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Autore: Mary_Julia_Solo    29/06/2017    1 recensioni
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"Sceglierei lui. Sempre. Dovessi anche morire. Sceglierei lui. Perché non potrei accettare una vita senza. Lui è come lo Yin Fen. Anche peggio. Il suo cuore fermo è l'unica cosa in grado di far battere il mio."
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Isabelle Lightwood non si è mai sentita così stupida. Non riesce ad accettare di essersi innamorata di Clary. Sa che lei ama Simon, e che non ci sarà mai alcuna possibilità per lei. Mentre sente il suo mondo crollarle addosso, accecata dal suo amore per la giovane Morgerstern, rischia di non vedere quanto sia forte l'amore delle persone che la circondano. Intanto, il mondo dei Nascosti è minacciato da un giovane, che nessuno hai mai visto in viso, che ha tra le mani un'arma tanto magnifica quanto pericolosa: la Spada dell'Anima. E una vampira resa pazza dalla voglia di vendetta, farà di tutto per portare a termine il suo piano, anche uccidere ogni persona in grado di ostacolarla. È solo questione di tempo prima che gli Shadowhunters si trovino a dover affrontare un grave pericolo, avvisaglia di uno ancora più grande e terribile...
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[IsabellexLydia][RaphaelxSimon][MagnusxAlec][JacexClary]
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Isabelle Lightwood, Lydia Branwell, Raphael Santiago, Simon Lewis
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Because '
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Capitolo 4. – Don’t put the blame on me (pt.3)
Dopo aver visitato Jace -che apparentemente si era addormentato appena si era steso su uno dei letti, ma Clary temeva che stesse fingendo per evitare di parlare con lei –, ed essere stata mandata via da Magnus, Clary decise di andare a parlare con Isabelle. C’erano tante cose che doveva chiederle. E quasi tutte riguardavano Raphael. Quasi. Voleva anche chiederle perché cercasse di evitarla il più possibile in quelle ultime settimane. La rossa sentiva di aver perso un’amica, un’amica vera, e ci stava male. A volte si domandava che cosa potesse aver fatto di sbagliato, ma non le veniva in mente niente. Isabelle aveva semplicemente smesso di parlarle, senza un motivo preciso. L’aveva fatto e basta. Clary non sapeva se avrebbe mai trovato il coraggio di chiederle il perché. Probabilmente no. Avrebbe aspettato pazientemente che la verità si scoprisse da sola, mentre cercava di rimettere insieme i pezzi della sua vita. Aveva perso Isabelle, aveva perso Jace, aveva perso sua madre e sentiva che stava perdendo anche Simon. Certo, poteva capire che fosse arrabbiato, dopo quello che gli aveva fatto, dopo essersi comportata in modo così stupido la sera prima. Aveva lasciato che tutti vedessero quali erano i suoi veri sentimenti per Jace, aveva lasciato che tutti glielo leggessero in faccia. Aveva fatto del male al suo migliore amico, e questo la feriva. La feriva la sua stupidità. Avrebbe dovuto stare più attenta, avrebbe dovuto continuare a fingere, anche con sé stessa. Ma non ce l’aveva fatto, vedendo il biondo steso sul pavimento. Non aveva potuto farci niente, assolutamente niente. Era crollata. Aveva visto tutto il suo nuovo mondo crollare, poco dopo aver visto sbriciolarsi anche quello vecchio. Si diresse in fretta verso il campo d’addestramento, e non poté trattenere il disappunto quando vide che Isabelle non era più lì. C’era solo una ragazzina bionda che Clary non aveva di sicuro mai visto prima. Si stava allenando con un sacco da box. Decise di non avvicinarsi a lei, probabilmente non aveva idea di dove Isabelle fosse. Sospirando, prese il telefono e compose il numero di Simon. I primi due tentativi partì la segreteria telefonica. La rossa improvvisamente capì come doveva essere stato per lui, quando credeva di star diventando un vampiro, e lei continuava a non rispondere. Volendo avrebbe potuto dare la colpa a Jace, che non le aveva lasciato la possibilità di usare il cellulare, ma in fondo sapeva che era solo colpa sua. Era stata la peggior migliore amica di sempre, eppure Simon aveva continuato ad amarla, incondizionatamente. Clary sapeva di non meritarsi quel ragazzo. Aveva continuato ad ignorarlo, per anni, eppure lui aveva continuato a vederla come la più bella ragazza di New York, o qualcosa del genere. Glielo aveva detto, una volta. E lei aveva riso, dicendo che di sicura la ragazza più bella di NY era Jace. Si esatto, Jace. Lui si sarebbe sicuramente definito come il più bello. In generale, non di una città. E a quel punto il suo sguardo si era fatto distante, perché pur non volendo aveva pensato al ragazzo, che continuava a evitarla da quando erano riusciti a sconfiggere Valentine. Ormai era passato molto più di un mese, e ancora non erano riusciti a fargli dire qualcosa. Diceva di non sapere dove fosse al Spada dell’Anima. Nessuno del Clave gli credeva, e nemmeno lei. La Spada non poteva essere semplicemente scomparsa. Da quel momento esatto Jace aveva smesso di rivolgerle la parola. Ogni tanto riusciva a vederlo mentre la guardava. Ogni volta le sembrava che avesse lo sguardo incredibilmente triste, ma poi lui si voltava da un’altra parte, come disgustato. Ogni volta la ragazza sentiva una morsa allo stomaco. Decise di andare a prendere una boccata d’aria. Una volta uscita nel parco che circondava l’Istituto, si sedette su una delle panchine laccate di verde e provò a chiamare Simon per la terza volta. Questa volta il ragazzo rispose, ma la sua voce era fredda e distaccata, mentre parlava…
-Pronto? –sapeva di averlo ferito, ma il fatto che lui non sembrasse affatto arrabbiato, nemmeno un po’ irritato, ma solo vuoto, le metteva terrore. Aveva paura che il suo migliore amico stesse cambiando. Aveva paura che stesse diventando come tutti gli altri vampiri. Aveva paura che presto avrebbe espulso ogni sentimento dal suo cuore. Non poteva perderlo. Non così. Non per essere stata stupida. Cercò di usare il tono più allegro che poteva, non voleva mostrare i suoi veri sentimenti.
-Simon! Sono così felice che tu abbia risposto. –le parole che vennero in risposta la colpirono come un pugnale al petto. A dire la verità, non furono tanto le parole a stupirla, a farle male, ma il tono con cui vennero pronunciate. Il tono con cui venne pronunciata quell’unica parola.
-Davvero? –Simon si sentiva uno stupido per averle risposto. Non avrebbe mai, mai, dovuto farlo. Ma, per quanto ci provasse, per quanto tentasse di stare lontano da lei, non ci riusciva. Perché la amava e lei… A lei non importava. A lei importava soltanto del suo Jace. Anche se erano fratello e sorella. Quello non significava nulla. Aveva visto come lo guardava, come non avrebbe mai smesso di guardarlo. E aveva capito. Non poteva più accettare di vivere così. Non poteva. Eppure, continuava a restare il cane fedele che le sbava dietro. Non sarebbe mai riuscito a smettere. L’avrebbe sempre aiutata. L’avrebbe sempre amata. Era più forte di lui. Eppure, era certo che nella sua voce ci fosse dello scetticismo. Perché era scettico. A Clary non poteva importare davvero. Aveva smesso di crederci. Ma non smetteva di sperare, lo sapeva.
-Ma certo, perché non dovrei? –il suo tono era confuso, ma nella sua mente avrebbe voluto gridare. Avrebbe voluto che lui la perdonasse, anche se sapeva che era impossibile. Sentiva di averlo usato. L’aveva usato, perché aveva visto tutto quell’amore che brillava solo per lei, in quegli occhi color caffè, e aveva ceduto. Non era riuscita a controllarsi. Si sentiva spezzata dopo quello che era successo con Jace. Dopo tutto quello che era successo nel suo mondo. E aveva visto in Simon la sua unica salvezza. Simon strinse la presa sul suo cellulare, temendo che l’avrebbe rotto. Ma non gli importava davvero. Nulla gli importava più di Clary. Sospirò, cercando di recuperare un tono normale. Ma quella freddezza non voleva andarsene.
-Scusa. –esitò un attimo. Avrebbe voluto dirle tutta la verità, avrebbe voluto dirle che stava soffrendo per colpa sua. Ma allo stesso tempo non voleva mostrarle quanto potere lei avesse su di lui. Così tanto che faceva paura. Davvero. –È una giornata un po’ no. –Clary si sentì incredibilmente ipocrita, chiedendogli:
-Perché, cosa succede? –sapeva perfettamente quello che stava succedendo, ma non riusciva a fare altro che mentire. Mentire era più facile. Non mostrare quello che provava era più facile. Scappare dalla verità era più facile. Si sentiva davvero male. Eppure non riusciva a fare altro. L’aveva chiamato per scusarsi, ma ora aveva perso tutto il coraggio. Si sentiva egoista. Ma non riusciva a comportarsi diversamente. Nemmeno sapeva perché. E continuava, senza riuscire a fermarsi. Simon strinse ancora più forte il telefono. Era certo di aver sentito un crac, ma lo ignorò. Non importava. Avrebbe voluto gridare alla rossa che lei sapeva benissimo cosa c’era, che la colpa era solo sua. Ma non lo fece. Lei avrebbe anche potuto chiedergli di uccidersi, e lui lo avrebbe fatto. L’amore era un Diavolo. Capace di ucciderti in pochi secondi. Improvvisamente desiderò essere come tutti gli altri vampiri. Capaci di smettere di provare sentimenti, freddi come il ghiaccio, terribili come la notte. Tutto sarebbe stato più facile. Ma lui era solo uno stupido novellino, e, abbandonando il Clan, non avrebbe mai avuto la possibilità di imparare davvero qualcosa. Adesso, almeno, era un Diurno. Le cose erano più semplici. Avrebbe fatto di tutto per Clary, le cose non sarebbero mai cambiate. Si accorse che probabilmente la ragazza stava aspettando una risposta, perciò riprese a parlare, lentamente.
-Niente. Solo troppi pensieri per la testa. –Clary non era per niente convinta. Come avrebbe potuto esserlo? Certo, di sicuro Simon aveva troppo pensieri per la testa, ma non era solo quello. E la ragazza si sentiva terribilmente responsabile. Ed era giusto, perché era responsabile. Non avrebbe voluto esserlo, ma non poteva mentirsi per sempre. Sapeva di aver spezzato il cuore già fermo del suo migliore amico, ed era una cosa che non riusciva ad accettare.
-Ok… -ribatté. Avrebbe potuto essere migliore, avrebbe potuto chiedergli cosa davvero stesse capitando, pur sapendolo perfettamente, ma non lo fece. E si sentì terribilmente egoista. Esitò un attimo prima di continuare. Anche quello che gli stava per domandare era terribilmente ipocrita. Stava fingendo di essere ingenua, e forse lo era un po’ davvero, in certe situazioni, ma non in quella. Sarebbe stato impossibile per chiunque non capire il motivo di tanta freddezza, di tanto distacco. –Volevo chiederti come mai ieri sera te ne sei andato. –Simon cercò di nuovo di controllarsi e di non scaraventare il telefono lontano, dove non sarebbe più riuscito a recuperarlo, rompendolo in così tanti pezzi che non si sarebbe più capito cosa fosse prima della distruzione. Lei sapeva perfettamente anche quello. Stava facendo delle domande incredibilmente stupide. E lei lo sapeva. Simon era certo che lo sapesse. Clary non era stupida. Ma stava fingendo di esserlo, e questo lo mandava in bestia. Avrebbe voluto dirle quello che pensava, ma sapeva di non potere, quindi rispose con la massima tranquillità.
-Mi sentivo fuori posto… -la ragazza rispose subito, questa volta in modo sincero, senza pensarci. Ma avrebbe fatto meglio a mentire di nuovo. Quando Clary pronunciò quelle parole, Simon si tolse il telefono dall’orecchio, osservando lo schermo, dove compariva l’immagine sorridente della ragazza. Il sole le illuminava il viso, aveva una guancia sporca di vernice e un sorriso raggiante. Quella foto risaliva a prima. Prima che scoprisse di essere una Shadowhunter, prima di essere la figlia di Valentine, prima di essere Clarissa Fairchild. In quella foto era ancora lei, pura, dolce, Clary Fray. Le cose non sarebbero mai tornate come prima. Mai. E Simon se ne rendeva conto solo in quel momento. La ragazza che gli stava parlando attraverso uno stupido cellulare, non era più la dolce ragazzina dai capelli color carota di quella foto. Non era più la ragazza della quale si era innamorato. Era cambiata, era cambiata e non in modo positivo. Guardando quell’immagine Simon era indeciso tra lo sputare sullo schermo del suo telefono e chiudere la chiamata. Ma non fece nessuna delle due. Anche se avrebbe dovuto. Perché, quello che Clary aveva detto era stato davvero orribile, ai suoi occhi. Ma lo sarebbe stato agli occhi di chiunque.
-Ma no, Simon, cosa dici? Tu sei il mio migliore amico! –e poi, realizzò cosa aveva appena detto. Si coprì la bocca con una mano, ma ormai era troppo tardi, e lei lo sapeva benissimo. Si stava comportando come una stupida. Simon non rispose, rimase in silenzio. Non era normale per Simon restare in silenzio. L’aveva davvero ferito. Avrebbe voluto uccidersi per aver fatto del male a una persona alla quale teneva tantissimo. Eppure. Teneva tantissimo a lui, ma ormai le cose sembravano essere cambiate, così come il suo mondo. E non sarebbero mai tornato come prima. Il vampiro era tra il ferito e il disgustato. In parte quelle parole gli avevano fatto male, ma avevano anche confermato quello che temeva. Clary non l’amava. Non l’aveva mai amato in quel senso. Mai l’avrebbe fatto. E lui era stato tanto stupido da crederci. Era stato tanto stupido e innamorato da crederci. Da non vedere. Che tutto era cambiato. Lui, lei, il loro mondo. Non potevano più essere gli stessi Simon Lewis e Clary Fray. La ragazza si corresse, pur sapendo che il danno era fatto, e che non avrebbe più potuto riparare.
–Ragazzo… -si diede della stupida, non potendo credere di averlo detto davvero. -Sei il mio ragazzo, Simon. Non ti devi preoccupare. –andò avanti, senza dare troppo peso all’errore. Forse da lì in avanti sarebbe sempre stato così. Avrebbero continuato a fingere, avrebbero continuato a fingere di amarsi, avrebbero continuato a fingere che tutto andasse bene, mentre in realtà stavano crollando entrambi. Simon sentì ancora un intenso bisogno di distruggere il suo cellulare, ma ne aveva bisogno, e lo schermo era già stato distrutto dal suo scatto d’ira della notte prima.
-Lo so… -non ribatté nulla, decise di ignorare lo sbaglio, anche se avrebbe fatto meglio ad arrabbiarsi con lei, per una volta. Perché altrimenti le cose non sarebbero mai cambiate. Ma forse non era ancora il momento, forse era ancora troppo innamorato di lei. Forse i suoi occhi erano ancora coperti da quel Diavolo di amore per lei. –È solo che… -non aveva idea di come spiegarlo. Oltre a tutto quello che era successo con Clary, si era sentito incredibilmente fuori posto. Lui non faceva parte della famiglia. Lui era solo il migliore amico stupido. Sospirò di nuovo, sentendosi uno stupido davvero. Non avrebbe mai imparato che non serviva assolutamente a niente.
-Sono preoccupata per te. –disse Clary, con tono davvero preoccupato. Esitò. Non voleva che quelle parole sembrassero una bugia. Perché non lo erano. Era davvero preoccupata per lui. Sapeva che il suo unico problema era lei, ma avrebbe voluto aiutarlo. Pur sapendo perfettamente di non poterlo fare. Avrebbe dovuto cancellare il suo amore per Jace, e sapeva che sarebbe stato impossibile. Ci aveva già provato, senza risultato. Era semplicemente impossibile. Sapeva che avrebbe dovuto, che quell’amore era sbagliato, che non poteva amare suo fratello. Eppure… -È da ieri che ti comporti in modo strano. –Simon avrebbe voluto gridarle che era ovvio che si stesse comportando in modo strano, lei avrebbe dovuto capirlo più di chiunque altro, non continuare a comportarsi da ingenua. Perché non lo era. Non fino a quel punto. E poi, se doveva essere chiaro, sapeva perfettamente che non era affatto preoccupata per lui. Clary si preoccupava soltanto di Jace. Era la sua unica preoccupazione, era la persona che avrebbe sempre messo davanti a tutte le altre, anche a costo di morire per lui. Era esattamente quello che Simon aveva continuato a fare per lei. Esisteva lei. Solo lei. Lei, lei, lei. Ed era stato così stupido, e così cieco… Sapeva che l’aveva chiamato perché aveva bisogno di lui solo per continuare con la commedia. Doveva stare con lui, non potendo stare con Jace. Così decise di continuare a mentire, perché non poteva cambiare le cose.
-Sto bene, Clary. Davvero –Clary sospirò. Sapeva perfettamente che non era la verità. Ma non poteva farci nulla.
-Perché non vieni all’Istituto? –domandò, aggiungendo una verità, dopo tante bugie. –Mi manchi. –quella era la verità. Le mancava davvero il suo migliore amico, le mancava stringere la sua mano, farsi sostenere da lui. Sapeva perfettamente che era una cosa terribilmente egoista, perché l’avrebbe solo fatto soffrire di più, ma aveva bisogno di lui. Avrebbe sempre avuto bisogno di lui, anche se non nel senso che lui avrebbe voluto.
Simon sapeva che era soltanto bugie. Lei non aveva bisogno di lei. Ormai le cose erano cambiate. Lei aveva conosciuto altre persone, passava la maggior parte del tempo con loro. Lui non si sentiva parte di loro. Erano quelli i momenti in cui si accorgeva di essere stato davvero un idiota a tradire la sua famiglia. Le uniche persone che potessero capire come si sentiva. Credeva che Clary l’avrebbe finalmente visto per quello che era aiutandola sempre, ma si era sbagliato. Lei si era approfittata di lui. E gli faceva male rendersi conto di essere così stupido.
-Sì, posso venire. –disse, cercando di non usare un tono troppo freddo. Cercando pure di mostrarsi interessato a cose che non lo interessavano per niente. Anzi, lo disgustavano. –Jace sta bene? –Clary si morse il labbro, cercando di far suonare la sua voce come quella di una persona calma, anche se in quel momento era tutto tranne che calma.
-Si riprenderà. –disse solo, cercando di recuperare il suo finto tono allegro. –Se vuoi possiamo fare un salto al Java Jones, che ne dici? –Simon sapeva che stava soltanto cercando di cambiare discorso. Avrebbe voluto dirle di andarci con Jace a prendersi quel dannato caffè. Ma naturalmente non lo disse.
-Mi sembra una buona idea. –la voce del vampiro era se possibile ancora più fredda dell’ultima volta che aveva parlato, forse trenta secondo prima. Clary cominciava ad essere davvero preoccupata. Non era da lui essere così. Forse a causa sua si stava trasformando in un vampiro a tutti gli effetti. Voce fredda e monotono, niente sentimenti. Probabilmente invece era solo giustamente arrabbiato, ma cercava di non mostrarlo.
-Ok, allora fammi sapere quando arrivi. –fu ancora tentata di chiedergli quale fosse il problema, ma sarebbe suonato ipocrita più di quanto non fosse non chiederglielo. Sapeva perfettamente qual era il problema, anche se non voleva ammetterlo.
-Ci vediamo lì. Ciao. –diceva soltanto farsi corte e prive di emozioni. Era davvero preoccupante. A Clary mancò terribilmente il suo tono allegro, il suo parlare continuo e le sue citazioni di film in momenti inopportuni. Anche questo era davvero egoista. La ragazza sapeva perfettamente di essere diventata egoista e addirittura manipolativa, ma sapeva anche perché. Non lo faceva volontariamente. Nel giro di due settimane la sua vita era crollata, il suo mondo era andato distrutto e aveva dovuto affrontare cose terribili. Poteva essere forte quanto voleva, ma aveva sempre diciotto anni. Non poteva sopportare tutto senza conseguenze. Adesso erano passati due mesi da quando tutto era cambiato, ma non sarebbe mai tornato niente come prima.
-Ciao… -attaccò per prima. Simon non si era mai comportato così prima di quel momento. Ma non poteva farci nulla. Così com’era cambiata lei, era cambiato anche lui, irrimediabilmente. Ma non le aveva detto “ti amo”, nemmeno “ti voglio bene”. E lei ci stava male. Eppure era solo colpa sua. Era ovvio che fosse arrabbiato con lei, ferito da quanto era successo. Forse, questa volta, Clary non sarebbe riuscita a mettere le cose a posto. Forse, non avrebbe potuto farci nulla.
Simon era arrabbiato. Avrebbe voluto spaccare qualcosa. Ma quel qualcosa non poteva essere il suo telefono. Ne aveva bisogno, anche perché sua madre lo avrebbe ucciso (di nuovo) se non le avrebbe mai risposto. Diede un calcio al tavolino, l’unica cosa alla sua portata, oltre al telefono, ribaltandolo. Sarebbe andato all’Istituto. Certo che ci sarebbe andato. Non riusciva a smettere di amarla, anche se avrebbe voluto. A lei non importava di lui. Non le importava per niente. Eppure avrebbe continuato ad andare da lei, avrebbe continuato a seguirla, avrebbe continuato ad essere la sua ombra. Avrebbe continuato a seguirla fino a quando sarebbe morta e lui non si sarebbe ritrovato con nulla per cui vivere, se non le ceneri del suo cuore già morto. Si faceva schifo da solo.

Angolo autrice
Ahi, che colpo per il nostro Simon :0 Per una buona volta ho messo anche i pensieri di Clary, altrimenti la insulto solo tutto il tempo perchè la odiano praticamente tutti, povera ragazza. Isabelle non le parla, Jace non le parla, Simon è arrabbiato con lei (circa) e quindi le resta praticamente solo Alec (notate bene che i due si odiavano nella prima serie XD). Sooo, ok, qui la disperazione è veramente a livelli discutibili, scusate. Allora, nella prossima parte (che era così lunga che ho dovuto dividerla in tre parti perchè mi sembrava troppo metterla tutta insieme, anche se la publicherò nello stesso giorno): torte, vampiri, ANGST, Clary e Simon andranno a "salvare" Izzy e finalmente SIMON E RAPHAEL SI RIVOLGERANNO LA PAROLA! (*suonano le trombe*) Detto questo, vi saluto :D A domani, Mary *throws glitter around* 
P.S: Scusate per eventuali errori di distrazione o di grammatica (quelli di distrazione ho paura siano tanti, quelli di grammatica, spero pochi) e per aver torturato Simon (almeno non è Izzy questa volta)
   
 
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