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Autore: SomeoneNew    23/06/2017    1 recensioni
E un pensiero la sfiorò lievemente per un secondo. Che se solo avesse voluto, se solo le cose fossero andate in maniera diversa quel ragazzo seduto di fianco a lei proprio in quel momento, forse un giorno avrebbe potuto imparare ad amarla davvero.
Se solo avesse saputo da quanto tempo l'amava già.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Sfidando la gravità


Ricontrollò per l’ennesima volta le coordinate che le erano state inviate da Callie il giorno prima e svoltò a destra dove si stagliava una lunga e larga salita affiancata da alti e imponenti pini. Al termine di essa ciò che le si presentò davanti agli occhi le tolse il fiato: sulla sinistra si innalzava un’enorme villa residenziale preceduta da larghi e bassi gradini in mattoni rustici circondati da arbusti stranamente verdi nonostante la stagione. Ad un vasto prato verde ripulito probabilmente solo poche ore prima dalla neve, seguivano le luci incastonate nella pietra pavimentale che illuminavano dal basso un grande arco, anch’esso dello stesso tipo di mattoni della scalinata. Essa annunciava un lussuoso ingresso costituito da un portone a due ante in vetro decorate con rifiniture di ferro e addobbato ai lati da lucine a intermittenza rosse e dorate. Quest’ultime seguivano anche sul tetto, intorno al comignolo e circondavano una sorta di cupola che affiancava l’entrata, nella quale erano intagliate finestre la cui forma ricordava le monofore nelle cattedrali romaniche e attraverso le quali si distinguevano grazie a delle tende bianche di tessuto leggero, ombre che fluttuavano all’interno dell’abitazione. A destra si stendeva invece un grande terrazzo circondato da archi simili a quello dell’entrata e una ringhiera in ferro battuto anch’essa addobbata in tema natalizio.

Ora che ci faceva caso l’intero viale era completamente tappezzato di auto, segno che come sempre era in ritardo. Spense il motore dell’auto di sua madre e intraprese a piedi il sentiero al lato del giardino, cercando di mantenere l’equilibrio e non finire con il sedere su quei mattoni che avevano tutta l’aria di costare molto più delle sue chiappe. Arrivata stranamente inerme di fronte al portone la sua attenzione venne catturata da un vaso molto alto all’ingresso, le cui decorazioni sembravano appartenere alla cultura Indù. Nonostante si fosse laureata in lettere all’università, niente come l’arte le avrebbe mai dato il piacere visivo che provava quando si fermava ad osservare le particolarità di una sottile pennellata o la leggerezza e la perfezione di una curva marmorea. Quale stupida testa di carciofo avrebbe mai potuto lasciare un vaso di quel valore artistico all’esterno alla mercé degli agenti atmosferici?

Un fracasso seguito da uno scoppio di risate isteriche la risvegliò dai suoi pensieri così si decise a suonare quel campanello una volta per tutte: Mr. & Mrs.Hemmings
In pochi secondi apparve sull’entrata Callie. Grace ne era sicura, era sicuramente lei. In sei anni non era cambiata di una virgola. Stessi capelli solo un po’ più cotonati, stessi occhi scuri come la pece, stessa espressione da svampita stampata in volto. Eppure la mora non doveva averla ancora riconosciuta perché continuava a strizzare nel buio quei suoi piccoli occhietti formando della piccole rughe che si confondevano con le sue lunghe ciglia finte.

Iniziando a sentirsi a disagio per l’accurata radiografia che sembrava le stesse facendo decise di farle presente il suo nome ed evitarle un eccessivo sforzo mentale per il suo cervello da oca.
‘Callie, sono Grace.’ Al suono alquanto monotono e inespressivo di quell’affermazione la giovane donna sulla porta sbarrò gli occhi, mentre le pupille le si dilatavano gradualmente in maniera spaventosa.
‘Oh Dio!’ esclamò senza pudore ed in modo eccessivamente teatrale. ‘Grace, io … perdonami non … sei così cambiata che … ’ Sembrò tentare di riprendere fiato per poi gettarle le braccia al collo e stritolarla in un abbraccio come se fossero state amiche del cuore per tutta la vita.

Subito dopo queste imbarazzanti effusioni affettive Grace venne trascinata all’interno della casa, la quale risultava essere proprio all’altezza delle aspettative che l’esterno regalava.
Venne introdotta in un’enorme stanza all’interno della quale dominava un maestoso albero addobbato anch’esso a festa e un camino abnorme sul quale era stata appesa una ghirlanda dalla quale pendeva un fiocco rosso. Il fuoco ardeva probabilmente ormai da ore perché Grace ebbe come l’impressione di poter morire lì sul posto per asfissia dal troppo calore rappreso in quelle mura. Il silenzio che calò non appena le circa venti persone sparse per il salone la notarono fu per lei terrificante. E la situazione non migliorò neanche il minuto successivo quando seguirono sussurri e scambi di vacue occhiate tra i presenti. Sentì Callie alle sue spalle suggerire al marito il suo nome e poté sentire chiaramente la mascella di Luke staccarsi e frantumarsi miseramente a terra. Solo dopo aver ricevuto uno strattone dalla moglie e averle lanciato un’occhiataccia perché diamine questa giacca costa tremila dollari riuscì a ricomporsi e ‘Grace, finalmente! Pensavamo non saresti più arrivata’ e sfoggiare uno dei suoi migliori sorrisi tutto denti bianchi e scintillanti.

Dopo un po’ la tensione sembrò essersi dissolta quasi del tutto, dopo svariati ‘non ti vedo da un po’ in giro’ ‘po’’ che equivaleva a qualcosa come sei anni, ‘non ti si riconosce più’, ‘sei così cambiata’ e occhiatacce sprezzanti da parte di un gruppetto di sue ex compagne. Aveva trovato posto accanto a Jane e Ashton su uno dei tre divanetti color cenere e quando la gente iniziò a stancarsi di osservarla poté finalmente rilassare le spalle e tirare un sospiro di sollievo.
Presto venne servita la cena costituita da finger food servito su vassoi d’argento che una decina di camerieri facevano svolazzare da una parte all’altra della stanza destreggiandosi al meglio nelle loro divise bianche e nere. Di tanto in tanto si chiedeva se per caso non avesse sbagliato cena e fosse finita ad un galà.

Le prime due ore volarono in fretta tanto che Grace non riusciva quasi a capacitarsi di essere sopravvissuta li dentro per così tanto tempo e non solo, trascorrendo quelle ore anche in maniera abbastanza piacevole intrattenendo una conversazione con Jane e Ashton. Quei due erano la prova vivente di quanto siano infondate le dicerie sull’amicizia tra maschio e femmina. Si conoscevano ormai da quasi vent’anni e, ne era certa, nessuno dei due aveva mai considerato l’altro diversamente da un fratello o una sorella. Ed era proprio così che si comportavano, non facevano altro che litigare e fare pace e non passava giorno che questa non fosse la loro routine quotidiana. Quanto li aveva invidiati in cinque anni di liceo? Tanto. Nonostante fosse sempre riuscita a cavarsela da sola non le sarebbe dispiaciuto avere di tanto in tanto qualcuno accanto che la comprendesse e la appoggiasse, o semplicemente qualcuno con cui litigare come facevano Jane e Ashton per poi fare pace con una naturalezza davvero singolare. Insomma, una spalla su cui piangere senza doversi preoccupare di ciò che sarebbe accaduto l’indomani.

L’orologio stilizzato all’angolo del camino segnava quasi le undici quando decise che vi era abbastanza caos in giro per la sala da permetterle di avvicinarsi alla finestra senza attirare l’attenzione di nessuno. Da lì il suo sguardo giungeva a quasi ogni angolo della stanza e guardandosi attorno ebbe per un attimo la sensazione che il tempo si fosse fermato a sei anni fa. Le sembrò infatti che ogni cosa fosse rimasta congelata per ben sei anni e che solo quella sera quelle stesse persone con le quali aveva condiviso una piccola aula nella Portland High School, avessero ripreso lentamente conoscenza, catapultate nel futuro. A fianco al camino su uno dei divanetti vi era il gruppetto delle ragazze popolari, poco lontano da loro alcuni dei ragazzi della squadra di football, in fondo alla stanza quelli che venivano considerati tra i più fighi della scuola. Ogni cosa davanti ai suoi occhi giaceva inerme su se stessa e iniziò a provare compassione per quelle stesse persone che aveva avuto sotto il naso per così tanti anni, sembravano ora solo burattini in mano al destino al quale si erano reclusi. Erano lì a tentare di sembrare adulti, a contorcere il viso in espressioni serie e corrucciate mentre non facevano altro che rivivere ogni giorno il loro passato.
E poi tutto a un tratto un moto di stizza la invase. E se anche io risultassi così agli occhi degli altri? pensò.

“Hey” una voce squillante proveniente dalle sue spalle la fece sobbalzare. Maledetti nervi.
“Louis” sorrise appena si voltò riconoscendo quegli occhi dal taglio furbo e peperino. Louis Tomlinson, uno degli alunni più ribelli che la loro vecchia scuola avesse mai fronteggiato. Soprannominato il buffone della classe, si divertiva a farne di tutti i colori a chiunque capitasse nel suo mirino. E Grace non era stata mica risparmiata. Come quella volta che le aveva infilato di nascosto tre uova sul fondo dello zaino e quando riponendo i libri si erano rotte miseramente, se ne era uscito con una frase del tipo ‘oh una grazia divina, stavo proprio morendo di fame e una frittata è proprio ciò che mi ci vuole’. Chiunque non rientrasse nei suoi standard di normalità era oggetto di scherno da parte sua. E così puntava il dito contro sottogruppi sociali e disadattati, senza mostrare alcun tipo di rimorso. “Ti diverti ad osservarci dall’altro della tua supremazia?” disse mantenendo quel suo solito sorrisino stampato in volto e alzando il bicchiere di vino che aveva in mano verso quella che sembrava essere uno dei tanti atti di una rappresentazione teatrale.
Grace lo guardò confusa e lui dovette notarlo perché dopo un altro sorso di vino spiegò “Oh andiamo” sbuffò “tu sei una delle poche persone qui dentro ad avere raggiunto la soglia della propria realizzazione personale.” Non riusciva ancora a capire, incrociò le braccia e si appoggiò al davanzale della finestra alle sue spalle, fissando gli occhi in quelli celesti del ragazzo. Così lui continuò “Scrivi per uno dei blog più famosi in America e nonostante non sia un amante delle statistiche, probabilmente nel mondo. Hai da poco pubblicato un libro che ogni singola persona qui presente ha letto, anche solo per curiosità, per capire come una come te abbia potuto raggiungere un successo del genere, perché non era nei loro piani. Tu qui dentro sei la star, Grace. E’ per questo che tutti ti lanciano occhiate furtive e ti guardano di sottecchi. Perché sanno finalmente quanto vali e ciò li spaventa.”
Gli occhi di lei si spostarono lentamente sullo stesso quadro in movimento che stava osservando fino a poco fa, prima che tutte quelle parole le ricadessero addosso come una pioggia fitta. Lei aveva raggiunto la soglia della propria realizzazione personale. Lei era la star. Allora perché continuava ad avere la sensazione che la sua stessa vita le stesse sfuggendo di mano?
“E poi guardati” continuò Louis agitando pericolosamente il bicchiere davanti al suo naso “sei uno schianto” disse allargando ancora di più il sorriso sulle labbra e facendo comparire delle graziose rughe attorno agli occhi. Lei rimase a bocca aperta mentre un lieve rossore le colorava le gote perché, no, questo proprio non se lo sarebbe mai aspettato. Ma il ragazzo mise subito le mani avanti “e non ci sto provando con te giuro” rise “anche perché non credo che il mio ragazzo la prenderebbe con molta diplomazia”.
Grace metabolizzò lentamente quelle tre paroline, il mio ragazzo. Ne era proprio sicura, aveva detto il mio ragazzo.
“Louis William Tomlinson” biascicò con un filo di voce dall’incredulità.
“Non credere di essere l’unica qui dentro ad essere cambiata.” Ottenne in tutta risposta insieme ad un occhiolino prima che lui si allontanasse verso il lungo tavolo del buffet.
Eppure lei non si sentiva affatto cambiata.

Poco prima di mezzanotte a Luke venne la brillante idea che non ci fosse modo migliore di ricordare i vecchi tempi da liceali se non giocando al gioco della bottiglia. Un’odiosa ricorrenza che consisteva nel mettersi in cerchio e far girare una bottiglia vuota al centro. Nel momento in cui essa si fosse fermata puntando uno dei partecipanti al gioco, questo avrebbe dovuto scegliere tra un obbligo al quale far sottomettere la prossima persona che la bottiglia avrebbe indicato, e verità, ponendo una domanda qualsiasi alla vittima la quale avrebbe dovuto rispondere in assoluta sincerità. Grace non riusciva a capire quale fosse la peggiore tra le due opzioni, in verità entrambe la spaventavano a morte perché alla fine dei conti il vero obiettivo del gioco era mettere in imbarazzo i presenti e creare situazioni spiacevoli che tutti avrebbero poi ricordato con una grossa e grassa risata tra anni, tranne i veri protagonisti delle disavventure.

Per qualcosa come i primi cinque giri filò tutto liscio, o quasi, a parte un bacio alquanto imbarazzante tra Ashton e Jane e rivelazioni oscure su vari aneddoti scolastici. Finché la bottiglia senza alcuna esitazione puntò dritta verso Grace. Cavolo. Proprio quando sembrava che la serata potesse finire senza disgrazie.
Verità. Questa era stata la scelta di Jody, famosa ai tempi della scuola per essere un blog di gossip bipede.

La tanto attesa domanda era ‘Per chi avevi una cotta nel 2008?’.

Che gran bastarda, pensò Grace. Sa benissimo della mia cotta stratosferica del 2008. E lo sapeva talmente bene che proprio dopo avere fatto la domanda puntò i suoi grandi occhi da cerbiatta dritti in quelli verdi e dalla forma insolitamente orientale di Grace, sfidandola a colpi di ciglia finte. L’unica arma per battere quei due canotti che simulavano le sue labbra da pettegola sarebbe stata l’indifferenza.
 
E, cari lettori credeteci o no, fu proprio ciò che fece la nostra piccola eroina. Senza vacillare per un solo istante e tentando di controllare quel tremolio di tono dovuto all’adrenalina del momento, si schiarì la voce e rispondendo allo sguardo di Jody la pettegola decise che quello sarebbe stato finalmente il suo momento di gloria. Avrebbe smesso di permettere agli altri di decidere della sua vita. Di certo ciò che voleva quella vipera dalla lingua lunga era metterla in imbarazzo come ai tempi del liceo. Ma dannazione, il liceo è finito da un pezzo, pensò Grace, siamo adulti ormai, lei, nessuno di loro ha più potere su di me. Così, decisa a farsi valere come donna, qual’era ormai diventata, e soprattutto come persona matura, si voltò alla sua sinistra e dopo aver incrociato quello stesso sguardo per il quale aveva perso la testa quasi una decina di anni fa pronunciò il suo nome: Zayn Malik.



My Corner

Hey persone di Efp! Vi rubo davvero pochissimo tempo per dirvi che sono davvero contentissima delle visualizzazioni ricevute al prologo di Pioggia d'estate e spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento. Mi piacerebbe davvero avere qualche riscontro da parte vostra perciò, se vi va e se avete qualche minuto da dedicare a questa neo-storia lasciate una piccola recensione.

Al prossimo venerdì,
Daisy.

 
  
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