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Autore: heliodor    03/06/2017    7 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Il libro

Joyce ebbe un tuffo al cuore. Per un attimo pensò che si trattasse di Vyncent. Stava per rispondere di essersi persa di nuovo, quando realizzò che si trattava di Mythey.
Il cavaliere aveva il volto trafelato e arrossato. Doveva aver corso molto in fretta. Respirava a fatica ma la sua presa sul braccio era forte e decisa, anche se non dolorosa.
Joyce gli sorrise imbarazzata. "Salve" riuscì a dire.
"Mi avete fatto morire di paura" disse Mythey mentre camminavano tra la folla diretti al palazzo. "Quando vostro padre saprà quello che avete combinato si arrabbierà moltissimo."
"Deve proprio venirlo a sapere? Non può essere il nostro piccolo segreto?"
Lui le rivolse un'occhiata severa. "Il giorno in cui mentirò a vostro padre sarà quello in cui non sarò più degno di considerarmi un cavaliere."
"Non devi mentire. Dovresti solo tacere una parte della verità."
"È uguale" rispose lui con tono duro.
Joyce sospirò affranta. "Ti giuro che non lo farò mai più."
"I vostri giuramenti sono scritti sulla sabbia in riva al mare, principessa."
"Non ti permetto di parlarmi con quel tono" provò a minacciarlo lei.
Mythey le rivolse un'occhiataccia.
"Oh, andiamo" disse Joyce disperata. "Ti chiedo scusa."
"Non è a me che dovete delle scuse."
"Sei arrabbiato perché ti ho ingannato e lo capisco. Anche io sarei arrabbiata."
"Non sono arrabbiato. Ma deluso. Col vostro modo di fare mettete a rischio sia voi che la casa regnante. E il regno intero."
"Vuoi che ti implori in ginocchio?"
"Voglio che vi comportiate come si conviene a una principessa."
Joyce decise di lasciar perdere. La sua unica speranza era che il re e la regina fossero troppo impegnati con i preparativi della consacrazione per badare a lei.
Infatti non appena rientrò a palazzo le guardie la scortarono subito nello studio del padre.
Re Andew era un uomo imponente. Era alto più della media, la carnagione chiara e i capelli castano scuro incorniciavano un viso dai tratti regolari. Portava la barba ben curata e in quel momento indossava il suo vestito da cerimonia completato da un mantello con sopra ricamata la stella a cinque punte.
Un maggiordomo annunciò l'arrivo di Joyce con voce ferma. "Sua altezza la principessa Joyce di Valonde" disse lasciandola entrare nello studio.
Mythey, che l'aveva scortata fin lì, si inginocchiò. "Vi ho portato la principessa come avevate ordinato" disse dopo aver chinato la testa.
Re Andew parlò con voce baritonale. "Lasciaci soli Mythey."
Il cavaliere si rialzò e lasciò la stanza. Solo quando il maggiordomo ebbe richiuso la porta re Andew si mosse.
Lui la fissò in silenzio per almeno un minuto. Joyce non ebbe il coraggio di sollevare gli occhi per incrociare quelli del padre.
"Non hai niente da dire?" domandò lui.
Joyce si strinse nelle spalle. "Mi spiace. Non lo farò più."
Andew respirò a fondo. Lo sguardo severo si addolcì un poco. "Ci hai fatti morire di paura."
"Non era mia intenzione."
"Davvero? E cosa volevi ottenere con la tua bravata?"
"Io..."
La porta si aprì ed entrò un uomo sui vent'anni. Era alto e aitante come il re e aveva i suoi stessi occhi. "Sei qui" disse rivolto a Joyce.
Lei rivolse un cenno della testa a Roge.
"Spero tu non l'abbia punita" disse il principe a re Andew.
Il re sospirò. "Sono solo felice che sia ancora viva e tutta intera."
Joyce decise di tacere sull'incontro con Vyncent e quello che era accaduto al mercato.
"Anche io" disse Roge.
"Scortala nelle sue stanze" ordinò il re. "E che ci resti fino alla consacrazione."
"E con Mythey cosa intendi fare?" domandò Roge.
L'espressione del re cambiò. "Risolveremo anche quel problema."
"Lui non c'entra" disse Joyce. "Non punirlo al posto mio."
"Non ho intenzione di punirlo" disse re Andew. "Ma Mythey ha commesso un errore imperdonabile. È mio dovere prendere dei provvedimenti."
"Ti prego" disse Joyce.
"Ho deciso che per il momento resterà al nostro servizio come guardia del corpo, ma sarà affiancato da qualcuno più giovane e pronto" disse re Andew. "Quando sarà il momento, questa persona prenderà il suo posto."
"Vuoi cacciarlo?" chiese Joyce sgomenta.
"Si ritirerà come ogni altro cavaliere che ci ha serviti fedelmente. Non lo ridurrò all'indigenza né lo umilierò, stanne certa. Avrà una tenuta e delle terre e potrà condurre un'esistenza più che dignitosa."
Joyce non riusciva a credere alle sue orecchie.
"Roge, portala via. Devo prepararmi per la consacrazione."
Roge prese Joyce per un braccio e la guidò fuori dalla stanza.
 
Joyce era affranta. Si sentiva colpevole per ciò che era accaduto. Aveva deluso i suoi genitori e Mythey, forse la persona che le voleva più bene a parte i suoi familiari, avrebbe pagato per la sua condotta. "Non è giusto" disse a Roge ad alta voce.
Roge si strinse nelle spalle. "È la giustizia del re. Nostro padre è stato fin troppo indulgente con te."
"Ma non doveva punire Mythey."
"Non può certo cacciare te, sorellina" scherzò lui.
"Sarebbe la soluzione migliore per tutti."
"Non risolverebbe niente. Inoltre, ci farebbe una figura tremenda con i suoi vassalli. Quale padre esilia la figlia per una marachella?"
"Ma io non so usare la magia. Non ci perderebbe troppo."
Roge la fissò con sguardo duro. "Tu sei pur sempre una principessa di Valonde, anche se non farai mai parte di nessun circolo di stregoneria. Non dimenticarlo."
Joyce si sentì rinfrancata da quelle parole.
Arrivati davanti alla porta della sua stanza, Roge l'aprì e la invitò a entrare. "Ora resta qui finché non verrò a prenderti. Posso fidarmi?"
Joyce annuì. "Mi è passata la voglia di andarmene in giro."
Quando Roge chiuse la porta alle sue spalle emise un profondo sospiro di rassegnazione. Si sentiva stanca e depressa come mai prima di allora. Le era davvero passata la voglia di andarsene in giro se quello era il costo delle sue bravate, ma sapeva che il desiderio di esplorare la città e, perché no?, il mondo, le sarebbe tornato presto.
Stava per gettarsi sul letto quando notò che qualcosa non andava.
Un libro dalla copertina scura giaceva su uno dei cuscini come se fosse stato messo lì in bella mostra. Era certa di aver rimesso tutto in ordine prima di uscire, aveva controllato due volte. Non l'aveva dimenticato lì. Ci era stato messo.
Prese il libro e lo esaminò. Non aveva né titolo né altri segni. La copertina sembrava di pelle ed era liscia e scolorita. Si notavano i segni del tempo ma per il resto era integra. Quando l'aprì notò che vi era una dedica sulla prima pagina.
"A Sibyl con amore e devozione. Arran."
Non aveva idea di chi fossero Sibyl e Arran, né se fossero persone reali, ma la cosa la incuriosì. Era certa di non possedere quel libro e di non averlo preso dalla biblioteca.
Non aveva idea di come fosse arrivato sul suo letto e di chi ce lo avesse messo. Forse era stato un valletto a lasciarlo lì per sbaglio. Per un attimo fu tentata di metterlo tra gli altri libri sullo scaffale e dimenticarsene, ma la curiosità la spinse a sfogliarne qualche pagina.
Ogni foglio era vergato nella stessa calligrafia piena di svolazzi. Le parole le erano incomprensibili, ma riconosceva le lettere. Era alfabeto comune senza alcun dubbio. Forse era una delle lingue che si parlavano nel continente Vecchio. Conosceva i maggiori idiomi di quella parte di mondo - suo padre aveva portato a corte i migliori insegnanti madrelingua perché li imparasse - e quelle pagine non le dicevano niente.
Oltre alle parole c'erano anche i disegni.
Ed erano la cosa più strana.
In uno dei primi si vedeva una figura umana stilizzata sormontata da un globo da cui si espandevano dei raggi.
Sfogliando quelle successive ritrovò la stessa figura alle prese con qualcosa che sembrava stesse prendendo fuoco, una ragnatela in cui una seconda figura veniva intrappolata e altre ancora.
Sfogliò il libro per diversi minuti finché non decise di averne avuto abbastanza per il momento. Ripose il volume sullo scaffale e sedette sul bordo del letto.
Le immagini che aveva visto nel libro danzarono nella sua mente per qualche secondo e le sembrò che una di quelle figure si animasse di vita propria.
Prese il libro e l'aprì su una pagina a caso. La figura stilizzata era circondata da qualcosa che sembrava una pianta che cresceva fino oltre il bordo della pagina. "Che cosa sei?" chiese ad alta voce.
Richiuse il libro e lo mise sullo scrittoio, promettendosi di tornare a esaminarlo più tardi, dopo la consacrazione.
Guardò fuori dalla finestra e notò che il sole era calato di molto dall'ultima volta che ci aveva fatto caso. Quanto tempo aveva passato sfogliando il libro? Ore, a giudicare dalla posizione del sole. Si dimenticò del libro e passò il tempo successivo a prepararsi per la cerimonia.
  
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