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Autore: Ginevra1988    15/08/2017    6 recensioni
All'alba del tre maggio Harry, Ginny e gli altri reduci della Seconda Guerra Magica si ritrovano a fare i conti con... il ritorno alla normalità. Le ferite sono fresche, gli incubi li perseguiteranno ancora per anni e poco sembra essere come prima, ma la voglia di ricominciare è tanta. A passi lenti e incerti dovranno trovare la loro strada verso un futuro nel quale non potevano nemmeno sperare fino a qualche giorno prima.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Weasley, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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E tu, adesso che mi hai visto come sono veramente,
 riesci ancora a guardarmi?
 
1984 – George Orwell
 
 

 
23 giugno 1998 – ancora San Mungo
 

 
   Era da poco passato mezzogiorno quando Hermione e Ron entrarono nella stanza di Harry rabbrividendo.
   “Non mi abituerò mai a quell’incantesimo” disse la ragazza sfregandosi le braccia. “Sembra di passare sotto una doccia gelata!”
   “Tieni, Greg” Ron allungò all’Auror di guardia nella stanza di Harry una copia della Gazzetta del Profeta e un bicchiere d’asporto di caffè forte.
   “Grazie! Te ne ricordi sempre!”
   “Fra colleghi…” disse Ron sogghignando; Hermione alzò gli occhi al cielo.
   “Piantala di darti così tante arie, Weasley! Non sei ancora un Auror!”
   Il ragazzo la ignorò e salutò Harry con un cenno del capo.
   “Come stai?”
   Harry sorrise e si strinse nelle spalle.
   “Non c’è male. Faccio progressi!”
   Alzò ogni dito della mano sinistra a dimostrazione della sua affermazione; lo sforzo fu notevole e dal mignolo partì una fitta che arrivò fino al gomito, ma Harry riuscì a mantenere l’espressione quasi neutra. Per tutto il pomeriggio precedente uno dei Tirocinanti lo aveva fatto allenare con una pallina morbida che Harry doveva stringere per un’infinità di volte; il risultato era stato, dal punto di vista medico, ottimo, visto che il ragazzo aveva ripreso la sensibilità e il movimento a tutte le dita, ma l’effetto collaterale era stata una notte da incubo costellata da crampi di fronte ai quali Harry aveva dovuto arrendersi e chiedere una dose supplementare di Succo di Papavero.
   “Ginny non è venuta?” chiese.
   “Oh, è giù con Arthur che si sta liberando di un paio di giornalisti” rispose Hermione scrollando le spalle.
   “Giornalisti?”
   Ron sistemò di fianco al letto di Harry due sedie poi allungò all’amico un’altra copia della Gazzetta del Profeta, la cui prima pagina era completamente occupata da una foto di Kinglesy e del signor Prewett che parlavano seri da dietro un bancone.
   “Ieri sera hanno indetto una conferenza stampa in cui hanno tirato fuori tutto quello che avevano messo sotto il tappeto: il due giugno e l’attacco a te” disse mentre lui e Hermione si sedevano; lei lasciò cadere ai propri piedi una tracolla di stoffa dai colori accesi.
   “Perché solo ieri?”
   “Hanno arrestato Garth Goyle” disse la ragazza, aprendo il giornale alla pagina due. “Gregory ha finalmente parlato e ha detto che il padre si nascondeva in Romania, dai parenti della moglie.”
   “Ma…?” Harry incoraggiò Hermione, che aveva le labbra strette e un sopracciglio alzato; lei scrollò le spalle.
   “Penso che lo sapessero da una vita. Credi davvero che Goyle sia in grado di resistere più di cinque minuti a un interrogatorio degli Auror? E’ un gregario, senza Malfoy che gli dice cosa fare non sa nemmeno cosa mangiare a colazione.” Si voltò verso Greg, che sorseggiava distrattamente il suo caffè. “Quindi perché diavolo ci avete messo così tanto ad andare a prendere Garth?”
   L’Auror non distolse gli occhi dal giornale, sfogliandone pigramente una pagina.
   “Ha seguito le indagini il capo in persona, non dubito che abbia fatto tutto il possibile per la sicurezza della Comunità Magica.”
   Hermione si girò dando nuovamente le spalle a Greg, le braccia strette al petto, sibilando qualcosa che somigliava molto a Dannato branco di pecore.
   “Hanno scoperto qualcosa su Ziemsenn?” chiese Harry scorrendo gli articoli.
   “Ancora nulla, ma sperano di ottenere informazioni da Goyle padre e figlio” rispose Ron. Hermione sbuffò sonoramente.
   “Non credo che ci siano loro dietro a quell’attacco. Voglio dire, per arrivare a controllare un Vampiro bisogna padroneggiare la Magia Oscura a livelli molto alti, tanto più che Ziemsenn era molto ben controllato, da anni. Il mandante ha avuto poco tempo per suggestionare il Guaritore, per addestrarlo ad attaccare te e nessun altro e solo nel momento in cui tu fossi stato isolato, e nel frattempo a condurre la sua normale vita di tutti i giorni.”
   “Ragazzi, perché parlate di queste cose davanti a uno sconosciuto?” ringhiò Greg da dietro il Profeta. “Se c’è una talpa all’interno del Ministero, potrei essere tranquillamente io.”
   “Stiamo parlando di acqua calda, Greg!” sbottò Hermione. “E se fossi tu la talpa avresti già seccato Harry, non ti pare? Passi più tempo con lui che con la tua fidanzata, avresti potuto ucciderlo in qualsiasi momento!”
   L’Auror abbassò un angolo del giornale e inarcò le sopracciglia sotto i folti capelli ricci.
   “Mi sembra incredibile che qui dentro tu sia l’unica che non farà il corso da Auror” commentò prima di tornare alla sua lettura. Le orecchie di Ron si colorarono di rosso mentre Hermione sistemava spazientita una ciocca di capelli castani ribelli.
   “Ne ho avuto abbastanza anche per le prossime vite, grazie” sibilò la ragazza.
   Ginny e Arthur entrarono nella stanza, le facce scure.
   “Sono veramente odiosi!” sbottò la ragazza sedendosi di peso sul letto al fianco sinistro di Harry. Lui si rammaricò di quella scelta: avrebbe tanto voluto almeno prenderle la mano, ma il braccio da quel lato era ancora assolutamente inutilizzabile.
“Oh, in fondo basta solo sorridere e salutare” disse con un risolino bonario Arthur, Evocando una sedia per sé e accomodandosi. “A proposito di sorrisi, ieri abbiamo scattato questa e abbiamo pensato che ti avrebbe fatto piacere averla, Harry.”
   L’uomo estrasse dalla borsa di pelle una semplice cornice di legno e la passò a Harry. La foto ritraeva una Molly dal un sorriso stanco seduta sulla poltrona del salotto della Tana; teneva in braccio Teddy dall’aria perplessa, il ciuffetto di capelli stranamente grigiastro, mentre appollaiata sul bracciolo Ginny salutava con la mano.
   “E’ bellissima, grazie” sussurrò Harry, sbattendo le palpebre per ricacciare indietro l’emozione. Lo sguardo si soffermò sul colore spento del ciuffo del bambino e ancora una volta, inevitabilmente, il pensiero andò a Tonks.
   “Come sta?” chiese passando il pollice sull’immagine del piccolo.
   “E’ un po’ disorientato” disse Arthur. “Come tutti noi, del resto!” aggiunse ridendo stancamente. Harry guardò Molly, che aveva l’aria esausta; di certo non si aspettava di doversi prendere cura di un altro neonato, dopo tutti quegli anni.
   “Piantala” disse secca Ginny.
   “Cosa?”
   “So che cosa stai facendo, ti stai dando tutte le colpe dell’universo, te lo si legge chiaramente in faccia. Quindi piantala!”
   Harry fece un mezzo sorriso e represse la voglia pazzesca che aveva di baciarla; appoggiò la foto sul comodino e la fissò un altro po’, finché Hermione non tirò fuori dalla propria capientissima borsa una quantità di panini sufficiente a sfamare un piccolo esercito.
   “Abbiamo pensato che non ti sarebbe dispiaciuto un pasto decente!” disse. “Ho visto la brodaglia che ti hanno propinato l’altra sera, come ci si aspetta che la gente guarisca se mangia quella roba?”
   Condivisero i panini con Greg e Spinner, di guardia fuori dalla porta, cosa di cui gli Auror furono molto grati. Gracie, di nuovo di turno quel giorno, storse il naso davanti al pasto portato da casa, ma decise di fare un’eccezione grazie al sorriso supplichevole di Harry.
   Tra un boccone e l’altro, Ginny lesse agli altri una nuova lettera arrivata da Luna; lei e il padre erano in Francia, stavano visitando i castelli della Loira e avevano fatto amicizia con il Fantasma di un vecchio ricercatore francese, che non spiccicava una parola di inglese ma che annuiva entusiasticamente a ogni parola di Xeno.
   Arthur tornò al lavoro molto presto, mentre Ron e Hermione si congedarono poco dopo le due.
   “Hai letto la mia ultima lettera?” chiese Ginny una volta che furono rimasti soli con l’Auror, verso il quale Harry buttò l’occhio.
   “Greg, questa è una conversazione privata, uso il Muffliato se non ti spiace.”
   “Fai pure, amico” borbottò l’Auror, impegnato nelle parole crociate del Profeta con una piuma in mano e l’espressione concentrata. Harry sapeva che era solo una copertura: Greg era giovane, doveva essere poco più di una recluta, ma era incredibilmente attento a tutto quello che gli accadeva intorno. Il ragazzo aveva preso l’abitudine di osservare come si comportavano gli Auror assegnati alla sua scorta, giusto per mettersi avanti coi compiti e imparare qualche trucchetto in più prima che cominciasse il corso.
   Harry recuperò la bacchetta dal comodino e lanciò l’incantesimo sotto voce, poi estrasse dallo stesso cassetto una busta ancora chiusa, rigirandola tra le dita della mano destra. Ginny gliel’aveva lasciata sul letto la sera precedente, senz’altra spiegazione se non un semplice: “Leggi”. Uno dei pochi vantaggi di essere confinato in una stanza del San Mungo era che Harry aveva tutto il tempo per pensare: era rimasto parecchio a fissare la lettera, indeciso se aprirla o meno, chiedendosi che bisogno ci fosse di scrivere ancora.
   “Non l’ho letta, no” disse asciutto. Ginny si agitò appena sulla sedia e si sistemò in modo da dare completamente le spalle a Greg.
   “Perché un’altra lettera?” chiese Harry.
   “Perché no?” Ginny si strinse nelle spalle, fissando le proprie dita stringere le ginocchia. “Preferisco scrivere che parlare.”
   Harry appoggiò la busta sul letto e guardò la sua ragazza: le orecchie erano diventate rosso fuoco, mentre la bocca si era accartocciata in una smorfia. Era così bella da non sembrare vera, anche con i capelli scompigliati e l’aria di chi avrebbe voluto volentieri sprofondare attraverso il pavimento.
   “Io penso che tu ti stia nascondendo dietro tutta questa carta” disse Harry. “La domanda è: da cosa ti nascondi?”
   Ginny chiuse gli occhi e si abbandonò sullo schienale; trasse un lungo respiro, come se stesse mettendo insieme tutto il coraggio che riusciva a trovare. Quando alla fine tornò a guardare Harry aveva l’aria di chi si era ripetuto quel discorso mille volte.
   “Qual è la cosa che ti piace di più di me?”
   “Cosa?” Harry era stato preso in contropiede.
   “Senza pensarci, qual è l’aspetto del mio carattere che ti piace di più?” ripeté Ginny, la fronte leggermente aggrottata. Il ragazzo sbatté un paio di volte le palpebre, disorientato.
   “Beh… la tua forza” disse alla fine. Ginny chiuse di nuovo gli occhi con una smorfia, come se qualcuno le avesse dato un forte pizzicotto da qualche parte.
   “Esatto” disse lei come se fosse un’ammissione di colpa. “La mia forza.”
   Con uno sforzo evidente, alzò lo sguardo e fissò Harry con gli occhi lucidi.
   “Cosa faresti se scoprissi che non è altro che un bel muro? Che dietro ci sono paura e angoscia? Come faccio a dirti che ogni dannata notte sogno la tua morte, o quella di Fred, o…”
   Ginny si fermò e deglutì con forza, abbassando lo sguardo. Harry le prese la mano e la strinse con dolcezza.
   “Beh, adesso me l’hai detto e cos’è successo? Niente.”
   Una lacrima cadde sulle loro mani unite; Ginny stringeva quella di Harry con forza.
   “Gin, io vorrei davvero essere diverso… per te. Vorrei poter esser qualcun altro per poterti dare la serenità che meriti.”
   “E io vorrei poter essere più forte, per te.”
   Un lungo momento di silenzio si dilatò tra di loro, riecheggiando delle colpe che i due ragazzi davano a loro stessi, sulle debolezze che non riuscivano a guarire. Harry sciolse la stretta delle loro mani e sfiorò la guancia di Ginny con delicatezza, facendole alzare di nuovo gli occhi.
   “C’è di bello” disse lui con un sorriso. “Che non siamo soli. Se siamo una squadra, dove non arrivo io, ci sei tu… e viceversa.”
   “Vuoi dire che posso trasformarti in Micheal Corner quando voglio?” ghignò Ginny; Harry fece una smorfia.
   “Ahah, che divertente” il ragazzo finse una risata. “Intendo che tu hai la capacità di farmi sentire… normale.”
   “E tu riesci a farmi sentire come se potessi fare tutto, vicino a te” borbottò Ginny alle sue ginocchia, le parole che uscivano a fatica. Harry sorrise, pensando che probabilmente era proprio quello il contenuto della lettera. Riprese la sua mano e giocando con le sue dita di lei le parole uscirono quasi da sole, senza che Harry avesse realmente deciso di pronunciarle.
   “Gin, io ti amo, questo lo sai, vero?”
   Certo che lo sapeva, entrambi sapevano cosa provavano l’uno per l’altra; ma dirlo era tutta un’altra faccenda.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Angolo di Gin
Come promesso, abbiamo abbandonato il monotema degli ultimi tre aggiornamenti, anche se mi è “scappato” un po’ di miele finale. Sì, è il loro primo “ti amo”. Hanno fatto di tutto insieme – a Villa Conchiglia dormivano nella stessa stanza e vi garantisco che non hanno giocato a scacchi magici – ma ancora quelle due paroline lì non erano uscite. E Ginny se le sta sudando tutte: incredibilmente è lei quella che ha un serio problema ad aprirsi con Harry, ma un pezzetto di qua, uno di là, pare che ci stia saltando fuori con i piedi.
Gli Auror hanno finalmente arrestato Garth Goyle (il nome me lo sono inventata, visto che non era specificato), con un ritardo sospetto, come ci fa notare Hermione, che ci mette anche una serie di altre pulci nell’orecchio.
Capitolo di passaggio, ma tenetelo a mente!
Grazie a chi ha letto e chi leggerà e un sereno Ferragosto a tutti!
 
Special thanks to
_Qwerty_, che tra l’altro sta scrivendo una bella FF su Andromeda Black ai tempi della scuola, “Nulla è per sempre”. Consigliata!
Thalassa_, che sta scrivendo cose stupende, quindi visitate la sua pagina!
 
Smack
Gin
   
 
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