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Autore: Dira_    16/08/2017    8 recensioni
Sono trascorsi cinque anni da quando Al, Tom e Lily hanno messo fine alla vicenda terribile che ha segnato la loro adolescenza. Grazie al mondo fuori da Hogwarts sembrano essersi lasciato tutto alle spalle. Chi è un promettente tirocinante, chi si è dedicato alla ricerca e chi, incredibilmente, studia.
Un'indagine trans-continentale, il ritorno di un vecchio, complicato amico e una nuova minaccia per il Mondo Magico li porteranno ad affrontare questioni irrisolte.
"Perchè quando succede qualcosa ci siete sempre di mezzo voi tre?"
Crescere, per un Potter-Weasley, vuol dire anche questo.
[Seguito di Ab Umbra Lumen]
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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“Questa è la mia libertà, il mio dovere, la mia guerra.”
- Tom Clancy, Splinter Cell.
 
 
 
“Cosa vuoi Luzhin?” Chiese Sören senza neanche un tremore nella voce. Come ci riusciva?
“Voglio? Molte cose.” Al se avesse potuto si sarebbe anche tappato le orecchie; quella voce sarebbe stata materia dei suoi prossimi incubi, ne era sicuro.

Sempre che ne esca vivo.  
“Al momento? Lui.”
Lui?
Sören si irrigidì.
… parla di me?
Si fece coraggio e aprì gli occhi, guardando oltre le spalle dell’amico. Luzhin era davanti a loro e non c’era dubbio, perché piantò gli occhi nei suoi.
... Parla di me.
 

Da qualche parte nel mare del Nord ...

Albus non sostenne lo sguardo di Luzhin: anche se avesse voluto farlo per mostrargli che no, non aveva paura, non sarebbe stato credibile. Quelle iridi slavate, quiete come un lago ghiacciato, gli facevano venir voglia di rannicchiarsi contro la schiena di Sören, al sicuro.
Per ora.
“Albus non va da nessuna parte.” Ribatté quest’ultimo stendendo il braccio all’indietro, come a creare un’ulteriore barriera tra di loro. “Ce ne stiamo andando.”
“Con la scialuppa.” Assentì Luzhin con un mezzo sorriso. “Temo che non sia possibile. Le capacità di Potter servono qui.”
“ … Che capacità?” Riuscì a mormorare; doveva capire. Capire qual era il fine ultimo di quel vichingo pazzo. Lo aveva conosciuto come scagnozzo di Doe ma era evidente che qualcosa doveva avergli fatto scoprire la voglia di prendere iniziativa.
Un obiettivo.
Saperlo gli avrebbe magari permesso di convincerlo che no, non aveva alcun uso in quella nave che non fosse allontanarsi il più rapidamente possibile.
Luzhin strinse le labbra; era impaziente, ma tuttavia qualcosa lo spinse a rispondergli. “Mi hai salvato. Doe mi aveva ridotto in fin di vita ma tu mi hai rimesso in salute e mi hai donato nuove forze. Ho bisogno di te.”
“È stato il siero Demiurgo a farlo, non io.”
“Tu sei l’unico in grado di farlo funzionare.”
“Anche Loher…” Tentò.
“Basta così.” Tagliò corto facendo cenno a uno dei due Mercemaghi che lo aveva accompagnato. “Non hai scelta. Nessuno di voi tre la ha.”
Albus scoccò un’occhiata in direzione di Sophia Von Hohneheim; a differenza di Doe era stata risparmiata dall’efficienza omicida di Luzhin. Aveva però le vesti coperte di sangue e se ne stava abbandonata alla presa del secondo Mercemago come se non fosse altro che un supporto per evitare di accasciarsi a terra. Aveva i lineamenti vuoti e senza vita di un ritratto in cui il sangue di drago aveva smesso di fare effetto da decenni. Doveva essere sotto shock.
“Qualunque cosa tu abbia in mente, non funzionerà. Il Ministero inglese ci sta cercando, e quando arriveranno…” Esordì Sören.
Quando arriveranno? Siamo su una nave Babbana da due giorni, Prince e siamo in acque internazionali. Sai meglio di me che il mare e i maghi non sono mai andati d’accordo … è come essere nella più fitta delle foreste. Non ci troveranno.” Luzhin inarcò le sopracciglia. “O vuoi affrontarmi da solo? Sei debole, stanco … non sei riuscito a risparmiare le forze. Sappiamo già come andrà a finire. Consegnami Potter e prometto che la tua morte non sarà dolorosa.”
No.” Sören sarebbe stato un Tassorosso perfetto, lo pensava ogni volta che la sua testardaggine e il suo desiderio di proteggere ignoravano ogni istinto di conservazione.
Sarebbe morto con la bacchetta in mano non per orgoglio, ma per servire.
Proteggere e servire …
Non glielo avrebbe permesso.
“Ren, lasciami andare … non vuole farmi del male, gli servo.” Tentò di sciogliere la presa dell’altro, ma quello non si mosse di un millimetro. “Posso distrarlo e tu puoi prendere la scialuppa, trovare papà e …”
“No.” Ripeté e non poteva vederlo in viso ma poteva tranquillamente immaginarsi l’espressione indurirsi, farsi assoluta. “Non li porterai via finché sarà vivo … e ti assicuro, non sono semplice da uccidere come Johannes. Potrai anche avere il Demiurgo dalla tua, ma puoi ancora sanguinare.
Luzhin lo guardò infastidito. Non era minimamente turbato dall’evidente anelito omicida-suicida del suo amico. “Ho ucciso Doe perché era destino accadesse.”
Destino?
“Ti ho battuto per lo stesso motivo e non ho tempo da perdere con te. Ho vinto.” Prima che Sören potesse ribattere Luzhin afferrò Sophia per un braccio e se la tirò contro, puntandole la bacchetta alla gola. “Se mi attaccherai ucciderò tua madre. Prima che tu possa colpirmi, o disarmarmi, le farò esplodere la testa in mille pezzi.”
Sören mormorò qualcosa in tedesco, una manciata di parole che avevano il sapore della rabbia … e della sconfitta.
Scacco matto.
Luzhin ridacchiò. “Sei prevedibile. Di Johannes potevo liberarmene solo sporcandomi le mani … il vecchio bastardo avrebbe venduto anche sua madre per sopravvivere. Con te invece non serve usare la forza. Basta avere un ostaggio, e ne ho ben due.”
Sören non rispose subito. “Ad un condannato a morte si concede almeno un ultimo desiderio.” Si risolse a dire.
… si arrende? Si arrende così?
“Ren…” Tentò ma l’altro gli strinse il braccio per farlo tacere.
Ha un piano?
Luzhin lo guardò sorpreso. Sembrava lusingato. “Il tuo ultimo desiderio è scontrarti con me?”
“Sì.” Fece un passo avanti. “Hai ragione. Morirò, ma lasciamelo fare con onore. Sei stato un Duellante di Durmstrang come me, lasciami attraversare il velo con la bacchetta in pugno.”
Ha un piano, vero?!
Quel discorso da romanzo d’appendice doveva comunque aver fatto presa, perché l’altro tedesco annuì tra sé e sé. E poi, non poteva sbagliarsi, quando Ren aveva ammesso la sconfitta gli occhi dell’altro si erano accesi di una scintilla di piacere.
È un narcisista, okay. Questo come ti aiuta a sfangarla?
“Posso concedertelo.” Disse e con un cenno delle dita spinse la bacchetta dell’altro, che era rimasta a terra, nella sua direzione. Sören fu rapido nell’afferarla, forse temendo che avrebbe cambiato idea.
Luzhin invece attese tranquillo; pur nel suo evidente delirio di onnipotenza pareva ancora tener di gran conto le cerimonie. E Sören l’aveva compreso prima di lui.
… questo. Come. Ti. Aiuta?
Non aveva mentito sul non poterlo battere. La commozione cerebrale che aveva tentato di curargli c’era ancora, irrobustita anche dai colpi che aveva preso da Doe; lo vide incespicare quando fu il momento di mettersi in posizione e fare l’inchino.
Luzhin attese che Sören fosse in posizione, poi ordinò ai due Mercemaghi di sgombrare l’aria; uno dei due lo afferrò per il retro della maglietta senza troppe cerimonie. “Ren!” Esclamò nel panico, ma l’amico lo ignorò, ormai concentrato sull’avversario.
Venne così spinto a fianco della Von Hohenheim; la strega aveva ancora lo sguardo perso nel vuoto e un leggero tremore che le scorreva addosso. Non aveva reagito né quando Luzhin l’aveva minacciata né quando l’aveva di nuovo consegnata ai Mercemaghi.
“Sophia…” La chiamò, e quando non gli rispose non poté far altro che prendere una mano tra le sue.
Guaritore nell’anima …
Così avrebbe detto Tom. Come Sören era invece un guerriero, un guerriero esausto che alzava di fronte a sé la bacchetta per un’ultima volta.
No, vero? Ora si Smaterializzerà, oppure tirerà fuori dalla manica un incantesimo nuovo, di quelli che ha imparato da ragazzo e che Luzhin non si aspetta, oppure …
… oppure niente di tutto quello. Luzhin con un cenno elegante, quasi senza sforzo lanciò un incantesimo: un lampo di colore blu che fece il rumore di un petardo.
Sören non riuscì neanche a lanciare un Sortilegio Scudo, l’istinto gli fece soltanto levare il braccio a proteggere il viso. E poi uno schianto e le paratie della nave si aprirono come lo strappo su una camicia e Sören precipitò nel vuoto.
 
Al, poi, non riuscì mai a ricordare con lucidità quel momento. Seppe solo che si liberò della mano di Sophia con l’impressione che lo stesse trattenendo, quasi temesse di vederlo scomparire nello squarcio aperto come il figlio.
Che poi non si sarebbe mai buttato; voleva solo sporgersi e esser sicuro di vedere ancora l’amico. Perché era ancora lì, giusto?
Riuscì ad affacciarsi pochi attimi prima che uno dei Mercemaghi lo acciuffasse di nuovo; vide solo schiuma, e i flutti blu del mare infrangersi contro la fiancata vuota della nave.
A quel punto perse il controllo: adesso era solo, aveva visto Sören morirgli davanti e presto sarebbe toccato a lui. Ne aveva tutto il diritto.
Gridò, di rabbia e di disperazione. Per poco però, perché sentì un colpo alla base della nuca e poi divenne tutto nero.
 
****
 
Aspettare nel mondo dei sogni poteva essere una delle cose più noiose del mondo.
Noiosa, pertanto irritante.
Tom si rigirò tra le dita un ciottolo: liscio, bianco, perfetto per un lancio. Era stato uno dei suoi passatempi durante l’anno passato a Rügen e Meike gli aveva insegnato il movimento necessario per farlo rimbalzare sull’acqua: cosa che fece per l’ennesima volta. Il sasso saltò tre volte sulle superfice della riva prima di affondare tra onda e onda. Sospirò.
Al era sempre stato più bravo in quel ridicolo giochetto; riusciva a farne addirittura sei.
Era consapevole che l’attesa avrebbe potuto essere lunga, considerando che nel mondo reale aveva parlato con Al non più di qualche ora prima, tuttavia sperava che l’altro avrebbe fatto in modo di tornare il più in fretta possibile.
Era preoccupato.
… e se non tornasse? E non perché non riesce a dormire, ma perché …
Si passò una mano tra i capelli, frustrato.
No. Ha promesso che si sarebbe messo al sicuro … che sarebbe tornato. Da me.
Forse ho un modo per aiutarlo. Uno concreto.
Fece per chinarsi e prendere il solito sasso – tornava sempre indietro, come un nastro magnetico riportato al suo punto di origine – quando udì il rumore di acqua agitata, come se un grosso pesce si fosse spiaggiato sulla riva e si stesse dibattendo tentando di tornare al mare.
E poi colpi di tosse convulsi.
I pesci non tossiscono.
… Albus.
Era Al, pochi metri davanti a lui, vicino ad un gruppo di rocce. “Al!” L’acqua non era particolarmente alta in quella piccola baia, ma l’altro non sembrava rendersi conto che avrebbe potuto toccare e annaspava alla ricerca di ossigeno.
Si tolse il cappotto che lo avrebbe impacciato e lo raggiunse ignorando gli schiaffi di cui lo graziavano le onde. Lo afferrò da sotto le braccia e lo tirò su. “Albus, non stai affogando! Si tocca!”  
Avrebbe dovuto apparire sulla spiaggia come l’altra volta. Perché è finito in mare?
L’altro parve finalmente rendersi conto di dove si trovava e soprattutto della sua presenza, perché lo afferrò come se fosse sul punto di annegare. “Tom …” Sussurrò strozzato tra i conati. “Cosa … dove?”
“Stai dormendo.” Gli passò un braccio attorno alla vita per farlo stare dritto. “… siamo di nuovo nel mondo dei sogni.”
Al inspirò un paio di grosse boccate d’aria. Più che stargli abbracciato gli stava letteralmente incollato addosso. “… non … non mi sono addormentato.” Balbettò. “Mi hanno ... colpito.”
Cercò di staccarlo per guardarlo in viso e capire meglio cosa stava succedendo, ma fu uno tentativo vano. Anche in sogno aveva più forza di lui. “Dove?” Chiese allora.
“In testa…”
Gli passò una mano sulla nuca alla ricerca di ferite, ma era inutile: non erano lì fisicamente. “Sei svenuto.” Realizzò poi. Questo spiegava la modalità di apparizione, quasi fosse stato letteralmente scaricato dentro al loro sogno condiviso come un sacco di mattoni.
Aveva cose da chiedere, altro da spiegargli ma doveva prima farlo calmare. “… Torniamo a riva, devi asciugarti.”
“Non sono davvero bagnato … non rischio di ammalarmi.” Gli fece notare tossendo ma seguendolo comunque; era un buon segno.
Se mi risponde a tono vuol dire che sta tornando in sé.
“Irrilevante.” Tirò fuori la bacchetta e due battiti di ciglia dopo erano sul bagnasciuga; il sole fece capolino tra le nubi ma non scaldava affatto. Tom asciugò i vestiti di entrambi con un incantesimo; la magia sembrava l’unica cosa reale là dentro.
Albus lo lasciò fare, osservandolo con sguardo assente, come se fosse miglia lontano da lì.  
… in effetti lo è.
“Cos’è successo?” Domandò. “Chi ti ha colpito?”
“Un Mercemago, credo … per farmi smettere di gridare.” Si strinse le braccia al petto e poi due grosse lacrime gli rotolarono lungo le guance. Strinse le labbra ma non poté impedire che se ne formassero altre.
“Perché stavi gridando?”
Glielo chiese ma aveva già capito. Forse con un’altra persona avrebbe pressato per avere più informazioni, ma con Albus non ne aveva bisogno. Quel tipo di pianto, silenzioso e perso, non gliel’aveva mai visto fare, ma gli era stato raccontato.
Da Zabini. Per farmi sentire in colpa.
Era il pianto che Al riservava al lutto. Al dolore. Alla perdita.
“Sören…” Mormorò. “… Luzhin lo ha ucciso.”
“Non è possibile.” Una parte di sé si rendeva conto che era l’ultima frase che avrebbe dovuto dire, e che non aveva nessuna base fondata per smentirlo, eppure …
Non può essere morto. È un agente specializzato, è stato addestrato da John Doe … è sopravvissuto all’educazione di mio padre.
“Lo ha fatto cadere dalla nave.” Si strofinò il viso cercando di fermare le lacrime. Non ebbe molta fortuna. “Non è riuscito a difendersi. Era stanco, e ferito e… Lily.” Sussurrò sgranando di colpo gli occhi. “Merlino, come … come faccio a dirlo a Lily?” Un singhiozzo gli uscì dalle labbra e non riuscì a continuare, abbracciandolo come se fossero di nuovo tra i flutti e pensasse di stare per affondare.
Tom ricambiò con la mente in subbuglio. Cosa avrebbe dovuto fare adesso? L’unica persona in grado di mettersi tra Albus e il pericolo era morta.  
“… l’hai visto cadere in acqua?”
Doveva esserci un’altra spiegazione.
Albus scosse la testa, strofinandosi per l’ennesima volta il dorso della mano sul viso. Come quando erano bambini e dimenticava di avere un fazzoletto in tasca.
Gli porse il suo, ma l’altro lo ignorò.
Non puoi essere rimasto da solo. Non puoi.
“Allora potrebbe essere ancora vivo.”
Al tirò su con il naso, facendo una risatina tremula. Gli avrebbe dato fastidio se non fosse stata accompagnata da un ennesimo singhiozzo.
Odiava vederlo piangere.
Se piange, è successo qualcosa di brutto.
Era una costante che l’aveva accompagnato per tutta l’infanzia e anche se l’età adulta gli aveva fatto realizzare che il compagno piangeva davvero per un nonnulla, una piccola parte di lui continuava a considerarlo come un campanello d’allarme.
Come il canarino nella miniera. I minatori non avverto il gas riempirgli i polmoni, ma la morte del canarino gli mostra il pericolo.
Era un paragone deprimente, ma Al era la sua bussola; dove non arrivava la sua capacità di sentire, arrivava quella dell’altro. E lo avvertiva.
… Se + piange, è successo qualcosa di brutto.
“Non può essere sopravvissuto.”  
“Non l’hai visto.”
“Tom, l’ha colpito!” Sbottò, staccandosi così bruscamente da spintonarlo.
“Sto solo ragionando.”
Posso fare solo questo al momento.
“Non farlo. Non stavolta.” Scosse la testa. “… non darmi false speranze.”  
“Allora cosa vuoi fare, arrenderti?” Lo disse più rabbioso di quanto avrebbe voluto. Ma era terrorizzato e sapeva che Al poteva scivolargli via dalle mani da un momento all’altro. “Hai promesso che saresti tornato da me.”
Al lo fulminò con lo sguardo come se l’avesse appena insultato. “Voglio tornare da te! Ma Luzhin mi ha preso, e senza Sören … non riuscirò ad attivare il gps, e se non lo farò … papà non mi troverà mai.”
Non l’aveva mai visto così, neppure quando a Durmstrang avevano rischiato di perdere Lily.
L’aveva visto infuriato. Spaventato.
... ma mai sconfitto.
Capì che stavolta era compito suo. Di Thomas Dursley, l’eterno disfattista, che per anni si era appoggiato all’ottimismo ostinato del suo ragazzo.  
“Al…” Gli prese il viso tra le mani. Era ancora bagnato, stava piangendo. “ … forse ho un modo per aiutarti.”
Il piano della Patil a quel punto era l’unica cosa che avrebbe impedito al suo compagno di rimanere da solo in una nave che pullulava di pericoli.
In un certo senso …
Al gli scoccò un’occhiata attenta. “… Come?”
“Un incantesimo.” Esitò. “È sperimentale.”
“Oh, Tom… non mi sembra una buona idea.” Reazione prevedibile: se un incantesimo non era bollato dal San Mungo con doppia firma del Ministero per Albus Potter non era meritevole di considerazione.
Dopotutto è un dottore, non uno scienziato.
Per quanto avesse l’animo del ricercatore, e lo aveva provato trovando la cura al Demiurgo, aveva sempre lavorato secondo le regole.
“Non l’ho inventato io, ma la Guaritrice Patil. È una variazione dell’Imperius.” All’espressione incredula dell’altro, aggiunse. “Non è catalogabile come Maledizione perché il soggetto su cui viene eseguito rimane cosciente.” Odiava ammetterlo, ma non ci aveva capito molto neppure lui. La Psicomaga, per quanto gli scocciasse ammetterlo, aveva creato qualcosa che andava oltre le sue conoscenze.
“Hai detto che è una variazione … Ci sono effetti collaterali?”
Guaritori … tutti uguali. Fissati con le controindicazioni come il peggiore degli ipocondriaci.
“Fin’ora non credo.”
“Non credi? Quanti test sono stati fatti?”
“La Guaritrice Patil ha detto che l’ha provato una volta con sua sorella gemella.”
“Cosa?!”
 “… vuoi sapere come funziona o non devo neanche disturbarmi a spiegartelo?”
Al annuì, ma via via che glielo spiegava l’espressione si faceva sempre più preoccupata.
“È una follia …” Disse infine.
“Abbiamo scelta?”
 
Un incantesimo sperimentale lanciato all’interno di un altro incantesimo sperimentale.
Smethwyck lo avrebbe licenziato. O la sua coscienza di Guaritore diplomato l’avrebbe fatto; la prima cosa che insegnavano all’Accademia di Medimagia era che la maggioranza di incidenti causati dalla magia era dovuto proprio ad incantesimi non inseriti nel Grimorio Ministeriale.
“… facciamolo.” Mormorò, perché Tom aveva ragione, non avevano scelta. Non poteva e non voleva rimanere da solo.
“Hai capito bene di cosa si tratta?”
“Meglio di te.” Rimbeccò. “… si tratta di creare un legame tra le nostre menti utilizzando il sogno condiviso. Una volta svegli, saremo in grado di vedere e sentire cosa vede l’altro. Ho detto bene?” Tom gli lanciò un’occhiataccia ma fece un cenno di assenso. “Allora facciamolo. Così sarà anche più semplice descrivere a papà cosa sta accadendo. Il telefono senza corda non ha mai funzionato bene.”
“Senza fili.” Lo corresse con un mezzo sorriso.  
“Dovrò sorbirmi queste correzioni quando sarai nella mia testa?” Sbuffò rimediandosi una risata. “No, perché potrei risponderti male.”
“Sembreresti un pazzo che parla da solo.”
“Sarei in buona compagnia allora …”
Tom l’aveva fatto sedere sulla sabbia e gli si era affiancato: gli passò un braccio attorno alle spalle e gli baciò la tempia “Non permetterò che ti faccia del male.”
“Guarda che non sarai davvero lì…”
“Ma potrò usarti per lanciargli qualche incantesimo.”
“Così ci farà fuori entrambi.” Sospirò ma nonostante tutto apprezzò quella parole, per quanto poco sensate. L’incantesimo poteva essere folle, ma l’idea di avere Tom vicino lo faceva sentire meglio. Un pochino più forte.
“… comunque Luzhin potrebbe essere sopravvissuto.” Esordì l’altro dopo un breve silenzio. “Se è ancora vivo, è sulla nave. E andrà a cercare il gps.”
Al si morse un labbro; avrebbe tanto voluto lasciarsi convincere, ma la scena della caduta di Sören gli balenava davanti ogni volta che chiudeva gli occhi.
Come farò a dirlo a Lily?
“Pensi che dovremo dirglielo?”
Tom lo guardò confuso. “A chi e di cosa?”
“Lily. Di Sören.”
“No.” Disse di getto. Poi aggrottò le sopracciglia. “… dovremo?”
“Non lo so.” Ammise passandosi una mano sul viso. “… preferirei farmi cavare un dente alla Babbana, ma se mi risveglierò nel tuo corpo, e Lily sa dell’incantesimo, la prima cosa che mi chiederà è come sta Ren.”
“Potremo mentire.”
Certo che potevano. Sarebbe stato infinitamente più semplice che lo scoprisse una volta tutto finito, magari dalla bocca di suo padre, ma Al sentiva un peso allo stomaco all’idea di ingannare sua sorella. “… non sarebbe giusto. Se fossi al suo posto, non vorresti saperlo?”
Tom rimase in silenzio. “Su queste cose sei più bravo tu.” Disse infine. “Se pensi che dobbiamo dirglielo, glielo diremo.”
“… potrebbe avercela fatta, giusto?”
Tom si strinse nelle spalle. “Finché non c’è un cadavere, può essere sia morto che vivo. Come il gatto di Schrödinger.”
“Non ho idea di cosa sia. ” Scosse la testa. “Ascolta …” C’era una cosa che l’altro doveva sapere prima che lanciasse l’incantesimo.
“Te lo dico adesso così se qualcosa va storto almeno questa conversazione non è stata inutile.” Gli spiegò quando l’altro tradì un cenno di impazienza. “La nave si sta muovendo. Stiamo navigando verso qualcosa perché Luzhin ha detto che non aveva tempo da perdere con Sören … Aveva una gran fretta di farlo fuori.”
“Qualcuno lo sta aspettando?”
“Non ne ho idea … ma qualunque sia il suo piano vuole usare il Demiurgo. Per questo sono ancora vivo, gli servo.”
Tom si rigirò la bacchetta tra le dita. “C’era anche un altro Guaritore con te, quel … Loher?” Ad un suo cenno di conferma continuò. “… se ha già qualcuno che conosce la procedura perché vuole te?”
Si strinse nelle spalle. “Pensa che gli abbia salvato la vita.”
“Si fida.” Alla sua espressione dubbiosa aggiunse. “… mi hai detto che era un tirapiedi agli ordini del Camaleonte. Improvvisamente ha preso le redini dell’intera nave. Un tirapiedi non diventa il capo dall’oggi al domani. Un alfiere non può diventare Re.”
“Dove vuoi andare a parare?”
“Ha bisogno di persone che lavorino per lui. Di complici.” Al suo accenno di protesta lo fermò con una mano. “… non credo sia così stupido da pensare che lo aiuterai volentieri. Ma sei l’unica persona in quella nave che non ha tentato di ucciderlo.”
“… dovrei convincerlo che sono dalla sua parte?”
Tom gli prese una mano e gliela strinse. “Dobbiamo convincerlo che ti sei arreso, e che lavorerai per lui perché hai paura di morire. Ti aiuterò.”
Gli sorrise stringendogli una mano con affetto. “Sei sempre stato bravo a manipolare la gente…”
“Una vecchia eredità.” Ribatté con quella strana espressione amara che aveva ogni volta che parlava di Voldemort. “… comunque, mai come te.”
“Non ho mai manipolato nessuno!”
“Mi hai convinto a diventare una brava persona. Direi che sei un fuoriclasse.” Si alzò in piedi, tendendogli la mano. “Sei pronto?”
Si tirò su, spazzolandosi i pantaloni dalla sabbia. “Sì, ma prima una cosa…”
“Ancora? Ti ricordo che non…” Lo  ignorò, preferendo invece afferrarlo per la camicia e tirarlo a sé per un bacio che l’altro ricambiò con altrettanto impeto nonostante la protesta iniziale.
Era una boccata d’aria, lo era davvero; con la fronte appoggiata alla sua, e i respiri mescolati, poteva quasi illudersi di essere davvero a Rügen e che Cordula sarebbe venuta a chiamarli per pranzare.
Una vita fa …
Sospirò staccandosi.
“Sono pronto.”    
Tom batté le palpebre con evidente confusione.
Adoro baciarlo finché non si dimentica chi è…
Alla sua espressione divertita si schiarì la voce. “Bene.” Borbottò levando la bacchetta. “Dammi la mano.”
Gliela tese. L’altro gliela strinse e poi con la bacchetta cominciò a tessere un nastro di magia per legarle entrambe l’una all’altra. “Sembra quasi la cerimonia dei nastri…” Commentò con un sorriso. “Potevi almeno darmi un anello prima, Dursley…”
“Qui non posso dartelo.” Commentò spassionato. Gli rifilò un ghignetto. “Basta chiedere, Potter.”
“Idiota.” Mugugnò sentendosi avvampare. “Dai, forza, non abbiamo tanto tempo…”
“Chiudi gli occhi.” Eseguì prontamente anche per troncare quel discorso che non aveva proprio senso in quel momento. Sentì la punta della bacchetta di Tom toccargli la tempia. Sentì una lieve pressione e poi fu bianco accecante.
 
****
 San Mungo, Reparto Thickley.
 
James non tentò neppure di soffocare l’ennesimo sbadiglio che rischiava di fargli slogare la mascella; quando si era diplomato all’Accademia Auror non avrebbe mai pensato che tra i suoi compiti ci sarebbe stato quello di vegliare un Dursley dormiente …
Ma ehi, il mondo è pieno di sorprese.
Lesse per distrarsi l’ultimo messaggio che Ted gli aveva mandato; Ben si era alzata dal sonno post trasformazione, aveva mangiato come la lupacchiotta che in fondo era e adesso era in giardino a giocare. Ted invece aveva fissato un appuntamento con il Ministero per discutere dell’adozione e il ruolo di Vulneraria nell’intera vicenda.
Il mondo continuava a scorrere e fare le sue robe come se nulla fosse; dentro al San Mungo invece il tempo non sembrava passare mai.
Nella testa di Tom di sicuro, visto che era talmente nel mondo dei sogni che avrebbe potuto disegnargli dei baffi in faccia senza svegliarlo.
Potrei, in effetti …
Lily era andata a fargli una tazza di the e da quanto ci stava mettendo probabilmente si era fermata a chiacchierare con qualcuno. Non rischiava di essere sorpreso quindi …
Potty?” La voce di Malfoy lo sorprese con la bacchetta in mano e la sincera voglia di improvvisarsi artista. “… stai per disegnare qualcosa in faccia a Tom?”
“No.” Mentì in scioltezza voltandosi; Scorpius era sullo stipite della porta, in uniforme.
“… ma tu non dovresti essere a riposo?”
L’altro scrollò le spalle e con due falcate fu seduto sul letto di Dursley. “Dovrei.” Fece un mezzo sorriso di scuse. “… non ce la facevo proprio a starmene a casa con le mani in mano. Rosie ha capito.”
“Papà e zio Ron lo sanno che sei qui?”
“Che noioso!” Sbuffò con un cenno teatrale dei suoi. “Lo so che sono tenuto a starmene a casa, visto che la mia licenza matrimoniale è appena iniziata ed ho un figlio in arrivo, ma…”
Scusa?
Scorpius batté le palpebre perplesso. Poi spalancò la bocca in un muto grido di orrore, come se avesse realizzato solo in quel momento di avergli scaricato due Bombarda Maxima in faccia.
“Ah, già, non te l’ho detto …”
“Che cazzo Malfoy!”
L’avrebbe strangolato se non fossero stati entrambi in uniforme e soprattutto se non avesse avuto la certezza che era una cosa di cui si sarebbe pentito poi.
Forse.
“Abbassa la voce, Tom sta dormendo.”
“È in una specie di coma indotto idiota, non si sveglierebbe neanche se gli infilassimo una bacchetta nel naso! Matrimonio? Figlio?!
Scorpius per tutta risposta tirò fuori la sua migliore espressione da cucciolo bastonato. Avrebbe funzionato se avesse avuto un paio di tette, o molto più semplicemente, se avesse creduto fosse sincera.
“…sono successe un po’ di cose mentre eri via per Ben.”
“Direi!” Si passò una mano tra i capelli. “Non so neanche per qualche delle due mi girano più i coglioni … Rosie che ha una pagnotta in forno o tu che ti sei sposato senza di me.” Inspirò mentre il sacro fuoco dell’incazzatura prendeva una decisa direzione.
“Direi la seconda da come hai l’aria di volermi menare.”
“Sono il tuo testimone!”
“È stata una decisione presa nell’impeto del momento!” Alzò le mani in segno di resa. “Ripeteremo comunque la cerimonia a Settembre, ma … non lo so, sembrava la cosa giusta da fare quando Rosie mi ha detto del fagiolino.”
“Del cosa?”
“Mio figlio. O figlia.” Un lento sorriso si espanse su ogni singolo lineamento del viso dell’altro; non era solo nella bocca, ma negli occhi e nel resto di quella stramaledetta faccia da culo.
… e non poteva dire di non capirlo.
Ben.
“Diventerò papà James.” Fece persino un saltello cretino da seduto e non poté fare a meno di sbuffare divertito.
Come cavolo faceva a rimanere arrabbiato con la rappresentazione adulta di un moccioso felice?
“Lo chiamerai davvero fagiolino?”
“Mica è un elfo.”  Lanciò un’occhiata preoccupata alla porta, quasi avesse paura di veder materializzare zia Hermione e il suo carico di indignazione anti-razzista. “…quello che voglio dire è che adesso è più o meno così secondo Rosie.” Avvicinò pollice ed indice per indicarne la misura. “Da qui, fagiolino. Anche lei è d’accordo.”
“Ti pareva…” Scosse la testa. “… beh, congratulazioni Malfoy.”
Scorpius annuì compiaciuto, guardando poi verso Tom e ricordandosi improvvisamente che c’era anche lui nella stanza. “… ma sta bene?” Domandò preoccupato.
“Sta solo dormendo, te l’ho detto. È una storia lunga.” Si massaggiò la nuca e smascellò l’ennesimo sbadiglio. “… se vuoi tornare in servizio non ti conviene farti assegnare qui, è una palla allucinante.”
“Mi ha detto papino Ron dov’eri, e visto che l’alternativa è stare con Ama e Hugo ad ascoltare la radio, tanto vale stare con il mio maschietto preferito.” Fece spallucce. “È tutto in stallo.”   
“Hai appena chiamato mio zio papino?”
Esibì un preoccupante ghigno estasiato. “Sì, e intendo farlo per il resto della mia vita. Ora che i nodi nuziali sono stretti non può più impedirmelo. Siamo ufficialmente imparentati.”
“Immagino la gioia.”
“Lui e papà sembravano dovessero ingoiare cacca di drago durante la cerimonia. È stato molto commovente vederli trattenersi dall’urlare.” Annuì allegro. Poi si strofinò le mani. “Dai, che posso fare?”
“Guardare Dursley dormire al momento.”
Ci rifletté. Ghignò. “Partitina a Sparaschiocco sul suo corpo esanime?”
“Cazzo, Malfuretto, mi sei mancato.” Ammise di tutto cuore perché quelle ore erano state pesanti soprattutto perché aveva dovuto passarle da solo; Bobby era ancora fuori gioco, Ama non era la sua tazza di the e suo zio e Harry erano troppo immersi nei loro ruoli di capo per dargli retta.
E Albie e il Pipistrello sono là fuori …
Scorpius annuì come se avesse compreso il corso dei suoi pensieri e Appellò una delle sedie per metterglisi di fianco. “Papino Ron mi ha aggiornato … possibile che voi Potter dobbiate sempre mettervi in mezzo?”
“Non noi Potter, Albus.” Lo corresse con uno sbuffo scorato rimendiando una pacca consolatoria sulla spalla. “Sul serio, se torna …” Si fermò.
Se torna …
L’altro gli strinse un braccio. “Ehi, è Albie. È la persona con più resilienza che conosco.”
“… non so che cazzo vuol dire, ma okay.”
“Si rialza sempre in piedi.” Spiegò sommario.
“Giusto e poi … non è solo.” Fece cenno con la testa a Dursley. “Cioè, li hai visti anche tu parlarsi con gli sguardi no? Conversazioni di mezz’ora a volta! Al momento tra l’altro è una roba del genere.”
“Cioè?”
Sbuffò. Tanto non è che avesse di meglio da fare. “Va bene, Malfuretto. Vediamo se riesco a spiegartela io.”
 
“Forse è meglio se gliela spiego io, Jamie, chissà che gli racconti.”

Per un folle momento a James sembrò che la voce che lo aveva ripreso fosse quella di Al. Ma proveniva da Tom.
Si voltò verso quello che era un corpo esanime e si ritrovò invece gli occhi del tetro cugino puntati su di lui.
“… Tommy?”
“È Tom.” Lo corresse questo alzandosi a sedere. Si voltò verso Scorpius e gli sorrise. “Ah, Malfoy … sei qui! Stai bene, ti sei ripreso?”
… ed è di nuovo la voce di Al.
La sua espressione, combinata a quella dell’amico, doveva essere indicativa perché Dursley li guardò entrambi e ridacchiò. “Immagino che Lily non ve l’abbia detto.”
“Detto cosa?”
“Che adesso siamo in due.”
Scorpius sgranò gli occhi. “Sei incinta anche tu?”
James dovette frenare uno scoppio di risa, anche perché Tom fece una smorfia così schifata da essere esilarante, e poi lo notò; gli occhi azzurri dell’altro avevano cambiato colore. O meglio: uno era rimasto uguale l’altro era verde.
… come quelli di suo fratello.
“Sono un uomo, imbecille.” La voce di Tom stavolta.  
“Che diavolo avete combinato voi due idioti?” Sbottò. “Albie, sei lì dentro?”
L’espressione sdegnata di Tom mutò in qualcosa di incerto e imbarazzato che poteva essere solo suo fratello; era la stessa faccia che indossava da anni, ogni qual volta combinava qualche cazzata. “… beh, non direi proprio dentro, direi piuttosto con.” Esitò. “Potreste andare a chiamare Lils e la Guaritrice Patil?”
“Porca put…”
Scorpius scattò in piedi. “Vado subito.” Prima di varcare la porta si girò a guardarli. “… ti posso chiamare Porsley? Come Potter e Dursley…”
Tom aprì bocca con il chiaro intento di dargli contro ma qualcosa sembrò strozzarlo dal colpo di tosse che lanciò. Fece un’espressione incazzata. “Non posso neanche insultarlo adesso?” Una pausa. “L’hai già fatto…” E di nuovo la voce di suo fratello.
Scorpius li guardò deliziato. “Porsley!” Cinguettò prima di trotterellare via.
“Siete inquietanti.” Trovò giusto notificargli incrociando le braccia.
Tom fece spallucce. Conosceva da tanto tempo quei due da rendersi conto quando l’uno e l’altro prendevano il controllo del corpo di Dursley. Che doveva essere una roba del genere, almeno a naso. “A cosa serve ‘sta pagliacciata?”
“Niente che il tuo cervello da primate possa comprendere.” Sorrise Tom e stavolta Al non intervenne.
“Grazie fratellino.”
“Non l’ho detto io!”
“Non l’hai neanche fermato.” Rimbeccò ma la sua irritazione si sciolse come neve al sole quando Tom gli sorrise e lo fece come l’avrebbe fatto suo fratello. Per un attimo fu averlo davvero lì, in carne ed ossa. “… stai bene?”
Al, perché stavolta era lui, annuì. “Me la cavo.”
“Sei stato un coglione.”
“Lo so.”
“Quando torni ti ammazzo.”
“Ti voglio bene anche io fratellone.”
James inspirò per ricacciare indietro il groppo alla gola. “Cazzo, è orrendo sentirselo dire da Faccia da Morto.”
Al rise, ma poi fu Tom a servirgli un’espressione disgustata. “… la cosa è reciproca, credimi.”
 
“Ehi!” Lily era entrata per prima nella stanza, un turbine di capelli rossi, mantello e energia immotivata dato che ne era certo, doveva aver dormito persino meno di lui. Seguivano la Guaritrice Patil e Scorpius, che occhieggiava da sopra la testa di entrambe. “… ha funzionato?” Non aspettò risposta e si aprì in un sorriso trionfante. “Ciao Al!”
“Ciao.” Ricambiò il fratello con un cenno imbarazzato della mano. “… come va?”
“Come vai tu? Come ti senti? Come … stai bene? Cosa vedi?” Lo tempestò di domande.
Tom alzò gli occhi al cielo. “Stiamo bene. Vede quello che vedo io. Al contrario, non sto ancora vedendo niente. Abbiamo deciso di tenere gli occhi chiusi finché non abbiamo completo controllo della cosa. Pensano che Albus stia dormendo. Adesso siamo nella stiva.” Una pausa. “Nell’infermeria in realtà…” Concluse la voce di Al. “Nella stiva hanno allestito un Laboratorio di pozioni e un infermeria dove trattare gli Infetti.”
“Vedo che sta funzionando come si deve.” Intervenne la Guaritrice con aria soddisfatta. “… avete incontrato difficoltà?”
“No. L’incantesimo era semplice.” Questo era Tom. “… però è strano. È come se potessimo controllare un corpo alla volta.” e quello era Al.
La Guaritrice gli si avvicinò, controllando con solerzia i parametri vitali con colpi rapidi di bacchetta. “Sì, è normale.” Confermò. “Le vostre menti adesso sono unite, ma non il corpo. Questo significa che ne potete muovere uno per volta. L’altro rimarrà immobile. Può vedere e sentire tutto, ma è come paralizzato. Chiudendo gli occhi come adesso, il corpo secondario sembrerà addormentato.”
Tom aprì e chiuse la mano. “E se uno di noi dovesse decidere di alzarsi e l’altro volesse rimanere seduto?” Chiese.
“Provate.” Li incitò la strega.
Il risultato fu abbastanza esilarante, perché sia lui che Scorpius dovettero trattenere una sghignazzata mentre l’altro si alzava e poi barcollava come un ubriaco, finendo per sedersi all’indietro come se avesse perso l’equilibrio.
Lily stranamente non rise, guardandolo invece assorta.
“Non fatelo.” Concluse la Patil con semplicità. “Accordatevi prima su chi ha controllo del corpo primario. Avete una connessione mentale perfetta, potete decidere in una frazione di secondo.”
Tom annuì. “Ci sono delle cose che Harry deve sapere.” Disse poi. “Gliele puoi riferire tu?” Gli si rivolse.
“Sto qui apposta!” Prese il taccuino dalla tasca dell’uniforme. “Spara.”
 
Lily ascoltava avidamente quanto Al aveva da dire sulla situazione sulla nave guidata adesso da Luzhin. Ascoltava, e sperava di sbagliarsi.
Perché non una sola volta suo fratello, tramite Tom, aveva parlato di Sören. Aveva descritto Luzhin, la sua forza, il suo arsenale di Infetti e le sue possibili intenzioni. La morte di Doe.
Finalmente. Finalmente è morto …
Ma Ren …?
Fu James a fare la domanda. “E il pipistrello? Dove lo tiene Luzhin? Assieme a sua madre?”
Al sparì. Letteralmente, l’espressione si tramutò in quella di Tom, e Lily seppe che era per paura.
“No.” Disse questo con calma. E la guardò.
Le bastò quello per capire. La testa le ronzava e non aveva idea di come riuscisse a restare in piedi o anche solo a respirare. Il ronzio sovrastava persino i battiti furiosi del suo cuore. Percepì la mano della Patil sulla spalla. “… è morto, vero?”
Tom rimase in silenzio, l’espressione combattuta. In qualche modo comprese che sia lui che Al stavano cercando di prendere il controllo. Fu suo fratello a vincerlo. “Luzhin lo ha buttato fuori dalla nave con un incantesimo che non avevo mai visto … ma non l’ho visto cadere in acqua, né morire. Potrebbe essere ancora vivo.”
“E come ha fat-…” Suo fratello fu bloccato da qualcosa, forse un’occhiataccia di Scorpius visto che gli stava affianco. “Lily!
La voce di James la inseguì mentre scappava da quella stanza, da quel reparto e infine dall’ospedale.
Scappare era un ottimo piano quando sembrava crollarti tutto addosso.
 
****
 
Da qualche parte, nel Mare del Nord ...

Non mollare la presa.

Non c’era altro nella sua testa, se non quel comando. Ed era sempre stato bravo ad obbedire agli ordini, anche se venivano da sé stesso.
Non mollare la presa.
La mano minacciava di scivolare, tra il sudore, il sangue e il fatto che la sua bacchetta non avesse mai avuto un manico particolarmente nodoso.
Non mollare la presa.
Ma rimaneva la sua bacchetta, ed aveva risposto pronta ai comandi quando aveva lanciato un laccio di magia, nel momento stesso in cui l’incantesimo di Luzhin l’aveva scaraventato fuori.
Non mollare la presa.
Il laccio si era legato stretto alla balaustra del ponte, una ventina di metri sopra di lui.
Non mollare la presa.  
Non poteva, non voleva guardare quel braccio perché sapeva cosa ci avrebbe trovato, e il fatto che il dolore non fosse ancora arrivato glielo confermava soltanto. Sentiva il cuore in gola e regolarizzare ogni respiro era uno sforzo immane.
Non mollare la presa.
Si morse la lingua per restare lucido; non poteva andare in shock, non in quel momento.
Tirati su. Usa la bacchetta e raggiungi il ponte.
“Carpe Retractum…” La fune di magia verdastra che fino a quel momento l’aveva tenuto sospeso sulla fiancata della nave cominciò a ridursi lentamente facendolo salire. Cercò di evitare di sbattere contro gli ostacoli della paratia, gli oblò e i tanti pezzi metallici sporgenti puntellandosi con i piedi.
Non mollare la presa.
La sua magia si stava esaurendo, ma non poteva permettersi di perderla o sarebbe caduto in mare. Sarebbe morto.
Non mollare la presa.
Un ultimo strattone, un ultimo sforzo e crollò sul pavimento di gomma incrostata di salsedine del ponte.
A quel punto lanciò uno sguardo verso quel braccio e trovò … niente. Un moncherino carbonizzato.
Serrò la mascella e lasciò andare un grido rauco, soffocato dal mugghiare del mare e dei motori della nave. Il dolore arrivò come se un Ippogrifo avesse cominciato a banchettare con la sua carne viva.
Luzhin gli aveva lanciato un incantesimo Reducto, così potente che l’avrebbe disintegrato all’istante se non avesse usato la bacchetta che la Thule gli aveva messo nel braccio per proteggersi con un Sortilegio Scudo.
Era vivo, ma aveva dovuto pagare a caro prezzo la sua sopravvivenza.
Non andare in shock. Non svenire.
Doveva muoversi in fretta perché i primi brividi lo stavano scuotendo: tagliò una striscia di stoffa dalla manica rimasta integra e con un Ferula la annodò stretta attorno al moncherino. Poi vi puntò la bacchetta “Stupefiucium.” … e lo Schiantò: avendo bloccato la circolazione del sangue lo Schiantesimo agì soltanto sulla spalla e sulla ferita; inspirò ampie e lente boccate d’aria mentre il dolore scemava lentamente, come la marea si sarebbe ritirata da un’insenatura. Era una vecchia ricetta di Doe, avrebbe funzionato per quello che doveva fare.
Si rialzò in piedi stringendo gli occhi e aggrappandosi con il braccio sano alla balaustra del ponte. Era sveglio, ma intorpidito e con le energie ridotte al minimo: avrebbe comunque dovuto bastargli.
Trova la sala radio. Attiva il gps.
Il piano non era cambiato. 
 
****
 
Note:

Non odiatemi. Così, a prescindere <3
Questa la canzone del nuovo capitolo. Perché Chaz mancherà a tutti, un sacco.
  
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