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Autore: Frulli_    23/08/2017    0 recensioni
[...]Si girò appena verso destra, e capì che non erano soli: davanti a lei, una decina di passi più avanti, un'altra persona stava guardando quella stessa scena. Una ragazza, con lucenti capelli biondi, ed un abbigliamento che proveniva decisamente dal futuro. La ragazza si girò lentamente verso di lei, come ad aver percepito il suo sguardo, e lo ricambiò sorridendo. Aveva un'aria molto familiare, forse per via del fatto che aveva i suoi stessi occhi...
//Storia intrecciata tra i Quattro Fondatori ed alcuni personaggi del libro, circa 20 anni dopo la caduta di Voldemort.
Genere: Avventura, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Delphini Riddle, Teddy Lupin, Un po' tutti, Victorie Weasley | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Dopo la II guerra magica/Pace
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CAPITOLO TREDICI

Villa Malfoy, 2018 d.C.
L'antico maniero, un tempo quartier generale di Lord Voldemort e dei Mangiamorte, nonché dimora di una delle più antiche famiglie magiche del tempo, sembrava disabitata.
Bill aveva avvisato Ted di tenere occhi e orecchie ben aperti: potevano incorrere in una trappola senza nemmeno accorgersene. Ma, ad onor del vero, quella struttura sembrava davvero disabitata. Sporca e piena di ragnatele, le scalinate erano impolverate così come il resto del mobilio. Non c'era una candela accesa, e molti quadri appesi erano semplicemente vuoti. Nessuno elfo domestico, nemmeno un topo come abitante.
Sembrava una casa fantasma, tutto qua.
Presero a ispezionare la zona in lungo e largo, le bacchette pronte, ma alla fine dovettero arrendersi.
«Non sono qui» ammise Bill, sospirando.
Ted stava per buttare la spugna quando sentì, dal piano di sopra, qualcosa trascinare lungo il pavimento di legno.
Corsero su per le scale, cercando di fare il meno rumore possibile. In un angolo di una sala già esplorata, sembrava che qualcosa si celava nell'ombra. Una sagoma, con la schiena al muro, che sembrava reggersi il fianco.
«Non sono qui...» mormorò con voce debole.
«Dove sono?» chiese subito Ted, puntandogli la bacchetta addosso. Morente o meno, quella figura nell'oscurità poteva essere una trappola di Delphini.
«Riddle...» mormorò di nuovo l'uomo «Riddle...» ripetè di nuovo.
«Il Maniero Riddle, dici?» precisò Bill. La figura annuì appena, nella penombra.
«Ma certo, Delphini è una Riddle» mormorò Ted verso Bill, facendo quadrare l'informazione.
Fece per avvicinarsi alla sagoma, ma una mano insanguinata spuntò dalla penombra.
«Muovetevi, non c'è tempo...ho cercato di fermarla, ma è troppo...potente, per me»
Ted e Bill si guardarono tra loro, annuendo.
«Chiunque tu sia, grazie per il tuo aiuto» annunciò Ted, prima di uscire velocemente da lì, insieme a Bill.
La sagoma nell'oscurità rimase lì, a godersi in solitudine i suoi ultimi momenti di vita. Gli sembrava di poter sentire chiaramente la voce di sua madre in testa.
Non sentirai nulla, vedrai. Conta alla rovescia, amore mio.
Deglutì, una lacrima gli cinse il mento. Aveva paura, ma sperava di non aver fallito di nuovo.
5, 4, 3, 2, 1..
Perse coscienza e si accasciò sul pavimento con un tonfo sordo. La luce lunare che penetrava dalle finestre sporche illuminò appena la mano insanguinata che stringeva una foto, ed i capelli biondo platinato scompigliati, macchiati di sangue.


Maniero Riddle
Cominciò a riprendere lentamente coscienza. Aprì gli occhi ma li richiuse subito dopo, dolorante: la testa pulsava terribilmente, e in un attimo di panico percepì qualcosa di bagnato e caldo che le colava dalla tempia, gocciolando sulla maglia. Sangue.
Deglutì, cercando di calmarsi, e aprì e chiuse gli occhi più volte finchè il dolore alla testa fu sopportabile e la vista si abituò alla semi oscurità in cui si trovata.
Era seduta sul pavimento di legno di un'enorme sala rettangolare, che un tempo doveva aver riflesso la magnificenza della famiglia che vi abitava. Un lampadario impolverato era ancora presente sul soffitto. Un grande camino acceso illuminava appena la zona restante, vuota ad eccezione per una poltrona, dove una ragazza era seduta. E la fissava.
Si accorse solo in quel momento che era incatenata a terra, e che quella ragazza che la fissava era Delphini.
«Liberami..» mormorò Vicky, incapace di gridare per via del mal di testa.
Delphini rise, e la sua testa prese a pulsare. «Non ci penso proprio, ragazzina. Sai, un suicidio del genere non me l'aspettavo da te, ad essere onesta. Ma d'altronde capisco: non volevi che i tuoi cari soffrissero. L'amore è debolezza, mia cara, non te l'ha mai detto nessuno?» chiese, sogghignando.
«L'amore è la magia più potente al mondo...» mormorò Vicky.
«Anche più potente di un Avada Kedavra? Io non credo...» ammise ironica Delphini. Si alzò, avvicinandosi. Si chinò su di lei e prese Vicky per la mandibola, sollevandole di scatto il viso.
«Io vincerò. Questa volta io vincerò. E niente, NIENTE...potrà impedirmelo. Non c'è nessuno che può farlo. So che tu sei la Salvatrice, ma nessuno può salvare niente incatenata al muro, senza bacchetta e senza magia...»
Quindi si alzò e con un colpo di mano fece apparire, lievitando in aria, il diadema di Rowena, la coppa di Helga ed il bastone di Merlino.
«Non osare...» mormorò Vicky, la testa che si spaccava in due dal dolore. Ebbe la strana sensazione, tuttavia, che tutto il corpo le dolesse come se mille pugnali le stessero trafiggendo la carne.
«Oh si che oserò, Victoire. Questi oggetti contendono qualcosa di mio, e dato che tu non sei capace di estrarli, lo farò io...»
«Non puoi, li distruggerai»
«E che importanza ha? Nel migliore dei casi avrò ciò che voglio; nel peggiore dei casi, io non avrò nulla ma tu nemmeno»
Delphini rise, quindi impose le mani sul diadema e sulla coppa. Prese a mormorare antiche formule, in una lingua a Vicky sconosciuta. I due oggetti presero a vibrare, illuminandosi sempre di più. Vorticavano in aria mentre la voce di Delphini si alzava gradualmente. Le sue mani tremavano forte di fronte alla luce dorata che i due manufatti emanavano.
«Fermati, li distruggerai!» gridò di colpo Victoire, allarmata dalle vibrazioni che emettevano i due oggetti.
Delphini gridò ancora di più le sue formule antiche, poi la luce inondò tutta la stanza, accecandole. Vicky chiuse forte gli occhi, e per un istante si sentì invadere da un fuoco vivo che le sciolse la paura dal petto, infiammandola di forza e coraggio. Quando la luce terminò, vide il diadema e la coppa per terra, contorti in un ammasso di metallo.
«No...» mormorò Vicky. Quei due oggetti erano l'unica speranza per poter attivare il bastone e sconfiggere il Maestro. Si guardò intorno, cercando proprio il bastone: era finito ai piedi del camino, con la punta buttata dentro al fuoco acceso. Il panico prese il sopravvento ma dovette calmarsi: il bastone non stava prendendo fuoco, eppure era sicura che quelle fiamme non fossero magiche. Come poteva essere? A meno che, certo...ma no, non poteva essere...
«Finalmente...» la voce di Delphini la distrasse da quei pensieri, e la osservò con orrore mentre raccoglieva da terra, vicino ai resti contorti del diadema e della coppa, una maschera egiziana d'oro ed una gemma blu. Quest'ultima entrò perfettamente nell'incastro che c'era sulla fronte della maschera e Delphini sorrise trionfale.
«Padrone, ce l'ho fatta! Ci sono riuscita! Oh mio Signore...!» sembrava stesse scoppiando di gioia, ma poi qualcosa sembrò rovinarle quella felicità immensa: le sue mani, quasi fossero dotate di vita propria, avvicinarono la maschera al viso della giovane.
«Mio Signore, no...vi prego, sono una vostra fedele serva...vi prego, no..!»
Per un istante Vicky provò pietà per quelle suppliche, ma evidentemente non le sue mani, che poggiarono la maschera sul viso, con violenza. Il corpo di Delphini fu preso da spasmi mentre lei gridava, dolorante. Lentamente qualcosa sembrò uscire dalla sua testa, e Vicky notò con orrore che era un volto.
Sembrò come se lentamente il corpo di Delphini si stesse spaccando e dividendo da un altro, quello di un uomo. I due corpi si divisero lentamente e tra le grida di dolore di Delphini che alla fine si accasciò a terra, priva di vita, con gli occhi spalancati e vuoti verso Vicky.
Al suo posto, un uomo alto e dalla corporatura muscolosa, privo di capelli, il volto nascosto dalla maschera. Indossava abiti medievali, e sembrava occupare tutta la sala con la sua stazza e la sua presenza oscura.
«Victoire, la Salvatrice...finalmente ci incontriamo» annunciò il Maestro. La sua voce metallica e sinistra rimbombò in tutta la stanza.
«Che cosa le hai fatto...» mormorò Vicky, fissando il corpo senza vita di Delphini. Il Maestro fece lo stesso, scrollando le spalle.
«Mi è dispiaciuto, lo ammetto. E' stata una fedele servitrice, una delle poche che ha voluto custodire la mia anima con tanta parsimonia. D'altronde era figlia di un mio potente discendente e di una Lestrange, sarebbe potuta diventare quasi una Pura, ma le mancava ancora qualcosina. Così ho dovuto eliminarla, un peccato davvero»
«Una...Pura?»
«Si, mia cara Victoire, una Pura. Una creatura nata da una strega ed un mago di potenza e nobiltà indicibile, il cui sangue magico è più potente persino del mio. Unendomi ad una creatura pura, potrò finalmente creare una stirpe di maghi purosangue. In molti ci hanno provato. Beh, molti...in verità ero sempre io, solo in corpi differenti» precisò il Maestro, ridendo.
«Tu hai...posseduto i maghi oscuri?»
«Molto sagace. Si, è ciò che ho fatto: nessuno poteva raggiungere quella potenza senza il mio aiuto. Quando i tuoi cari Fondatori mi sconfissero, non mi uccisero del tutto. La mia anima, debole e distrutta, sopravvisse e si aggrappò alla creatura vivente più debole alla magia oscura»
«Salazar...»
«Quel caro ragazzo credeva davvero che l'amore di Rowena potesse cambiarlo. Povero illuso. Mi custodì per diciotto anni, e diciamo che la nostra convivenza fu...movimentata» ridacchiò «dopo avergli fatto costruire la Camera dei Segreti fuggì, senza la mia approvazione. Immaginerai bene che lo punì per tale affronto, ma quel ragazzo era più forte del previsto. E dopo quasi vent'anni, decise di suicidarsi lasciandosi morire. Prima volle salutare quello schifo di Hogwarts, ma la fortuna girò dalla mia parte, incontrando per caso Helena Ravenclaw, sua figlia.
Era la creatura Pura, figlia di una strega ed un mago puri e potenti. Era lei che volevo! E così feci, conquistandole mente e corpo. Fui io a dirle di rubare il Diadema di sua madre! Ma quella stolta, arrivata in Albania, se ne pentì e si ammazzò. Era tutto rovinato, pensai...ma riuscii a sopravvivere secolo dopo secolo. Devo ammettere che con Grindenwald stavo per riuscirci, ed anche con Tom, il suo degno erede...ma poi ho visto te, in sogno, ed ho capito. Dovevo assorbire la sua anima. Sei TU la creatura pura per eccellenza»
Il silenzio calò sulla stanza. Vicky fissava il Maestro, cercando di assorbire tutte quelle notizie. Tutte quelle verità, che avevano infangato la memoria di molte persone, Salazar ed Helena primi fra tutti.
«Io sono una Weasley ed una Delacour. Io sono una maga, sono una figlia, una fidanzata...non sono nulla di ciò che dici»
«Oh no, tu sei molto più di questo, mia cara. Tu sei la discendente diretta di Rowena e Salazar, tu sei la Custode del bastone di Merlino, sei la Signora del Tempo»
«Helena era l'ultima erede»
«Questo è quello che credono tutti. Ma Helena non fu l'unica figlia di Rowena e Salazar. Salazar riuscì a resistermi per due anni, dopo la battaglia. Concepì Helena ed un'altra femmina, che nacque poco prima della sua fuga. Nessuno parlò mai della seconda figlia per paura che Salazar potesse tornare a prenderla, o farle del male...fu affidata a Merlino e condotta a Camelot, dove crebbe come figlia di un uomo chiamato George, il quale pochi anni dopo si trasferì con tutta la famiglia in Francia, dando vita ai Delacour, la tua famiglia»
Vicky tacque di nuovo. Troppe informazioni, troppe cose che non sapeva nemmeno fossero vere o false.
«Tu menti...non esiste nessuna seconda figlia...»
«E' triste pensare che mi ritieni un bugiardo, ma che importa se ci credi o meno? Tra poco assorbirò la tua anima e non avrò bisogno del tuo guscio vuoto. Sarò IO la creatura pura che ho sempre desiderato, e tramite la mia potenza potrò ripulire il mondo dalla feccia dei Babbani e cercarmi una compagna perfetta. Ah per inciso: la seconda figlia di Rowena venne chiamata Victoria, perchè nacque il giorno del secondo anniversario dalla vittoria contro di me. Curioso, vero?»
Vicky tacque, deglutendo. Troppe coincidenze, il Maestro doveva essersi inventato tutto. Lanciò un'occhiata al bastone: era ancora lì, incolume tra le fiamme. Fissò il fuoco, desiderando ardentemente che le restituisse il bastone, e le sembrò quasi che le fiamme guizzassero, agitate dalla sua mente.
Tornò a fissare il Maestro. Doveva guadagnare tempo.
«Facciamo finta che ti credo. Perchè hai aspettato tutto questo tempo per prosciugarmi l'anima?» chiese, mentre guardava con la coda dell'occhio il bastone. Ebbe la sensazione che si fosse mosso, ma per paura che il maestro potesse scoprirla non si girò del tutto a guardarlo.
«Perchè dovevi maturare. Dovevi essere consapevole di chi eri e da dove venivi. Dovevi renderti conto da sola che sei una Ravenclaw, una Slytherin, una potente strega...se avessi preso la tua anima prima di quel tempo, sarebbe stata un'anima come un'altra: quella di una ragazzina mezza umana, dal sangue sporco» il Maestro sogghignò «ma possiamo sorvolare su questo dettaglio, ti perdono mia cara. Ripulirò bene la tua anima, non temere»
L'uomo fece per avvicinarsi a lei. Con un colpo di mani fece sparire le catene che tenevano ferma Vicky. Si massaggiò i polsi indolenziti, e lentamente si alzò. Il Maestro la guardò, sapeva che stava sorridendo da sotto la maschera. I suoi occhi mandavano bagliori di follia.
«Ora sta calma...non sentirai nulla»
«Fa in fretta» rispose Vicky. Stava prendendo ancora tempo, con le mani dietro la schiena, spalancate, mentre la mente cercava di muovere il bastone e farlo cadere fra le proprie mani.
«Non essere frettolosa, mia cara...tempo al tempo»
«Aspetta!»
«Cosa c'è...» sospirò il Maestro, come un padre paziente.
«Voglio sapere un'ultima cosa. Cos'è una Signora del Tempo...»
Il Maestro arretrò di un passo, fissandola. «E' una figura direi mitologica, seppur abbiano affibbiato questo nome a te. La leggenda vuole che sia una potente strega in grado di viaggiare nel tempo, per ripulire il mondo dal male. Ella è dotata di immortalità e di poteri infiniti, in grado di sconfiggere qualunque tipo di male quando esso è ben superiore rispetto al bene. Alcuni dicono che Rowena fosse una signora del tempo, altri dicono sia tu...secondo me è solo una favola antica. Senza contare che ti serve un'anima, per essere signora del tempo. E tu fra poco non avrai nulla che un corpo vuoto»
Il Maestro sorrise, si avvicinò lentamente a Victoire, finchè la sua maschera non fu ad un fiato da lei. Poi, la bocca metallica della maschera si posò su quella in carne ed ossa della ragazza.
La stanza si illuminò di luce, tanto che il Maestro arretrò, accecato. Quando il bagliore finì, cercò di mettere a fuoco quel che sembrava il camino acceso. Ma si sbagliava.
Quelle fiamme che vedeva non venivano dal camino, ma dalla figura di Victoire, o da quel che v'era rimasto.
Era una figura femminile, completamente avvolta nel fuoco. I suoi occhi fiammeggiavano, i suoi capelli bruciavano lucenti, il suo corpo nudo era avvolto dalle fiamme che la avvolgevano, senza bruciarla, così come non bruciavano il bastone di Merlino, che teneva fra le mani.
Il Maestro si inginocchiò, estasiato, davanti a quella divinità perfetta. La figura continuò a fissarlo. Sollevò il bastone verso il cielo, prima di sbattere la sua base a terra, una sola volta. I muri ed il pavimento presero a vibrare per qualche secondo, poi tutto esplose e volò per aria, come colpito da una bomba.
Il Maniero Riddle fu raso completamente al suolo, le fiamme avvolgevano qualunque cosa si trovasse intorno nel raggio di metri, finchè di colpo sembrò che il fuoco fosse assorbito, risucchiato da una forza che lo fece eclissare e scomparire del tutto, lasciando i resti del maniero nella completa oscurità.
Il Maestro si smaterializzò prima che la distruzione potesse coglierlo, e quando Teddy e Bill arrivarono nei pressi del Maniero temettero il peggio.
«E' troppo tardi...» mormorò Bill.
Entrarono con estrema attenzione e Ted gridò quasi quando, tra le macerie annerite, vide il corpo nudo e fumante di Victoire, a terra, priva di sensi. Ma incolume.


Ministero della Magia, 2018 d.C
Aprì lentamente gli occhi e mosse la testa. Si mise a sedere, la testa pesante ma ben vigile. Si guardò attorno: era nell'ufficio di zio Harry, al Ministero, questo lo sapeva. Pur non essendoci mai stata, sulla scrivania vide le foto magiche dei suoi genitori, di zio Sirius, di Albus Silente e qualche rara foto di Severus Piton, pescata chissà dove. Si alzò, prendendo la foto di Sirius e ricambiando il sorriso che la foto le donava.
«Che cosa devo fare...» mormorò, sospirando.
Perchè diavolo l'avevano portata lì? Si guardò attorno, notando in quel momento il bastone vicino al divano dove era stata sdraiata. Ma certo, il bastone deve averla portata lì da solo, e poi deve essere stata soccorsa da zio Harry o chi per lui. Nonostante la testa pulsante, sapeva che doveva trovare il Maestro. Sospirò, lasciandosi ricadere sul divano. Aveva dei poteri immensi, aveva la capacità di evocare il fuoco e, secondo il suo ragionamento, anche gli altri tre poteri elementali. Secondo sempre una logica assurda, aveva il potere della Terra stessa, quella dei quattro elementi che la compongono. Il bastone al suo fianco era una fonte inimmaginabile di questo tipo di magia, e la vera domanda era: sarebbe stata capace di controllarla? Perchè dopo il disastro al Maniero era chiaro che non ne era capace. Ma d'altronde era l'unico modo per sconfiggere il Maestro. Non sapeva però a cosa andava incontro: sapeva di grandi maghi e streghe assorbiti dalla loro stessa magia, morti o peggio...
Non voleva morire, né diventare una creatura oscura. Ma non voleva nemmeno che il Maestro sopravvivesse o uccidesse i suoi cari.
«Sarebbe stato comodo un manuale su come usare questo coso» borbottò fra sé, guardando il bastone e rivolgendosi a interlocutori immaginari.
Sapeva solo che doveva uscire da lì, ed in fretta. Doveva trovare il Maestro, e subito. Si alzò, avvicinandosi al bastone ed allungando la mano verso di esso. Poteva, già solo da lì, percepire la sua enorme potenza. Cercò di rilassarsi, di sgomberare la mente da ogni pensiero e paura, come quando studiava gli incantesimi più difficili. Poi lo toccò.
Sentì come una scossa di terremoto percorrere il bastone fino al suo braccio e al resto del corpo. Poi un vento dolce ma deciso l'avvolse. Respirò a pieni polmoni quell'aria, il bastone stretto a sé. Poi si guardò intorno: era ancora “umana”, normale, e non aveva distrutto nulla. Buon segno. Evidentemente la paura di morire, poco prima, aveva scatenato la potenza di quel bastone.
Lo afferrò con decisione come le briglie di un cavallo, quindi si liberò abilmente delle porte “chiuse” del Ministero. Si fermò più volte lungo il corridoio, davanti la altre porte, cercando di capire se qualcuno la stesse spiando, seguendo, o se ci fosse qualcuno nelle vicinanze.
Si sentì immediatamente in colpa per quel che stava facendo: girare per il Ministero come una ladra, come aveva fatto Delphini quando rubò il bastone proprio da lì. Si fermò, come pietrificata.
«Ma certo...la stanza del tempo...» borbottò, muovendosi in fretta verso il primo ascensore che trovò libero, nascondendosi tra la folla di impiegati alla vista di chiunque potesse riconoscerla. Era chiaro, no? Delphini aveva rubato il bastone da quella stanza proprio perchè quel bastone era un oggetto che aveva viaggiato quasi nel tempo, e che attraverso il tempo aveva condotto a Vicky la magia dei Fondatori, il dono custodito da quell'oggetto per così tanto tempo. Forse nella stanza del tempo avrebbe trovato qualcosa che l'avrebbe aiutata? Non lo sapeva, ma era un buon punto di partenza.
Entrò nel primo ascensore che incontrò, spinse il tasto per il nono piano e, proprio quando le sbarre si stavano chiudendo, incrociò gli occhi di un dipendente del Ministero che la fissava, lo sguardo glaciale e profondo. Ed un sorriso sinistro che gli squarciava la bocca.

 

Hogwarts, 1024 d.C
Le piaceva camminare per i corridoi maestosi del castello. Era estate inoltrata, la scuola stava per finire e gli studenti si divertivano a giocare sulle rive del lago, a chiacchierare, a fantasticare su cosa avrebbero fatto tornando a casa. Era sempre stato così, e sempre lo sarebbe stato. Quella scuola era un faro per ogni mago o strega che ne avesse avuto bisogno. Era nata per quel motivo.
Si fermò davanti un'armatura ornamentale di metallo. Vide il proprio riflesso sullo specchio: era invecchiata, come ogni altro essere umano. La pelle candida e delicata era stata soppiantata dalle rughe della saggezza. I capelli, biondi un tempo, erano bianchi e raccolti nella solita treccia. I vestiti di quando era giovane ormai erano passati a sua figlia, poiché la vecchiaia l'aveva fatta incurvare e ingrassare. Tuttavia gli occhi erano i soliti: limpidi, allegri, buoni.
Rowena diceva sempre che i suoi occhi le trasmettevano la pace e la calma. Ebbe una fitta al cuore a quel pensiero. La sua amica era morta da tanti anni, ma ancora non riusciva a superare il dolore provocato da quella perdita. Tutti muoiono, lei questo lo sapeva, ma la morte di Rowena era stata orribile, piena di rimorsi e rimpianti, di sofferenze inutili lanciate contro una persona buona, che voleva solo stare bene. Che voleva solo amare.
«Ti trovi invecchiata?» una voce familiare la colse di sorpresa. Si girò, asciugandosi velocemente una lacrima e sorridendo verso l'uomo che si ritrovò di fianco.
«Abbastanza» ammise lei, circondandogli il braccio mentre ripresero a camminare.
«Lo siamo tutti» precisò Godric. Anche lui era cambiato: era dimagrito molto, aveva i capelli canuti ed una folta barba grigia. Ma la sua ironia non era mai cambiata «Mi sarebbe piaciuto vedere Rowena e Salazar, vecchi come noi...» ammise il mago, sincero.
Helga non rispose subito, non rispose affatto. Strinse la mano del marito e non disse nulla per tutto il tragitto, finchè i loro cuori non li guidarono verso uno dei tanti cortili di Hogwarts, dove al centro si stagliava una statua dei quattro fondatori di Hogwarts. Ciò che non tutti sapevano è che lì sotto riposavano Rowena e Salazar, finalmente insieme ed in pace.
«Ora sono insieme, Godric...è questo ciò che conta»
«Avremmo potuto evitare tutto. Sarebbero ancora qui con noi, anche Helena, se solo fossimo stati meno ciechi...»
«Non potevamo prevedere tutto, nemmeno Rowena ha potuto. L'importante è stato mettere in catene i suoi manufatti, per la Salvatrice. Il tempo ritorna, ricordarlo sempre...»
«Vorrei solo il loro perdono...»
«Siamo stati perdonati, tutti noi. Ne sono sicura...»
Godric annuì e rimasero a lungo in silenzio, a contemplare quella statua che per loro significava Amore e Amicizia, due sentimenti che insieme possono sconfiggere ogni male.
«Credi davvero che la Salvatrice sarà anche una Signora del Tempo?» chiese di punto in bianco Helga.
Godric scrollò le palle. «Non ha importanza, alla fine. E' importante che capisca come uccidere il Maestro, una volta per tutte...»

 

Nota dell'Autrice: salve a tutti! Eccoci arrivati al tredicesimo capitolo. Chiedo scusa per il gap passato tra il dodecisimo capitolo e questo ma, si sa, l'estate è sempre un casino :D E' difficile terminare una storia, ma spero davvero che il finale possa essere di vostro gradimento. Al prossimo capitolo!
P.S. Non me ne vogliano i fan di Draco, please «3

 

  
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