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Autore: Frulli_    04/07/2017    1 recensioni
[...]Si girò appena verso destra, e capì che non erano soli: davanti a lei, una decina di passi più avanti, un'altra persona stava guardando quella stessa scena. Una ragazza, con lucenti capelli biondi, ed un abbigliamento che proveniva decisamente dal futuro. La ragazza si girò lentamente verso di lei, come ad aver percepito il suo sguardo, e lo ricambiò sorridendo. Aveva un'aria molto familiare, forse per via del fatto che aveva i suoi stessi occhi...
//Storia intrecciata tra i Quattro Fondatori ed alcuni personaggi del libro, circa 20 anni dopo la caduta di Voldemort.
Genere: Avventura, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Delphini Riddle, Teddy Lupin, Un po' tutti, Victorie Weasley | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Dopo la II guerra magica/Pace
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CAPITOLO NOVE

Hogwarts, 2018 d.C
Aprì lentamente gli occhi. L'infermeria era completamente al buio, a parte qualche sporadica candela accesa e sospesa sul soffitto, e la luna piena che brillava alta nel cielo. Si girò nel letto, non percependo la presenza di Ted. Lo trovò a dormire nel letto a fianco, con un'aria crucciata e infastidita mentre si girava e rigirava sotto le lenzuola. Le notti di luna piena erano sempre agitate per Ted, ormai entrambi ci avevano fatto l'abitudine.
Si alzò dal letto senza far rumore, quindi s'intrufolò fuori dalla stanza, iniziando a vagare per i corridoi. La scuola stava per finire, e lo si percepiva: durante il giorno per le scale dei dormitori c'erano ragazzi che correvano su e giù, gruppi di amici che sognavano i progetti per l'estate e coppie che si baciavano nascosti dalla penombra delle colonne. Sorrise tra sé, ricordando quei momenti passati da appena un anno. Quanto correva veloce il tempo: fino a qualche giorno fa era una ragazza spensierata, con il sogno di diventare una cacciatrice di draghi come suo zio Charlie...ed ora si ritrovava ad avere sogni premonitori di un passato lontano, ed a risolvere una situazione che non riusciva nemmeno a capire. E quella ragazza...aveva un'aria così familiare, anche lei. Come o, come i Fondatori visti in sogno. Perchè accidenti dovrebbe risultarle familiare gente vissuta più di mille anni fa?
Con la mente intrecciata in quei pensieri, non si accorse che era arrivata davanti alla porta socchiusa della Sala Grande. Pensò al suo primo giorno ad Hogwarts, allo smistamento, a quelle parole che il Cappello Parlante aveva detto...Sgusciò dentro la Sala, illuminata appena dalle candele sospese nel tetto stellato, e notò subito la presenza di un'unica figura, seduta al tavolo dei Grifondoro.
«Zio» mormorò sorpresa quando riconobbe la testa pel di carota di Ron. Questi si volse verso di lei e sorrise appena, facendole segno di sedersi.
«Pensavo foste tornati a casa» ammise Vicky, una volta seduta.
Ron scosse il capo «Io e tuo padre siamo rimasti qui, per sicurezza. Nel caso...beh, dovessimo lanciare un altro allarme. Hermione ed Harry sono tornati al Ministero, per organizzare un piano nel caso quella folle dovesse tornare» si volse verso un punto della sala, quindi lo indicò a Vicky «lì ho visto tuo zio Fred, sai? Quando...beh quando ci ha lasciati. Non ho mai avuto il coraggio di rientrare qui dentro, mi ricordava troppo lui. E Remus, e Tonks...tutti gli amici che abbiamo perso, per colpa di qualcuno che voleva a tutti i costi renderci schiavi. Ed ora mi sembra di rivivere quella stessa situazione, ma ora ho figli, ho una moglie...»
Vicky lo abbracciò dolcemente, senza dire nulla. A volte era meglio non dire nulla. Personalmente, lei si sentiva fortunata ad avere ancora i suoi genitori, ed adorava i suoi zii, soprattutto Ron, Charlie e George. Adorava i suoi nonni. A volte, scherzando, sua madre le diceva che sembrava più inglese che francese. D'altronde crescere circondata dai Weasley rese la cosa parecchio facile.
«Zio...il diadema Ravenclaw e la coppa Hufflepuff sono andati distrutti, vero?» chiese d'improvviso, sapendo comunque la risposta.
Ron sollevò la testa e sollevò un sopracciglio. «Vicky...è pericoloso, molto pericoloso. Prima di tutto quegli oggetti sono distrutti, completamente. Il diadema è stato polverizzato dall'Ardemonio, la coppa dal dente del basilisco. Secondo...anche se tu riuscissi a ricreare quegli oggetti...e se qualcosa andasse storto? In quegli oggetti c'era un pezzo dell'anima di..»
«...di Voldemort si, lo so. Ma Voldermort è andato via per sempre, gli Horcrux non esistono più. Quei manufatti sono tornati ad essere come erano un tempo. Ma non capisci? Sono costretta, zio. Dalle visioni, da quella ragazza...»
«Lo so, Vicky, ma quella roba è cenere adesso. Pur volendo, come accidenti fai a recuperarla? La stanza delle cose nascoste è completamente distrutta»
Vicky osservò lo zio, sospirando. Forse aveva ragione, forse era follia. Fece per alzarsi ed andare via, a passo svelto.
«Fossi in te starei attenta, Vicky. E porta Ted con te, qualunque cosa tu voglia fare» precisò Ron, indicando qualcuno sulla soglia della porta. Ted, pallido e nervoso come era solo in quelle notti, la fissava.
Vicky deglutì, sorridendo appena. «Andiamo...?» chiese, tendendogli la mano.
«L'avresti fatto senza di me, vero?» mormorò rauco Ted, mentre camminavano a passo svelto verso il settimo piano.
«Fatto cosa? Non so nemmeno da dove cominciare» rispose subito Vicky, sincera e quasi ridendo «Dai, andiamo...»
«Dove?»
«Non lo so...in giro, qualcosa ci verrà in mente» ammise Vicky. I progetti razionali non erano proprio una cosa di famiglia. L'improvvisazione era decisamente meglio.
«Quel che cercate non è qui» annunciò una voce dietro i due ragazzi, che a passo svelto si muovevano in direzione della biblioteca. Si voltarono di scatto, vedendo una figura argentata davanti a loro.
«Barone Sanguinario, buonasera» salutò educata Vicky. Le aveva sempre fatto una certa paura quel fantasma, anche se non sapeva spiegarsi perchè. Insomma, Nick-quasi-senza-testa era decisamente più lugubre.
«Quel che cercate non è qui» ripetè il fantasma, fissandoli senza enfasi.
«Tu sai dov'è?» chiese Ted, fissandolo di rimando.
Il fantasma rimase in silenzio qualche secondo «Non mostro il tuo viso né il tuo riflesso, ma ciò che per necessità ti è concesso» e detto questo, il fantasma volò via.
I due ragazzi rimasero a fissarsi, rimuginando tra di loro.
«Ci risiamo con questa storia del riflesso» brontolò Ted, irritato.
«No, non credo che sia in quel senso Ted, credo che sia in un senso molto più...letterale. “Non mostro il tuo viso né il tuo riflesso”...cos'è che potrebbe mostrare il mio riflesso?»
«Uno...specchio?» azzardò Ted, prima di spalancare appena la bocca. «Oh diamine no, lo specchio delle Brame è andato perso Vicky, non le ascoltavi le degli zii da piccoli?»
«Certo che le ascoltavo, ma non è andato perduto. Zia Hermione ha sempre pensato che Silente lo avesse lasciato qui ad Hogwarts»
«Sono solo ipotesi, Vicky. E non possiamo cercare uno specchio in sette piani di castello, andiamo...»
«Certo che non possiamo. “Ciò che per necessità ti è concesso”» ripetè, prima di sorridere appena, facendo sorridere anche Ted. Sapevano esattamente dove andare.

C'erano uno strano silenzio nella Stanza delle Necessità. Come un silenzio sacro. Al centro della stanza, vuota, c'era lo specchio delle Brame rivolto di profilo. Vicky si girò appena dietro di sé, vedendo Ted che richiudeva la porta. Gli sorrise appena, quindi avanzarono verso l'oggetto, fermandosi al suo fianco.
«Vai...» mormorò Ted, incoraggiandola.
Vicky deglutì, quindi lentamente si sistemò in piedi davanti allo specchio. Vedeva il suo riflesso, ed al suo fianco, appena dietro di lei, una donna dai capelli corvini ed un uomo dallo sguardo affilato, l'aria severa ma affatto cattiva. Sorrisero appena, prima di indicare sul pavimento due sacchetti di velluto, uno marrone ed uno blu. Istintivamente Vicky portò gli occhi a terra, non vedendo nulla. Tornò a fissare il suo riflesso, dove vedeva i due sacchetti. Fissò le due sagome, la donna le fece un occhiolino. Titubante Vicky guardò Ted, quindi con altrettanta incertezza si chinò verso il basso, poi verso lo specchio. La mano destra si sporse verso il vetro, toccandolo. Al tatto sembrava quasi molle, quindi fece forza e si ritrovò con la mano...nello specchio.
«Oh miseria nera...» mormorò Ted, vedendo la mano della ragazza sparire oltre il vetro. Vicky non si curò dell'aria terrorizzata di Ted e si sporse ancora con la mano, finchè si fermò di colpo quando toccò realmente i due sacchetti.
«E se non riesco ad estrarre il braccio?» chiese d'un tratto Vicky, spaventata.
«Vicky...ritira il braccio. Desideralo, è una necessità...ricordi il barone sanguinario?» rispose Ted, calmo e deciso.
Vicky deglutì, quindi strinse i due sacchetti e ritirò il braccio con energia. Era ancora tutto intero. Sorrise, trionfante, e veloce aprì i due sacchetti. Erano pieni di cenere.
«Ovviamente non poteva essere così semplice» commentò ironico Ted. Vicky richiuse i sacchetti e si alzò, prendendolo per mano «è quasi fatta».
Ted si bloccò, fissando lo Specchio. Fece per avvicinarsi, per spiare.
«Teddy...lo specchio è un oggetto pericoloso...»
«Lo so, Vicky. Lasciami solo dare un'occhiata...» sussurrò Ted. Vicky non rispose né disse nulla, e gli diede il tempo necessario.
Il ragazzo avanzò lentamente davanti lo specchio, trattenendo il fiato. Lentamente, apparve un uomo sulla quarantina con i capelli ingrigiti dal tempo ed un sorriso dolce, ed una ragazza dall'aria furba ed i capelli viola, lo stesso colore che istintivamente avevano preso i suoi. Entrambi gli sorridevano, stringendogli le spalle. Ted rise, ma nel farlo gli sfuggì un singhiozzo.
«Ted...» sussurrò Vicky, abbracciandolo ed incorniciando così il suo desiderio più vero «Ted...» sussurrò di nuovo la ragazza, più dispiaciuta che altro. Si lasciarono cullare da quel riflesso e dal silenzio, sfogando sentimenti e pensieri che solo l'amore poteva lenire.


Avalon, 994 d.C
Aveva una strana sensazione. Non un presentimento negativo, quanto più la consapevolezza che stava per addentrarsi nella culla della magia, dove divinità ancestrali donavano il Sapere ai mortali. E le custodi di tale sapere immenso erano delle sacerdotesse che vivevano lì, oltre quelle fitte nebbie. Vivevano in armonia nelle loro preghiere, nei rituali e nelle cerimonie che celebravano la Grande Dea nella sua Triade: la Dea Vergine, la Dea Madre e la Dea Vecchia. Alba, tramonto, sera; vita, crescita, morte. Tutto era in equilibrio: niente poteva esistere senza gli altri due aspetti, in un perfetto circolo della vita e della magia.
«Smettila di pensare così tanto, mi distrai» borbottò la Regina guerriera in piedi avanti a sé, sulla piccola imbarcazione in cui si trovavano, avvolti dalle nebbie di Avalon.
«Scusatemi...» mormorò colpevole Myrddin, cercando di non pensare. Strinse il bastone a sé ed attese che qualcosa accadesse.
Maeve sollevò le braccia al cielo, prima di riabbassarle adagio. A quell'ultimo movimento, le nebbie si diradarono mostrando le dolci sponde sacre dell'Isola di Avalon. o sorrise, entusiasta, mentre la barca terminava il suo viaggio sulle rive dell'isola.
«Ma solo una sacerdotessa può aprire le nebbie...no?» chiese confuso mentre si apprestava a salire l'infinita gradinata in pietra che saliva, su in alto, verso il Tempio.
«Vero per metà, mio caro Myrddin. Solo le sacerdotesse posso accedere ad Avalon, e pochi altri che sono protettori dell'isola...come me» precisò la regina, precedendolo lungo la ripida gradinata.
Impiegarono circa un'ora per arrivare alla base del Tempio, e la resistenza di o era agli sgoccioli quando vi mise piede, ansante e sudato. Maeve, dal canto suo, sembrava avesse appena terminato una rilassante passeggiata mattutina.
«Regina Maeve» la richiamò una voce proveniente dall'ingresso circolare del Tempio. Una donna con un abito bianco le andò incontro, prima di salutarla con un abbraccio «è una gioia rivederti. Che notizie porti dal mondo?»
«Non belle purtroppo, sorella. Myrddin lascia che ti presenti Ilmariel, Sacerdotessa Anziana della via dell'Alba. Ilmariel, questo giovane con me è Myrddin, è un mago proveniente da Hogwarts»
«Hogwarts?» ripetè Ilmariel, confusa «che cosa ci fa uno studente con te, Maeve?»
«Cerchiamo di salvare la magia, sorella. Ho bisogno di parlare con la Somma Sacerdotessa...» annunciò greve Maeve.
«Maeve!» una voce giovane e allegra la richiamò. Una giovane ragazza dai capelli neri e la tunica purpurea le corse incontro, abbracciandola.
«Nimue, cara, mi stavo chiedendo quando fossi arrivata a salutarmi» ammise sorridente Maeve, abbracciando la giovane. Questa ricambiò sorridente, prima di volgersi a guardare o. Gli sorrise, gentile, quindi le sacerdotesse fecero strada ai due viaggiatori.

La Somma Sacerdotessa era una donna anziana, con lunghi capelli grigi legati in una treccia, una veste blu ed un bastone stretto nella destra. Sedeva su uno scranno di legno in una stanza circolare dove tutte le altre sacerdotesse erano sedute. Al centro, in piedi, sostavano Maeve e Myrddin da svariati minuti. In silenzio, in attesa.
«Parla, Regina Maeve del regno del Connacht» annunciò alla fine l'anziana donna, placida.
«Grazie, Somma Sacerdotessa Eliell. Sono venuta qui, insieme a questo giovane mago, per chiedere aiuto e sostegno ad Avalon. La comunità magica ha bisogno di voi più che mai. Una calamità sta per abbattersi su di noi, e temo che se non verrà fermata potrebbe colpire anche Avalon con conseguenze gravissime»
«Quale sarebbe questa calamità...?»
«Il Maestro, Somma Sacerdotessa»
Ci fu un brusio preoccupato nella sala, e Myrddin si rese conto dai visi tesi quanto quell'uomo era temuto e odiato.
«Il Maestro è stato esiliato, Regina Maeve. Non è un problema per voi, né tantomeno per noi» precisò una voce affilata e fredda, proveniente da un punto imprecisato della sala.
«Il Maestro è più libero che mai, sacerdotessa Cariell. Avanza pretese, verso la scuola di Hogwarts, verso i suoi fondatori, verso la comunità magica tutta. Ha...sottratto il Diadema dei Ravenclaw»
Molte sacerdotesse si alzarono dai propri seggi, gridando allo scandalo.
«Silenzio!» urlò quasi Eliell, facendo tacere tutte. Tornò a fissare Maeve, a lungo. «Quel che dici è grave, Regina Maeve. Il Diadema è stato forgiato su quest'isola, migliaia di anni fa, quando la nostra comunità si stabilì qui. Se quel che dici è vero...»
«E' vero, mia signora. La minaccia del Maestro è reale, sorelle. Se dovesse impossessarsi del resto dei manufatti, le conseguenze sarebbero gravissime. Io stessa non potrei far nulla, e con me molti maghi e streghe. Senza di noi, il prossimo bersaglio sarebbe proprio Avalon, ed a quel punto noi difensori dell'Isola saremmo solo concime per la terra. Dovete aiutarci, e dovete farlo adesso»
«Avalon non scende in battaglia. Avalon è un luogo di pace e preghiera, Regina» osservò un'altra sacerdotessa.
«Avalon non esisterà più se il Maestro vincerà!» precisò Maeve, spazientita quasi da quella cecità che le sacerdotesse stavano dimostrando.
La Somma Sacerdotessa fissò a lungo la guerriera, prima di studiare Myrddin da capo a piedi, placida.
«E tu chi sei, giovane uomo?»
«Sono un allievo di Hogwarts, mia signora»
«Volevo dire...chi sei davvero» precisò l'anziana donna.
Già, bella domanda...chi era davvero? Era uno studente, era un mago, era un custode?
«Sono Myrddin, mia signora. Myrddin e basta» precisò, calmo. La donna sorrise appena, per la prima volta. Si alzò lentamente dallo scranno, avvicinandosi a lui. Lo studiò a fondo in viso, prima di volgersi verso il proprio scranno.
«Sacerdotessa del Vespro» chiamò, facendo alzare una giovane donna cieca, con addosso la stessa veste purpurea di Nimue «che cosa vede il tuo Occhio?»
La giovane tacque per qualche secondo, prima di prender parola. «Vede nuvole nere e malvagie avvicinarsi verso il Sole, Somma Sacerdotessa. Se le nuvole nere prevarranno, ci sarà un'oscurità perenne...e diverremo tutti ciechi, e sordi..e muti» annunciò la donna, tornando seduta.
Eliell tornò sul proprio scranno, tacque a lungo. Myrddin poteva percepire la tensione attorno a sé, e di come Maeve attendeva immobile e nervosa vicino a sé. L'attesa sembrò non finire più.
«L'aiuto verrà dato» annunciò alla fine Eliell. Il concilio si sciolse, e con uno schiocco veloce del proprio mantello Maeve prese a camminare a passo svelto, via da lì.
«Cos...Maeve! Regina Maeve!» gridò quasi Myrddin, mentre cercava di starle dietro «tutto qui? Voglio dire...non aspettiamo gli aiuti? Che aiuti ci daranno?»
«E' già tanto se ce li daranno davvero, giovane Myrddin. E' inutile aspettare...se l'aiuto ci sarà, arriverà quando vogliono loro e non quando vogliamo noi» borbottò seccata Maeve.
«Ma perchè non dovrebbero aiutarci davvero? Ne va anche della loro incolumità!»
«Hai ancora molto da imparare, giovane Myrddin. Le sacerdotesse vivono in un posto sacro e divino, che loro credono sia impossibile da intaccare. Non seguono gli ordini o il volere di nessuno, parlano per enigmi e le loro stesse menti sono enigmatiche. A volte mi chiedo se non stia parlando al vento...» ammise seccata la donna.
«Maeve!» la richiamò una voce dietro di loro che li fece fermare.
«Nimue, cara...devo andare, ci sono impegni urgenti da sbrigare» mormorò la regina, calma.
La ragazza fissò entrambi, mortificata. «Io...mi dispiace. Cercherò di convincere la somma sacerdotessa, a quanto pare solo in poche qui capiamo la gravità della situazione»
«La cosa non mi sconvolge, credimi» precisò Maeve con sarcasmo.
«Lo so, Maeve...cercherò davvero di convincerle, e spero di farlo in tempo. Per ora, buona fortuna a tutti voi, che la Dea vi protegga» annunciò Nimue, abbracciando entrambi. Si soffermò appena su Myrddin, sorridendogli dolcemente. Il giovane arrossì violentemente e lo fece anche durante la discesa al porticciolo, ogni volta che ci ripensava.
«A quanto pare hai conquistato la giovane Nimue, Myrddin» commentò di colpo Maeve «è sempre bello vedere e vivere l'amore in questi tempi incerti»
«Cosa? No, io non...voglio dire, le sacerdotesse non possono...»
«sposarsi? E perchè non dovrebbero, non sono mica sacerdotesse babbane» precisò subito Maeve, ridacchiando.
Sacerdotessa o meno, Myrddin non fece altro che pensare al sorriso di Nimue per tutto il viaggio di ritorno.

 

Lundenburgh, 994 d.C
«Sicuro che parli tu?» chiese per l'ennesima volta Salazar, mentre camminava al fianco di Godric giù per le scale di pietra che conducevano alla Sala del Concilio. Il Concilio dei Maghi era stato creato come “bilanciere” delle questioni della comunità magica britannica. I più grandi maghi e streghe del tempo si succedevano in quella Sala, giudicando con saggezza ed obiettività le questioni che venivano loro sottoposti.
«Certo che sono sicuro. Se dovessi parlare tu saremmo spacciati ancor prima di entrare nella Sala» commentò sarcastico Godric, prima di dargli un'amichevole pacca sulla spalla.
«Non hai tutti i torti» ammise sincero Salazar, sollevando un angolo della bocca a mò di sorriso.
Le porte della Sala si aprirono, mostrano un'area circolare, scavata nella nuda roccia. Al centro della sala, sul pavimento a mosaico, era incisa una stella magica sopra cui era stato acceso un braciere di fuoco magico. Intorno al perimetro della sala erano seduti all'incirca quindici tra maghi e streghe, che cominciarono a borbottare quando li videro entrare. Salazar era quasi sicuro che stessero parlando di lui, e non se ne stupì affatto: non aveva un carattere facile, lo ammetteva, ed aveva fatto degli errori. Errori di cui si pentiva e di cui anche in quel momento faceva ammenda, grazie all'aiuto dei suoi tre amici, della sua famiglia. Deglutì, glaciale, senza mostrare alcun sentimento. Fingendo di essere ciò che loro volevano che fosse: il cattivo.
«Signore e signori del Concilio, vi ringraziamo per averci dato udienza» annunciò calmo e posato Godric, allargando appena le mani.
«Esponete il vostro problema, Godric Gryffindor» annunciò un uomo di mezza età dai folti capelli biondi, seduto proprio avanti a loro.
«Il nostro problema è molto semplice: il Maestro è tornato»
Un brusio si alzò non appena venne pronunciato quel nome. Alcuni fissarono i due maghi come folli, ed un mago alla loro destra sputò addirittura a terra.
«Il Maestro è in esilio!»
«Il Maestro è tornato, vi dico. Ha rubato il Diadema dei Ravenclaw e minaccia di distruggerci se non consegniamo il resto dei manufatti. Vuole distruggere Hogwarts perchè ospitiamo maghi di ogni origine e provenienza, come vuole l'etica della nostra scuola. Il Maestro usa la scuola come scusa per vendicarsi, ma ciò che ha sempre voluto sono i nostri manufatti: possederli tutti e quattro gli donerebbe un potere troppo vasto. Se dovesse sconfiggerci, nulla gli vieta di attaccare altri nuclei magici...Avalon, per esempio, o le altre scuole. O voi»
Il brusio aumentò, e l'anziano li fece subito star zitti alzando appena una mano.
«Ciò che succede nella vostra scuola non è affar nostro»
«Certo che lo è! In quella scuola ci sono i futuri maghi e streghe della nostra comunità, molti di loro hanno delle doti che noi alla loro età ci sognavamo. Educare e plasmare la magia, incanalarla, conoscerla...questo è ciò che serve per creare dei grandi maghi» ribattè Godric.
«Non è comunque affar nostro...» rispose l'anziano, quasi apatico.
«Ciò che è affar vostro...è il Maestro. Come ha fatto ad uscire dall'esilio con così facilità, ad esempio» chiese di colpo Salazar, con tono glaciale.
Molti maghi si alzarono, gridando allo scandalo.
«Salazar Slytherin, stai forse insinuando che siamo stati noi a toglierlo dall'esilio?» chiese sconvolto una strega.
«Certo che no. Sto solo chiedendo delucidazioni. Se non è colpa vostra, e credo che non lo sia, aiutateci a portarlo nel posto che gli spetta. Non farlo e lasciarci perire significa lasciare le porte aperte al Maestro, distruggendo la libertà di ogni mago o strega» specificò pacifico Salazar, fin troppo per i suoi gusti.
«Attento a come parli, Salazar...attento» rispose l'anziano a capo del consiglio e in tutta risposta la bacchetta si levò verso Salazar. Istintivamente Godric si frappose tra i due, a braccia larghe, per proteggere l'amico.
L'anziano fissò attentamente Godric, quindi sorrise divertito e ripose la bacchetta. «Ai voti. Alzi la mano chi si astiene da questa missione»
La maggior parte della mani si levarono al soffitto, ed i pochi rimasti tacquero, fissando i due maghi. Salazar indurì istintivamente la mascella e i pugni ma tacque, vedendo Godric nella stessa situazione: non lo aveva mai visto perdere le staffe.
«E sia, rispettabile Concilio...ma quando moriremo per mano sua, e ci saremo sacrificati per voi, ed il Maestro verrà a riscuotere le sue tasse anche da voi...ricordatevi di ciò che avete deciso quest'oggi. Oggi un pezzo della nostra libertà è stato assassinato» annunciò serio e tetro Godric, prima di uscire dalla Sala. Salazar fissò l'anziano
uomo avanti a sè, con la mascella ancora indurita, quindi volse le spalle a Kenneth Slytherin, capo clan della famiglia.

«Tuo nonno è davvero insopportabile, Salazar, lasciatelo dire...» borbottò Godric mentre risalivano le scale.
«Quello non è mio nonno» precisò secco l'altro. Lui non aveva più una famiglia.
«Si beh...quel che è. Come previsto, non abbiamo ottenuto nulla, non siamo riusciti nemmeno a scalfirli. Hai visto lo sguardo vuoto di alcuni di loro?» mormorò Godric.
«Si...Imperio»
«Esattamente. Scommetto che il Maestro è già passato a casa di molti di loro»
«Gryffindor!» qualcuno lo chiamò, ormai all'ingresso. Si voltarono, notando venir loro incontro quattro uomini del Concilio. «Le famiglie McMillan, Prewett, Fawley e McKinnon si uniscono alla vostra battaglia»
Godric spalancò appena gli occhi: era la prima volta che dei membri del Concilio si staccavano dalla decisione comune.
«Stiamo andando contro le regole, e probabilmente per questo verremo cacciati dal Concilio. Ma non ci fidiamo di Kenneth, senza offesa» precisò uno dei quattro verso Salazar, il quale si limitò a scrollare le spalle.
«Quanti uomini vi servono?» chiese il secondo.
«Quanti più ce ne potete mandare. La Regina Maeve è con noi» annunciò Godric, fissandoli.
«Sarà un onore combattere al vostro fianco allora» annunciò il terzo. Una volta andati via, Godric sorrise a Salazar.
«Visto che alla fine qualcosa abbiamo concluso? Il solito pessimista» commentò ironico Godric, ridacchiando. Uscirono da quella dannata sede, prima che qualcuno potesse ripensarci.

 


Nota dell'Autrice: salve a tutti! Eccoci qui al nono capitolo. Spero vi siano piaciuti i richiami all'Isola di Avalon (ho fatto una sorta di “crossover” tra o, Hogwarts e l'Isola) e per chi ne volesse sapere di più consiglio di Cicli di Avalon di Marion Zimmer Bradley. Che dire? Stiamo entrando nel succo della trama: la guerra è alle porte, Delphini ha dato il suo ultimatum e finalmente Victoire sa un po' di più dove sbattere la testa -forse, eheh. Spero vi piaccia, non vedo l'ora di sapere il vostro parere!

  
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