ancora
cauta, seppur a modo suo. In quel momento, la donna davanti a lui aveva la
schiena dritta, il mento alto in un gesto di sfida verso l’universo e di pura e
semplice regalità. I suoi capelli
biondi, che prima erano sembrati quasi paglia
nelle poche volte in cui il potere aveva
preso di prepotenza il controllo di lei, apparivano ormai bianchi e perfetti,
esattamente come la sua pelle. Gli occhi brillavano come diamanti neri, terribili
nella loro magnificenza. Draco aveva visto un accenno di quella potente
bellezza quando Katrina aveva provato a sedurlo, dopo il suo risveglio, ma non
avrebbe mai immaginato che potesse
cambiare così.
C’erano storie su Incubi e Succubi, nella
biblioteca del Manor. C’erano tanti romanzetti rosa
che sua madre era solita leggere che vertevano sull’argomento: creature
bellissime, capaci di uccidere con un bacio e con un altro riportare
l’esistenza in corpi ormai morti. In pochi li collegavano ai negromanti – maghi e streghe schivi
verso la società, rinchiusi nelle loro famiglie e nei loro segreti – e al loro
aspetto cadaverico, che fondamentalmente era il motivo per cui Draco stesso era
rimasto sorpreso nello scoprire la vera natura di Bell. Succubi e Incubi erano
una razza differente che si era unita a quella dei negromanti nei secoli,
entrambe stirpi figlie della Morte seppur differenti.
Gli studiosi parlavano di un gene recessivo8, capace di manifestarsi
solo raramente e che di solito si presentava
fin dalla prima infanzia tramite bambini meravigliosi, capaci di spezzare cuori
solo sbattendo le ciglia. Katie Bell, pur dopo il cambiamento, non era stata
nulla di eccezionale. Spaventosa, sì, ma non incredibile.
In quel momento, osservandola splendere, Draco comprese il perché di quel fiume di parole speso
per descrivere la meraviglia di persone così forti da poter uccidere con la
forza di un bacio. Al diavolo, lui
stava per morire a causa di un bacio, ma non avrebbe potuto importargliene di
meno! Se lei avesse chiesto, avrebbe sacrificato tutto, ancora una volta.
Falli a
pezzi, le aveva detto, e lei aveva iniziato a ridere. Se lui fosse
stato normale, quel suono lo avrebbe
fatto morire di paura e lo avrebbe spinto a scappare, pregando per una fine
veloce e indolore. Ma Draco Malfoy non era sano di mente da anni, a quel punto,
e non c’era nulla che avrebbe potuto renderlo più felice dell’assistere alla distruzione di quelle creature che
sembravano intenzionate a mangiarli.
Non c’erano più mostri capaci di togliergli il
sonno, non quando il mostro più pericoloso di tutti era una sua creazione,
seppur involontaria.
La osservò avvicinarsi lentamente alle creature,
che in quei pochi momenti che le erano serviti per cambiare non si erano mossi, come curiosi di scoprire cosa sarebbe
successo. Si muoveva con una grazia non umana, ma priva di qualunque tipo di
malizia avesse potuto utilizzare durante il suo incontro con Draco stesso
nell’infermeria delle Banshee. Non stava usando i suoi poteri legati alle
emozioni umane, non avrebbe avuto senso contro dei cadaveri, ma era comunque forte, molto più forte di quanto lui
potesse sopportare. Gli bruciavano gli occhi, come se avesse iniziato a fissare
il sole con troppa intensità, ma non se la sentì di distogliere lo sguardo.
Katie Bell avanzò e ad ogni suo passo le creature
arretrarono, come schiacciate da una forza inarrestabile.
«State davvero opponendo resistenza?» chiese, la
voce incredibilmente melodiosa. «Non potete piegarmi, non più. Adesso siete miei» continuò, smettendo
di ridere ed allargando le braccia, come ad invitare i cinque mostri ad
avvicinarsi, a stringersi a lei come se fosse stata una madre o una sorella. E loro lo fecero. Uno ad uno,
strisciarono ai suoi piedi, allungando le mani ossute per poterla sfiorare ed
emettendo versi gutturali incomprensibili e patetici, esprimendo la loro sottomissione
nei pochi modi che le loro menti controllate dovevano consentire loro.
Per un istante, Draco pensò che lei li avrebbe
coccolati o li avrebbe rimandati nelle loro tane
o qualcosa di altrettanto sdolcinato. Ma
dovette ricredersi immediatamente. Con un gesto veloce, Katie prese per il
collo la creatura più vicina, sollevandolo finché non si trovarono occhi negli
occhi e allora rise più forte,
stringendo la presa su quelle ossa polverose fino a sbriciolarle fra le proprie
dita. Un piede trapassò, un attimo dopo, la gabbia toracica di un altro mostro,
proprio dove avrebbe dovuto trovarsi il cuore.
Gli altri non ebbero una fine più misericordiosa.
Immobile fra la polvere e pezzi di corpi in
decomposizione, la Negromante apparve davvero in tutta la sua gloria. Aveva
smesso di ridere, ma un ghigno soddisfatto le incurvava ancora le labbra quando,
con un gesto distratto, si pulì uno schizzo di sangue nero che le era finito
sul viso e, tranquilla, se lo portò alle labbra.
Avrebbe dovuto sentirsi disgustato, ma Draco
fremeva all’idea di sentire ancora una volta la sua voce, pur percependo la propria
coscienza cedere lentamente il passo all’oscurità. Gli occhi erano pesanti, le
orecchie gli fischiavano in modo che non era assolutamente naturale, eppure lui
non riusciva a trovare la forza di chiedersi cosa ci fosse di sbagliato il lui,
cosa potesse fare per non sentirsi ancora una volta ad un passo della tomba.
Emise un flebile gemito di dolore, portandosi inconsciamente le mani al petto
ed attirando l’attenzione della donna.
Quando lei gli sorrise, non lo fece con quella
crudeltà che l’aveva animata fino a qualche istante prima. «Non ti lascerò
morire in questo modo, Malfoy» sembrò volerlo rassicurare, avanzando sicura
nella sua direzione, fino ad inginocchiarglisi accanto.
No, non
accanto.
In un qualunque altro momento, Draco si sarebbe
sentito vagamente eccitato all’idea di avere una donna talmente intrigante fra
le proprie braccia, a cavallo del suo inguine, talmente vicina da lasciar quasi
pensare che volesse trasformarlo in un giocattolino sessuale – possibilità che lui non avrebbe certo
rifiutato – e portarlo dolcemente alla morte. In quegli istanti, tuttavia,
letteralmente con un piede nella fossa, il poveretto pensò soltanto a quanto
patetica sarebbe apparsa quella scena ad occhi estranei.
Fortunatamente, la Negromante non sembrava
intenzionata a lasciarlo andare. Con un’ultima risata, si avventò su di lui,
baciandolo ancora una volta come se la sopravvivenza del mondo – o solo quella di Draco? – dipendesse da
quel contatto. Lo strinse a lei per un tempo che gli sembrò interminabile,
aiutandolo a respirare, regalandogli di nuovo quel calore che lui stesso le
aveva dato non più di una manciata di minuti prima. Senza quasi rendersene
conto, Draco era tornato a vivere,
passando dall’essere una creatura morente fra le braccia della negromante al
tornare nella sua forma migliore, le braccia strette al corpo di lei e le
labbra ansiose di ricambiare qualunque cosa lei avesse voluto concedergli.
«Basta così» gli disse però alla fine, con
un’altra risata, staccandosi leggermente per poterlo osservare negli occhi. I
suoi non erano più neri ma erano tornati del solito verde acqua, seppur più
oscuri di quanto non fossero mai stati. Erano occhi che portavano con sé i
segreti dell’esistenza, occhi consapevoli del mondo intorno a loro e della
propria capacità di controllarlo. «Non vorrai esplodere, vero, a mhuirnín?9 Abbiamo ancora
tante cose da fare, è inopportuno restare qui a giocherellare quando il Mondo
ha bisogno di quel libro» continuò, tranquilla, rialzandosi nonostante i vaghi
– e involontari - tentativi di Draco di tenerla lì con lui ed
allungandogli la mano affinché potesse rialzarsi a sua volta.
Allontanatasi seppur leggermente la negromante,
lui si sentì improvvisamente più lucido. La realizzazione di ciò che era appena
successo – di come lei avesse appena distrutto cinque zombie a mani nude, di
come avessero appena smesso di baciarsi come se fossero stati amanti e non
vecchi nemici – piombò su di lui con il peso di mille tonnellate di pensieri e
colpe. Si ritrovò ad accettare l’aiuto che gli veniva offerto con parecchia più
confusione di quanto gli sarebbe piaciuto ammettere e, malvolentieri, le impedì
di allontanarsi, così da poterla guardare negli occhi. Anche in quel momento,
tornata normale, quell’aura di innaturalità
era rimasta su di lei, rendendola diversa, nonostante non ci fosse nulla di
fisicamente evidente a testimonianza. «Bell? Ti senti… bene?».
Lei si strinse nelle spalle. «Ancora non lo so,
devo abituarmi a questa nuova realtà. Sono appena tornata in vita, credo di
sentirmi proprio come si sentono i bambini appena nati. Quando i miei cugini mi
raccontavano della loro trasformazione, dicevano sempre che era come respirare
aria fresca per la prima volta… ma erano solo dei bambini, quindi forse anche
loro si sentivano così, ma non sapevano spiegarlo» mormorò, corrugando le
sopracciglia bionde. «Mi sento forte.
E mi sento anche spaventata, credo. E voglio mangiare pancake con sciroppo
d’acero».
Draco la fissò come se fosse impazzita. Era
riuscito a seguire – parzialmente – la sua spiegazione. In molti dicevano che
acquisire i poteri da negromante implicasse spesso perdere se stessi e poi ritrovarsi, ma lui si era convinto che la
Bell avesse subito il cambiamento anni prima, evidentemente sbagliandosi. Ma era
altro a confonderlo. «Perché proprio
sciroppo d’acero?».
Lei sorrise, allegra. «Oh, non ho mai avuto modo
di assaggiarlo! Mi sa di esotico,
così canadese» cinguettò, sbattendo
le ciglia con aria rilassata. «Quando troveremo quel libro, dovresti davvero
portarmi a mangiare dei pancake. Me lo devi, dopo avermi sbaciucchiata per ben due volte» gli fece notare, con l’aria
saputa di chi avesse la certezza di aver vinto una qualche discussione,
sollevando due dita e sventolandogliele sotto al naso.
Se già alle parole “esotico” e “canadese” lui
si era accigliato, in quel momento non riuscì più a trattenere l’espressione
confusa che gli si dipinse in viso. «Non è che io abbia avuto molta scelta al
riguardo, Bell. Mi pare che tu ne abbia beneficiato parecchio. Tu dovresti portare me a prendere i dannati pancake canadesi».
Il modo in cui lei gli sorrise lo fece arrossire e
– che fosse dannato! – Draco immaginò cosa sarebbe successo se Theo l’avesse
visto in quel momento. Non l’avrebbe più lasciato vivere in pace. «Se non
sbaglio,» iniziò lei, accostandosi fino ad accarezzargli la guancia con la
punta dell’indice, così vicina da fargli sentire il suo calore sulla pelle,
«anche tu ti sei divertito parecchio»
continuò, indicando con un cenno ai pantaloni di lui, incapaci di nascondere
quanto, in effetti, avesse apprezzato il precedente scambio di energie che c’era stato con la donna.
Maledizione.
«Katie…»
Lei fece una smorfia. «Non sono sicura che quello
sia ancora il mio nome. O che io riesca a percepirlo come il mio nome» si
lagnò, arretrando e guardandosi la punta degli stivaletti, corrucciata. «Non mi
sento Katie. E non mi sento Katrina. Io non sono quella di prima».
Non
sembrava neppure quella di prima, si ritrovò a pensare Draco,
passandosi la lingua sulle labbra ancora leggermente gonfie. «È per questo che
non sembri volere la mia testa su un vassoio d’oro, in questo momento? Sei
passata dal volermi morto al salvarmi. Ed allo scherzare come se fossimo vecchi
amici».
Lei ridacchiò. «Ah, Katie ti odiava parecchio,
vero? Non puoi darle torto, tu l’hai uccisa. E Katrina era divertita da te,
perché Katie di certo provava qualcosa di forte
e lei voleva capirne il motivo. Io sono diversa».
«Perché?».
«Perché io esisto
solo a grazie a te. Ti devo la mia vita»
gli fece notare, alzando gli occhi al cielo come se fosse ovvio. «E noi stiamo
condividendo energia vitale10, credo sia più che normale che io non
ti detesti più, sarebbe come detestare me stessa e, sinceramente, ne ho abbastanza.
Ho passato quattro anni divisa fra Katie che detestava Katrina e Katrina che
amava follemente Katie. Sono stufa di
tutte quelle emozioni complesse. Adesso sto finalmente bene e non ti detesto perché noi condividiamo la stessa forza e lo
faremo finché non andremo dal Gran Sacerdote a… sistemare la questione».
Draco strinse le labbra, per nulla convinto.
«Condividiamo l’energia vitale? Quindi se uno di noi muore…?» rabbrividì
all’idea di cosa questo avrebbe potuto comportare. «Hai detto che questo Gran Sacerdote può sistemare tutto?».
«Oh, assolutamente» lei annuì, tranquilla. «E no,
se uno di noi dovesse morire l’altro potrebbe sopravvivere… sarebbe stanco per
un po’, ma ce la farebbe. E soffrirebbe le stesse pene, almeno per un certo
periodo di tempo» spiegò, con una smorfia. «Quindi cerca di non farti del male
finché non sistemeremo questo pasticcio, che ne dici? Se fai il bravo, magari
più tardi vedremo di riprendere quel discorso che prima ti stava piacendo tanto».
E ammiccò
nella sua direzione.
La stronza ammiccò
e si allontanò, come se nulla fosse, bacchetta alla mano e atteggiamento
rilassato di chi fosse diretto verso una scampagnata e non alla ricerca del
libro più pericoloso che fosse mai stato scritto. Come se non avesse appena
detto…
Perché
lui stava arrossendo in quel modo?
«Bell, maledizione, aspettami! Per quanto io non
possa morire, preferirei comunque non soffrire le pene dell’inferno perché tu
sei una sconsiderata che si butta fra le braccia dei mostri» le urlò dietro,
cercando di ricomporsi prima di recuperare la sua bacchetta dal suolo e
seguirla, il cuore impazzito nel petto e
non per la corsa.
«Anche Bell
mi suona strano, ma non quanto Katie» si lagnò lei, con una smorfia. «Questo è
il problema principale che segue al cambiamento! Di solito tocca ai bambini e
loro sono abituati al cambiamento,
non hanno problemi ad adattarsi! Io sono troppo vecchia per queste cose ed ora
rischio di sentirmi inadeguata per sempre».
Una volta raggiunta, Draco la osservò con
curiosità. «I tuoi amici ti chiamano Trina. Neanche quello ti sta bene?».
Lei parve rifletterci per qualche istante, poi
sorrise. «Trina mi piace. Posso conviverci» tentò, imbronciando ancora le sue
belle labbra. Erano gonfie ed arrossate per i baci che si erano appena
scambiati. Per una qualche ragione, lui sentì un calore strano nello stomaco e la pulsione di farsi più vicino per poco non
lo fece cedere alla tentazione di posarle una mano sul braccio. Maledizione, meno di un’ora prima lei aveva
voluto ucciderlo! «Trina va bene, ma… non
lo so, non mi piace. Immagino che loro continueranno a chiamarmi così».
«Ma a te non piace» constatò lui, scuotendo il
capo. «Finché non deciderai di chiamarti Mary
o Sue, qualsiasi cosa andrà bene. Ma credo che dovresti trovare qualcosa di
simile al tuo nome, non credo sia il caso di stravolgere ancora di più
l’esistenza di chi ti conosce già». Restò in silenzio per qualche istante,
prima di ridacchiare. «Che ne dici di Kate? Molto di classe, un ottimo
diminutivo di Katrina e più maturo di Katie.
Ormai non sei più una ragazzina che corre con una scopa da Quidditch».
Il modo in cui lei si illuminò al suo suggerimento
lo fece sorridere fra sé e sé. Ben fatto,
pensò, congratulando se stesso con un certo orgoglio.
«Kate mi piace tantissimo! Ha davvero un qualcosa di regale, non credi? È davvero il momento di
farla finita con quella sciocchezza di
Katie, non ho più undici anni. E non sono neppure sicura che il Quidditch
mi piaccia ancora!».
«In che senso non ti piace più il Quidditch?».
Draco era sbalordito,
a dir poco. Katie Bell – la migliore
cacciatrice che Grifondoro abbia mai visto, destinata alla Nazionale ma
strappata via al suo destino proprio da lui
– lontana da un manico di scopa era assolutamente inconcepibile. L’universo
non l’avrebbe perdonato se, aiutandola a cambiare, lui avesse fatto sparire un
talento come il suo.
«Ho detto solo che non so se mi piace ancora il Quidditch» sbottò lei, alzando gli
occhi al cielo. «Sono tutta nuova, mi
sento tutta nuova, devo solo capire come vivere con me stessa, tutto qui»
mormorò, improvvisamente più indecisa. «Tante cose sono cambiate. Adesso non ho
più paura del mio potere, ormai il mio prezzo l’ho pagato. E sono piuttosto
sicura di non essere più arrabbiata con Oliver Baston». Si fermò, portandosi
una mano al petto con fare drammatico. «No, cancella l’ultima parte. Sono furiosa verso Oliver Baston. Aveva
promesso di aspettarmi ma si è fidanzato con quella bagascia! Ed ha continuato a mandarmi i biglietti per le sue
partite di Quidditch! Che diavolo ha in mente?» domandò, guardando Draco come
se lui avesse dovuto sapere la
risposta.
Draco si strinse nelle spalle. Sinceramente, lui
era abbastanza confuso dal fiotto di irritazione provato nel sapere che lei
venisse ancora invitata da Baston alle partite. «Cosa diamine dovrei saperne io? La bagascia è la giovane Smith, non è
vero? Ho visto una loro foto sul Settimanale delle Streghe, mi sono sembrati
piuttosto tranquilli insieme» commentò, allontanandosi di un passo per paura
che lei potesse perdere la testa per l’irritazione. «Forse ti manda i biglietti
perché spera che possiate ancora essere amici, no? È una cosa in cui voi
Grifondoro credete tanto».
«Stronzate» sbottò, parecchio irritata, svoltando
automaticamente a destra lungo il corridoio. «È una delle cose che non ho mai
capito, neppure durante gli anni di scuola. Noi Grifondoro non siamo come i
Tassorosso, sia chiaro, non vogliamo essere amici di tutti. Ma questa loro
volontà di… chiarirsi, di fare la
cosa giusta… ci sono state volte in cui avrei voluto soltanto chiudermi in
camera e portare rancore in pace! Ma
loro no, loro sono per i chiarimenti,
sono per il prendere il coraggio fra le mani e porre fine al caos», Kate fece
un verso disgustato. «Oliver mi aveva quasi convinto a parlare con mia madre,
ma per fortuna tu sei intervenuto
prima che fosse troppo tardi. Ed ora posso continuare a portare rancore per
sempre, non è fantastico?».
Draco, che era rimasto in silenzio per tutto il
suo sproloqui, sentì qualcosa crescere nel suo petto e, quando sentì se stesso
ridere, quasi non se ne capacitò. «Ah, Bell, sei una fonte continua di
sorprese» le disse dopo qualche istante, asciugandosi una lacrima. «Un Grifondoro
che parla male dei Grifondoro è…» non riuscì a trattenere un’altra risata a
pernacchia. «Finalmente riconoscete la vostra inferiorità!».
Il modo in cui lei lo fissò avrebbe dovuto
preoccuparlo, ma non lo fece. «Chiedo scusa? Ho mai detto che i grifondoro sono inferiori?
Rispetto a chi, poi? Ai Serpeverde? Ma
puoi scordartelo» gli disse, fissandolo come se fosse diventato matto.
«Incredibile! Per quanto io possa lamentarmi, di certo non arriverei mai al punto da negare la nostra
naturale superiorità. La professoressa McGranitt mi metterebbe il broncio e di
certo io non posso permetterlo».
La sua espressione combattiva era adorabile e Draco proprio non riusciva a
capacitarsi del motivo per cui fosse tanto affascinato all’improvviso. Non
aveva senso. Eppure…
«Mi piace quando fai quella smorfia» le confessò,
tentato di sbattersi la mano sulla bocca per zittirsi. Era diventato matto?
Lei, che era nel bel mezzo della sua dichiarazione
di superiorità, si fermò e lo fissò senza espressione per qualche istante, per
poi aprirsi in un sorriso immenso. «È un modo per distrarmi? No, perché puoi
continuare, sta funzionando» gli disse, sbattendo le palpebre e sfarfallando le
sue adorabili ciglia.
«Bell-».
«Aspetta». Aveva alzato l’indice della mano libera
all’improvviso, intimandogli il silenzio. In un battito di ciglia era cambiata
di nuovo e la Succubus aveva preso il posto di Kate
con una facilità incredibile. Aveva il capo piegato di lato, quasi avesse
voluto ascoltare qualcosa di flebile e di nascosto a Draco stesso, che non
aveva avvertito nulla. Poi, con un sorriso spaventoso e tutto denti –
sembravano più aguzzi, era normale? – riportò la sua attenzione su di lui.
«Che succede?».
«Percepisco la fonte
che ha mandato i nostri cinque amici, prima. E percepisco qualcosa di
incredibilmente potente vicino a lui, credo sia il libro» lo avvisò.
«Preparati, Draco. È ora di andare a
caccia».
» Marnie’s Corner
Bentrovati e
bentornati, cari amici di EFP!
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#Malbell
Pensate che questo
capitolo sia stato l’apice del mio delirio? Ahahah
non avete idea di cosa sto scrivendo per la settimana prossima. Follia pura (e
mitologia greca yeaaah).
Queste note sono assurde,
perdonatemi.
Punti importanti:
» *
- Sono dannata se lo faccio, sono dannata se non lo faccio/ Quindi sono
qui a bere nel buio alla fine della mia strada/ Sono pronta a soffrire, sono
pronta a sperare/ è un bicchiere nel buio e va dritto alla mia gola/ Cercando il
paradiso, ho trovato il diavolo in me/ Cercando il paradiso, il diavolo dentro
di me/ Allora al diavolo! Lascerò che accada. Questa è la canzone perfetta per Katie, l’ho dovuta usare di
nuovo. Katie voleva la pace e l’ha trovata nel suo demone personale. Se questa
non è crescita personale…
» 1
– Nel primo libro, durante la prima partita di Harry, si dice chiaramente
che Katie sia stata una riserva durante l’anno precedente. Harry non è il più giovane giocatore dell’ultimo
secolo, quindi, ma è il più giovane titolare.
Durante il suo primo anno, Katie ha giocato una sola partita (per una mezzoretta
sola, in realtà) ed ha segnato un punto appendendosi a testa in giù sulla
scopa. Perché Katie è la migliore Cacciatrice di Grifondoro e nessuno mi
convincerà altrimenti.
» 2
– Dovete sapere che Oliver Baston è stato il primo, grande amore della mia vita
e ancora lo è. Però qui è un po’ stronzo. Poiché non penso che si parlerà più
di lui, vi racconto cos’è successo: il signor Baston e Katie si sono
corteggiati a vicenda per tutti i primi tre anni di Harry a scuola, finendo col
mettersi insieme durante i festeggiamenti alla fine della partita con i
Corvonero (non la prima finale vinta, la penultima partita). Sono stati insieme
– felicissimi – fino al settimo anno di Katie, quando Draco le ha rifilato la
collana e lei è cambiata (parzialmente). Katie era spaventata dal suo stesso
potere e allora ha detto ad Oliver “Non sei tu, sono io, ti sto mollando”, ma
lui ha insistito e alla fine lei ha accettato la promessa fatta da lui di “aspettarla
anche tutta la vita, se necessario, perché lei è il grande amore della su vita”.
Indovinate un po’, però? Meno di un anno dopo ecco che spuntano le foto di
Oliver e della sua nuova ragazza, che lui, nell’intervista, chiama “il grande
amore della sua vita”. Katie come sappiamo perde la testa e i suoi amici sono
costretti a fermarla prima che faccia la pelle ad Oliver. Il problema, però,
sta nel fatto che Oliver non solo chiede alla tipa di sposarlo, ma continua a
voler parlare con Katie ed a tentare di riconquistarla. Quali sono i piani del
ragazzo? Nessuno lo sa, ma è stronzo. Scusami Oliver, sappi che io ancora ti
amo un sacco!
» 3
– “Nonna”, in rumeno.
» 4
– Come ho già detto, Katie non viene da una bella famiglia. Suo padre non c’era
mai e se c’era la guardava con sdegno perché è una femmina. Sua madre la
detestava perché apparentemente neppure lei aveva ereditato i poteri da
negromante che le avrebbero consentito di fare la figa in Romania. Ovviamente Charis, la madre, non aveva idea che Katie avesse un potere
ancora più grande e raro, altrimenti avrebbe finto di volerle bene. Invece no,
l’ha sempre fatta sentire inadeguata. Come dirò meglio nel prossimo capitolo,
il non essere amata ha praticamente sopito di più il potere di Katie,
ritardandolo e facendolo diventare più
forte.
» 5
– Eccoci di nuovo con le follie, eh? Il fantomatico prezzo che
negromanti/Succubi/Incubi devono pagare è praticamente il loro essere, la loro identità.
Perdono se stessi, diventano qualcuno completamente diverso. Per i bambini è
effettivamente più facile, perché ancora non sono definiti, non hanno un carattere.
Più grandi si è, più grande è il prezzo pagato e, quindi, più grande è il
potere. Katie ha perso tutta se
stessa perché è cambiata tardissimo, ma il suo potere è anche incredibilmente
più forte della media. In pratica: più tardi cambi, più “paghi” in termini di
identità e quindi più sei forte. È il tipico rapporto prezzo/oggetto: più
paghi, più ottieni. Katie ha pagato tanto.
Forse troppo.
» 6
– “Cara”, sempre in rumeno. Il Gran Sacerdote (non dimenticatevi che la
Negromanzia è prima di tutto una religione) usa termini dolci con Katie perché
è consapevole del trauma che lei sta subendo (lui è cambiato a quattordici
anni) e perché vuole un po’ fare il ruffiano, essendo consapevole che lei, all’apice
della sua potenza, potrebbe letteralmente prenderlo a calci nel sedere. E
comunque, essendo lei una Succubus, le emozioni
positive (amore, affetto, lussuria) la mettono a suo agio. Quantomeno, la
metteranno a suo agio ora che ha abbracciato il suo potere, prima non tanto. E
Katie è rara, voi non vorreste essere
amici di un genio? (Diciamo pure che questa “genialità” viene pagata con
un filino di pazzia, ma shh).
» 7
– Sempre collegata al paragone “Katrina-Diga”. Per far uscire più acqua e
ottenere più potenza, la Diga doveva essere sottoposta ad una pressione
maggiore. In pratica, per avere più potere, Katie doveva stuzzicare le sue
stesse emozioni. Quale modo migliore che pensare al tuo ex con la sua nuova
fiamma? Katie, praticamente, faceva opera di masochismo su se stessa,
costringendosi a soffrire per ottenere più potere (es. Capitolo 8, quando va
alla partita di Oliver per “richiamare Katrina”).
» 8
– Ecco, vedete, io studio giurisprudenza, ma ho studiato al liceo scientifico.
E sapete cosa mi piaceva davvero tanto? La genetica.
La magia è un gene. Un gene
recessivo, che viene ereditato fra le generazioni e poi sbam! Ecco che viene fuori un Nato Babbano.
Fra i negromanti, il gene “a sorpresa” e quello di Incubi e Succubi. E i maghi
non sono portati alla ricerca con metodi babbani, altrimenti saprebbero già chi
potrebbe diventarlo e chi no.
AVVISO DELIRIO SCIENTIFICO potete non leggere, è
davvero delirante (*Marne prende la sua espressione da Alberto Angela die
poveri*): Perché Katie è una Succube e tutto il resto della sua famiglia no? Partiamo
dal presupposto che ogni persona ha due “pacchetti” di geni, uno preso dalla
madre e uno dal padre, ok? Ci sono geni che per manifestarsi hanno bisogno di
essere in entrambi i pacchetti di geni,
fra questi la magia (MM) e il potere
da Incubo/Succube (SS). La
negromanzia (N) è dominante, quindi
di solito basta un genitore negromante per avere il potere, ma c’è sempre un
50% di possibilità.
Veniamo
ora a Katie. Il nonno materno di Katie (MN)
ha sposato una “mezzosangue” figlia di Incubus e
strega normale (SM), che ha passato
il gene S recessivo (nel senso da solo, non funzionante) alla madre di Katie (MS). Quindi la mamma di Katie è una
strega normale senza il potere che deriva da S, perché pur essendoci non
funziona da solo. S, tuttavia, contiene pure la magia, motivo per cui è come se
fosse (Mm), per questo motivo è comunque capace di usare la magia normale. Una
strega un po’ incapace, perché il suo potere è molto debole, ma comunque una
strega. Veniamo a Katie. Katie ha i pacchetti (MS) come sua madre, ma, a causa
di una mutazione genetica causata dal fatto che la collana di Draco
praticamente l’abbia uccisa, il suo pacchetto
S si è “attivato” comunque. La mutazione, tuttavia, è stata bloccata da “Katrina”
e Draco, dandole la sua energia, ha fatto in modo che potesse continuare.
Adesso, Katie è (SS).
Delirante, ve l’avevo detto. Questo capitolo è tutto
dedicato alla mia prof del liceo ❤
» 9 – Termine dolce in
irlandese, una specie di “tesoro mio” o “amore mio”.
» 10 – Eheh,
che bello delirare. Come ho già detto, Succubi e Incubi assorbono l’energia
vitale delle loro vittime e la usano come “prezzo” per giocare con i morti.
Ebbene, in questo caso quella morta
era Katie stessa, lei ha dovuto usare l’energia di Malfoy per far completare la
mutazione e far nascere Kate. Tuttavia ha preso più energia del dovuto e Draco
stava praticamente per morire. Per questo motivo, alla fine, gliene ha
restituita un po’. L’energia di una persona sola è divisa in due, c’è
praticamente una “porta” fra le loro anime (motivo per cui Draco si sente le
ginocchia molli davanti a lei 😉)
Gente,
sono consapevole di aver scritto follie in queste note, per qualunque cosa sono
disponibile alle vostre domante! Soprattutto per la parte “scientifica”, ho appunti e schemi per quella follia.
Chiedetemi qualunque
cosa.
E ricordate, #Malbell
nel cuore.
Se credete che le assurdità siano finite, aspettate il prossimo capitolo.
Vi
aspetto tutti lunedì prossimo!
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Grazie ancora a chiunque leggerà,
-Marnie