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Autore: Thalassa_    31/05/2017    1 recensioni
Questa è una storia da tempo sepolta.
È una storia di grandi amicizie, di fragorose risate, di amori impossibili, di eroi e di codardi, di promesse mantenute e di promesse infrante.
È la storia di un tempo sepolto, un tempo in cui pensavano di essere forti e invincibili, protetti dalle mura di Hogwarts, da Silente, dal loro coraggio e dalla loro bontà. Un tempo in cui sembrava che l’estate non dovesse mai finire.
Questa è una storia da tempo sepolta, e i suoi protagonisti sono sepolti con lei.
Ed è una storia che comincia così:
C’erano una volta quattro Malandrini…

Un viaggio insieme ai protagonisti della vecchia generazione, da quando ricevono la lettera per Hogwarts seguendo tutta la loro crescita.
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Severus Piton, Un po' tutti | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora, Ted/Andromeda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
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Capitolo II - Sei lettere, un treno e un Cappello impiccione (parte prima)

 

24 luglio 1971
Sesta casa dei Lupin, Somerset
 
Un raggio di luce filtrava attraverso le persiane puntando direttamente sul letto di Remus, che socchiuse leggermente gli occhi, cercando la fonte del ticchettio continuo che l’aveva svegliato.
Gli bastò uno sguardo alla finestra per identificarla: un gufo stava bussando con il becco alla sua finestra con un gentile ma insistente tap-tap-tap.
Remus lo guardò con odio; era un mese che le visite dei gufi lo tormentavano. Era luglio inoltrato, ed era ormai tempo che arrivasse la lettera di ammissione a Hogwarts.
Sapeva che non sarebbe mai potuto andare a scuola come i bambini normali, che avrebbe studiato a casa con suo papà, eppure ogni volta che arrivava un gufo il cuore gli si stringeva e la speranza, che credeva assopita sotto uno spesso strato di rassegnazione, si risvegliava come una fenice dalle sue ceneri.
Remus si alzò dal letto sospirando e cercò una moneta per pagare il gufo. Aprì la finestra per farlo entrare e prese in mano l’involucro di pergamena che stringeva tra gli artigli.
Come previsto, era solo la Gazzetta del Profeta.
“Stupido gufo” borbottò, ma se ne pentì subito. Era un bell’animale, con il piumaggio grigio lucido e gli occhi intelligenti.
Tra poco è il mio compleanno, pensò, potrei chiedere a papà un gufo come questo.
Gli accarezzò dolcemente la testa e gli offrì la moneta. Il gufo la prese delicatamente tra gli artigli e volò via attraverso la finestra aperta. Remus si sporse per seguirlo con lo sguardo, finché non fu solo un puntino lontano.
Dev’essere bello volare, non pensare a nulla e sentirsi liberi…
Sospirò. La sua vita era davvero deprimente se ora si ritrovava a invidiare anche i gufi portalettere.
Rimase alla finestra, ammirando i colori dell’estate di fronte a sé: l’azzurro del cielo terso, su cui era spruzzato il bianco di qualche nuvola soffice e solitaria, il verde profondo del bosco davanti a casa, il viola intenso della veste del mago che bussava alla loro porta…
Remus rimase pietrificato. Lo sconosciuto era alto e magro, con una lunga barba bianca e un’assurda veste viola acceso, intonata con il cappello a punta. Remus chiuse e riaprì gli occhi varie volte per essere certo di non esserselo immaginato, ma quando li riapriva l’uomo era ancora lì. Non poteva essere…eppure sembrava proprio…
Il mago alzò lo sguardo verso la finestra di Remus e gli fece l’occhiolino, salutandolo con la mano. Remus non aveva più dubbi: era indiscutibilmente il volto che aveva trovato decine e decine di volte nelle Cioccorane. Sentì la speranza risvegliarsi dal fondo del suo stomaco e invadere tutto il suo corpo. Non sapeva se prevaleva la gioia o l’incredulità, ma gli occhi gli pizzicavano.
“Mamma, papà!” urlò, precipitandosi al piano di sotto, fuori di sé dalla contentezza. “C’è Albus Silente alla porta!”
24 luglio 1971
Londra, Grimmauld Place 12
 
Svegliarsi di soprassalto e trovarsi davanti il viso raccapricciante del proprio elfo domestico a pochi centimetri dal proprio volto non era un’esperienza piacevole, e Sirius non ci si sarebbe mai abituato. “Kreacher!” urlò Sirius “quante volte ti ho detto di non salire sul mio letto per svegliarmi!”.
“Kreacher ha ubbidito, padron Sirius” rispose malevolmente l’elfo, che era salito sul comodino chinandosi in una posizione assurdamente contorta per avvicinare la sua faccia all’odiato padrone, “Kreacher non sta toccando il letto!”.
Sirius si mise a sedere sbuffando e borbottando.
“La signora sta aspettando di sotto, padron Sirius, e dice di scendere immediatamente, è arrivato un gufo, non bisogna far aspettare la padrona - ” Alla parola “gufo”, Sirius si era scaraventato giù dal letto. “Kreacher! Una volta tanto porti buone notizie!” esclamò allegramente, rivolgendo un sorriso all’elfo, che lo guardò orripilato. Aveva sperato che la sua signora volesse punire Sirius per qualcosa, come al solito, e per questo aveva lo svegliato con tanta sollecitudine, senza minimamente sospettare di star recando una buona notizia. Sirius corse giù per le scale senza nemmeno vestirsi, nell’elegante vestaglia di seta con cui aveva dormito, e rivolse un sorriso persino a sua madre, che lo attendeva in cucina.
“Sirius!” urlò sua madre con la sua voce perforante “è questo il modo di scendere le scale? E presentarsi a colazione in pigiama?”. Così dicendo, lanciò un’occhiata significativa al fratello minore di Sirius, Regulus, che stava consumando compostamente la propria colazione vestito di tutto punto, e si lasciò scappare un sorrisino al vedere l’approvazione della madre. Sirius alzò gli occhi al cielo, ma non voleva discutere, non ora che stava aspettando una notizia così importante.
Consumò la colazione in silenzio, notando che Kreacher aveva lasciato raffreddare il caffè (quello di Regulus era fumante). Cercò di imitare le maniere del fratello, ma fremeva per l’eccitazione e finì per ingurgitare tutto rapidamente sotto lo sguardo imperioso della madre.
Sua madre era una bella donna, alta, con capelli neri fluenti e grandi occhi scuri; Sirius le somigliava molto, con grande rammarico di entrambi. Gli tese la pergamena con gli occhi pieni di sdegno, e Sirius la aprì in fretta, quasi strappandogliela dalle mani.
La lesse in fretta, ignorando completamente il discorso della madre, di cui coglieva qualche frase qua e là: preservare l’onore di famiglia – blablabla – Toujours Pur – blablabla – Serpeverde da cinque generazioni…
“A Serpeverde troverai anche tua cugina Bellatrix” concluse la voce fredda di sua madre, concludendo l’elenco delle persone da farsi amiche e da rispettare una volta arrivato a scuola. Sirius odiava le sue cugine, come tutto il resto della sua famiglia, e voleva evitare il più possibile i contatti con qualsiasi suo parente una volta arrivato a Hogwarts. Aveva di nuovo perso il filo del discorso. 
“Me lo prometti, Sirius?” chiese sua madre con un accenno di ansia nella voce.
“Certo, madre!” rispose spavaldamente il ragazzo, senza avere la minima idea di cosa stesse promettendo, e uscì dalla cucina fischiettando, con le mani in tasca.
Hogwarts! Dieci mesi lontano da Grimmauld Place, dalla Nobile Casata dei Black, dalle teste di elfi domestici che lo fissavano dalle pareti mentre faceva colazione, dalla sua orribile famiglia, dieci mesi di pura libertà.
 
24 luglio 1971
Spinner’s End, Cokeworth
 
“Severus” chiamò una voce rigida, “Severus, alzati”.
Severus aprì gli occhi. Sua madre stava spalancando le persiane con poco riguardo per il figlio ancora semiaddormentato e la luce inondò la stanza, solitamente avvolta nella penombra. Si rizzò a sedere sul letto, allarmato. Non sapeva quale di questi eventi fosse più raro: sua madre che entrava nella sua stanza, sua madre che lo chiamava per nome o sua madre che ora si era fermata proprio davanti a lui, guardandolo con un’espressione indecifrabile. La mente di Severus correva veloce: sua madre doveva evidentemente dirgli qualcosa di importante. Era successo qualcosa a suo padre? Se n’era finalmente andato di casa?
Il rumore di una porta che sbatteva e il passo inconfondibile di suo padre appena rientrato a casa dopo aver passato la notte chissà dove infransero le sue speranze.
Gli occhi neri di sua madre, freddi e bui come quelli di Severus, continuavano a scrutarlo; infine, gli rivolse un flebile sorriso. Estrasse una lettera dalla tasca e la porse a Severus senza dire una parola. Severus la prese in mano e un sorriso di trionfo gli si dipinse sul volto. Non aveva dubitato neanche per un secondo di riceverla, ma ora era lì, concreta, tra le sue mani, la sua migliore possibilità di riscatto.
Severus bramava Hogwarts, sognava di andarci dalla prima volta che sua madre gliene aveva parlato – un luogo dove poter finalmente mettere in pratica tutti gli incantesimi che aveva letto sui libri, dove poter leggere senza doversi nascondere, dove poter dimostrare di cosa era capace, un luogo dove le urla dei suoi genitori non potevano arrivare. Una chioma color ciliegia fece capolino tra i suoi pensieri: doveva essere arrivata anche a lei, la lettera. Finalmente a Hogwarts avrebbero potuto passare tutto il tempo insieme.  
“Severus!” La voce tagliente di sua madre lo riscosse dai suoi pensieri. Era ancora di fronte a lui, in cerca delle parole da dire a quel figlio ignorato e mai veramente conosciuto.
“Voglio che tu ti renda conto che questa è la tua migliore occasione. Sarai Smistato a Serpeverde”.
Non era una domanda. “Fatti amico delle persone giuste. Non è necessario che nessuno sappia dove vivi. Mi aspetto che tu sappia dosare le parole. Cautela nel parlare, studio intenso e gli amici giusti, è tutto quello che ti serve”. Inspirò profondamente. “Fai questo, e andrà tutto bene” concluse, e la sua voce si incrinò.
Severus era stupefatto e imbarazzato per il maldestro tentativo di sua madre di rassicurarlo. ‘Andrà tutto bene’ era una frase che lei aveva smesso di dirgli tanti anni prima, e Severus aveva smesso ancor prima di crederci. Era incerto su come comportarsi con questa versione emotiva di sua madre.
“Mamma” chiese esitante “mi spieghi le Case di Hogwarts? Serpeverde è la Casa dei maghi più potenti della storia, poi c’è Corvonero, che ospita i più intelligenti…”
“Stolti che applicano il loro intelletto a questioni vane, e non osano andare oltre la punta del loro naso, aspirare alla vera conoscenza” replicò sua madre con voce tagliente. Con la schiena dritta, la testa alta e gli occhi che fiammeggiavano, per un momento fu di nuovo Eileen Prince.
“Tassorosso, molluschi senza spina dorsale, si affannano qua e là senza mai fare nulla di buono, nascondendosi dietro le spalle di chi è più forte di loro. Grifondoro” una smorfia di disgusto le deturpò il volto “tronfi, pieni di sé, decerebrati pronti a buttarsi in qualsiasi impresa suicida per provare il loro cosiddetto valore, traditori del loro sangue, Babbanofili -”
Severus non poté trattenersi. “Tu l’hai sposato, un Babbano!”
Lo schiaffo di sua madre arrivò bruciante e implacabile.
“Come osi accusarmi!” sibilò “quando la colpa è tutta tua, creatura disgustosa!”.
Non era la prima volta che sua madre gli rivolgeva quell’accusa, ma si era sempre rifiutata di spiegarsi ulteriormente. Quel giorno però le parole fuoriuscivano dalla sua bocca come un fiume in piena. Sembrava che undici anni di parole represse fossero ora pronte a riversarsi su Severus, travolgerlo, sommergerlo.
“Ero brillante, con un futuro luminoso davanti a me. La famiglia Prince era rispettata da tutti. Ma poi sei arrivato tu a rovinare tutto”.
Severus la fissava inerme, incapace di muoversi e di parlare, osando a malapena respirare. Sua madre era fuori di sé, e gli occhi fuori dalle orbite fissavano il muro alle sue spalle. Sembrava parlare rivolta a sé stessa, come se avesse scordato che Severus era lì di fronte a lei.
“Tobias era dolce all’inizio” sussurrò. “Avevo diciannove anni, e nessuno mi aveva mai guardato come mi guardava lui. Diceva che ero bellissima”. Tacque, sommersa dai ricordi.
 
Eileen sfiorò delicatamente con le dita un bocciolo di rosa, mentre il tiepido sole dei primi di maggio esaltava i colori della natura che si risvegliava.
“Puoi prenderlo, se vuoi” disse una voce maschile alle sue spalle. Eileen sussultò; credeva di essere sola, e non aveva il diritto di essere lì, nello splendido giardino della famiglia Babbana che abitava in fondo alla strada. Voltandosi, si trovò di fronte un ragazzo alto e bruno, con le spalle larghe, vestito da giardiniere. Raccolse una rosa bianca già sbocciata e la incastrò delicatamente tra i capelli neri della ragazza.
“Un fiore delicato che si addice a una ragazza così bella” disse il ragazzo, sorridendo.
Eileen sentì il suo volto prendere fuoco. “Mi stai prendendo in giro” si schermì. A scuola la chiamavano Prince Nasoadunco o Eileen Beccodicorvo.
“Sono serissimo” rispose il ragazzo, senza traccia di scherno nella voce. La sua voce era calda e rassicurante. “Io sono Tobias” si presentò, tendendole la mano. Eileen esitò, poi gliela strinse con aria incerta.
“Eileen Prince, abito nella villa bianca all’inizio della via”. Tobias le sorrise.
“Allora, Eileen, ti piacciono i miei fiori?”.
 
“Sapevo che non poteva funzionare, naturalmente. Quando lui iniziava a parlare di nozze, cambiavo argomento. Non volevo pensare al futuro: volevo solo che continuasse a riscaldare il mio presente. Ci vedevamo di nascosto – gli dissi che la mia famiglia non avrebbe accettato di vedermi insieme a un giardiniere – eravamo giovani, innamorati, felici. Un giorno mia sorella ci scoprì.”
 
“Charlotte, aspetta!” urlò Eileen, rincorrendo la sorella. “Tobias, non mi seguire e non mi cercare!”
Riuscì a raggiungere la sorella minore quando erano ormai a un passo dal cancello di casa, e cercò di bloccarla tirandola per un braccio. Charlotte si voltò, il fiato corto e il viso paonazzo per la corsa. Era più piccola di lei di due anni, e molto più bella. Aveva ereditato dalla madre la pelle di porcellana e i morbidi boccoli castani. I capelli di Eileen, invece, erano neri e le stavano appiccicati alla testa.
“Eileen, cosa stai combinando con quel Babbano?” proruppe sua sorella, con lo sguardo carico di accusa, un’espressione mista di disgusto e delusione. “Solo perché quel Nott ti ha rifiutato, non significa che ora ti devi sposare un Babbano!”.
“Non lo sposerei mai, lo sai che non lo farei, Lottie!” ribatté Eileen vivacemente, ma Charlotte non la stava ascoltando.
“Quando mamma e papà lo sapranno…”
“Mamma e papà non lo devono sapere!” sibilò Eileen, con una punta di isteria nella voce. “Ascoltami, Charlotte, ti prego!” implorò, poggiando le lunghe mani sulle braccia candide della sorella. Il bel viso di Charlotte era ancora furibondo, ma incrociò le braccia e stette ad ascoltarla in silenzio. Eileen intravide una possibilità.
“Hai ragione tu, Lottie” disse, con voce addolcita, “ero arrabbiata per Nott e ho fatto una cosa stupida, ma era solo un passatempo, una distrazione, te lo giuro! Non sposerei mai un Babbano!”.
Charlotte era ancora dubbiosa, ma ormai Eileen vedeva la vittoria. Sapeva su cosa fare leva.
“Ti prego, non dire nulla a mamma e papà!” sussurrò, “ero arrabbiata e invidiosa perché tutti preferiscono te, non è facile essere tua sorella, Lottie…”. L’espressione di Charlotte si rasserenò. “E va bene, manterrò il segreto” concesse, “ma devi promettermi che non lo rivedrai mai più”.
“Promesso”, rispose Eileen senza rimpianto. 
 
“Mantenni la promessa. Non potevo rischiare che i miei genitori scoprissero qualcosa, e in fondo quello che avevo detto a Charlotte era la verità. Mi ero affezionata a lui più del previsto, ma non avevo mai avuto intenzione di lasciare tutto quello che avevo per lui. Pensavo che non vedendomi più avrebbe capito, e sarebbe sparito dalla mia vita. Invece, quell’idiota si presentò a casa mia un giorno che i miei erano fuori. Scavalcò il cancello e iniziò a spiare me e mia sorella nel giardino”.
 
“Eileen, guarda! Quel tuo stupido Babbano ci sta spiando!” esclamò Charlotte all’improvviso, notando una figura tra i cespugli al limitare del giardino. Eileen impallidì e abbassò la bacchetta. Stava aiutando la sorella a esercitarsi per i M.A.G.O. Charlotte, però, tenne la bacchetta alzata di fronte a sé.
Tobias uscì allo scoperto e si avvicinò alle due ragazze con un’espressione perplessa sul volto. Da dove si era nascosto non era ben riuscito a capire cosa stessero facendo, un gioco o forse una recita.
“Tobias, cosa ci fai qui? Devi andartene subito!” sibilò Eileen, gli occhi ridotti a due fessure.
“Eileen, io…” tentò di spiegarsi il ragazzo, ma Eileen gli si era avvicinata furiosa.
“Cos’hai visto? Dimmi cos’hai visto!” gli urlò in faccia, minacciosamente.
“Niente” rispose, con la stessa aria dubbiosa, senza staccare gli occhi dallo strano bastoncino di legno che la sorella di Eileen teneva dritto davanti a sé come un’arma. Eileen rivolse un’occhiata furiosa a sua sorella. “Charlotte, mettila subito via!”. Gli occhi di Charlotte brillarono maligni.
“Ma no, Eileen” disse con voce melliflua “lascia che il Babbano veda. Incendio!”.
Il cespuglio dove fino a poco prima era rintanato Tobias prese fuoco.
“Lottie, ma sei impazzita?” urlò Eileen, fuori di sé. Tobias aveva gli occhi sbarrati e continuava a spostare lo sguardo dal cespuglio in fiamme alle due sorelle. Iniziò a indietreggiare. Ora anche la sua Eileen gli stava puntando quel pezzo di legno contro. “Ora ci tocca obliviarlo” stava dicendo alla sorella con aria seccata. Tobias non aveva la minima intenzione di scoprire cosa si provasse a essere obliviato, così si fece forza per distogliere lo sguardo dall’assurdo scenario e corse via, percorrendo con poche falcate la distanza che lo separava dal cancello. “Confundus!” gridò Eileen, mentre sua sorella rideva.
“Lottie, ma che hai combinato!” piagnucolò. “Non sono nemmeno sicura di essere riuscita a Confonderlo, correva troppo veloce e sai che la mia mira è terribile”.
“Non dirà niente a nessuno” la rassicurò Charlotte, ridacchiando. “E anche se lo facesse, nessuno gli crederebbe. Non verrà più a ficcare il naso qui intorno, questo è poco ma sicuro. Hai visto che faccia ha fatto?”.
 
“Ci vide praticare la magia. Lo sguardo di terrore e disgusto che mi rivolse me lo fece vedere per quello che davvero era: un lurido Babbano ignorante, che nulla poteva comprendere della magia” concluse, la voce carica di odio e disprezzo. Severus conosceva lo sguardo di cui parlava: era quello che suo padre riservava a lui e a sua madre ogni volta che i suoi occhi si posavano su di loro.
“Non ci rivolgemmo più la parola, e lui cominciò a bere e frequentare il pub. Dopo qualche tempo, perse il posto da giardiniere. A me non importava. Mi ero finalmente svegliata dal mio sogno a occhi aperti, ed ero disgustata da quello che mi ero abbassata a fare. Mia sorella tenne la bocca chiusa. Tutto andava bene, finché non arrivarono le nausee. Dopo qualche mese, non potei più nascondere il mostriciattolo che portavo in grembo, e mia sorella confessò tutto ai miei genitori. Mi buttarono fuori di casa”. Sua madre aveva il volto contratto per la rabbia e l’affronto subito, gli occhi pieni di lacrime.
Severus si riscosse alla parola “mostriciattolo”. Si era scordato che la storia parlava di lui. L’orrore ebbe il potere di restituirgli la capacità di muoversi. Iniziò ad allontanarsi lentamente verso la porta, mentre sua madre continuava a parlare con lo sguardo perso nel vuoto, come se vedesse qualcosa a lui invisibile.
“Così tornai da lui. Non avevo un altro posto dove andare. Mi accolse in casa, e ci sposammo. Nei primi tempi, quando era sobrio, rivedevo in lui ancora il ragazzo che mi aveva regalato un fiore. Ma qualcosa si era spezzato. Non voleva che usassi la magia davanti a lui. Credo che sperasse che il bambino fosse un lurido Babbano come lui, ma quando a soli tre anni diede i primi inequivocabili segni di magia…”.
Severus sgattaiolò fuori dalla porta della sua camera, la lettera di Hogwarts ancora stretta in pugno. Corse via con il volto rigato di lacrime. Non aveva bisogno di sentire altro. Sapeva fin troppo bene come continuava la storia. 
 
NdA
Ciao a tutti! Sorprendentemente…non sarò breve. Ma non siete obbligati a leggere le note xD
Innanzitutto un sentito ringraziamento a tutti i lettori, e doppio a chi ha messo la storia tra le seguite/preferite. Triplo a jessamine che recensisce sempre ;)
Mi sembra di ricordare che la Rowling abbia dichiarato in una qualche intervista che i giovani maghi ricevono la lettera di ammissione a Hogwarts nel giorno del loro undicesimo compleanno. Ora, questo oltre a essere a mio parere un po’ illogico, è anche in contraddizione con quello che succede nel primo libro, in quanto le lettere iniziano ad arrivare a Harry diversi giorni prima del suo compleanno. Il fatto che poi lui riesca finalmente a leggerla proprio il 30 luglio è una magica coincidenza ;) Per spiegare perché mi sembra illogico prendiamo il caso di Hermione, nata il 19 settembre. A quanto ho capito, a Hogwarts si entra a undici anni compiuti, perciò lo spartiacque non è come da noi per i nati dopo il primo gennaio ma per quelli nati dopo il primo settembre. Per questo Hermione entra a scuola con Harry e Ron pur essendo nata nel 1979 e non nel 1980. Ora, la domanda è: perché inviare la lettera il 19 settembre sapendo che non potrà iniziare la scuola fino al settembre successivo? Ma vi immaginate la reazione nevrotica di Hermione?xD
Perciò, ho deciso di considerare che le lettere siano spedite contemporaneamente in un giorno imprecisato alla fine di luglio, esattamente come avviene per le lettere degli anni successivi al primo (quelle con la lista dei libri e i nomi dei Prefetti). Mi piaceva l’idea di paragonare cosa avviene in luoghi diversi a bambini diversi quando aprono la lettera nello stesso momento, quindi mi sono presa questa licenza.
Le informazioni sulla visita di Silente a casa Lupin sono tratte da Pottermore, come anche le informazioni sui suoi genitori e sulla sua infanzia. Non ho trovato informazioni su dove vivessero i Lupin, ma solo il fatto che hanno dovuto cambiare spesso casa a causa del piccolo problema peloso di Remus che dopo un po' veniva notato dai vicini. Su Eileen Prince e Tobias Snape, invece, non si sa un granché; questa è la mia versione dei fatti. Infine, ho immaginato che Kreacher avesse una spiccata predilezione per il minore dei Black già dalla prima infanzia dei due fratelli. (Io Kreacher lo adoro).
Un’ultima cosa: so che sto dedicando più attenzione a Severus che ai Malandrini, ma una volta approdati a scuola l’attenzione si concentrerà maggiormente su di loro.
 

Thalassa_
   
 
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