Casa
Si era svegliata come minimo tre volte da quando
si era
stesa sul letto, risvegli improvvisi e apparentemente senza senso
dovuti alla
paura che potesse inavvertitamente schiacciare Mihir nel sonno o farlo
cadere
dal letto. Nulla di tutto quello era successo e quando il piccolo
scoppiò a
piangere nuovamente, Mie si trovava in un piacevole stato di
dormiveglia. Aprì
gli occhi di soprassalto e ci mise qualche attimo prima di capire cosa
stesse
succedendo, assonata e col passo strascicato si alzò in piedi
accendendo la
luce, afferrò il biberon e prese in braccio Mihir. Il piccolo smise di
piangere
immediatamente, abituato alla bevanda zuccherina che gli fungeva da
nutrimento.
Mie ne approfittò per guardarsi intorno nel
tentativo di non
addormentarsi all’improvviso; la stanza era abbastanza piccola e se
avesse
dovuto azzardare delle cifre avrebbe puntato su un due metri per due,
il letto matrimoniale
molto semplice in legno si trovava qualche spanna sotto la piccola
finestra che
pareva un rettangolo tagliato nella parete, aveva delle imposte in
legno e come
aveva già avuto modo di notare dava direttamente sullo spiazzo davanti
alla
scalinata che portava in superficie. Sulla stessa parte della porta, a
destra
rispetto a chi entrava, si trovava un piccolo armadio a due ante mentre
a
sinistra contro l’altra parete si trovava un comò con tre cassetti che
gli
arrivava all’incirca alla vita affiancato da un treppiede che sosteneva
una
ciotola con una brocca piena d’acqua, l’unico interruttore per la luce
si trovava
affianco al letto. La porta in legno possedeva una serratura e la
chiave era
già inserita, ma una cosa che attirò la sua attenzione fu lo stipite.
Infatti
nel punto in cui legno e pittura si incontravano quest’ultima si era
leggermente scrostata permettendo di vedere il materiale di costruzione
che non
era semplice legno, come per la maggioranza delle baracche, bensì
mattoni. Mie
rimase a fissare i blocchi rossi qualche secondo avvicinandosi prima di
scuotere la testa, effettivamente non era una cosa così improbabile.
Buona
parte delle strutture costruite vicino alle scalinate e nel centro del
mercato
erano fatte in mattoni, solamente verso l’esterno, dove si trovava il
suo
bordello, le case diventavano di legno. Socchiuse gli occhi ripensando
al
bordello, probabilmente non l’avrebbero neanche cercata, tanto meno in
un posto
del genere, troppo vicino alle scale, con troppi gendarmi in giro.
A differenza delle Case del Piacere, che si
trovavano in
luoghi specifici vicino alle scalinate, dove si recavano solamente i
ricchi
nobili provenienti dalla superficie e dove le prostitute ricevevano
soldi e
protezione, i bordelli nascevano spesso nei quartieri più degradati del
sottosuolo ed erano frequentati dai gendarmi o dagli stessi abitanti
quel buco
schifoso e maleodorante; era qui, dove nessuna regola, neanche morale,
vigeva,
che si poteva trovare il peggio del peggio. Le povere vittime erano
spesso
malmenate o morivano durante i rapporti, la prostituzione infantile e
la pedofilia
erano all’ordine del giorno, non c’era nessuna protezione, nessuna
regola,
niente di niente.
Mihir si lamentò appena e Mie riportò sul piccolo
la sua
attenzione, aveva finito di mangiare e con pochi passi ripose
nuovamente il
biberon sul comò per poi poggiare il bambino sulla spalla e, con pochi
colpetti, farlo digerire come aveva visto fare a Corinne. Ringraziò gli
dei che
stavolta non rigurgitò nulla e si coricò nuovamente a letto col bambino
tra le
braccia spegnendo la luce, il sonno tornò scacciando, almeno per il
resto della
notte, gli inquietanti pensieri della ragazza che chiuse gli occhi e si
addormentò.
Arricciò il naso più volte cercando di fuggire da
quell’orribile odore che gli invadeva le narici, ma non contò a nulla.
Quasi
per riflesso spontaneo aprì gli occhi per individuarne la fonte e si
ritrovò
accecata dalla luce, richiuse velocemente le palpebre con un lamento
pima di
provare a sbatterle un paio di volte e, finalmente, aprire gli occhi.
La
potente luce che l’aveva accecata era in realtà una semplice penombra
dovuta al
fatto che era già mattina, sbuffando irritata si alzò a sedere
individuando
subito Mihir dopo aver dato una veloce scorsa al letto. Il bambino era
già
sveglio e con gli occhietti vispi la osservava attento quasi cercasse
di capire
la sua prossima mossa, Mie sorrise allungandosi e prendendolo sulle
gambe, ma
fu solo quando si portò il bambino vicino, e la puzza aumentò
incredibilmente,
che ebbe come un flash.
-Caz…umhbf- si morse la lingua per non completare
l’imprecazione davanti al bambino, che intanto la osservava con una
strana
espressione in viso, alzandosi dal letto velocemente –Il pannolino,
cavolo!
Come ho fatto a scordarmene? Dannazione!-
In preda a quella che poteva essere
tranquillamente
catalogata come crisi isterica fissò frebbilmente la camera alla
ricerca di un
posto per cambiare il bambino, lo poggiò sul comò, unica speranza,
senza
pensarci due volte per togliere il vestito al piccolo lasciandolo
cadere al
suolo, aprì velocemente la spilla da balia per poi allentare i lembi
del
tessuto che fungeva da pannolino quando, come un’esplosione, l’odore
rancido
gli invase le narici. Per qualche secondo gli parve quasi di essere
affondata
in una melma e… possibile che la puzza fosse palpabile? Gli pareva di
poterla toccare
tanto era densa. Si fece coraggio e trattenendo il fiato gli tolse il
pannolino
poggiandolo sul comò affianco al bambino, poi avendo cura di tenerlo
fermo con
una mano piazzata sullo stomaco, e ci sarebbe da precisare come la mano
di Mie
fosse grande come quasi l’intero busto di Mihir, si allungò rovesciando
la
brocca piena d’acqua che aveva visto la sera, o era notte?, prima nella
bacinella in ceramica poggiata sul treppiede. Afferrò il piccolo,
scambiandolo
di posto sul comò con la brocca, per poi immergergli il sedere
nell’acqua
fredda. Come il suo subconscio gli urlava da quando aveva preso in mano
il
recipiente, Mihir lanciò un urlo che gli perforò i timpani iniziando a
piangere. Di nuovo. Probabilmente era dovuto al fatto che l’acqua era
ghiacciata,
ma adesso aveva altri problemi più importanti, tipo non rimanere sorda.
Cercando di non mollare il bambino che sarebbe
caduto nella
bacinella e, nello stesso tempo, tenendolo abbastanza in basso da
lasciargli il
sederino in ammollo, Mie iniziò a frizionargli le natiche lavandolo.
Solamente
dopo qualche minuto, quando lo tirò su tenendolo premuto contro il
petto, si
accorse che non sapeva come asciugarlo. Immediatamente la sua mente, e
i suoi
occhi, volarono ai vestiti malamente sbattuti sul fondo del letto ed
era
seriamente intenzionata ad usarli, almeno fino a quando la sua parte
razionale
non le ricordo che, per la miseria, quelli erano in suo unico avere e
se li
avesse usati per pulire il culo di un neonato avrebbero di certo perso
buona
parte del loro valore. Era praticamente ferma in mezzo alla stanza, con
Mihir
in braccio che, grazie a dio, aveva almeno smesso di piangere, quando i
suoi
occhi intercettarono la culla. Culla formata da una cesta piena di
asciugamani
morbidi. Mentalmente ghignò avvicinandosi e afferrò il primo
asciugamano in
cima e avvolgendoci il bambino. Superato il momento critico le
esalazioni
tossiche provenienti dal pannolino tornarono ad attirare l’attenzione
di tutti
i suoi sensi, in primis l’olfatto. Storse il naso nel vano tentativo si
inspirare
meno puzza possibile, mentre, abbandonato Mihir al centro del letto
enorme, si
avvicinava al punto critico.
Osservò quel pezzo di stoffa color ecrù, ruvida,
sporca,
maleodorante e umidiccia che era stata addosso a Mihir fino a quel
momento da
quando era… scosse la testa cercando di ritrovare un minimo di
lucidità. Il
neonato si stava divertendo a emettere qualche buffo versetto e Mie
pensò
distrattamente che doveva sostituirgli il pannolino sporco con
qualcos’altro. E
questo significava trovare un nuovo pannolino giusto? Ricacciò l’idea
in fondo
alla mente, un problema per volta. Allungò la mano, esitante, verso
quell’ammasso di rifiuti tossici, ma si fermò a metà strada con il
braccio
sospeso nel nulla e una forte nausea che gli risaliva la gola -Non ce
la
faccio!- mugugnò schifata.
La situazione era in stallo, lei non si muoveva,
la puzza
continuava a espandersi per la stanza penetrando nelle narici, nei
polmoni e
attaccandosi alla lingua, il bambino continuava a emettere versi dal
letto, ed
era alquanto sicura che erano versi disgustati, ma , ehi!, era stata
colpa sua
giusto? Il minimo che poteva fare era sopportare con lei. Il rumore dei
gradini
scricchiolanti la riportò alla realtà facendole abbassare il braccio e
fu
subito seguito da un leggero bussare.
-Non credo le convenga entrare- disse avvilita
continuando a
fissare il comò
-Tutto bene?- la voce preoccupata della padrona di
casa la
raggiunse da dietro il legno e Mie scosse la testa
-Per nulla!- riuscì solo a gracchiare tentando di
distogliere lo sguardo dal pannolino sporco senza riuscirci, neanche se
a
guardarlo sarebbe scomparso da solo!
La porta si aprì lentamente e Mie, con la coda
dell’occhio,
vide la donna entrare e coprirsi immediatamente bocca e naso con una
mano,
l’espressione disgustata, le sopracciglia corrucciate
-Ma che diavolo è successo qui?- le chiese
girandosi nella
sua direzione, Mie continuò a dargli le spalle girata di tre quarti,
allungò un
braccio all’indietro indicando il letto
-È colpa sua- proferì funerea. La donna sollevò un
sopracciglio scettica avvicinandosi lentamente
-Capisco- mormorò sospirando -Aspettami qui-
aggiunse
girandosi e scendendo velocemente le scale. Il rumore di cassetti
aperti e
chiusi freneticamente riempì la casa, ma quando risalì Mie non si era
sostata
di un millimetro, pareva una statua di sale, una stalattite di come se
ne
vedevano tante alzando lo sguardo verso la volta
-Non è fissandolo che risolverai il problema- la
ammonì
allegramente mettendosi davanti a lei e piazzandole tra le braccia un
nuovo
pannolino -Metti questo al bimbo che a quello- e indicò il comò con un
cenno
del capo -ci penso io-
Mie annuii decisamente rincuorata e tornò ad
avvicinarsi al
letto osservando Mihir che, muovendosi, si era sfilato l’asciugamano di
dosso e
adesso stava allegramente sdraiato su di esso, socchiuse gli occhi
mentre
cercava di replicare i gesti che aveva visto fare a molte mamme per poi
prendere la spilla che era poggiata li affianco e chiudere il pezzo di
stoffa
per sempre. O almeno fino al prossimo cambio. Tirò su il neonato pulito
guardandosi intorno, era sicura di aver lasciato la spilla sul comò e
concluse
abbastanza velocemente che doveva essere stata l’anziana a
lasciargliela sul
letto prima di uscire diretta per chissà dove con il pannolino sporco,
non si
ricordava neanche più il suo nome. Adesso che lo notava aveva fatto un
vero
disastro, il lenzuolo del letto era completamente caduto a terra, la
culla
distrutta non aveva più nulla di confortevole e pareva solo un ammasso
di asciugamani,
intorno al treppiedi di ferro c’era una pozza d’acqua e alcune gocce
segnavano
il percorso fino a dove si trovava lei in quel momento, il vestitino di
Mihir,
il suo unico indumento formato da un rettangolo con i buchi per braccia
e
testa, era per terra e l’asciugamano con cui aveva avvolto il bambino
era umido
lasciato sul materasso.
Indecisa su dove cominciare a mettere apposto si
avvicinò
alle imposte aprendo la finestra e permettendo alla stanza di cambiare
aria,
non che quella fuori fosse più salutare, ma di sicuro era più
respirabile.
-Era il tuo primo cambio?- la voce non la colse di
sorpresa
avendo già sentito i passi salire gli scalini scricchiolanti –Non
sembri
molto…-
-Preparata? Esperta?-
-…pratica- concluse ridacchiando. Mie si girò
osservandola
mentre afferrava da per terra il vestitino, lo ripiegava e poggiava sul
comò
accarezzandolo con gli occhi
-Lo so, ma non posso farci niente- disse
sollevando le
spalle –Imparerò-
-Tutte abbiamo imparato- concordò l’anziana –ma un
po’ di
aiuto è sempre di comodo no?- domandò osservandola
-Certamente- ci fu un attimo di silenzio mentre si
avvicinò
anche lei al comò –E lei potrebbe darmi questo aiuto?-
-Dipende da te-
Mie corrucciò le sopracciglia confusa –A me sembra
che lei
mi abbia già aiutato. Non ha forse preparato il biberon per Mihir ieri
sera? E
stamattina mi ha dato un nuovo pannolino!- argomentò sollevando il
bambino per
le ascelle davanti a lei come fosse una prova evidente
-Vero- le accordò –Seguimi giù in cucina per
favore-
Si sentiva a disagio, non le piaceva per niente la
piega che
stavano prendendo gli avvenimenti né l’espressione della donna, troppo
seria.
La seguì giù per le scale e poi lungo il corridoio fino ad arrivare
nella
piccola cucina che l’aveva ospitata la sera prima. L’anziana che
l’aveva
accolta e quella che aveva davanti adesso parevano due persone
totalmente
diverse e non poté impedirsi di stringere più forte Mihir al petto. La
donna
afferrò lo schienale di una sedia tirandolo indietro a facendogli
intendere che
doveva sedersi, lentamente si avvicinò e fece come richiesto mentre
quella
prese posto dall’altra parte del tavolo di legno.
-Dobbiamo parlare- disse semplicemente. Mie
aspettò eppure
non disse nient’altro. Ogni secondo che passava sentiva l’ansia
aumentargli
addosso, che avessero scoperto che Mihir non era suo figlio? E a loro
cosa
interessava? Meglio tenerlo per se che lasciarlo a morire in una
stupida stanza
da solo! Possibile che pensassero che l’avesse rapito? No, no, in quel
caso non
lo avrebbe di certo tenuto con se! Magari erano stati contattati dalla
padrona
del bordello che la stava cercando! Era morta, sarebbe morta e con lei
sarebbe
morto anche Mihir, era un maschio, al bordello sarebbe stato inutile,
l’avrebbero abbandonato e lasciato morire per strada! Come se
percepisse
l’agitazione nell’aria il piccolo prese ad agitarsi tra le sue braccia
e lei lo
strinse leggermente, non potevano toglierglielo, era tutto ciò che gli
rimaneva, volevano forse consegnarla ai gendarmi?
I suoi pensieri vennero interrotti quando sentì dei passi dietro di sé
e
immediatamente dopo un uomo entrò nel suo campo visivo. Ci vollero
pochi
istanti di smarrimento alla sua mente prima di catalogarlo come il
tizio della
locanda, probabilmente il marito della vecchia. In effetti pareva anche
lui non
più giovanissimo, ma nonostante ciò era abbastanza evidente la
differenza di
età con la donna al suo fianco. Si accomodò sull’unica sedia rimasta
libera, le
mani incrociate sopra il tavolo e la fissava.
-Io sono Chayse e lei è mia moglie, Corinne-
-Mei- rispose semplicemente osservandoli e senza
capire dove
volessero andare a parare, perché si stavano presentando?
-Lui è?- chiese l’uomo fissando il bambino
-Mihir-
Annuii continuando a fissarlo e poi sospirò -Ieri
sera hai
detto che avevi i soldi per pagare la camera…-
-Sì- lo interruppe -Posso pagare la stanza se è
questo il
vostro problema e me ne posso andare anche ora- affermò guardandoli
entrambi
-Capisco quando non sono la benvenuta e non è un problema, me ne vado.
Grazie
di tutto- concluse alzandosi dalla sedia
-Non c’è né bisogno- disse Corinne
-Risiediti- aggiunse il marito fissandola negli
occhi
severamente. Mie, a disagio come non mai, si risedette sotto lo sguardo
fisso
dell’uomo che, ne era certa, sarebbe stato capace di inseguirla se
avesse
provato ad oltrepassare la soglia della cucina.
-Dobbiamo farti alcune domande- continuò -spero
non sia un
problema- e il tono severo aveva più sottointesi di quanti Mie potesse
coglierne in quel momento. Si agitò sul legno duro mentre anche Mihir
tra le
sue braccia pareva abbastanza infastidito da tutto quello
-Quanti mesi ha il bambino?- chiese
-Settimane, non mesi- lo riguardi la moglie, lui
annuii come
se non fosse importante
Mie tentennò –Tre… no, cinque- socchiuse gli occhi
annuendo
tra se e se -Sì, cinque giorni. Meno di una settimana- Chayse la fissò
come se
volesse capire se gli stava mentendo o meno, poi fisso il neonato
-Quando sei arrivata ieri Corinne mi ha detto che
il bambino
aveva fame- annuii, era vero –Non gli dai il latte?-
-Il latte costa- rispose immediatamente, sincera
-Costa
molto e non ho abbastanza denaro per comprarlo-
Lui corrucciò le sopracciglia come se qualcosa non
gli
tornasse, poi fisso la moglie che gli sorrise appena e la sua
espressione si
fece un attimo più rilassata
-Quindi hai i soldi per pagare una camera in una
locanda
vicino alla scalinata, ma non per comprargli il latte?-
Mie si irritò sentendosi punta sul vivo, come si
permetteva
di giudicarla così? O stava per caso mettendo in dubbia la verità di
ciò che
gli aveva detto?
-Esatto- rispose stizzita –non mi sembra che sia
un crimine!
O per caso crede che me ne andrò la notte senza pagare? Mi sembrava di
essere
stata chiara, posso…-
L’uomo la interruppe sollevando una mano davanti
al viso -Va
bene, va bene- la assecondò –Ma se non ti bastano i soldi per
comprargli il
latte non puoi dargli da mangiare in un altro modo?- chiese con ritrosia
Lei lo guardò confusa e ci pensò Corinne a
chiarire
attirando la sua attenzione
-Ti sta chiedendo perché non lo allatti al seno-
Mie sgranò gli occhi come se l’avessero appena
messa a
conoscenza di un segreto che cercava da una vita intera, Chayse invece
abbassò
leggermente il viso quasi arrossendo, che fosse imbarazzato?
-Non posso- asserì semplicemente appena l’uomo si
riprese
-Perché?- chiese –Corinne ha sempre allattato
tutti i nostri
figli-
Strinse le labbra e, per quanto gli fosse
possibile senza
far del male a Mihir, anche le mani.
-Io…- chiuse gli occhi prendendo un respiro –Io
non posso-
-Perché?-
-Non ho latte! Non posso allattarlo-
-Impossibile! Tutte le madri hanno il latte-
-Io no-
-Menti! Non vuoi allattarlo?-
-No!- affermò, come si permetteva di insinuare che
lo
volesse lasciare morire di fame?
-Allora perché non lo allatti? Tutte le madri
allattano i
propri figli, non lo sai? È anche molto più economico che comprare del
latte!-
-Non posso allattarlo!-
-Perché? Sei sua madre!-
-Io non sono sua madre!- la confessione gli era
uscita quasi
gridata e si sentiva sfiancata
-Dov’è sua madre?- continuò a incalzare l’uomo
incurante di
quanto gli fosse costata quella confessione –Perché tieni un bambino
che non è
tuo?-
-È mio dovere!-
-Perché?-
-Lei avrebbe voluto così!-
-Chi?-
-Lei!-
-La mamma del bambino?-
-Sì-
-Te lo ha detto lei?-
Tentennò
-Rispondi!-
-No…-
-Perché lo tieni tu?-
-Lei non…-
-Lo sa che è con te?-
-Non…-
-Lo hai rapito?-
-NO! Io non…-
-Perché lo hai tu?-
-Lei non può!-
-Perché?-
Silenzio
- PERCHÉ?-
-Chayse calmati!- intervenne Corinne mettendogli
una mano
sul braccio, ma l’uomo parve non ascoltarla
-Perché il bambino non è con sua madre?- urlò
-PERCHÈ È MORTA!-
Lo aveva detto, alla fine lo aveva fatto. Si
lasciò cadere
sulla sedia, il capo chinato in avanti , completamente scarica di ogni
emozione. L’uomo si calmò tornando a sedersi mentre la moglie le stava
riservando uno sguardo preoccupato. Lo sentì sospirare e allungarsi
leggermente
sul tavolo –Come sai che è morta?-le chiese, stavolta con un tono molto
più
dolce, pacato, rassicurante.
L’immagine del letto pieno di sangue, il corpo
freddo, i
capelli sparsi, all’improvviso fu tutto troppo, insostenibile, si sentì
trascinata a fondo da un’improvvisa ondata di tristezza, dolore, paura
e
angoscia, sentimenti che avevano trovato un guscio completamente vuoto
e
finalmente pronto ad affrontarle. Il primo singhiozzo usci basso ed
esitante,
quasi timido, gli altri lo seguirono a ruota sempre più rumorosi e
amari, fino
a sconquassargli le spalle come con un terremoto. Strinse a se Mihir
che
d’altro canto si agitò iniziando a piangere a sua volta. Corinne si
avvicinò
prendendogli il bambino dalle braccia, immediatamente Mie sollevo il
viso le
braccia allungate verso la donna –MIHIR!- urlò sollevandosi per cercare
di
riprenderlo, l’uomo intervenne mettendosi tra la moglie e la ragazza,
afferrandola dolcemente per i polsi, conducendosela al petto e
iniziando,
piano, a massaggiarle la schiena per alleviare il suo pianto. La
giovane si
aggrappò a quella maglia, sentiva le parole dolci che venivano
sussurrate al
bambino e immagino che fossero dirette a lei, lentamente le lacrime si
arrestarono e con loro i singhiozzi, tirò su col naso un paio di volte
prima di
allontanarsi dall’uomo per stropicciarsi il viso mandando via gli
ultimi
residui di quel lutto. Prese un respiro profondo prima di avvicinarsi a
Corinne
e al bambino
-Ehi- sussurrò diretta al piccolo accarezzandolo
con lo
sguardo –Mi dispiace di averti spaventato- mormorò toccandogli il naso
con un
gesto veloce –Mi perdoni? Um?- lui emise qualche versetto sorridendo
come
sorridono i bambini e Mie si sentì il cuore più leggero.
-Ce la fai a continuare la conversazione?- chiese
la donna,
annuii tornando a sedersi sulla sedia. Chayse prese nuovamente posto
mentre la
moglie rimase in piedi vicino al muro cullando il bambino.
-La conoscevi?- gli chiese
Annuii –Da molto tempo, ho anche assistito al
parto. Sapeva
che sarebbe…- strinse i pungi sulle ginocchia impedendosi di
riscoppiare in
lacrime
-Perché dici così?-
-Una emorragia- disse secca –Ci ha messo neanche
tre giorni-
-Capisco-
-Se non lo avessi preso io lo avrebbero ucciso- si
umettò
leggermente le labbra –però non so se è stata la scelta migliore-
-Cosa intendi?-
-Io… non so da dove cominciare. Non mi sono mai
presa cura
di un bambino, non è mio figlio, non so cosa fare, come crescerlo, io…
non lo
so-
-Nessuna sa niente quando comincia- disse Corinne
-È sempre
un trauma ritrovarsi tra le braccia questi… esserini così minuscoli e
delicati.
Ci riuscirai anche tu come ci sono riuscita io-
-Non lo so- ammise girandosi verso la donna –Non
ho nessuna
capacita e mi mancano anche i soldi necessari per dargli da mangiare, a
questo
punto forse era meglio che…-
-Non pensarlo neanche! Pensi che sua madre sarebbe
stata
felice di sentirti dire che questo bambino, quello che lei ha messo al
mondo
con tanti sforzi, non merita di vivere?-
-No…- sussurrò
-Ti aiuteremo- concluse e Mie la guardò, come se
non capisse
cosa stesse dicendo
-La locanda ci permette di avere delle buone
entrate stabili-
Chayse attirò nuovamente
la sua attenzione –per noi non è un problema tenerti qui e darti una
mano, e
poi sembra essersi già affezzionato- disse indicando col mento il
bambino e
Corrinne, questa stava giocherellando con le dita del bambino che, dal
canto
suo, sorrideva e ridacchiava emettendo gorgoglii di felicità
-Accetti?-
Annuii
stringendo la mano che l’uomo gli stava offrendo -Grazie-
-Mihir-
sussurrò l’uomo alzandosi dalla sedia – e Mie. Due nomi particolari-
Sorrise
alzandosi a sua volta –Potrei dire lo stesso-
-Mihir
Ishan- entrambi si girarono verso Corinne che sorrideva nostalgica
–Mihir e Mie
Ishan, suona bene non travate?-
Chayse
sorrise al piena della gioia –Sì-
-Ishan?-
-È il
nostro cognome- Mie sgranò gli occhi comprendendo le implicazioni di
quela
semplice frase -Benvenuti in famiglia-
* * *
E volevo finire il capitolo qui. Davvero. Ma non
sono così
sadica, non dopo che ho saltato l’aggiornamento della settimana scorsa,
quindi
preparatevi ad almeno altre sette pagine di word cari giocatori. E solo
allora
avrete la vostra domanda
* * *
L’illusione che tutto si fosse finalmente
sistemato e che
lei e Mihir non avrebbero avuto altri problemi si infranse velocemente.
Per la
precisione nell’esatto istante in cui varcò la soglia della camera da
letto
dove la pozza d’acqua, il lenzuolo sfatto e in vestiti ammucchiati per
terra
ricordarono a Mie che il mondo è rose e fiori e, in quanto tale, ha un sacco di spine. Sbuffò iniziando a
tirare su le lenzuola, nonostante tutto non riusciva a togliersi di
dosso
quella sensazione di euforia e tranquillità che l’accompagnava da
quando Chayse
le aveva confermato che entrambi avrebbero preso il suo cognome,
esattamente
come se fossero figli suoi. Non sapeva esattamente come funzionavano le
cose di
sopra, ma li nel sottosuolo una frase simile valeva come una adozione
completa
nero su bianco ed era più di quanto lei avesse mai sperato quando aveva
iniziato quel dramma cinque giorni prima.
Mollò il malloppo di lenzuola sul materasso
afferrando l’asciugamano,
che oramai non era più umido, e iniziando ad asciugare l’acqua per
terra. La
finestra aperta aveva permesso all’odore nauseabondo di uscire e adesso
l’aria
nella stanza era respirabile, sebbene sussistesse ancora una leggera
puzza di
fondo, ma sarebbe scomparsa in fretta.
Approfittò delle pulizie per riepilogare gli
avvenimenti di
quella giornata e cercare di metterli in ordine, era una data
importante e
voleva che le rimanesse impressa nella memoria in modo da poter
raccontare
tutto a Mihir quando sarebbe diventato abbastanza grande.
Inevitabilmente anche
i suoi sentimenti seguirono quei pensieri e si ritrovò inconsciamente a
tremare
al pensiero del corpo morto che a questo punto stava venendo mangiato
da vermi
e larve. Il disgusto e il dolore furono però facilmente spazzati via
dalla
speranza ed energia che aveva seguito la loro adozione. Ovviamente era
ragionevolmente preoccupata, prendersi a carico due persone, peraltro
quasi
totalmente sconosciute, non era semplice e per quanto ne sapeva i
coniugi
avrebbero potuto pentirsi velocemente della decisione presa, e questo
avrebbe
significato altri problemi.
Chayse, che gli pareva la parte più razionale
della coppia,
rendendosi probabilmente conto della portata dell’affermazione della
moglie
prima ancora che lei stessa potesse farlo ci aveva tenuto a
rassicurarla che ne
avrebbero parlato meglio a cena in modo da assimilare la notizia e
pensarci a
mente fredda. E quello valva per entrambe le parti.
Esattamente come lei poteva rifiutare l’offerta
fatta dai
coniugi, loro potevano cambiare idea e sbatterli nuovamente per strada,
soppresse un brivido a quel pensiero. L’inverno sarebbe arrivato a
breve e, ne
era consapevole, non sarebbe riuscita a far vedere a Mihir la sua prima
primavera, era letteralmente una questione di vito o di morte.
Ancora scossa dall’aver realizzato quel pensiero
si lasciò
andare sul materasso, socchiuse gli occhi prendendo qualche respiro
profondo;
Chayse si stava occupando della locanda adiacente e non sarebbe
rientrato fino
a sera, Corinne si trovava al piano di sotto e si stava occupando del
bambino.
Presa da un’irrefrenabile e primordiale paura Mie si alzò di scatto
uscendo
dalla stanza e scendendo i gradini due a due, attraversò il corridoio
ignorando
il chiacchiericcio confuso che proveniva da dietro la porta di legno
che aveva
attraversato appena un giorno prima e si diresse spedita in cucina.
Sentì il sangue
ghiacciarsi nelle vene e la nausea invadergli la bocca mentre il suo
cervello
afferrava ciò che gli stavano trasmettendo gli occhi: la cucina era
vuota.
Rimase a osservare il tavolo scuro e le sedie per quei secondi che gli
parvero
un’eternità prima di girarsi e correre nuovamente per il corridoio, il
suo
corpo si mosse prima ancora che il suo cervello formulasse un vero
pensiero e
imboccò il secondo corridoio che si trovava esattamente di fronte alla
porta della
locanda, era abbastanza breve e alla fine di esso si trovava una
finestra che
dava su un vicolo, a destra e a sinistra si trovavano due porte e senza
esitazione mie spalancò quella di destra. Corinne sussultò e Mihir
pianse preso
alla sprovvista dal rumore sordo della porta che sbatteva contro il
muro.
-Cosa succede?- la voce preoccupata dell’anziana
la
raggiunse attirando la sua attenzione –Tutto bene? Sembri spaventata,
cos’è
successo!- gli si avvicinò velocemente mentre lei, ancora imbambolata
sulla
soglia, cercava di regolarizzare il respiro
-Ehi, ehi calmati okay? Fai un respiro profondo,
brava,
respira - segui le istruzioni lasciandosi cullare da quella voce così
calda e
rassicurante
-Siete qui- la voce le usci strana, come se fosse
una
domanda timida che si spacciava per affermazione, la donna annuii
prendendole
il viso tra le mani
-Che ne dici di sederci sul letto?-
Il sorriso caldo la convinse a seguire Corinne
fino al letto
matrimoniale e solo allora si rese conto che quella era una camera da
letto,
probabilmente la sua.
-È camera tua?- chiese esitante
-Sì-
Mie afferrò il bambino tra le braccia cullandolo
lentamente,
aveva smesso di piangere quasi subito dopo il suo ingresso –Sei davvero
un
bravo bambino- si complimentò con voce stanca dando luce ai suoi
pensieri
-Ti va di dirmi cosa è successo?- le chiese
rassicurante
-Volevo vedere Mihir- rispose semplicemente
continuando a
osservare il bambino negli occhi, era vero e solo in quel momento si
rese conto
di quanto fosse stata stupida la sua preoccupazione
-Capisco…- disse alzandosi e lasciandola sola
seduta tra le
coperte –Noi stavamo cercando qualche vestitino per questo piccolo
principe, ci
aiuti?- chiese allegramente
Mie sorrise spontaneamente sollevando il capo,
effettivamente
il neonato, ora che ci faceva caso, indossava una tutina color crema
che pareva
decisamente più calda del suo precedente vestito
-Come mai hai dei vestiti per bambini?- chiese
curiosa
Lo sguardo di Corinne parve rattristarsi
nonostante il suo
sorriso e questo non fece che alimentare la sua curiosità –Io e Chayse
abbiamo
avuto dei figli, ho sempre tenuto le loro cose nell’eventualità di un
altro
figlio-
-Ma non sei troppo…- esitò un attimo cercando la
parola
giusta –anziana?-
-Sì, lo sono. Ma sono ricordi preziosi a cui mi
sono
affezionata-
-E va davvero bene darli a Mihir? Non te ne
pentirai?-
La donna sollevo il caso dalla cassettiera in
legno ai piedi
del letto dentro cui stava rovistando donandole un sorriso
incoraggiante
–Tranquilla, non è un problema! Sono più che felice che qualcuno possa
indossare di nuovo questi abiti!-
Mie annuii poggiando Mihir sul letto, al centro di
quel
cumolo di cuscini sopra il quale lo aveva trovato, e
si inginocchiò ai piedi del letto affianco
alla donna –Allora non ti dispiacerà se ti do una mano giusto?-
Corinne ridacchiò allegra –Per niente! Sai, la
schiena dopo
tutti questi anni comincia a fare i capricci-
Mie nascose il viso sorridente in quel cumolo di
vestiti e
lenzuola iniziando a cercare, era il minimo per ricambiare la sua
gratitudine
no?
Cercarono per quelle che parvero ore fermandosi
solamente
quando lo stomaco di entrambe iniziò a emettere strani versi, nel pieno
imbarazzo della più giovane e tra i gorgoglii divertiti di Mihir. Mie
aiutò
l’anziana ad alzarsi e le consigliò di sedersi un po’ sul letto per
calmare il
mal di schiena dovuto al molto tempo passata inginocchiata sul
pavimento. La
ricerca non era però stata infruttuosa, infatti il bottino ammontava a:
altre
tre tutine oltre a quella indossata dal piccolo, rispettivamente di
color
verde, grigio e blu, un corredo formato da un piccolo lenzuolo, un
cuscino, una
coperta calda e un pupazzetto a forma di oca, un cappello di lana e una
sciarpa
abbinata entrambi marroni.
Dopo aver ordinatamente disposo il tutto sopra
alla
scrivania presente nella stanza, Mie aveva notato come quella camera
fosse
decisamente più arredata rispetto alla sua, si erano dirette in cucina
insieme
al bambino con l’intenzione di mangiare qualcosa per pranzo e poi
ritornare
alla ricerca di qualche altro “prezioso ricordo” come li chiamava
Corinne.
Il pranzo, sebbene veloce e non elaborato, era
stato
delizioso secondo il parere della giovane. Le patate erano state
lessate e
schiacciate per formare una purea a cui erano stati aggiunti alcuni
dadini di
carne cotta nella padella. Mie aveva pulito il piatto per ben due volte
sotto
lo sguardo divertito della cuoca che si era goduta i suoi complimenti
per il
lavoro svolto. Un piatto era stato tenuto da parte per il padrone di
casa e,
mentre Corinne era andata a portarglielo ben conscia che non poteva
arrivare a
sera semplicemente bevendo alcolici, Mie si era alzata iniziando a
riordinare.
Aveva preso i due piatti, le posate e la pentola posandoli tutti nel
lavello.
Aprì il rubinetto soddisfatta del fatto che l’acqua corrente fosse
disponibile,
al contrario di dove aveva vissuto fino ad ora, e iniziò a sciacquare i
cucchiai. Sentì Mihir ridacchiare dietro di lei e si girò a osservarlo,
anche
lui si era goduto il suo biberon di acqua zuccherata come pranzo e
storse la
bocca al pensiero che, presto, avrebbe dovuto trovare del latte;
l’ultima volta
che era riuscita a sfamarlo come si deve non era finita bene, per nulla.
Corinne rientrò in cucina e la prima cosa che fece
fu
agguantare il bambino prendendolo in braccio
-Prima lezione!- disse
solennemente guardandola –Non lasciare mai il bambino da solo a meno
che non si
trovi nella culla. Tanto più su un tavolo, potrebbe rigirarsi e
cadere!-
Mie sbiancò a quella prospettiva
–Io non volevo, oddio!-
La donna le si avvicinò sorridente
–Sono errori che facciamo tutti tranquilla, l’importante è imparare la
lezione-
annuii osservandole il bambino tra le braccia
-Posso farti una domanda?- chiese
esitante ricominciando a lavare le stoviglie, la donna le sorrise
incoraggiante
–Tu da chi hai imparato? Cioè ci sai fare con i bambini…-
-Per qualche tempo ho fatto la
bambinaia da giovane, ho imparato così, da chi era più esperta di me-
-Bambinaia?- ribatté interrogativa
-Sì, è il nome che viene dato a
chi si occupa dei bambini degli altri-
-E perché qualcuno dovrebbe
farlo?- rabbrividì immergendo le mani nell’acqua fredda
-È un buon lavoro, ben retribuito,
e poi ci sono persone che semplicemente amano farlo- spiegò, Mie annuii
sebbene
qualcosa non le quadrasse
-Però…- ribatté cercando di capire
cosa le stesse sfuggendo esattamente
-Cosa?-
-Niente- si arrese scuotendo la
testa –Finisco di lavare e poi torniamo in camera?-
-In realtà pensavo di farti fare
un giro della zona, non sembri molto in grado di orientarti- le disse
schiettamente.
Mie si irrigidì, poteva essere un
comportamento bambinesco, ma non voleva uscire da quella casa. Da
quando aveva
varcato a porta della locanda tutto era andato miracolosamente per il
meglio e
si sentiva al sicuro, non voleva uscire. Sapeva che era una paura
infondata e
senza senso, un semplice capriccio, ma se per caso uscire avesse
significato
rompere quella pace che si era creata? Se non avesse più potuto fare
ritorno in
quella locanda? Un po’ come quando ti risvegli da un sogno e poi non
riesci più
a continuarlo, non importa quanto fosse bello o quanto impegno ci
metterai, non
potrai riagganciare quel filo.
-Ti senti bene Mie?- chiese preoccupata
l’anziana, aveva notato il suo irrigidimento
-Io… non credo sia una buona idea
andare fuori, insomma Mihir è ancora molto piccolo e potrebbe prendere
freddo e
magari Chayse ha bisogno con la locanda no? E se rientrasse prima e non
ti
trovasse si preoccuperebbe!- sapeva che erano scuse sciocche, ma
sperava che
almeno servissero a farle guadagnare tempo. Corinne parve accorgersi
del
disagio che improvvisamente aveva mostrato e, sebbene titubante, annuii
-Allora vorrà dire che ti
recluterò per le pulizie di casa! La schiena continua a mandarmi fitte
e non è
il caso che mi sforzi troppo-
Sorrise più rilassata tornando a
pulire le stoviglia -Qui ci penso io, vai pure a sederti-
-Non trattarmi come se fossi
incapace di reggermi in piedi!- provocò bonariamente, più per cercare
di
rilassarla che altro, la giovane arrossì fino alla punta dei capelli
-Io non volevo offenderti!- si
scusò imbarazzata
Corinne scoppiò a ridere mentre si
accomodava sulla sedia con ancora in braccio il piccolo Mihir.
Il pomeriggio passò abbastanza
velocemente, una volta asciugate le stoviglie aveva spazzato per terra,
si
erano poi spostate in camera dove avevano ripiegato tutto ciò che nella
mattinata avevano tirato fuori dalla cassa ai piedi del letto per poi
rimetterlo apposto, Mihir aveva giocato col pupazzetto a forma di oca e
la
donna l’aveva più volte ripresa per come piegava i vestiti “in maniera
totalmente sbagliata”. Una volta finito era stata spedita in cucina a
scaldare
una pentola d’acqua per fare il bagno a Mihir e lei aveva ubbidito
chetamente
cercando dietro i vari stipiti la pentola più grande, l’aveva riempita
fino
all’orlo e tentando di non far cadere nemmeno una goccia, tentativo
peraltro
vano, l’aveva poggiata sul fuoco; aveva afferrato lo staccio e
asciugato le
macchie dal pianale e dal pavimento. Il problema a cui non aveva
pensato era
come portare tutta quell’acqua dalla cucina al bagno. Si sollevò le
maniche
della maglia afferrando i due manici di ferro che, per fortuna, erano
solamente
caldi e non bollenti, fece appello a tutte le sue forse e tolse la
pentola dal
fornello. Immediatamente se ne pentì sentendo quanto fosse pesante, da
quando
in qua l’acqua pesava così tanto? Si avviò lungo il corridoio,
raggiunse
l’altezza della camera da letto e invece di girare a destra prese la
porta di
sinistra.
Il bagno era piccolo, più lungo
che largo, possedeva una doccia e un lavandino abbastanza spazioso da
poter
essere trasformato in una piccola vasca da bagno per Mihir. Non penso
neanche
di provare a rovesciare il contenuto della pentola nel lavandino
limitandosi a
poggiare direttamente il tutto al suo interno. Corinne la guardava con
in
braccio Mihir e un’espressione sconcertata sul viso
-E tutta quell’acqua?-
Sollevò le spalle –È calda- disse
semplicemente come se fosse una scusa, l’anziana sbuffo appena e Mie
noto come
si fosse sollevata le maniche fino ai gomiti
per lavare il bambino
-Rovescia la pentola nel lavandino
per favore, ho già messo il tappo tranquilla-
Annuii mentre riafferrava i manici
e con un ultimo sforzo rovesciava l’enorme mole di liquido all’interno
del
lavabo. Nonostante parte di essa fosse caduta sul pavimento Mie si
sorprese di
notare che l’acqua arrivava appena sopra la metà del lavandino, le era
sembrata
molta di più. I versetti gorgoglianti di Mihir e le pernacchie
riempirono la
stanzetta mentre l’altra donne regolava la temperatura aggiungendoci
acqua
fredda.
-A quanto pare al nostro piccolo
ometto piace il rumore dell’acqua- commentò festante Corinne –Meglio
così, non
dovremo combattere per fargli fare il bagno-
Mie sentì distintamente un
sentimento caldo e vischioso allargarglisi nel petto mentre un sorriso
gli
spuntava sul viso.
Il bagno prosegui egregiamente e
alla fine entrambe le donne furono costrette a cambiarsi di vestito
tanto erano
bagnate. Mihir indosso la tutina grigia, con disegnato un piccolo
topolino sul
davanti, aveva un aspetto davvero grazioso e per un attimo a Mie parve
impossibile che fosse lo stesso neonato a cui aveva dovuto cambiare il
pannolino quella mattina. Per fortuna non aveva assistito al cambio
prima del
bagnetto, occupata a scaldare l’acqua.
Fu quando scese nuovamente al
piano di sotto che si accorse di qualcosa di strano, dalla porta della
locanda
non proveniva alcun rumore. Si diresse con passi svelti in cucina dove
i due
coniugi la stavano aspettando. Corinne era girata ai fornelli mentre
cucinava
qualcosa, Chayse invece era seduto al tavolo e giocava con Mihir
facendogli
prima il solletico e poi sollevandolo in alto. Si sorprese a fissarli
affascinati, sembravano una vera e propria famiglia, loro si che
avrebbero
potuto occuparsi egregiamente di lui, permettergli di superare
l’inverno,
vedere la sua prima primavera e anche quella successiva e tutte le
primavere a
venire. Entrò andando a sedersi sulla sedia, la donna la accolse con un
bel
sorriso mentre il marito si limito a un secco gesto del capo.
-Com’è andata la giornata?- chiese
cercando di avviare la conversazione, Mie annuii
-Bene-
-Già, abbiamo pulito tutta casa,
mi è stata davvero di aiuto con questo mio mal di schiena!- si inserì
nel
discorso Corinne. I tratti del viso dell’uomo si addolcirono nuovamente
mentre
osservava la moglie, sospirò e poi tornò a guardarla
-Non è un discorso facile e non
voglio fare troppi preamboli, quindi scusa se sarò così diretto ma hai
deciso
se accettare la nostra offerta?-
Note e Scleri dell'autrice:
Tan tan taaaan! Eccomi tornata! E
prima del linciaggio di gruppo lasciatemi spiegare! Allora sono partita
per
andare in vacanza con computer al seguito e tutto, arrivo a casa dai
miei
parenti tutta felice e contenta, baci e abbracci, una cena che neanche
fosse un
matrimonio e poi mi ficco nel mio lettone iniziando a scrivere.
Poi il dramma.
E si gente, ecco a voi il genio dei geni, colei che è riuscita a
scordarsi il
caricabatteria del pc a casa -.- e a quanto pare in famiglia nessuno
possiede
un pc o, più probabile, nessuno mi ha voluto prestare il
caricabatterie.
Risultato? Un aggiornamento saltato e centinaia di appunti scritti a
matita
sull’unico quaderno disponibile. Ma! C’è anche un lato positivo, l’aria
di mare
ha ispirato la mia fantasia e adesso sto scrivendo in quinta! Quindi
tutto
apposto per ora.
Spero vi siate goduti questo
mega-capitolo che, stando al contatore, misura ben 39.611 parole,
complimenti a
me! E ora ecco la domanda di rito che credo sia abbastanza ovvia:
A- Sì
B- No
Vi aspetto in tanti giocatori!
Imoto-chan