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Autore: Saku90    13/08/2017    2 recensioni
Tratto dal prologo
Avevamo sconfitto Kaguya. Quindi penso sia comprensibile pensare di aver finalmente eliminato ogni minaccia e di poter sperare di godersi almeno mezzo secolo di pace, no?
Purtroppo non avevamo fatto i conti con quello che viene definito il terzo fattore, un fattore imprevedibile, e per questo spiazzante e catastrofico come non mai.
Sapete già di chi parlo, perché per quanto la sua dichiarazione di voler difendere Konoha abbia in parte acquietato le nostre paure, non aveva ingannato i nostri cuori.
[...] A un certo punto l’atmosfera si fece più tesa. Le intenzioni di entrambi si consolidarono nella volontà di concludere quello scontro. Entrambi erano pronti a sferrare il colpo decisivo, e proprio come quel giorno, di un sacco di anni fa sul tetto dell’ospedale, corsi a frappormi tra loro.
Posso ancora ricordare perfettamente la faccia sconvolta di Naruto, e lo sguardo determinato di Sasuke, disposto a trapassare il mio corpo pur di uccidere il suo migliore amico.
Vi starete giustamente chiedendo: cosa accadde? Da chi fui salvata?
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden, Dopo la serie
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NdA: Salve a tutti, essendo rilegata a casa a fare da babysitter al cane e al gatto, ne ho aprofittato per aggiornare il percorso di questo racconto. un bacio, e divertitevi anche per me a ferragosto.

Capitolo III

 
 
Sakura
 
 
 
Mi svegliai a causa di un forte crampo al collo. Lentamente aprii gli occhi, e la prima cosa che vidi fu… un enorme ragno peloso poggiato sul mio petto. Automaticamente iniziai ad urlare come una pazza, come se la mia vita fosse realmente in pericolo. Il primo a raggiungermi fu Naruto. Il suo viso era solcato dall’agitazione e dalla preoccupazione. Ma non appena mi vidi sdraiata a terra con quel coso sulla mia maglietta, il suo viso si distese sotto un’enorme sorriso, cosa che, ovviamente, mi fece incavolare ancora di più.
«Naruto! Toglimi questo mostro di dosso!», gli ordinai urlando in un sussurro.
«Mostro? Poverino, così l’offendi!», mi rispose ridendo a crepapelle.
«Nar…!», riuscii solo a dire, immobilizzata dal terrore nel sentire una di quelle zampette pelose allungarsi oltre lo scollo della maglietta per tentare di intrufolarvisi dentro.
«Perché sussurri?», mi domandò quel baka, ignaro della tragedia che si stava svolgendo sulla mia maglietta.
Disperata, abbassai leggermente la testa per iniziare a soffiare su quel coso orrendo, nella speranza di fargli cambiare direzione, cosa che, devo ammetterlo, funzionò. Purtroppo, quel mostriciattolo, abbandonò sì l’idea di esplorare l’interno della mia maglietta, ma solo per dirigersi verso il mio viso.
«NARUTOTOGLIMIQUESTACOSADALVISOIMMEDIATAMENTE!», gli urlai tutto di un fiato.
Fortunatamente si decise a liberarmi da quella schifezza, permettendomi di riprendere a respirare. Mi tirai a sedere di scatto per fulminarlo con le mie occhiate malevole. Ma lui rimase impassibile, un tenero sorriso gli distendeva le labbra, il mostro ancora sul palmo della sua mano che beatamente riceveva delle lente carezze.
«Non azzardarti a sorridere», gli intimai.
Immediatamente cercò di far sparire il sorriso incriminato assumendo un’espressione talmente assurda da farmi scoppiare a ridere. Dopo avermi osservata attentamente, come se avesse di fronte un’aliena, scoppiò a ridere anche lui, lasciandosi cadere seduto accanto a me con quel regno ancora in mano.
«Non avvicinarti con quel coso a me», gli dissi alzandomi in piedi e allontanandomi di qualche passo.
Al che depose il ragno per terra, poi, un passo alla volta, mi si avvicinò lentamente, fino a quando la punta del suo naso non sfiorò la mia.
«Ora posso avvicinarmi?», mi sussurrò sulle labbra.
«Non ti sto fermando, no?», gli sussurrai, i miei occhi fissi sulle sue labbra, che sapevo erano morbide e calde come un raggio di sole.
E come ogni mattina, da quando ci eravamo ritrovati dopo anni di lontananza, con i nostri animi ancora feriti dal ricordo di Sasuke, ma rinchiusi in corpi non più fanciulleschi, ma prede degli ormoni, mi baciò.
Un bacio delicato come una poesia, una poesia leggiadra e dal retrogusto malinconico, perché entrambi sapevamo quali erano state le cause che ci avevano condotti a questi baci, ad unire le nostre mani quando nessuno ci guardava.
«Naruto! Sakura!», urlò la voce di Sai.
«Arriviamo!», rispose Naruto distanziandosi dalle mie labbra.
«Buongiorno bellissima», mi sussurrò scoccandomi un bacio sulla punta del naso, strappandomi un risolino.
«Buongiorno anche a te, adulatore».
Osservai la sua schiena allontanarsi per raggiungere gli altri con le labbra tese in un sorriso idiota.
Solo quando scomparì dalla mia vista notai il contenuto della mia borsa riverso per terra.
Strano.
Presi il mio diario, e vidi un’enorme scritta squarciare brutalmente una candida pagina.
Non era la mia calligrafia, questa era più spigolosa e rabbiosa.
Quando lessi cosa vi era scritto sentii le mie guance imporporarsi.
Avrei ucciso Sai. Come si permetteva di scrivere certe cose sul mio diario?
Infuriata marciai fino al luogo dove tutti mi attendevano, e senza degnare nessuno del buongiorno, filai dritta davanti al mio bersaglio e gli tirai un pugno in pieno volto.
«Sakura-chan!», esclamò Naruto.
«E questo per cosa era?», mi chiese Sai con il suo solito aplomb.
«Azzardati un’altra volta ascrivere sul mio diario e ti uccido. Non sto scherzando”, lo minacciai.
«Non mi sono nemmeno avvicinato a te ieri, come avrei potuto scarabocchiare il tuo diario?».
Messa alle strette dalla sua logica incontrovertibile, sbuffai e mi avviai verso il sentiero.
Se non era stato Sai, chi era stato? 
Camminai in silenzio per tutto il resto del giorno. Solo quando l’azzurro terso del cielo sfumò in tonalità più ambrate e variopinte ci fermammo per fare una sosta.
«Naruto ed io andiamo a fare un giro di ricognizione per assicurarci che il posto sia sicuro», disse Yamato a me e a Sai. Entrambi annuimmo in silenzio.
Mi sdraiai per ammirare il cielo, la testa incasinata per la domanda scritta sul mio diario.
«Oggi sei tornata ad essere te stessa», mi informò Sai rompendo il silenzio che ci avvolgeva.
«Eh?!»
«Ieri eri più strana del solito. Più scontrosa e fredda, quasi un’altra persona».
«Non so di cosa stai parlando».
«D’accordo».
Lasciai andare un sospiro di sollievo nel costatare che si fosse arreso così facilmente.
«Vuoi parlare di come tu stia usando Naruto per dimenticare Sasuke?», mi chiese con una tale nonchalance e innocenza da lasciarmi letteralmente a bocca aperta.
«Non sto usando Naruto», provai a giustificarmi.
Rimase in silenzio a scrutarmi con quegli inquietanti occhi scuri.
«Che problema hai?!», sbottai.
«Tu ami e amerai per sempre Sasuke, indipendentemente dai baci di Naruto. Ho visto come lo guardavi al covo di Orochimaru, e come ho potuto notarlo io l’ha notato anche Naruto», mi spiegò pacatamente.
Il rimorso mi fece chinare il capo, fuggendo da quegli occhi così attenti.
«Sia tu che Naruto siete miei amici, ma… credo che tu stia sbagliando ad illuderlo così, a costringerlo a vivere i suoi sentimenti per te all’ombra di una menzogna, quando prima poteva esprimerli liberamente. Non lo pensi anche tu?».
Mi portai una mano sotto gli occhi per cancellare ogni traccia delle lacrime che scorrevano lungo il mio viso, poi affrontai la verità negli occhi di Sai.
«Non sei stato tu a scrivere quella domanda sul mio diario, vero?».
«No, e nemmeno Naruto. Ieri eri… troppo distaccata per permetterci anche solo di sorriderti o di sederti accanto».
Riempii i miei polmoni di quanto più ossigeno mi era possibile.
«Parlerò con Naruto quando tornerò a Konoha», gli riferii. Poi presi il mio diario, e sotto quella calligrafia rabbiosa scrissi:
Chi sei?
 
 
 
Naruto
 
 
Fu un profumo, un profumo di fiori misto a qualcos’altro, a farmi svegliare.
Conoscevo quel profumo, aveva infestato innumerevoli miei sogni, allievato la mia malinconia e fatto aumentare le mie pulsazioni cardiache. Ma non sapevo mai a cosa associarlo, a chi associarlo.
Domani dimetteranno me e Sasuke, e finalmente potremo indagare sul mistero della ragazza morta.
Mi voltai verso Sasuke, per vedere se lo avevo svegliato, ma quel maledetto Uchiha era già sveglio, intento a maledirmi con lo sguardo come un gufo malefico. La luce del sole che filtrava alle sue spalle lo illuminava come un angelo.
«Cavolo Sasuke, qualche giorno mi farai venire un infarto!».
«Ci spero», mi rispose arrabbiato.
«Ti sei svegliato con la luna storta?».
«Hai l’abitudine di entrare nella stanza delle ragazze per svegliarle?», mi chiese incazzato, gli occhi arroventati dallo sharingan.
Era impazzito? Svegliare le ragazze entrando nelle loro stanze? Che significava?
«Cosa?».
«Rispondi», mi sibilò come un serpente, alzandosi dal letto per avvicinarsi al mio.
«Ma ti senti quando parli? Quale sarebbe il significato di questa domanda?», cercai di farlo ragionare, nel mentre mi allontanai dal letto per avvicinarmi alla porta, in caso dovessi tentare la fuga.
Di colpo però si arrestò sul posto, i suoi occhi divennero vacui, come se la sua mente stesse cancellando l’episodio, che sicuramente si sarebbe tramutato in tragedia. Batté un paio di volte le palpebre, e si guardò intorno confuso.
«Tsk», sbuffò per poi ritornare a letto.
Scampata per un pelo.
Feci un passo per tornare a letto, e un’asse del pavimento scricchiolò fastidiosamente.
Lo sharingan di Sasuke mi bloccò lì, con un piede alzato nel compiere un altro passo.
«Ce l’hai con me?», gli chiesi coraggiosamente.
«Mi infastidisci più del solito oggi».
«Ma se non ti ho rivolto nemmeno la parola, fino ad ora».
«Non è necessario che tu parli per infastidirmi», mi disse guardando esplicitamente il piede colpevole di quel piccolo rumore.
«Non potresti sforzarti di lasciarmi in vita per un altro paio d’ore, visto che oggi ci dimettono?», lo pregai con educazione.
Per tutta risposta mi voltò le spalle seppellendosi sotto il lenzuolo.
Lentamente, stando il più attento possibile a dove mettevo i piedi, feci ritorno a letto, pregando i kami di lasciarmi sopravvivere fino a quando non mi avrebbero dimesso.

 
 
Sasuke

 
Non sopportavo Naruto. Oggi più del solito. Non sapevo spiegarmi il perché, ma non sopportavo nemmeno la vista della faccia di quello scemo.
L’unico aspetto positivo, di questa infernale giornata era che presto sarei potuto uscire da questo ospedale.
«Permesso?».
«Sai! Da quanto tempo non ci vediamo?».
«Eh… da un bel po’ direi», rispose con evidente imbarazzo.
«Cosa vuoi?», mi intromisi.
«Volevo solo passare a farvi visita», si giustificò.
«Vuoi dire far visita a Naruto», puntualizzai.
«Smettila di fare lo stronzao Sasuke!», mi rimproverò Naruto.
Mi alzai dal letto per fare una passeggiata nei corridoi dell’ospedale, incapace di sopportare la vista di quel bamboccio.
Passeggiavo svogliatamente in quel labirinto. Un silenzio solitario mi avvolgeva, interrotto sporadicamente solo da qualche paziente lamentoso che frignava.
«L’hai vista?», sussurrò una giovane infermiera ad una ragazza dai vaporosi capelli rosa.
Alla vista di quell’insolito colore il mio cuore iniziò ad accelerare i suoi battiti.
«Chi?», sussurrò di rimando la rosa, troppo indaffarata nel controllare le scorte di medicinali.
«Ma come chi? La ragazza di Uchiha Sasuke! È ricoverata al piano di sotto!».
Avevo una ragazza? E da quando?
«È bella vero? Ovvio che sarà bella, per stare con uno come lui…», sospirò amareggiata.
«Non amareggiarti Okudera. Non hai nulla da invidiare a quella rossa. È così volgare e sboccata!».
La rosa si voltò lentamente verso la sua collega ringraziandola con un sorriso.
I suoi occhi, di una calda tonalità castana, erano dolci e gentili.
L’aspettativa che provavo evaporò via, dissolta da quegli occhi del colore sbagliato.
Silenziosamente superai la stanza, sperando di non essere notato dalle due infermiere.
Scesi al piano di sotto, alla ricerca della ragazza che si spacciava per mia.
«Sasuke! finalmente sei qui, non smette di lamentarsi per dei semplici graffi. Inoltre chiede sempre di te!», mi bloccò l’Hokage afferrandomi per un braccio e trascinandomi in una stanza.
«Sasukino mio, finalmente sei arrivato!».
Doveva sicuramente trattarsi di uno scherzo congetturato dall’intero villaggio per punirmi dei miei peccati. Non vi era altra spiegazione logica, perché non avrei mai scelto Karin come mia compagna!
«Non chiamarmi così vipera!», ringhiai mostrando i denti e facendo scendere la temperatura della stanza sotto gli zero gradi.
«Ma Sasu…», squittì infastidendomi ulteriormente.
«Taci. Io non sono tuo, e di certo non sono interessato ad una come te!», continuai, fregandomene del dolore che le solcava il viso.
Poi, sotto l’occhio vigile del quinto Hokage, uscii.
Trovai riparo sotto l’albero di ciliegio che avevo sfregiato.
Sentivo la rabbia cercare di prendere il controllo del mio corpo e di uccidere quell’oca malefica.
Improvvisamente un plico di foto mi cadde in grembo.
«Possono aiutarti a ricordare pezzi della tua vita che non hai ancora recuperato», mi disse Tsunade, prima di far rientro in ospedale.
 Presi una foto, e vidi me e Naruto da bambini, che litigavamo nel campo dell’Accademia. Ricordarmi quei litigi così infantili fece scemare la rabbia rinchiudendola in un oscuro angolo di me.
Passai la successiva mezz’ora ad esaminare quelle foto che raccontavano delle mie innumerevoli missioni con Naruto, Sai e Kakashi, del mio tradimento e infine… di me e Karin!
Era vero! Io e quella strega stavamo insieme! Lo testimoniava la foto che tenevo in mano: io che la stingevo a me e la baciavo!
«Che bella foto. Purtroppo si vede che è finto», mi disse una vecchietta che si stava recando in ospedale.
Che si trattasse di un foto montaggio?
«La foto?», chiesi con un tono di voce che lasciava trasparire il desiderio di una risposta affermativa.
«No, la foto è vera», mi rispose distruggendo le mie speranze.
«È il bacio ad essere finto», continuò.
Scrutai attentamente quella foto, cercando di capire come fosse giunta a decretare un simile verdetto su quel bacio.
«Ahahahah… non hai mai dato un vero bacio! Che peccato, un ragazzo bello come te…», si interruppe di colpo, afferrandomi il polso sinistro tra le sue dita nodose.
Osservò la corda intrecciata di filo rosso che mi cingeva il polso.
«Chi te l’ha dato questo?», mi chiese osservando il braccialetto.
«Nessuno, l’ho trovato».
«Sai cosa rappresenta questo?», mi domandò picchiettando un’unghia lunga sul mio polso.
Feci segno di diniego.
«Questo fa parte del culto shintoista, si tratta del filo rosso del destino. Tutti questi fili, sapientemente intrecciati tra loro, rappresentano la vita e il destino di una persona. Ogni legame può modificarsi, rompersi o fortificarsi. Tu porti al polso il destino di un’altra persona», mi rivelò spiazzandomi.

Sasuke-kun… Sasuke-kun…

I battiti del cuore mi rimbombavano furiosamente in testa, stordendomi e isolandomi da tutto ciò che mi circondava.
I miei occhi non vedevano più il volto raggrinzito di quella vecchietta, bensì un bellissimo volto, ornato da folti capelli rosa, pallido e irrigidito dalla morte.
Il braccialetto era il suo, e lei era morta!
«E se il legittimo proprietario fosse morto?», bisbigliai con voce roca.
«Il legittimo proprietario sei tu ora. Il tuo destino si è mescolato con quello di chi possedeva il braccialetto».
«Come posso restituirglielo?», le chiesi con fervore.
«Devi cercare la chiave».
«Che chiave?», le domandai, impedendomi di afferrarla per le spalle e scuoterla.
«La chiave di tutto: il tempo», mi rispose pacatamente allontanandosi.
«Guarda nei tuoi sogni, Sasuke-kun», mi disse prima di sparire dietro le porte dell’ospedale.
Corsi nuovamente in camera, ignorando Naruto e Sai che scherzavano tranquillamente tra di loro. Mi infilai sotto il lenzuolo, e mi sforzai di prender sonno.
 
«Sasuke-kun…», sussurrarono delle labbra rosse.
«Sasuke-kun…».
Il mio nome, pronunciato da quelle labbra, e da quella voce, era pura melodia.
«Fermati…», mi pregò.
Una lacrima cadde su quelle labbra tristi. Ne segui il percorso all’inverso, e il mio cuore fu trafitto da due enormi occhi verdi.
«Basta!», urlò disperata.
Quegli occhi, prima lucidi di lacrime, erano diventati opachi e freddi, pieni di odio e rancore.
Non riuscivo a capire. Perché piangeva? Perché mi implorava di fermarmi?
Capii troppo tardi…
Gocce rubine di sangue fuoriuscirono da quelle labbra per macchiare quella candida pelle.
Fu quel rumore, il rumore stridente e pungente del chidori, che mi fece capire cosa stava accadendo.
Mi implorava di non ucciderla.
Ma la mia mano era ormai sprofondata nel suo petto.
«Ti prego… Sasuke-kun…».
Mi svegliai di soprassalto, il petto dolorante, e il viso solcato da lacrime cocenti di dolore e disperazione.
Mi portai una mano al cuore, nel tentativo di lenire quel dolore sordo.
«Un incubo?», mi chiese Naruto seduto sul suo letto.
«Si», bisbigliai.
C’era la luna piena quella notte.
«Itachi?».
«No, stavolta ho sognato di uccidere lei».
Vidi i suoi occhi spalancarsi per lo stupore.
Poi mi resi conto che era già notte fonda, e che noi ci trovavamo ancora in ospedale.
«Non ci dovevano dimettere?», domandai.
«Sì, ma tu dormivi, così ho preferito rimanere qui per non lasciarti solo».
Il solito baka. Non avevo le forze per nascondere le mie emozioni di fronte a questi suoi gesti di alto altruismo.
«Grazie».
Rise.
«Non rido di te!», mi assicurò davanti al mio sguardo omicida.
«Stavo ridendo del mio sbalordimento al tuo semplice grazie. Non ci sono abituato».
«E fai bene».
«Sasuke».
«Uhm», gli risposi, troppo impegnato ad osservare la luna.
«Se davvero l’abbiamo uccisa noi… come faremo a vivere con un simile peso?».
Mi voltai nuovamente verso di lui.
I raggi solari mi permettevano di scrutare il suo viso in ogni minimo dettaglio, dalle rughe di preoccupazione che gli solcavano gli angoli della bocca, alle lacrime che silenziose cadevano sul suo lenzuolo, luminose come piccole stelle cadenti.
«Non lo so», confessai.
«Ma…».
«Naruto, dormi. Ci penseremo domani mattina», lo interruppi.
«Davanti una ciotola di ramen?».
Udire quella nota gioiosa alla prospettiva di una ciotola di ramen, non mi infastidì come al solito, ma mi rallegrò.
«Sì baka».  
 
   
 
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