Non sono morta.
So che molti lo avranno pensato data la mia assenza e capisco benissimo chi nel frattempo abbia deciso di non seguire più la storia.
Vi devo delle scuse, tante, tantissime scuse... il lavoro mi ha portato via tempo ed energie e mi sono ritrovata a scrivere e cancellare pezzi in continuazione perchè mi facevano schifo.
Ci ho messo mesi a superare questo blocco e adesso che sono in ferie ho provato a rimettere insieme qualche parola.
Per chi ancora c'è...buona lettura
H.
Dopo che suo padre era uscito dallo
studio, Agatha era rimasta lì con lo sguardo rivolto fuori,
alla pioggia che
scorreva lungo il vetro. Le parole che l’uomo aveva
pronunciato l’avevano
colpita nel profondo… l’aveva minacciata che se
non avesse rinunciato a Lionel
le avrebbe tolto tutto. Più ci pensava e più le
sembrava una cosa davvero
cattiva. Come poteva chiederle di rinunciare al suo grande amore?
Sapeva che Lionel
non era certo l’uomo che Mr Floral avrebbe scelto per lei
ma…era sua figlia,
questo doveva pur valere qualcosa! In quanto suo padre lui avrebbe
dovuto volerle
bene e volerla vedere felice e invece il suo primo pensiero era al buon
nome
della famiglia, di nuovo.
Prese un bel respiro. Qualunque
scelta avesse fatto si sarebbe ripercossa su di lei e sulla sua intera
famiglia. Aveva bisogno di ponderare bene sulla questione o almeno
credeva di
averne bisogno anche se in realtà il suo cuore la spingeva
prepotentemente
verso le braccia di Lionel.
Lo amava, era inutile
rinnegarlo. E
allora cosa aspettava? Lo
avrebbe sposato, non importava cosa avrebbe detto la sua famiglia.
Ora doveva solo dire la verità a
sua sorella e alla sua migliore amica. Decise di partire da Cassandra,
le
avrebbe parlato quella sera stessa, lunghe nel suo letto come quando
erano solo
delle bambine.
***
Finalmente la pioggia era cessata e
il sole era tornato a illuminare, anche da dietro una leggera coltre di
nubi,
le isole Shetland.
Le tempeste estive erano piuttosto
frequenti in quella parte della Scozia e Marianne Dashwood lo sapeva
bene dato
che anche ai tempi della scuola passava parte delle vacanze estive
dalla sua
migliore amica.
Sua madre si era opposta fermamente
alla sua volontà di andare a cavalcare nonostante il tempo
era migliorato, ma a
Mary non importava più di tanto; aveva lasciato lei e suo
fratello ai
preparativi per il matrimonio e si era diretta verso le scuderie. Era
certa
della notevole presenza di fango a terra ma voleva provare di nuovo il
piacere
di avere la pelle scaldata dai timidi raggi del sole.
Entrò nell’edificio in legno e il
suo cuore sussultò leggermente alla vista di entrambi i
fratelli Holmes. Si
fermò un attimo di troppo a guardarli ma loro sembravano non
averla sentita,
infatti erano ancora di spalle tanto che la ragazza dovette schiarirsi
la voce
per attirare la loro attenzione.
Carlton impallidì leggermente alla
vista di miss Dashwood ma ci pensò il suo caro fratellino a
sbloccare la
situazione.
“Vuole andare a cavallo?” domandò
con un sorriso furbo Lionel alla giovane.
Mary rimase quasi turbata da
quell’espressione che non sembrava preannunciare niente di
buono ma convita di
farsi forse troppe pare mentali sorrise a sua volta rispondendo
“Esattamente”
Le labbra di Lionel si piegarono
ancora di più all’insù e per un attimo
Carlton potè quasi giurare di aver visto
un paio di corna da diavolo spuntare sopra la testa del fratellastro;
ne ebbe
la conferma appena Lionel parlò di nuovo.
“Da sola?” chiese con un briciolo
di veemenza.
In un gesto quasi automatico Mary
scrollò appena le spalle come a voler chiedere se vedeva
qualcun altro oltre
lei.
“Beh non posso permettere che una
signorina come voi vada da sola…”
iniziò a dire lui poi si voltò verso il maggiore
“Perché non l’accompagni tu
fratellino?”
Carlton, preso in contropiede, si
ritrovò un attimo in crisi ma non potendosi tirare indietro,
dato che sarebbe
parso oltremodo scortese si ritrovò a biascicare un
“Sì, certo” di cui si pentì
subito dopo averlo pronunciato. Non che odiasse i cavalli ma erano
terribilmente sporchi, come tutti gli animali del resto e in
più avrebbero
dovuto calcare sulla terra bagnata, tra pozzanghere e
quant’altro.
“Bene, potete attendere fuori
mentre sello i vostri cavalli”
Carlton fece il gesto a Mary di
precederlo nell’uscire dalle scuderie e la seguì
solo dopo aver lanciato uno
sguardo inceneritore all’adorato quanto malefico fratellino.
Non che fosse totalmente incapace
di andare a cavallo, aveva dovuto impararlo da piccolo e nonostante una
ritrosia iniziale aveva imparato ad apprezzarli finché
crescendo aveva
cominciato a notare quanto l’equitazione fosse
un’attività non proprio pulita
specialmente dopo che, come in quell’occasione, aveva piovuto
ed allora la sua
opinione era gradualmente cambiata, non è che li odiasse ma
ne stava
cordialmente distante. E invece, grazie al suo fratellino si ritrovava
a dover
salire su uno di loro e andare a fare una passeggiata con la ragazza
che gli
faceva palpitare il cuore, perché ormai era inutile negarlo
a se stesso: si era
preso una cotta per Marianne Dashwood.
Una cotta, niente di più, pensò tra
sé e sé.
Guardò Mary che montava a cavallo
con una facilità quasi disarmante, i suoi movimenti erano
talmente leggeri e
fluidi che sembrava non avesse fatto altro per tutta la vita.
Le rivolse un sorriso prima di
imitarla anche se in modo leggermente più goffo.
Partirono lungo il sentiero che si
irradiava verso il bosco, quasi in silenzio. Carlton era colmo di
imbarazzo,
voleva dire qualcosa ma qualsiasi cosa gli sembra stupida e insensata.
Prese un respiro drizzando bene
alla schiena e cercando di assomigliare il più possibile al
ragazzo che una
come Marianne Dashwood avrebbe meritato.
Per un po’ Mary osservò Carlton con
la coda dell’occhio. Era impossibile non notare il suo
atteggiamento impettito
e se da una parte la cosa la faceva ridacchiare, dall’altra
le saltavano i
nervi. Possibile che tutti pensavano di dover fare per forza i pavoni
per
conquistare il cuore di una donna?
Nel tentativo di fare
conversazione, mentre i due bai sotto di loro procedevano lentamente
lungo
quella strada che sembravano conoscere da sempre, Carlton le chiese:
“Allora, avete sempre cavalcato?”
Mary sorrise di vero cuore. “Da che
io ricordi…mi regalarono il primo cavallo che avevo tre o
quattro anni. Allora
mi sembrava enorme e un po’ spaventoso ma mi incuriosivano
parecchio. Adoro i
cavalli, mi infondono un gran senso di libertà…e
voi? Avete un cavallo?”
“Mio padre mi regalò un purosangue
quando avevo sei anni, era quello che aveva gareggiato per lui nelle
corse e
che non poteva più farlo. Lo cavalcai fino a che non fece un
piccolo incidente.
Si ruppe una zampa così decisero di abbatterlo e ci fecero
uno stufato”
raccontò con un po’ di imbarazzo.
“È raccapricciante” disse quasi
ridendo e con quel suono cristallino anche Cal si ritrovò a
sorridere.
“Si lo è davvero” ammise con le
labbra ancora piegate all’insù.
Mary fece per imboccare il sentiero
alla sua destra, quello che procedeva fuori dal bosco e verso la
scogliera,
dove era stata qualche tempo prima con le altre ragazze. Nel mentre si
voltò
per accertarsi che Carlton fosse ancora alle sue spalle. Ed era
lì, composto
come si conveniva ad un giovane uomo dell’epoca ma allo
stesso tempo
leggermente fuori posto.
Stavano ancora passeggiando tra gli
alberi creati con la magia generazioni prima della loro quando un
bagliore
azzurrino, segno di un incantesimo fece spaventare il cavallo di
Marianne. L’animale
si alzò sulle zampe posteriori facendo cadere a terra la
ragazza.
Istintivamente Cal tirò verso di sé
le redini e il cavallo frenò all’istante. Lui
scese rischiando quasi di
inciampare e cadere a sua volta talmente era la premura di verificare
se
Marianne si fosse fatta male.
“Marianne…Marianne, come state?”
chiese avvicinandosi alla ragazza seduta sul terreno, con
l’abito strappato e l’espressione
dolorante.
“Sono stata meglio” ammise. Abbassò
lo sguardo e prese la mano che lui aveva teso. Sentiva le guance
leggermente
imporporate ma non fece in tempo a pensarci perché una fitta
la colpì come una
lama conficcata nella caviglia e le gambe le cedettero.
Carlton la sorresse “Riuscite a
camminare?”. Mary annuì brevemente, non voleva
assolutamente ammettere che
faceva una fatica immensa già solo ad appoggiare il piede.
Senza bisogno di parola alcuna lui
l’aiutò a muovere qualche breve passo. Il cavallo
di lei era scappato quindi
Cal aiutò la ragazza a salire sul cavallo che lui aveva
cavalcato e montò a sua
volta.
Mary era tremendamente imbarazzata
mentre cavalcavano insieme. Aveva avuto qualche breve infatuazione ma
non aveva
mai cavalcato con un ragazzo, sullo stesso cavallo!
Al contempo Carlton si ritrovò a
pensare che per quanto incresciosa, quella situazione, stava avendo dei
risvolti niente male!
Evelyn aveva appena terminato di
fare colazione ed era andata ad affacciarsi dalla grande terrazza che
dava sul
giardino. Voleva vedere il cielo, in parte anche per assicurarsi che
non
sarebbe ricominciato a piovere da un momento all’altro ma il
suo sguardo venne
calamitato verso il basso, nell’udire la risata di almeno un
paio di ragazzi.
Aguzzò la vista e riconobbe immediatamente il giovane Black
che chiacchierava
con un altro paio di persone che sembravano completamente catturate dal
suo
discorso. Tutta l’attenzione era su di lui, come se fosse un
magnete intorno a
cui gravitava tutto il resto.
Non riconosceva gli altri che erano
con lui, probabilmente si trattava di nuovi ospiti giunti lì
per il matrimonio
anche se mancavano ancora tre settimane.
Rimase lì ad osservarli, come
faceva sempre di solito con le persone che non conosceva. Avevano il
tipico
comportamento da maschi, si sfidavano a coppie su chi andasse
più veloce con la
scopa mentre gli altri scommettevano sul probabile vincitore.
Quando Aldebaran si alzò in volo
non potè che stupirsi di nuovo del suo fascino e della sua
eleganza, tanto che
gli altri sembravano scomparire al suo cospetto. Ma cosa andava
pensando?
Come se il suo flusso di pensieri
avesse intercettato quello del ragazzo lui si voltò e le
rivolse un cenno di
saluto quasi impercettibile.
Restò ad osservare quel piccolo
gruppo fino a quando venne raggiunto da un altro capannello formato da
tutte
ragazze che cinguettavano e ridacchiavano come oche giulive. A quel
punto
Evelyn rientrò e partì alla ricerca del fratello;
su per giù lui e il signor
Black dovevano avere la stessa età quindi magari sapeva
qualcosa in più su di
lui ma non voleva dimostrare troppo interesse.
Chiese ad un elfo domestico se
aveva visto suo fratello ma tutto quello che lui seppe dirgli era che
non
sapeva dove fosse Christopher. Conoscendo suo fratello probabilmente
stava
ancora dormendo.
Visto che a famiglia al completo
era rimasta lì dopo la festa del raccolto a causa della
tempesta, non si poteva
trattare certo di un nuovo arrivo ma della partenza di qualcuno, di cui
lei non
sapeva niente!
Il suo cuore ebbe un piccolo sussulto
quando pensò che tra i membri della famiglia in partenza
c’era, con tutta
probabilità anche Markus! Se Markus se ne stava andando, non
poteva certo
biasimarlo poiché lei non era stata in grado di scegliere:
il cuore l’avrebbe
spinta volentieri tra le braccia del giovane Storm mentre per la testa
doveva
rispettare il volere della sua famiglia e celebrare quel matrimonio di
convenienza.
Scese le scale velocemente,
rischiando quasi di inciampare ma non c’era nessuno
giù nell’atrio. Trovò
Markus, Alice, Christopher e qualche altro ospite nella sala delle
colazioni.
Si sedette cercando di apparire il più tranquilla possibile
mentre
sbocconcellava una fetta di pane tostato.
Non sapeva se tirare in ballo il
discorso ma si disse che non era il caso lì, di fronte a
tutti. Aspettò quindi
che se ne andassero gli altri ospiti e fece per seguire il giovane
Storm ma
venne intercettata da Winky, uno degli elfi domestici di famiglia.
“Signorina, questo è per lei” disse
con l’aria mite che caratterizzava quei piccoli servitori.
Cassie prese in mano
la busta che la creatura gli porgeva e la ringraziò
tacitamente con un sorriso.
Winky sparì subito dopo averle rivolto un breve ma sentito
inchino.
Cassandra si rigirò la busta tra le
mani, non riconosceva la grafia che aveva tracciato il suo nome. La
aprì e
lesse il biglietto che conteneva.
Gentile Cassandra,
mi fareste l’onore di essere di mia compagnia per una breve
passeggiata nel
bosco questa mattina?
Vostro
Alexander
Quelle uscite facevano parte del
tradizionale periodo di fidanzamento che precedeva il matrimonio.
D’altronde
quale sposa non avrebbe voluto passare più tempo possibile
con il suo futuro
marito?
“Cassandra” la chiamò e lei
sembrò
come ridestarsi dai suoi pensieri, gli rivolse un mezzo sorriso e lo
salutò con
un mesto “Buongiorno”
Istintivamente lui si accomodò lì
accanto, le rivolse un breve sguardo di cui lei non si accorse.
Cassandra
Floral sembrava quasi triste e con quello che aveva visto non ci mise
molto a
dedurne il motivo… di nuovo quel Markus.
Loro non erano la classica coppia
di futuri sposi ma comunque non aveva piacere a vederla giù
di morale e
soprattutto a pochi giorni dal matrimonio non poteva sopportare di
vedere la
sua fidanzata in pena per un altro uomo! Che poi, cosa ci trovasse in
lui,
ancora non riusciva a capirlo.
Le aveva inviato quel bigliettino
la mattina e ora l’occasione era propizia al suo voler
distrarla dal pensiero
di Markus Storm.
“Che ne dite di andare?” le propose
alzandosi in piedi e Cassandra si alzò a sua volta
affiancandolo mentre si
avviavano verso il bosco.
“Ho sentito che ci sono degli
ottimi funghi nel bosco, con la tempesta che c’è
stata se ne troveranno in
abbondanza”
“Suppongo di sì” la buttò
lì Cassie
mentre camminavano fianco al fianco e lei sfiorava distrattamente le
foglie
degli alberi.
Alex si voltò a guardarla, sembrava
totalmente in un altro mondo… doveva ammettere che
quell’aspetto trasognato non
le stava affatto male.
“A Huffington Park non ci sono
questi alberi…è pieno di platani”
Per la prima volta quel giorno
Cassandra sembrava veramente interessata a quello che lui aveva da dire.
“Cos’è Huffington Park?”
domandò
con il viso acceso di curiosità.
Alex sorrise “Si tratta della
nostra residenza in campagna, si trova nel Surrey, vicino a
Windsor” disse
facendo riferimento al piccolo villaggio babbano che ospitava una delle
residenze reali “Potremo andarci la prossima estate”
Cassandra si fermò a pensare a quel
plurale che lui aveva usato con tanta tranquillità, come se
fossero già
sposati, come se quel fidanzamento fosse una strada senza uscita e per
un
attimo si sentì soffocare. Sapeva che il suo destino, come
quello di quasi ogni
donna dell’epoca, era quello di diventare una buona moglie e
una buona madre;
sua madre l’aveva cresciuta con la consapevolezza che per un
buon matrimonio
lei avrebbe dovuto mettere da parte le sue idee e le sue convinzioni.
Se da una parte trovava assurdo
anche solo pensare di annullarsi completamente per far piacere al
futuro marito
dall’altra doveva riconoscere che non poteva neanche
pretendere il contrario,
Alex aveva un carattere forte con cui sarebbe stato fin troppo facile
scontrarsi a meno che non avesse imparato a scendere a compromessi e a
guadagnarsi il suo rispetto.
Alex si voltò ad osservare la
ragazza che se ne stava lì silenziosa, poteva quasi vedere
girare le rotelline
in quella testolina bionda. In qualche modo lei lo aveva confortato con
la sua
presenza appena dopo la morte del padre e ora si sentiva in debito.
Le fece un tenero sorriso di
incoraggiamento. “So che potrebbe essere un po’
traumatizzante il trasferimento
in città…predisporrò Huffington Park
per il vostro libero uso”
Le labbra di Cassandra si piegarono
in un sorriso vero, carico di riconoscenza “Onestamente,
grazie”
Continuando a camminare si erano
avvicinati senza rendersene conto, non c’era più
molta distanza tra di loro e
le poche battute scambiate prima erano diventate un fiume di parole.
Lui le
raccontava delle piantagioni di mandragole e lei gli diceva quanto le
sarebbe
piaciuto avere delle piante di pesche, visto quanto adorava la crostata
di
pesche!
“Anche lì c’è uno stagno,
molto più
grande di quello in realtà” disse Alex indicando
quella che era una pozza d’acqua
che persisteva nel sottobosco e veniva alimentata dalle piogge
“D’ inverno la
superficie è gelata e vi si può pattinare, io
adoro pattinare”
“Non ho mai provato” ammise Cassie
avvicinandosi allo stagno.
Alex le sorrise e con un gesto
veloce tirò fuori la bacchetta e lanciò un
incantesimo sulla superficie dell’acqua
che mille scintille azzurrine tramutarono in una lastra di ghiaccio.
“Coraggio allora” la invitò
guadagnandosi un’occhiata che era a metà tra lo
sdegno e il divertimento.
“Siete serio?” domandò la giovane
la cui voce tradiva una punta di preoccupazione.
“Mai stato così serio”
confermò
Alexander prima di trasfigurare i suoi stivali in pattini e di fare
altrettanto
con quelli della fidanzata.
Il giovane le prese le mani per
aiutarla a muovere i primi passi verso il ghiaccio. “Ho paura
di apparire
ridicola” confessò Cassandra.
“Dovete solo usare il vostro senso
dell’equilibrio. Dovrebbe esserne dotata qualsiasi persona
che non soffra di
labirintite” Il suo tono sembrava una innocente presa in giro.
“Non vi facevo così simpatico,
Alexander, sembrate sempre così serio” fece lei
stando al gioco.
“E voi sempre così poco seria”
Cassandra si finse offesa e fece
per lasciare le mani di Alex ma perse l’equilibrio e si
ritrovò a terra insieme
al fidanzato dato che anch’egli aveva perso
l’equilibrio nel tentativo di
recuperarla.
Dopo aver di nuovo trasformato in
calzature i loro pattini Alex aiutò la giovane Floral ad
alzarsi in piedi.
Aveva l’acconciatura leggermente sfasciata e una ciocca di
capelli che le
penzolava davanti gli occhi, ciocca che venne spontaneo ad Alex
sistemarle
dietro l’orecchio. Erano così vicini che i loro
nasi si sfioravano appena,
sarebbe bastato un nulla per colmare quella distanza ma
nell’avvicinarsi Alex
vide Cassie spalancare i grandi occhi azzurri e ritrarsi appena. Non si
fidava
ancora di lui.
“Forse è meglio se rientriamo…non
vorrei che si preoccupassero per noi” disse Cassandra
leggermente in imbarazzo.
Intanto Alice era appena uscita
dalla stanza degli ospiti dove avevano soggiornato le altre sorelle. Le
sarebbero mancate incredibilmente nonostante lei, anche per il
carattere meno
femminile, fosse più legata ai fratelli. Aveva salutato
Jamie poco prima e ora
doveva andare da Markus. Le se stringeva il cuore al pensiero di quello
che lui
stava passando quindi capiva benissimo la sua voglia di andarsene ma
egoisticamente sperava che qualche altro membro della sua famiglia
sarebbe
rimasto a Villa Floral.
Le carrozze erano quasi pronte, i
bagagli erano stati caricati dagli elfi, mancavano solo i viaggiatori.
Alice bussò alla camera del
fratello più grande e aspettò di essere invitata
a entrare. Spinse appena la
pesante porta in quercia e intravide Markus che, insieme ad un elfo
domestico,
faceva un controllo della lista delle cose da prendere.
“Può lasciarci da soli?”
domandò la
giovane all’elfo che annuì e sparì con
un piccolo inchino.
Alice si avvicinò al fratello e si
posizionò esattamente davanti a lui. “Dunque
è arrivato il momento dei saluti”
disse.
“È troppo doloroso…Cassandra che
sposa Alexander Dashwood…” la sua voce era quasi
spezzata, era la prima volta
che Alice lo sentiva così.
La giovane si avvicinò e prese le
grandi mani del fratello tra le sue. “Posso solo immaginarlo
ma…ho visto che
Cassie prova dei sentimenti per te, lo vedono tutti, persino
quell’antipatico
di Dashwood... Non sono ancora sposati, un fidanzamento si
può anche rompere”
sapeva che quella che stava dicendo era una brutta cosa ma se serviva
per ridare
animo al fratello…
“Non dire sciocchezze, Alice. Non
ho speranze. Cosa ho io da offrire ad una giovane donna? Chi potrebbe
mai amare
uno come me?”
“Caro fratello, devi essere tu il
primo ad amare te stesso. Se non lo fai tu per primo nessuno
potrà farlo al
posto tuo”
Colpito da tanta saggezza Markus si
sentì un pochino più sollevato e si
ritrovò immerso in una chiacchierata cuore
a cuore con la minore delle sorelline. Arrivò alla
conclusione che, certo,
fisicamente non era l’uomo che le ragazze avrebbero sognato
di avere al loro
fianco ma in fondo era un animo nobile e gentile.
“Secondo te ho una qualche
possibilità ancora?”
Alice scelse con cura le parole da
utilizzare per non ferire troppo il fratello o alimentare troppo le sue
speranze.
“Fin tanto che non si saranno
sposati puoi sempre provare”
Ed allora, con un sorriso, Markus
affermò che sarebbe rimasto, almeno un altro po’.
Christopher aveva trascorso tutta
la mattina nella sua camera, intento a pensare a come far cambiare idea
alla
giovane Alice Storm. Doveva pianificare l’appuntamento
perfetto, qualcosa che
avrebbe fatto cadere ai suoi piedi qualsiasi ragazza sulla faccia del
pianeta,
ma cosa?
Aveva buttato giù qualche foglio di
appunti ma erano finiti tutti appallottolati e sparsi per il pavimento
della
stanza. I neuroni nel suo cervello sembravano scontrarsi producendo
solo un gran
guazzabuglio di pensieri che gli aveva fatto venire il mal di testa. Si
era
fatto addirittura portare il pranzo in camera, anche se forse uscire e
cambiare
aria sarebbe stato meglio che restare lì a crucciarsi.
Un lieve bussare alla porta gli
fece alzare lo sguardo per vedere sua sorella entrare.
“Ah, sei qui allora. Stavo
iniziando a preoccuparmi” sorrise Evelyn sedendo sul letto e
tenendo le gambe
penzoloni.
“Scusa, avevo mal di testa e ho
preferito non uscire”
“È da ieri che sei strano. Sei per
caso diventato meteoropatico, fratellino?” scherzò
lei.
Chris si girò verso di lei con un
gran sorriso stampato in volto. “Dimmi una cosa,
sorellina” e calcò quel
diminutivo per ribadire che lui era il maggiore “Sei venuta
qui solo per
insultarmi o vuoi qualcosa?”
La conosceva fin troppo bene.
Evelyn si decise a chiedere quello che voleva anche se decise di girare
intorno
alla questione.
“Sai, quando c’è stato il ballo un
gentiluomo mi ha aiutata a liberarmi da un altro che mi stava
importunando e
non ho ancora avuto modo di ringraziarlo
propriamente…”
“A chi ti riferisci? E soprattutto perché
non mi hai detto niente del ballo? Perché non mi hai
chiamato se avevi bisogno
di aiuto?” scattò subito Chris con fare protettivo.
Evelyn sorrise. Non sarebbe mai
cambiato.
La ragazza si alzò in piedi. “Vedi?
Sono qui, tutta intera, sto bene” affermò mentre
con un gesto delle mani si
mostrava da capo a piedi. “Ad ogni modo”
continuò “mi riferivo al signor Black.
Tu lo conosci? Sai cosa potrei fare per ringraziarlo?”
Il fratello si prese qualche
secondo per pensarci. “Non conosco bene Aldebaran Black.
Eravamo dello stesso
anno ma in case diverse. Suppongo sia qui perché parente dei
Floral o dei
Dashwood o di entrambi, sai, tra purosangue...” non aveva
bisogno di terminare
la frase in fondo anche Evelyn sapeva bene della tradizione di sposarsi
tra
parenti per conservare la purezza del sangue, soprattutto ora che le
famiglie
purosangue stavano iniziando a ridursi di numero.
“Comunque non siamo mai stati molto
amici e poi quando sono partito ho perso i contatti un po’
con tutti… A dire il
vero non ho neanche avuto modo di salutarlo ancora”
A quel punto la ragazza gli rivolse
uno sguardo che aveva un che di malandrino “E non potresti
andare a farci una
chiacchierata?” domandò con lo sguardo da povero
cucciolo.
“Mi hai preso per una vecchia
comare?” poi, non resistendo agli occhioni dolci di Evelyn le
promise che se avesse
scoperto di più glielo avrebbe fatto sapere.