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Autore: Ginevra1988    19/06/2017    5 recensioni
All'alba del tre maggio Harry, Ginny e gli altri reduci della Seconda Guerra Magica si ritrovano a fare i conti con... il ritorno alla normalità. Le ferite sono fresche, gli incubi li perseguiteranno ancora per anni e poco sembra essere come prima, ma la voglia di ricominciare è tanta. A passi lenti e incerti dovranno trovare la loro strada verso un futuro nel quale non potevano nemmeno sperare fino a qualche giorno prima.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Weasley, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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L’eroe vero è sempre eroe per sbaglio,
il suo sogno sarebbe quello di essere un onesto vigliacco come tutti
 
Sette anni di desiderio – Umberto Eco
 
 
 
2 giugno 1998 – La Tana
 
   Un mese. Era già passato un mese. Harry continuava a ripeterselo, senza riuscire a crederci realmente. Un mese. Sollevò un’altra pila di sedie da portare in giardino; era pesante, avrebbe potuto farlo tranquillamente con la magia, ma aveva bisogno di sentire la fatica, di sudare, di allontanare i pensieri. Un mese.
   Non era il solo. George tentò di caricarsi sulle spalle un enorme tavolo, ma Bill lo fece levitare con un gesto preciso della bacchetta; i due fratelli si scambiarono una lunga occhiata, a metà via tra il rancore e l’affetto, poi George andò a cercare qualcosa di meno pesante. Harry sistemò meglio la pila di sedie tra le braccia e si avviò verso il giardino.
   Una grossa quercia al limite della proprietà dei Weasley era stata completamente addobbata con centinaia di barattoli in cui si dimenavano furiose un’infinità di fate; nella luce incerta del tramonto si poteva già vedere l’effetto finale, come se tutti e dodici gli alberi di Natale di Hogwarts fossero stati trasferiti nel giardino della Tana: qualcosa di magico, anche per una casa di maghi. Fleur e Ginny avevano passato giorni e giorni nei boschi lì vicino per catturare fate a sufficienza, versando sudore ed imprecazioni, ma ne era valsa la pena. Sotto l’albero erano stati disposti a cerchio attorno al tronco un’accozzaglia di tavoli e sedie recuperati dalle cantine di parenti ed amici, abbelliti il più possibile da una moltitudine male assortita di tovaglie e cuscini. Molly era accanto alla quercia, la schiena dritta e una lunga pergamena tra mani; controllava che tutto fosse al suo posto, berciando ordini di quando in quando a chiunque le passasse di fianco. Sembrava che stesse di nuovo preparando un matrimonio, tanto era nervosa.
   “Ginny! Forza con quei piatti!” sbraitò puntando la bacchetta verso la pila di stoviglie pericolosamente in bilico tra le braccia di sua figlia; sbagliò la mira e l’incantesimo sfiorò i piatti, che tremarono e si schiantarono su una pietra, mentre una ciocca di capelli di Ginny prese fuoco.
   “Mamma!”
   La ragazza prese a cercare la bacchetta con ansia, ma Harry fu più veloce: mollò in terra le sedie e puntò la sua verso il piccolo incendio.
   “Aguamenti!
   Le fiamme si spensero, lasciando Ginny fradicia e furiosa. Hermione, accorsa anche lei in aiuto, si occupò dei piatti riparandoli in fretta e spedendoli direttamente sulla tavola con gesti veloci della bacchetta.
   “Oh Ginny, scusami!” Molly si era avvicinata e aveva cominciato ad asciugare la figlia con un getto di aria calda proveniente dalla bacchetta. Ginny aveva la faccia scura come un temporale.
   “Sistemeremo anche questa” promise Molly sfiorando i capelli bruciacchiati della ragazza, che si ritrasse con uno scatto nervoso.
   “Lascia perdere!” sbottò Ginny, allontanandosi a grandi passi. Harry la raggiunse e lei si lasciò passare un braccio attorno alle spalle.
   “Sta diventando insopportabile!” sibilò la ragazza. “Credimi, Harry, capisco che abbia bisogno di tenersi impegnata, ne abbiamo tutti… ma questa cena… santo Cielo, sembra che debba venire Merlino in persona!”
   Non era Merlino l’invitato, ma di lì a un’ora sarebbero arrivate più venti persone. Molly aveva dato l’annuncio la settimana prima: lei ed Arthur volevano ricordare il primo mese trascorso dalla battaglia di Hogwarts, il ché voleva dire un mese senza Voldemort ma anche senza Fred. E non volevano farlo da soli: era chiaro, per come la vedeva Harry, che quello fosse un tentativo di anestetizzare il dolore, sia stringendosi alle persone care, sia tentando di occupare la mente.
   Ginny portò davanti agli occhi la ciocca bruciata e sbuffò.
   “Spero che Hermione abbia ancora la sua pozione Riparante, altrimenti dovrò chiedere a George qualcuna delle sue diavolerie.”
   “Oppure ti fai tagliare i capelli in un bel caschetto da tua madre!” disse Harry sghignazzando; Ginny gli scoccò uno sguardo rovente.
   “Ci deve solo provare! Sai quanto ho dovuto lottare perché mi lasciasse tenere i capelli lunghi? A sentire lei avrei dovuto avere lo stesso taglio di Ron!”
 
   Harry si poteva finalmente rilassare, dopo aver aiutato Fleur e Bill a servire l’ultima porzione di dolce ai lamponi. Abbandonato su una sedia di fianco a Ginny, si guardava pigramente intorno, combattendo contro la sonnolenza della digestione.
   Erano venuti tutti coloro che avevano ricevuto un gufo da Molly, ad eccezione del professor Lumacorno che stava ancora smaltendo la fifa blu in una qualche isola del Mediterraneo, dalla quale avrebbe fatto ritorno forse per l’inizio delle lezioni, stava ancora decidendo. Era presente tutta la famiglia Canon, che finalmente aveva ripreso ad accennare qualche sorriso; Hagrid era riuscito a spiegare a Grop di starsene buono almeno per quella sera e in quel momento aveva il viso barbuto affondato in un bicchiere di Burrobirra grande quanto un secchio mentre descriveva ad Aberforth Silente i particolari di una nuova partita di Ippogrifi per la riserva di Hogwarts. Poco distante Arthur faceva del suo meglio per non sbadigliare in faccia a Frank Prewett, impegnato nei suoi soliti blateramenti, e le professoresse McGranitt e Sprite erano immerse in una lunga conversazione con Lena e Kingsley.
   Andromeda chiacchierava con il padre di Lupin, che Harry non aveva mai nemmeno sentito nominare prima di quella sera: somigliava ad un vecchio cane, i capelli lunghi fino alle spalle di un castano molto più brizzolato di quello del figlio, le guance leggermente cadenti e la barba fatta male. Il piccolo Teddy dalle braccia di Andromeda guardava il nonno paterno con quel suo sguardo curioso; Harry si sorprese a pensare che sarebbe diventato un bambino molto intelligente e sentì la bocca dello stomaco pizzicare di orgoglio e tristezza.
   Alicia Spinnet, Lee Jordan, Angelina Johnson, Katie Bell, Oliver Baston e George erano impegnati in quello che doveva essere l’ottavo brindisi alla memoria di Fred. Probabilmente si sarebbero svegliati tutti con un mal di testa epocale la mattina successiva, specialmente il gemello, che sembrava essere deciso a non lasciare il suo bicchiere vuoto per più di qualche minuto.
   Anche buona parte dei membri dell’Esercito di Silente avevano accettato l’invito alla Tana: Neville e suo nonna, Ernie Macmillan, Hannah Habbott e Luna erano stati tra i primi a rispondere ai gufi. C’era stato un momento di forte imbarazzo quando aveva fatto il suo ingresso nel giardino Lavanda Brown: Hermione sembrava essere cresciuta di diversi centimetri, tanto aveva drizzato la schiena, e aveva quasi rischiato di staccare un braccio a Ron mentre annunciava a Lavanda con un tono di voce decisamente troppo alto che adesso loro due facevano coppia fissa. Dean Thomas invece, come Seamus Finningan, aveva riabbracciato senza problemi i compagni di scuola, i vecchi rancori e le gelosie cancellate da un anno di cose ben peggiori.
   “Allora, Harry, tornerai a Hogwarts?” chiese Ernie, in piedi con le mani appoggiate alla sedia di Harry, che sobbalzò; perso ad ascoltare distrattamente la fitta conversazione di Ginny e Luna sulla debole salute di Xenophilius Lovegood, non si era accorto che il ragazzo gli era arrivato alle spalle e la mano era scattata in automatico verso la bacchetta.
   “Tranquillo, amico” Ernie si sedette sulla sedia di fianco a lui, lasciata vuota da Ron che si era unito al nono brindisi per suo fratello. “Ancora nervoso, eh?”
   “Cosa mi chiedevi?”
   “Hogwarts.”
   “Giusto. No, comincerò il corso di addestramento da Auror.”
   “Auror!” cinguettò Hannah Habbott, avvicinandosi ai ragazzi con un grosso pezzo di torta nel piatto. “Anch’io tenterò le selezioni! Ho ricevuto la lettera della McGranitt, sai? Quella che ti esenta dal ripetere il settimo anno, se vuoi.”
   “Congratulazioni!” disse Harry. “E in bocca al lupo per la selezione!”
   “L’ho ricevuta anch’io, la lettera della McGranitt” disse con una punta di risentimento Ernie. “Ma credo sia giusto terminare gli studi, prima” concluse perentorio, con quel suo atteggiamento tronfio che Harry ricordava bene; gli sembrava ancora di veder brillare la spilla da Prefetto sul suo petto, tanto lo aveva gonfiato. Ron, rispuntato con una Burrobirra, si piantò dietro ad Ernie, forse sperando di convincere l’usurpatore della sua sedia a spostarsi con la sola forza del pensiero.
   “Ho già cominciato ad allenarmi, sai?” proseguì Hannah, come se l’amico non l’avesse mai interrotta con il suo commento acido. “Pare che la selezione sia dura.”
   “Allenarti?” chiese Harry. Non aveva mai pensato di doversi allenare. Gli tornarono in mente le parole di Leatherman: non sarà una passeggiata di salute, sia ben chiaro.
   “Sì, beh, corsa e pesi più che altro” rispose lei come se dovesse spiegare perché uno più uno fa due. “E sto ripassando gli incantesimi di Difesa, soprattutto quelli che ci avevi insegnato tu!”
   Harry non fece in tempo a chiedersi se anche lui dovesse cominciare a fare qualcosa in vista del corso: un lontano rumore di esplosione attirò l’attenzione di tutti. Il silenzio calò immediatamente sul giardino, mentre ognuno cercava con gli occhi nel buio oltre la pozza di luce delle Fate. Molti estrassero le bacchette, Harry compreso. Andromeda stringeva a sé Teddy e il signor Lupin aveva proteso un braccio sul bambino in un gesto istintivo. Luna lanciò un gemito e indicò terrorizzata un punto oltre la collina più vicina: il Marchio Nero brillava nel cielo.
   “E’ sopra casa nostra” mormorò Luna senza fiato. “Papà!”
   “State tutti qua!” Kingsley si era alzato e guardava la tavolata serio. “Tutti” ripeté guardando in direzione di Harry, facendo poi scorrere lo sguardo sugli altri. “Frank, Lena, Arthur, con me. Molly, imponi un incantesimo anti-Materializzazione su questa zona e non farli muovere di un centimetro.”
   Gli Auror e Arthur si Smaterializzarono, mentre Molly ubbidiva agli ordini del Ministro della Magia.
   “Ti do una mano” disse piano la professoressa McGranitt, ma nel silenzio sembrava che avesse urlato. Si alzò e le due donne cominciarono a recitare formule descrivendo cerchi attorno alla quercia. Gli sguardi di Harry ed Hermione si incrociarono, carichi di preoccupazione. Ginny aveva circondato con un braccio le spalle di Luna, che non riusciva a distogliere gli occhi dal Marchio Nero, una mano sulla bocca.
   Harry serrò la presa sulla sua bacchetta mentre sentiva il panico salire dallo stomaco e stringere la gola. Quella sembrava la conferma a tutte le sue paure: si era illuso nell’ultimo mese che fosse possibile per lui una vita normale, con una famiglia e tutto il resto. Ma ecco che la sua vera vita tornava a prenderlo. Sapeva che Voldemort era morto, lo aveva ucciso lui stesso, aveva visto il suo cadavere bruciare la notte del tre maggio, eppure il Marchio Nero aveva risvegliato in un attimo tutto il terrore dell’ultimo anno. Che cosa stava succedendo? Le risposte che la mente di Harry, in fibrillazione, stava dando erano tutt’altro che razionali.
   Qualcuno gli prese la mano sinistra. Abbassò lo sguardo e vide che Ginny aveva riposto la sua bacchetta nella tasca dei jeans per poterlo fare, mentre con l’altro braccio ancora abbracciava Luna. La sua ragazza lo guardava dritto negli occhi e gli stringeva forte la mano, come per rassicurarlo. Harry deglutì e si guardò attorno: tutte le persone che più amava al mondo erano sotto quella quercia. Hermione e Ron avevano sfoderato le bacchette, spalla contro spalla, pronti a qualunque cosa. Come sarebbe riuscito a proteggerli questa volta?
   Un fruscio nel buio fece sobbalzare tutto il gruppo e Ginny sciolse la stretta per riprendere la bacchetta.
   “Sono Arthur!” disse il signor Weasley mostrandosi alla luce delle fate, le mani alzate sopra la testa. Poco distante si Materializzò anche Kingsley. Luna corse verso di loro, mentre la professoressa McGranitt apriva un piccolo varco nella cupola di incantesimi difensivi.
   “Tuo padre sta bene, Luna” disse il Ministro. La ragazza scoppiò in lacrime di sollievo, il viso tra le mani. “E’ stato Schiantato, lo stanno portando al San Mungo per accertarsi che sia tutto a posto, ma non dovrebbe essere successo niente di grave. Lena arriverà tra poco per scortarti a Londra da lui.”
   “Chi è stato?” esalò Luna. “Cos’è successo?”
   “Ancora non lo sappiamo di preciso” disse Arthur. “Qualcuno è entrato in casa vostra, probabilmente più di una persona.”
   “Non credo fossero Maghi Oscuri esperti” precisò Kingsley. “Hanno lasciato tracce magiche un po’ dappertutto, forse anche una bacchetta. Sta arrivando una squadra di Auror sul posto.”
   “Qualcuno è evaso da Azkaban?” chiese con apprensione Andromeda.
   “Non credo, ma ho già mandato un Patronus che annuncia il mio arrivo a breve, vado a controllare di persona con una piccola scorta” rispose il Ministro.
   Frank si Materializzò.
   “I miei sono arrivati, Kingsley, due dovrebbero essere qui fuori sul vialetto se volete andare ad Azkaban.”
   L’uomo annuì.
   “Vi farò avere notizie a breve. Molly, era tutto squisito, come sempre, scusami se me ne vado in fretta” aggiunse con un sorriso, poi salutò la compagnia con un gesto del capo e si avviò a piedi lungo il giardino della Tana. Frank si avvicinò a Harry, seguito a breve distanza da Arthur.
   “Potter, finché non capiamo qualcosa di più su quello che è successo dai Lovegood è meglio se ti nascondiamo.”
   “Cosa?” Harry aveva la sensazione di non capire bene quello che gli veniva detto. “Nascondermi?”
   Frank alzò gli occhi al cielo e si avvicinò di più al ragazzo.
   “Se c’è in giro qualcuno che vuole vendicare Tu-Sai-Chi, la prima cosa che fa è venire a cercare te, non credi? Potrebbe anche essere un caso che il Marchio Nero sia comparso così vicino a casa dei Weasley, ma se vuoi il mio parere non credo.”
   A Harry girava la testa.
   “Tutti sanno che abiti qui” aggiunse Prewett.
   “Sono tutti in pericolo” mormorò Harry. “Se stanno cercando me i Weasley sono tutti in pericolo.”
   Arthur scostò Frank e prese il ragazzo per una spalla, stringendo dolcemente.
   “Se stanno cercando te, ti dobbiamo mettere al sicuro, almeno finché non siamo certi che vada tutto bene. Sembra solo una bravata, non ci sono tracce potenti…”
   Harry voleva solo scappare. Voleva cominciare a correre e smettere solo quando fosse stato abbastanza lontano da non essere trovato mai più da nessuno, ma il suo corpo era come inebetito, non rispondeva alla volontà della testa.
   “Papà.”
   Bill si era avvicinato al piccolo gruppo, mano nella mano con Fleur.
   “Casa nostra è ancora sotto l’incanto Fidelius. Harry può venire da noi per qualche giorno.”
   “O finché non si risolve tutto, insomma” aggiunse Fleur.
   “Sarebbe una buona idea” berciò Frank, estraendo un sigaro dalla tasca interna del mantello e infilandoselo tra i denti.
   Harry non riusciva a ragionare, sentiva solo il cuore martellare tra le costole e il sudore colare dalla fronte. La mano di Ginny scivolò di nuovo nella sua.
   “Verrò con te, se Bill e Fleur sono d’accordo.”
   Harry strinse la mano di Ginny, era l’unica cosa reale in quel momento.
   “Potter, se vuoi diventare un Auror devi imparare a pensare in fretta!”
   La testa di Leatherman spuntò all’improvviso di fianco al ragazzo senza il resto del corpo. Harry sobbalzò e si ritrovò a puntare la bacchetta alla fronte dell’Istruttore; si accorse anche di aver spinto Ginny dietro di sé, facendole di fatto da scudo con il proprio corpo. Lungi dallo scomporsi, Leatherman estrasse una mano dal suo Mantello dell’Invisibilità e spostò con un dito la punta della bacchetta di Harry, poi riprese a parlare come se non fosse mai successo nulla.
   “Prepara la tua roba, Potter, si va in gita dal fratello della tua ragazza.”
 
   Villa Conchiglia era silenziosa e buia, immersa nella salsedine e nell’aria umida dell’oceano. Harry si strinse nella felpa, cercando di non guardare l’ombra della tomba di Dobby, ben visibile in un angolo del giardino. Non aveva avuto tempo di pensare, era stato preso come un pacco postale da Leatherman e spedito dall’altra parte dell’Inghilterra di forza. Bill era stato gentile, aveva accettato di eseguire la Materializzazione Congiunta con la scusa di aiutare Harry con lo zaino, in modo che il resto della famiglia Weasley non si accorgesse che il ragazzo in quel momento non era in grado di concentrarsi a sufficienza per Smaterializzarsi. Gli era costato moltissimo lasciare la Tana, più di quanto volesse ammettere a se stesso.
   Leatherman e Bill si avviarono lungo il vialetto di Villa Conchiglia, mentre un leggero pop alle spalle di Harry annunciò l’arrivo di Fleur e Ginny. Lui si voltò e incontrò lo sguardo della ragazza rossa, che gli sorrise; il cuore di Harry si scaldò: era incredibile che lei fosse lì e che sarebbe rimasta con lui. Ginny lo raggiunse e lo prese sottobraccio senza dire nulla, guidandolo verso la casa; Harry la lasciò fare. Fleur li affiancò, le braccia incrociate sotto al seno, la leggera veste azzurra che svolazzava nella brezza dell’oceano.
   “Molly mi ussciderà se lo viene a sapere” disse con il suo ancora forte accento francese. “Ma credo che dovreste dormire nella stessa stonsa. Harrì ne avrà bisogno. E anche tu.”
   Guardò Ginny con un sorriso stanco. Una volta nell’ingresso di casa le due ragazze si avviarono al piano di sopra per sistemare una delle camere, mentre Leatherman preparava il divano a colpi di bacchetta, Evocando coperte e cuscini dal nulla. Harry si appoggiò allo stipite della porta, fissando la stanza senza realmente vederla.
   “E’ nato! E’ un maschietto!”
   “Tonks ha avuto il bambino?”
   “Harry, sarai il suo padrino? Tonks è d’accordo!”
   Era successo lì, non più di due mesi fa. Gli sembrava ancora di sentire il tintinnio dei bicchieri dei brindisi, la risata incredula di Lupin, lo squittio di Hermione quando aveva saputo la notizia…
   “Stai bene?”
   Bill gli appoggiò una mano sulla spalla, salvandolo da quel ricordo. Harry scosse la testa.
   “Non lo so.”
   Aveva bisogno di dormire. Di non pensare, almeno per qualche ora.
   “Avete del Distillato Soporifero in casa?” chiese passandosi una mano sugli occhi stanchi.
   Bill annuì.
   “Fleur lo fa al gusto di mirtilli.”
   “Adoro i mirtilli” disse Harry sorridendo.
 
 
 
 
 

Angolo di Gin
Ahia. Il Marchio Nero, questo sì che brucia.
Data simbolica, vicino alla casa dove – come tutta la comunità magica sa – vive Harry Potter, insieme a una famiglia di noti Traditori del proprio sangue.
Coincidenze? Una bravata? C’è qualcosa di più? O non è proprio come sembra ed è solo l’inizio?
E io la smetterò di fare domande??
Scusate il ritardo, ma sono reduce da un week end mooolto impegnativo: addio al nubilato di un’amica! Si è dormito poco, bevuto troppo e divertito molto!
Nei prossimi capitoli saremo ospiti a Villa Conchiglia, quindi a presto (notti brave permettendo…!) e viva i mirtilli!
Smack
Gin
   
 
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