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Autore: Aliaaara    13/06/2017    2 recensioni
Un dottore enigmatico che non va d’accordo con i tornadi.
Il secondo uomo di un Imperatore che schiaccia pisolini ovunque.
Una bizzarra attrazione.
E una convivenza forzata per una settimana sulla stessa nave.
Cosa porterà tutto questo?
________
Sorrisi soddisfatto “A quanto pare sarò in debito con te Portuguese-ya” dissi.
“Puoi sempre pagarlo in natura se vuoi” mi propose lui, voltando il viso per lanciarmi un sorrisetto malizioso.
“Con tutto il rispetto, ma non me la faccio con i ragazzini” ribattei.
“Ah no? Eppure la faccia da psicopatico ce l’hai” mi contraddisse “Hai pure le occhiaie”
Sbuffai una risata “Almeno io non vado in giro a torso nudo sventolando la mia ninfomania in faccia a chiunque”
Sul suo viso si formò un caloroso sorriso “Un vero peccato, lo apprezzerei” affermò prima di ridarmi le spalle ed uscire.
Che tipo. Ma davvero un soggetto simile era il secondo uomo più fidato di un Imperatore?
Genere: Avventura, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Portuguese D. Ace, Trafalgar Law
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fire Of The Sea



 
Settimo Giorno






























Guardavo l’acqua in attesa che sbucasse qualcosa dal suo interno.
Il ponte era vuoto, era ancora molto presto. Uno o due uomini si aggiravano e sembravano limitarsi ad ignorarmi e a fare da vedetta.
Mi ero rimesso i miei vestiti, avevo il mio cappello in testa ed aspettavo con impazienza. Non avevo svegliato Ace quando mi ero alzato quella mattina, non avevo avuto l’intenzione di farlo fin dall’inizio. Non sapevo perché ma non volevo che mi vedesse andare via, non volevo vederlo mentre mi vedeva andare via.
Così attesi per interminabili minuti che i miei uomini arrivassero, e dovetti aspettare per più di un’ora mentre l’aria fredda di quel mattino mi tempestava il viso.
Quando il sottomarino comparve, la prima cosa che feci fu sorridere, sentendomi felice al pensiero che sarei tornato a navigare per la mia strada con i miei uomini.
L’uomo di vedetta gridò l’avvistamento del mio mezzo e quelle poche persone sul ponte si sporsero per vedere il mio sottomarino giallo emergere del tutto e trasformarsi, issando in alto le vele nere con il mio stemma, in una nave.
Poco dopo il portellone di metallo si aprì, rivelando la figura del mio orso “Capitano!!!” gridò euforico vedendomi, iniziando a sbracciarsi in mia direzione con le lacrime agli occhi.
Subito vidi gli altri miei uomini uscire, anche loro iniziarono a chiamarmi a gran voce, facendomi sorridere “Meno baccano” li ammonii ma non severamente “Vengo” aggiunsi.
Li vidi drizzarsi e subito Penguin urlare “La passerella, presto!” e tutti si mossero per prendere la trave di legno che spostarono in gruppo per collegare le due navi. Non che ce ne fosse bisogno, con i miei poteri avrei potuto fare benissimo da solo, ma apprezzai il loro gesto di premura nei miei confronti e salii sul parapetto della nave per salire sulla passerella.
Feci appena due passi che sentii la sua voce alle mie spalle “Te ne vai senza salutare?” mi chiese Ace.
Mi voltai, guardandolo appoggiato alle cabine con la schiena, le braccia incrociate al petto muscoloso, il cappello arancione in testa e un leggero sorriso in volto.
“Non mentivo quando ho detto che non sono mai stato bravo con gli addii” risposi, in tono mesto.
Incurvò per un attimo le labbra “Non deve per forza essere un addio” ribatté.
Lo osservai per un attimo senza dire nulla, pensando che sarebbe così che me lo sarei ricordato “Devo ammettere che alla fine non sei un pessimo capitano, Portuguese-ya” ammisi, in qualche modo glielo dovevo.
Sorrise “Presumo che da te questo sia un complimento” fece.
“Presumi bene” risposi allo stesso modo.
Sembrava solo il giorno prima che ero finito su quella nave e noi due ci fossimo scambiate quelle battute, eppure era passata una settimana da allora.
“E io devo ammettere che non sei un freddo calcolatore come ti ostini a voler far credere” affermò lui sistemandosi il cappello, lanciandomi uno sguardo che voleva intendere qualcosa.
Feci una leggera smorfia, mi voltai e proseguii sulla passerella, dirigendomi verso il mio equipaggio “Buona fortuna per il tuo obbiettivo” mi sentii dire.
“Lo stesso anche per te” risposi.
Misi piedi sul ponte della mia nave venendo subito circondato dai miei uomini, felici di riavermi tra loro “Capitano, questa è sua” affermò Bepo passandomi la mia Nodachi.
Sorrisi prendendola e mi rivolsi a tutti “Rimandiamo i festeggiamenti a dopo, preparatevi per l’immersione” ordinai e loro gridarono festosi iniziando a muoversi sul ponte per riprendere la passerella e tornando dentro.
Mentre il suono inconfondibile della sirena per l’immersione iniziò a espandersi, mi voltai verso l’altra nave, e tra la gente che aveva iniziato a radunarsi per vedere cosa succedeva incrociai lo sguardo di Ace che con una mano alta sopra il suo cappello mi fece un cenno di saluto prima di voltarsi e dirigersi all’interno della sua nave.
“Portuguese-ya” lo richiamai, prima di rendermene conto.
Si voltò stupito in mia direzione “Sono in debito con te. Vedrò di ricambiare al più presto il favore”  affermai con un leggero sorriso sul viso.
Sul suo viso si formò uno dei suoi soliti sorrisi prima che io gli dessi le spalle, alzando un braccio in segno di saluto, e sparissi oltre il portellone d’ingresso del sottomarino poco prima che si immergesse.
Quello non sarebbe stato un addio e forse un giorno, magari presto, ci saremmo rincontrati.


 



Uno dei miei uomini mi passò il disinfettante sull’ultima ferita “Com’è possibile che in una settimana i lividi che si è procurato nell’incidente col tornado, non sono spariti?” si domandava da solo.
Feci spallucce mentre mi rimettevo i pantaloni “Chi lo sa” risposi enigmatico, ma dal suo sguardo potevo ben capire che non credeva per nulla a quello che gli avevo detto ma ringraziai che non insistette nel voler sapere cosa era successo su quella nave in quei sette giorni.
Mi ricordai una cosa “Ah, dimenticavo…” affermai, facendolo voltare verso di me “Vorrei un altro tatuaggio” affermai.
Sbatté le ciglia lui “Un altro capitano?” fece, tra il basito e lo sconcertato “Beh, certo…” rispose poi “Dove lo vuole?”
Un ricordo mi passò in mente “Sulla schiena” risposi “Voglio il mio Jolly Roger su tutta la schiena”
Il mio subordinato si sorprese mentre io mi sdraiavo sul lettino a pancia in basso “Tutta la schiena…” ripeté mentre prendeva i suoi attrezzi “Come mai, capitano? Se posso chiedere”
Sorrisi appena appoggiando il mento sulle braccia incrociate “Niente di particolare” risposi “Sarà il simbolo della mia libertà” mi limitai a dire.
Lo sentii sbuffare una risata e sono certo che scosse la testa divertito mentre si metteva all’opera “Come vuole”


 



Sono arrivato tardi, pensai.
Sul momento non ci pensai neppure molto, avevo impartito ordini senza dare alcuna spiegazione ed avevo agito. Ancora adesso, mi chiedo cosa davvero mi avesse spinto a comparire sulla baia di Marineford nel momento di maggior tensione della guerra.
Uscii dal portellone seguito dai miei uomini “Presto, porta Mugiwara-ya quaggiù!” gridai al pagliaccio che volava in alto in nostra direzione. Facendo così rilevai la nostra posizione a chiunque fosse nei dintorni.
“Eh?! Chi diamine sei tu, ragazzino?!” mi chiese il tipo dal naso rosso, guardandomi male.
“Mugiwara-ya potrebbe diventare un mio nemico un giorno. Ma benché si tratti di relazioni di inimicizia, rimangono sempre relazioni!” spiegai brevemente, avendo fretta di levarmi di lì in mezzo il più presto possibile “Mi dispiacerebbe se finisse col morire qui!” gridai, sperando che mi ascoltasse.
Per chi lo stavo facendo? In quel momento, mentre tutta la Marina iniziava a vedermi come una potenziale minaccia da dover eliminare per evitare che portassi via la loro preda, me lo chiesi.
Mi chiesi perché diavolo non ero rimasto all’Arcipelago a guardare dal monitor quello che stava succedendo, mi chiesi come mai avevo avuto tutta questa fretta di raggiungere la guerra quando avevo visto Ace libero che cercava di scappare dalla Marina, mi chiesi perché mi ero sentito così male quando avevo capito che ero arrivato in ritardo e che l’unico ancora in vita rimaneva Cappello di Paglia.
Per chi lo facevo? Per me, era un mio capriccio personale? Per Corazon, per dimostrargli che aveva fatto bene a salvarmi? Per la D, per mantenere in vita quel clan del quale non avevo idea quale fosse il segreto che nascondeva? O per Ace?
“E dovrei fidarmi?!” mi gridò contro lui.
Strinsi i denti mentre le navi iniziarono a colpirci con i cannoni “Affidalo a me per il momento, mi assicurerò che scappi!” promisi “Sono un dottore!”
Stette per ribattere ma venne quasi colpito da un Ammiraglio così fece come gli avevo chiesto “Tieni!” gridò lanciando in nostra direzione i due feriti.
“Jean Beat!” gridai.
“Li pendo io!” affermò l’uomo, prendendoli al volo.
Feci cenno ai miei uomini “Presto portateli a bordo! Immersione! Subito!” ordinai.
“Agli ordini!!” esclamarono rientrando.
Fui l’ultimo a entrare, ma prima di varcare quella porta sentii il bisogno di voltarmi ancora una volta su quel campo di battaglia, solo per rivederlo un ultima volta.
 


 
-Non ho nessun rimpianto-



 
In mezzo al nulla, steso a terra a pancia in basso, il viso rivolto verso il mare, sempre a petto scoperto, sempre i suoi vestiti, graffiato su più punti, la voragine che lo aveva trapassato svettava sulla schiena rovinando il tatuaggio di cui andava tanto fiero.
Eppure sorrideva.
I capelli scompigliati e sporchi, il viso graffiato cosparso di lentiggini, e le labbra innalzate in quello che doveva essere il sorriso di chi non aveva perso neppure contro la morte.



 
-Inseguirò il mio sogno finché non lo avrò raggiunto e se per farlo dovessi morire, lo farei col sorriso sulle labbra-
 


 
“Ho pagato il mio debito, Portuguese-ya” dissi a bassa voce, osservando ancora la sua figura, consapevole che quello sarebbe stato un addio.
“Capitano, chiuda il portellone!” m sentii dire dai miei uomini.
Mi costrinsi a voltarmi e rientrare, stetti per chiudere le porte quando mi lanciarono il cappello di Mugiwara-ya. Solo dopo averlo afferrato chiusi lo sportello, dirigendomi con una leggera fretta verso la sala operatoria.
Avevo il fratello di Ace da salvare, la sua volontà da mantenere viva.

















 
Nota finale dell’Autrice:
Mi viene da piangereeeeee. Odio la scena di Ace che muore, non la sopporto, scoppio tutte le volte a piangere. Spero di non avervi intristito troppo con questo finale ma era inevitabile. Alla fine l’idea di questa storia mi è nata riguardando la scena di Law che salva a Marineford Rufy, e mi son chiesta se magari lo avesse fatto per qualcuno, e se questo fosse stato Ace in caso si fossero conosciuti; quindi ecco la storia. Sinceramente non ho idea del perché Law lo abbia salvato, boh, dopo due anni disse che fu per un suo “capriccio personale” ma ne dubito fortemente, Law è come Corazon infondo, e come disse Sengoku a Law riguardo a Corazon “Non provare a trovare giustificazione a un atto di buon cuore, Law” che è adatto a spiegare perfettamente le azioni di Traffy.
Per il resto, il saluto, non ho voluto dettagliarlo troppo, non mi sembrano tipi da smancerie, neppure da uscite ad effetto teatrali. Mentre per il tatuaggio sulla schiena di Law… magari prima dei due anni lo aveva già eh, chi lo sa non lo abbiamo visto, io ho voluto che gli venisse l’idea da Ace.
Grazie per aver letto la storia, per averla seguita fino a qui, mi ha fatto molto piacere, spero con tutto il cuore che a qualcuno sia piaciuta o che l’abbia apprezzata.
Ci si sente in giro,
Bye-bye





 
  
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