Gustandosi una dolcissima pesca di marzapane, Feliciano non poté che pensare al fratello.
All'inizio allo spagnolo non era piaciuto che il suo santo omonimo fosse il santo patrono del confinante Portogallo, ma i dolci, zuccherosi presenti di Lovino, lo avevano reso più aperto all'idea.
Quel giorno anche Feliciano si era recato da un vecchio conoscente, che festeggiava il suo santo patrono.
Alleato del nonno Roma, lo strano personaggio sempre chino tra libri e scartoffie aveva visto crescere la piccola Italia, dandole spesso non poche preoccupazioni.
Abitava nella città dei tre senza, che a volte divenivano quattro, o la città delle due gatte.
Senza le porte era il caffè, senza nome era il Santo, da cui la processione di fedeli era uscita, inglobando nel loro tragitto l'esile Feliciano; a volte senza corna era il bue, dove il vecchio personaggio trascorreva le sue giornate.
Al centro del Prato senza erba, chinato sulla fontana, un anziano barbuto attendeva la sua nazione.
Feliciano agitò il braccio in segno di saluto.
"Padova!"