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Autore: Niglia    11/06/2009    7 recensioni
{Vecchio titolo: The Wrong Man}
Giulia è una normale ragazza di 18 anni; va a scuola, esce con le amiche e, quando capita, con qualche ragazzo, ma non è certo alla ricerca del Principe Azzurro.
Sembra l'inizio di un'estate come le altre quando, all'improvviso, compare Enrico: l'erede di un impero criminale, bello e affascinante, che si invaghisce di lei e la obbliga, un po' con le buone e un po' con le cattive, a frequentarlo...
"I tuoi amici non sanno dove sei, però loro sono al sicuro." Mormorò, avvicinando le labbra al mio orecchio e facendomi rabbrividire con il suo caldo respiro. "Cerca di fare in modo che rimangano tali... Se mi disobbedisci in qualsiasi modo, farò loro del male, e ti assicuro che sembrerà un incidente."
Parlava come farebbe un amante nell'intimità di una camera da letto, con la stessa voce calda e rassicurante, leggermente roca: eppure le sue parole erano tutto fuorchè rassicuranti. La sua era una minaccia bella e buona...
[dal Capitolo 7]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ringraziamenti!!!
Ed eccomi arrivata al 3 capitolo!
Beh, non credo che l'avrei mai scritto senza di voi, perciò GRAZIE!
Grazie di avermi seguito e di avermi commentato, e soprattutto grazie per avermi messa tra le preferite... sono davvero commossa :.)
Un grazie a Alebluerose91 (la mia geme!!), bella95, checcaaaa_ , Cherasade, fallsofarc, Irza93, ladydramione, Merry NIcEssus, nisha_7, SweetCherry, Veronica91, nimi_chan e chany41!
Spero di non deludervi con questo capitolo, fatemi sapere!
Buona lettura!
Bacioooo :*










 

 

Capitolo III






  

“Ciao.”

Aprii di nuovo gli occhi, stupita. Chi era quello che mi aveva salutato? Non conoscevo la voce, non apparteneva sicuramente a nessuno dei miei amici, così fui costretta a voltare la testa verso destra per controllare. Per poco non caddi dallo sgabello.

Era il ragazzo di quella mattina. Enrico Occhi Belli.

Beh, in effetti i suoi occhi erano davvero splendidi, verdi come il mare più profondo e cristallino: ma che cosa ci faceva lì? E perché mi aveva rivolto la parola?

Oh, cavolo… Forse avevo fatto male a rispondergli, al bar…

“Ciao…” Risposi, titubante. Perché era solo? Che fine avevano fatto i suoi compari? Mi sembrava proprio strano che un individuo come lui gironzolasse da solo. A meno che, non fosse un lupo solitario… In effetti, in quel momento aveva proprio l’aria del predatore.

“Come mai sei da sola? Non c’è la tua amica?” Chiese malizioso, come se fosse stato contento di trovarmi senza i miei amici.

Mi ritrovai a fissarlo come se fossi stata incantata. Indossava una camicia nera a maniche lunghe, strette ai polsi, il cui soffice tessuto ricordava molto la seta, e un paio di jeans dello stesso colore. Il colletto della camicia era aperto, mettendo in mostra la sua pelle abbronzata e senza alcuna imperfezione: al collo portava una collanina dal filo nero dal quale pendeva una piccola croce di oro bianco. Non avevo mai visto un ragazzo che portasse un girocollo simile.

Si sedette sullo sgabello che era stato di Alessandra, poggiando un gomito sul ripiano in marmo del bancone e fissandomi come se avesse voluto perforarmi. Distolsi lo sguardo da lui, puntandolo sulle file allineate di bicchieri che riempivano la parete del bar di fronte a me. Ma cosa accidenti voleva?

“Non credo che ti riguardi.” Replicai, cercando di mantenere un tono calmo e disinvolto mentre bevevo un altro sorso dell’aperitivo. Avevo bisogno di tenermi impegnata.

Decise di cambiare discorso – o forse tattica – visto che dovette accorgersi del fatto che mi stavo innervosendo. Prima di rivolgermi nuovamente la parola, però, si fece portare lo stesso aperitivo che avevo ordinato io, un Red Heart. Cosa credeva di fare?

Giorgio si avvicinò quasi subito e glielo porse, lanciandogli un’occhiataccia che avrebbe intimidito chiunque. Chiunque tranne lui, evidentemente; ad ogni modo mi sentii più tranquilla. La presenza di Giorgio, per quanto lontana, era abbastanza rassicurante.

“Mi permetterai di offrirti da bere almeno stasera?” Domandò, cercando di essere gentile.

Come se lo avesse sentito, il barista tornò con una scusa accanto a noi. “Per la signorina offre la casa!” Esclamò, facendomi l’occhiolino e porgendomi un nuovo bicchiere di Red Heart, visto che dal nervoso avevo bevuto il mio tutto d’un fiato.

Riuscii a sorridergli, mimando un Grazie con le labbra. Eppure, malgrado stessi facendo tutto quello che era in mio potere per ignorarlo, Enrico sembrava non volersi arrendere.

“Ti do fastidio, eh?”

A quel punto non riuscii a impedirmi di sbuffare, e mi voltai verso di lui, irritata. “Esatto!” esclamai. “Ma non hai niente di meglio da fare che rimanere qui?”

Il suo sorriso mi abbagliò per un istante, facendomi battere un paio di volte le palpebre: anche se vedevo che si stava chiaramente divertendo non potei fare a meno di notare quanto fosse bello. Aveva la stessa aria presuntuosa che avevo visto in alcune statue greche, come se fosse consapevole della sua bellezza e del suo potere da rendere arrogante ogni minimo gesto che faceva. Come quando prese il bicchiere dell’aperitivo per portarselo alle labbra, bevendo senza mai staccare gli occhi da me. Era davvero imbarazzante.

“Credo che tu sia la sola cosa interessante, stanotte.” Mormorò, passandosi la punta della lingua sulle labbra umide di drink.

Ovviamente arrossii come una bambina colta con le mani nella marmellata, riuscendo a fare concorrenza anche al mio vestito. Fu in quel momento che mi ricordai della scollatura assai poco castigata che rivelava invece parecchio delle mie forme: le mie guance ormai ardevano, ma se non altro riuscii ad incrociare con disinvoltura le braccia sul petto scambiandolo per un gesto di irritazione.

“Forse non hai visto le ragazze che ballano sulla pista.” Replicai, lanciando uno sguardo in mezzo al locale. Stavo osservando con malcelata disperazione la folla alla ricerca dei miei amici, o almeno di Alessandra, ma con quelle luci e con tutto quel dimenarsi furioso di corpi era praticamente impossibile.

“Oh, si che le ho viste.” Rispose; mi accorsi in ritardo che, approfittando della mia distrazione, si era avvicinato un po’ troppo a me. “Ma a me interessi solo tu.”

Adesso si che era riuscito a sorprendermi! Guardandolo in viso temetti quasi che stesse parlando sul serio, ma nel dubbio era meglio non lasciare spazio a fraintendimenti. Bevvi un sorso dal mio bicchiere, poi mi schiarii la voce. “Credo proprio che tu abbia sbagliato ragazza, sai.” Replicai, senza celare il disgusto che quel ragazzo mi ispirava ogni momento di più. “E, anche se questo non ti riguarda, sappi che sono già impegnata.”

Lo vidi sgranare impercettibilmente gli occhi, mentre un’ombra strana gli attraversò come un fulmine minaccioso lo sguardo. “Ma davvero?” Disse; sembrava arrabbiato, ma con quale diritto!

“Davvero.” Ripetei. Mentalmente continuavo a pregare che Matteo o qualcun altro apparisse all’improvviso per salvarmi e portarmi via, ma più scrutavo la folla e meno vedevo qualche volto familiare. Accidenti, se solo fossi andata a ballare…!

“Uhm.”

Mi voltai di nuovo verso di lui, ormai sull’orlo dell’esasperazione. Calma Giulia, pensavo nel frattempo, non alzare le mani, respira… Ormai stavo stritolando la mia borsetta, cercando di resistere alla tentazione di mollargli uno schiaffo. Sapevo che tecnicamente non mi stava facendo niente, ma era bello ed era stronzo, e queste, a mio avviso, sono due delle caratteristiche che giustificano il gesto più estremo!

“Perché ho l’impressione che tu non ci creda?” Chiesi, mostrandogli un sorriso irrisorio: volevo che capisse che anch’io ero in grado di prendermi gioco di lui, se solo volevo.

Tuttavia lui doveva essere più pratico di me in quel gioco, perché il sorriso che mi rivolse mi fece saettare un brivido lungo la schiena, facendomi deglutire nervosamente. Odiavo il fatto di sentirmi così in disagio, non riuscivo a tenergli testa.

“Semplicemente, dubito che se tu fossi davvero impegnata rimarresti qui, da sola, al bar. Il tuo ragazzo non può essere tanto stupido da lasciare una bella ragazza come te del tutto incustodita.”

Rimasi semplicemente a bocca aperta: okay, qui stavamo davvero sforando tutti i paletti della normalità. Senza che lui mi vedesse mi diedi un pizzicotto, strizzandomi la pelle del dorso della mano; sfortunatamente il dolore mi confermò che non si trattava di un sogno, ma della pura e triste realtà. Anche perché, voglio dire, in quale sogno avrei mai potuto sognare uno come lui?

Grazie al cielo, qualcuno dovette aver ascoltato alla fine le mie preghiere silenziose, perché dalla folla arrivarono all’improvviso Matteo e Alessandra, accaldati ed euforici. Il loro entusiasmo però svanì non appena videro il ragazzo che mi teneva compagnia, come se avessero premuto un interruttore. Ale mi rivolse uno sguardo preoccupato, mentre vidi che Matteo si stava arrabbiando.

“Beh, Giulia, mi sembra che tu abbia trovato compagnia.” Esordì il mio amico, non appena ebbe raggiunto il bancone. Perché la sua voce era così… gelida?

Non seppi cosa rispondere, e dopotutto non ne ebbi nemmeno l’opportunità, perché fu Enrico a rispondere per me. “Allora era vero.” Disse, rivolgendomi un fugace sorriso. Poi si rivolse verso Matteo, ma questa volta anche la sua voce era fredda e dura. “Fossi in te, serberei con gelosia una ragazza come lei, e starei molto attento a non lasciarla da sola… Visto che non vuoi che qualcun altro le si avvicini. Ma poi, se questo avviene, non prendertela con lei.”

Matteo gli si avvicinò, minaccioso, con uno sguardo che non gli avevo mai visto: okay, eravamo amici, ma mi sembrava che la sua reazione fosse esagerata! Certo, tutti conoscevamo Enrico e la sua famiglia almeno di fama, e quasi tutti avevamo le stesse opinioni su di loro… Ma da qui ad arrabbiarsi se mi trovava mentre parlavo con un altro ragazzo – che per puro caso era Enrico – ce ne passava…!

“Razza di bastardo, non osare dirmi come mi devo comportare!”

Sgranai gli occhi all’esclamazione furente di Matteo. Okay: avevo appurato che il suo comportamento era esagerato. Ma non mi sembrava il caso di farglielo presente davanti al “nemico”, anche perché mi serviva che Enrico credesse che io fossi già fidanzata. Da quel punto di vista il mio amico mi stava dando una mano, e io stavo cercando di convincermi di quello… Ma dall’altra mi stava decisamente facendo innervosire, e fu solo perché Alessandra mi stava stringendo comprensiva una spalla che non diedi un bello schiaffo ad entrambi. Ma chi si credevano di essere? Parlavano di me come se non fossi presente!

Avrei dovuto chiarire le cose con Matteo al più presto.

Tuttavia, al momento avevo altro di cui preoccuparmi.

All’insulto del mio amico, il volto di Enrico aveva assunto un’espressione tale che, malgrado non fossi più da sola con lui, mi fece rabbrividire. Era spaventoso, avrei potuto giurare che in quel momento avrebbe voluto colpire o uccidere Matteo… I suoi occhi ardevano, tremendi.

Scivolò con grazia giù dallo sgabello, in modo da trovarsi di fronte a Matteo: era più alto di lui almeno di una decina di centimetri, e la sua terribile imponenza fece scemare leggermente la furia ingiustificata dell’altro ragazzo. Senza neppure sollevare un dito l’aveva fatto indietreggiare di un paio di passi.

“Ringrazia che non siamo da soli.” Sibilò soltanto, stringendo gli occhi a due fessure. “Ma la prossima volta che ci incontreremo fai in modo di non essere tu da solo, e forse non ti farò troppo male.”

Vidi Matteo deglutire, ed io trattenni involontariamente il fiato. Poi Enrico si voltò verso di me, e la sua espressione sembrò essersi trasformata.

“Piacere di averti conosciuto, Giulia.” Disse, dolcemente. Ma come poteva essere così dolce la sua voce, dopo la minaccia che aveva appena fatto? “Ci vediamo presto.”

Ci diede le spalle e, in pochi secondi, sparì in mezzo alla folla senza lasciare nessuna traccia dietro di sé. Certo, a parte l’espressione sconvolta di Matteo e quella senza parole di Alessandra.

Quanto a me…

Non lo conoscevo, e non avevo nessunissima intenzione di farlo. Se mai ci fosse stato un altro incontro, avrei finto di non conoscerlo e avrei girato la testa da un’altra parte.

Non volevo avere nulla a che fare con i delinquenti come lui. Ma dopotutto, se l’avessi ignorato lui avrebbe presto lasciato perdere…

In quel momento, inaspettatamente, mi tornò in mente un documentario che avevo visto tempo prima alla televisione; parlava del comportamento di animali come i leoni, che cacciavano le loro prede senza mai arrendersi, fino a sfiancarle e poi colpirle. Alla fine, i loro sforzi venivano sempre premiati. Sarei stata io la preda di Enrico?

Mio Dio, mi augurai proprio di no.

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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