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Autore: Ginevra1988    08/07/2017    4 recensioni
All'alba del tre maggio Harry, Ginny e gli altri reduci della Seconda Guerra Magica si ritrovano a fare i conti con... il ritorno alla normalità. Le ferite sono fresche, gli incubi li perseguiteranno ancora per anni e poco sembra essere come prima, ma la voglia di ricominciare è tanta. A passi lenti e incerti dovranno trovare la loro strada verso un futuro nel quale non potevano nemmeno sperare fino a qualche giorno prima.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Weasley, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Si corre il rischio di piangere un po',
quando ci si è lasciati addomesticare...
 
Il piccolo principe – Antoine de Saint-Exupéry
 
 
 
6 giugno 1998 – Villa Conchiglia
 
 
   Un raggio di sole si infiltrò oltre le tende e centrò l’occhio sinistro di Harry, che inevitabilmente si svegliò. Per qualche momento credette di trovarsi nella tenda da campeggio del signor Weasley e il cuore prese a battergli talmente forte da mozzargli il fiato. Si alzò di scatto e Ginny, stesa di fianco a lui, emise un mugolio. La ragazza allungò un braccio nel vuoto, gli occhi chiusi, cercandolo.
   “Harry…”
   Il resto della frase si perse nel cuscino e la mano cadde sulla gamba di lui. Il ragazzo fissò la sagoma sfocata di lei quasi con stupore, mentre la sua mente ritornava alla realtà, a Villa Conchiglia, a guerra finita, accanto a Ginny. Il cuore rallentò. Harry si passò una mano sugli occhi e appoggiò la schiena alla testata del letto. Fleur li aveva sistemati nella camera che qualche mese prima era stata il rifugio di Unci Unci, il ché non lo aveva aiutato per niente, ma si era guardato bene dal protestare: lei e Bill lo avevano accolto in casa loro, di nuovo. Allungò una mano sulla testa di Ginny, che si mosse appena nel sonno. Era bella anche da sfocata.
   Gli sembrava ancora incredibile essere riuscito a raccontarle così tanto in quei pochi giorni. Una volta fatto il primo passo era stato talmente… facile. Ron e Hermione avevano condiviso con lui pesi enormi, ma era sempre stato piuttosto difficile capire cosa dire e come dirlo; con Ginny era tutto naturale, le parole uscivano come se non avessero aspettato altro per tutta la vita. E lei sembrava non stancarsi mai di ascoltarlo, mentre passeggiavano per ore e ore; rideva con lui e lo abbracciava quando le lacrime avevano la meglio.
   Era strano: ora che doveva ripartire con la sua vita, ripensava a come era iniziata, ai lunghi anni vissuti con i Dursley senza sapere di essere un mago, tormentato da Dudley e disprezzato dai suoi zii. E poi scoprire un pezzo alla volta, piano piano negli anni, chi era davvero, chi erano i suoi genitori, come erano morti ma soprattutto come erano vissuti. Erano ferite vecchie, ma che non si erano mai rimarginate. Non ne aveva mai parlato con nessuno, non amava il vittimismo; eppure Ginny, delicata e silenziosa, era riuscita a fargli tirare fuori il dolore che era rimasto nascosto sotto il tappeto per tutti gli anni di Hogwarts. Più di una volta era stato sul punto di chiederle di accompagnarlo a Godric’s Hallow, ma non lo aveva mai fatto; la prima e unica volta in cui era stato lì non era stato esattamente un successo e doveva ammettere a se stesso di avere paura.
   Ginny aprì un occhio e sbirciò Harry.
   “Tutto bene?” chiese con la voce impastata. Il ragazzo sorrise e annuì. Si lasciò scivolare sul materasso e la circondò con le braccia; lei si sistemò sul suo petto e riprese a dormire. Harry appoggiò una guancia alla sua fronte e sospirò. Da quattro giorni ormai erano a Villa Conchiglia e ancora nessuna notizia dagli Auror. Leatherman continuava a dire a gran voce che il Marchio Nero sulla casa dei Lovegood non era niente di cui preoccuparsi, ma cominciava a diventare nervoso per quel silenzio. La sera precedente Harry lo aveva visto nel giardino sul retro mentre mandava un Patronus accompagnato da molte imprecazioni.
   L’ansia pizzicò di nuovo in fondo allo stomaco. Non era mai stato bravo a farsi gli affari suoi, odiava starsene con le mani in mano, specialmente quando sentiva il pericolo così vicino, ma non poteva fare niente in quel momento. Chiuse gli occhi e respirò a fondo il profumo di fiori di Ginny. Il suo posto adesso era con lei.
 
   Molte ore più tardi, circa a metà mattina, Ginny e Harry erano sulla spiaggia per una delle loro passeggiate quando li aveva raggiunti un’elegante volpe argentea che con un pesante accento francese li aveva richiamati a Villa Conchiglia.
   “Anche il suo Patronus è pretenzioso!” aveva commentato Ginny ridendo.
   Quando arrivarono nella cucina trovarono Fleur che serviva una tazza di the a una strega dai folti ricci neri ed evidentemente incinta. Harry la riconobbe come Miranda, una delle Auror che aveva conosciuto qualche settimana prima. Infilata a forza in un improbabile tutina pre maman rosa shocking, che forse doveva essere il suo travestimento babbano, sembrava incredibilmente fuori posto in una casa di maghi e, dal rossore sulle sue guance, sembrava rendersene conto anche lei. Prima che Harry facesse in tempo a salutare, nella stanza arrivò con passo pesante anche Leatherman, il viso congestionato come se stesse cercando di sollevare un elefante.
   “Alla buon’ora!” esplose l’uomo alzando le braccia al cielo. Miranda roteò gli occhi e sorseggiò il proprio the prima di rispondere acida: “Non cominciare, Roy.”
   “Hai ragione, è bastato chiedervi le cose per favore” l’ironia nella voce era ben percepibile. “Dove diavolo è Prewett? Avevo chiesto di lui!”
   “E’ impegnato nelle indagini” rispose Miranda alla propria tazza. “Sta seguendo una pista personalmente.”
   “Oh-ooh, allora sarà dannatamente impegnato! Che spreco di tempo mandare due righe con un pulciosissimo gufo!”
   Miranda sbatté la tazza sul bancone.
   “Piantala Leatherman! Un bambino di quattro anni sarebbe in grado di controllarsi meglio di te! Devo raccontare ai presenti perché sei all’addestramento e non sei più agente operativo?”
   La donna lo fissava con le sopracciglia alzate, le labbra ridotte a una fessura. Roy sembrò sul punto di ribattere, ma alla fine si lasciò cadere su una sedia, Appellò una tazza a caso e annusò il contenuto.
   “Caffè neanche l’ombra, immagino” disse con una smorfia. Fleur inarcò le sopracciglia e dilatò le narici.
   “Abbiamo sgià parlato di questo, monsieur Leatherman. Io e Bill non beviamo quella roba.”
   Il tono della donna non ammetteva repliche; l’Auror tuffò il naso nel the, la faccia livida. Miranda per riempire quel silenzio imbarazzante si alzò e cominciò a colpire porta e finestre con un qualche tipo di incantesimo dalla luce bluastra, probabilmente, pensò Harry, per rendere la stanza Imperturbabile; il ragazzo si accorse di non avere idea di come si facesse, di solito era Hermione che si occupava di quelle cose. Sperò vivamente che il corso da Auror comprendesse un bel ripasso di Incantesimi avanzati, aveva saltato di pacca un intero anno e non era per nulla sicuro di essere all’altezza dei suoi futuri compagni.
   Dopo un lungo sorso, Roy si rivolse di nuovo a Miranda, tornata al suo posto.
   “Quindi?”
   “La bacchetta trovata in casa dei Lovegood appartiene Gregory Goyle, una vostra vecchia conoscenza” disse Miranda lanciando uno sguardo a Harry e Ginny, ancora in piedi nell’angolo vicino alla porta. “E’ stata quella ad evocare il Marchio Nero.”
   “Avete trovato Goyle?” chiese Harry.
   “Era a casa di uno zio a smaltire la più grossa sbornia che abbia mai visto” rispose Miranda con un sorrisetto e una scrollata di spalle. “Adesso è al San Mungo, piantonato da uno dei nostri, in attesa di essere interrogato.”
   “Papà ha detto che probabilmente non era da solo” intervenne Ginny. “Sapete chi c’era con lui?”
   “Su questo sta lavorando Frankie; pare che il padre abbia scelto di farsi un viaggetto all’estero proprio in questi giorni. Il signor Prewett sta cercando di capire in quale Stato sia scappato quel maledetto vigliacco.”
   Miranda sorseggiò un po’ di the con l’evidente intento di calmarsi, le guance lievemente arrossate.
   “Comunque” riprese con tono più pacato. “La casa dei Lovegood è stata setacciata da cima a fondo dalla Squadra Speciale Magica e dichiarata sicura. Luna e suo padre sono già rientrati mentre per voi è stata preparata una Passaporta per oggi a mezzogiorno.”
   Il cuore di Harry fece un balzo: si tornava alla Tana. Si tornava a casa.
   “Roy, queste sono le tue istruzioni” Miranda allungò una busta viola acceso a Leatherman, che la aprì con un colpo di bacchetta e lesse con la fronte corrugata. Quando abbassò il foglio aveva l’espressione più rilassata.
   “Quindi posso dire ad Isolt di preparami la cena per stasera?”
   “Direi proprio di sì, vecchio scarpone scorbutico.”
 
   I piedi di Harry toccarono bruscamente il terreno; il ragazzo aprì gli occhi mentre il pallone da rugby sgonfio cadeva sull’erba del giardino della Tana, la magia della Passaporta svanita. Ginny stringeva un cestino di vimini al petto come se ne andasse della sua vita; scostò lo strofinaccio a quadri rossi e bianchi e controllò che i dolcetti all’interno fossero integri. Fleur le aveva ordinato con molte erre mosce di consegnarlo direttamente tra le braccia di Molly. La ragazza fece una smorfia.
   “Puzzano di… marmellata rancida” disse tra i denti.
   “A me sembrano buoni” commentò Leatherman sporgendosi da sopra la spalla di Ginny.
   Molly arrivò correndo lungo il prato, salutando ad alta voce; quando li raggiunse aveva le guance rosse e il fiatone. Soffocò Ginny e Harry in un abbraccio simultaneo.
   “Oh grazie al Cielo, siete sani e salvi!”
   “Eravamo da Bill, mamma, non nel Sahara” sbottò Ginny, cercando di sottrarsi alla stretta della madre; Harry invece lasciò fare Molly finché non fu lei a staccarsi guardando i due ragazzi con gli occhi lucidi. Nel frattempo anche Ron e Hermione erano arrivati nel giardino e si erano fermati a qualche passo di distanza.
   “Grazie, Roy” disse Molly tendando di accarezzare una guancia di Leatherman, che si sottrasse appena in tempo. “Vai pure a casa, Isolt mi ha riempito la cucina di gufi stamattina!” rise nervosamente; l’Auror si passò una mano sul volto con un gesto stanco, annuendo.
   “Potter, ci vediamo non prima di settembre spero” disse l’Istruttore battendo sulla spalla di Harry. “Non combinare casini o me la paghi. Ginevra, fai a modo.”
   L’uomo si sporse per baciarla su una guancia, ma la ragazza estrasse fulminea la bacchetta con aria minacciosa; Leatherman rise, fece un cenno di saluto a Molly, si voltò e uscì dalla proprietà dei Weasley, Smaterializzandosi poco dopo.
   “Fleur ti manda questi” disse Ginny ficcando in braccio a sua madre il cestino di dolci. “Sono una spescialità fronscese” aggiunse imitando l’accento della cognata.
   “Le diremo che sono buoni, come sempre” commentò Molly con un’alzata di spalle. “Vado a metterli in cucina.”
   Girò i tacchi e si avviò verso la casa; seguendola con lo sguardo, Harry si voltò a fissare la Tana: dipinta male, sgangherata, molte tegole finite chissà dove e la sagoma del demone in soffitta che si agitava all’ultimo piano. Non c’era niente di gradevole all’occhio, eppure per Harry era la visione più bella del mondo. Il pensiero andò istintivamente a Godric’s Hallow e lui non poté fare a meno di torturarsi con altri se e altri ma; per un attimo immaginò Lily Potter corrergli incontro, le guance rosse e il fiatone, l’espressione sollevata della signora Weasley sul viso. Se Ginny avesse potuto vedere quello che gli passava per la testa in quel momento lo avrebbe preso a schiaffi.
   “Ciao Harry!”
   Ron gli diede una manata sulla spalla, sottraendolo bruscamente alle sue fantasie. Harry stava per rispondere quando notò quello che stava succedendo a pochi passi di distanza da loro: Hermione e Ginny erano una di fronte all’altra, in silenzio, l’espressione dura. Fece un cenno con la testa a Ron per attirare la sua attenzione sulla scena.
   “Ma che succede?” chiese sotto voce; per tutta risposta Ron scrollò le spalle.
   La prima a cedere e a parlare fu Hermione.
   “Ginny…”
   L’altra ragazza scosse la testa.
   “Lascia stare” disse in tono appena percepibile e abbracciò l’amica. Hermione scoppiò in lacrime, stringendo Ginny almeno tanto quanto l’altra stringeva lei. Ginny continuava a bisbigliare all’orecchio di Hermione, la consolava per qualcosa di cui Harry non aveva idea. Non piangeva. Lei non piangeva mai.
   Ripensò a tutte le lacrime che aveva versato lui negli ultimi quattro giorni; lei le aveva asciugate tutte e non lo aveva lasciato un attimo. E Harry? Lui cosa aveva fatto per lei? Le aveva mai chiesto come stava? Aveva perso un fratello da un mese e lui si era lagnato per giorni della sua patetica vita. Non sapeva nemmeno cosa stava succedendo tra lei e Hermione, una dei suoi migliori amici.
   “Come stai, Ron?” chiese mentre ancora fissava sbigottito le due ragazze abbracciarsi.
   “Cosa?”
   “Tu come stai?” ripeté, questa volta guardandolo in faccia. Ron gli restituì lo sguardo, le orecchie che cominciavano a diventare rosse.
   “Beh” disse alla punta delle sue scarpe. “Abbastanza bene.”
   “Cosa succede a Hermione?” chiese ancora Harry. Quante cose gli erano passate sotto al naso senza che lui se ne accorgesse? Ron tossicchiò.
   “Credo… si senta in colpa per… sai…” si guardò intorno cauto, poi aggiunse in un sussurro: “Per aver spifferato la storia dell’anello. Pare che Ginny non le abbia parlato per giorni.”
   Harry batté le palpebre, stupito. Quel cavolo di anello stava proprio diventando un affare di Stato.
   “Forse è meglio se le lasciamo sole” disse Ron. “Sembra una cosa lunga.”
   Harry annuì e seguì l’amico lungo il prato e nella cucina della Tana. Un buon profumo di arrosto aleggiava nell’aria, mentre Molly si dava da fare ai fornelli, la bacchetta in una mano e una pentola nell’altra. Un coltello tagliava delle cipolle da solo, mentre una salsa densa sobbolliva in un piccolo paiolo. Il cestino di dolci mandato da Fleur era stato abbandonato in un angolo.
   “Venite ragazzi, tra poco è pronto il pranzo” cinguettò la signora Weasley. “Vi spiace apparecchiare?” aggiunse, agitando la bacchetta nella loro direzione; una pila di piatti e una colonna instabile di bicchieri filarono verso Harry e Ron, che presero le stoviglie per un soffio.
   “Mentre eravate via sono cambiate un po’ di cose” disse Ron buttando sul tavolo a casaccio i piatti. “Andromeda e Teddy sono ancora qua, sai, lei non si sente per niente tranquilla a stare in casa da sola dopo… beh, sì, dopo il due giugno.”
   Harry annuì, non poteva certo biasimarla.
   “Si sono sistemati nella camera di Bill e Charlie” proseguì Ron. “La tua roba è nella mia camera.”
   “Siamo in tre stipati lì?”
   “No, George è tornato nella loro… nella sua camera.”
   Harry incrociò lo sguardo di Ron, che sorrideva debolmente. Un passo avanti per il gemello Weasley.
   “E Percy?”
   “E’ tornato a Londra, nel suo appartamento.” Ron sbirciò in direzione di Molly, poi aggiunse sotto voce: “La mamma ha urlato per giorni, non voleva che lasciasse di nuovo la Tana, ma lui ha insistito, dice che al Ministero si lavora come degli Elfi Domestici. Io però credo che la verità sia un’altra.”
   Si morse un labbro, come se pensasse di aver detto troppo.
   “E cioè?” chiese Harry.
   “Dopo aver abitato un anno da solo, tornare in questo manicomio non penso sia stato proprio un regalo di compleanno. L’ha fatto solo perché si sentiva in colpa perché si è comportato come un Troll demente, ma la Tana è una prova di resistenza!”
   “Cos’ha che non va casa tua, Ronald?” chiese Molly, passando alle sue spalle con un enorme pirofila piena di carne fumante tra le braccia. Ron alzò gli occhi al cielo.
   “Niente, mamma. E’ solo dannatamente piena – di – gente!”
   Madre e figlio presero a bisticciare, le orecchie di un’identica sfumatura di rosso. Harry sistemò l’ultimo bicchiere e sorrise; quella sensazione di essere fuori posto che lo aveva perseguitato nell’ultimo mese in qualche modo era svanita. Si sentiva a casa.
   E sperava, pregava con tutta la sua anima che non gli venisse tolta anche quella famiglia.
 
 
 
 
 
 
 
Angolo di Gin
Leatherman è un bravo ragazzo, credetemi. Ha solo un pessimo carattere. Pessimo, davvero. Isolt è una santa donna - e forse daremo un'occhiata anche a loro, più avanti. Vedremo dove mi porta la storia!
A parte Roy, qualche nodo è venuto al pettine: la bacchetta in casa dei Lovegood è un “grande” (si fa per dire) ritorno, il nostro Goyle che lontano dai guai e dal Marchio Nero non sa ancora stare. Ma sarà veramente tutta farina del suo sacco?
Altro nodo: le nostre fanciulle. Ginny non ha un carattere facile, lo sapevamo anche prima. Quel “era una confidenza” non dovrebbe essere sfuggito ai più attenti. Ma il tempo guarisce diverse cose e Ginny ha scelto di perdonare la sua amica, anche se la cosa le rimarrà sullo stomaco ancora per un po’. Piuttosto la nostra cocciuta rossa insiste nel tenersi per sé un sacco di cose. E se n’è finalmente accorto anche Harry.
Povero ragazzo, lasciamolo crogiolarsi nella sensazione di casa ancora per un po’. Almeno fino al prossimo capitolo…
Grazie a chi ha letto e leggerà e soprattutto a chi segue e commenta!
Smack
Gin
 
PS: la scelta della volpe come Patronus di Fleur è precedente alla scelta della metafora della volpe del Piccolo Principe… non c’entrano nulla l’una con l’altra, ma mi rendo conto ora che è una piacevole coincidenza! La mia testa a volte lavora in autonomia...!
   
 
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