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Autore: Ginevra1988    29/08/2017    8 recensioni
All'alba del tre maggio Harry, Ginny e gli altri reduci della Seconda Guerra Magica si ritrovano a fare i conti con... il ritorno alla normalità. Le ferite sono fresche, gli incubi li perseguiteranno ancora per anni e poco sembra essere come prima, ma la voglia di ricominciare è tanta. A passi lenti e incerti dovranno trovare la loro strada verso un futuro nel quale non potevano nemmeno sperare fino a qualche giorno prima.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Weasley, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Dovevo dire cose
Cose che sai
Che ti dovevo, che ti dovrei […]
E vorrei che ti bastasse solo quello che ho […]
Le mie parole non servon più.
 
Ho perso le parole – Luciano Ligabue
 
 


 
8 luglio 1998 – La Tana
 

 
   L’orologio da polso di Ginny segnava le nove meno venti. La ragazza si pulì un’ultima volta le mani nel vecchio strofinaccio a fiori e sospirò: aveva faticato non poco, ma finalmente la cucina era in ordine. Sua madre si era concessa un po’ di riposo insieme a suo padre; li sentiva chiacchierare sommessamente, in salotto, la culla di Teddy probabilmente davanti al divano come facevano quando i loro figli erano piccoli.
   Ginny chiuse gli occhi e si appoggiò per un momento alla parete della cucina, chiedendosi per l’ennesima volta se lei e Harry sarebbero mai riusciti a raggiungere quel tipo di equilibrio, quello che ti tiene in piedi anche se sei sulla lama di un coltello. Le parole di suo padre si rincorrevano incessantemente nella sua testa: non ti sto dicendo che una vita del genere sia desiderabile, ti sto dicendo che è possibile.
   Aveva preso la sua decisione e non sarebbe tornata indietro, ma il suo coraggio – quel coraggio che le aveva ottenuto lo Smistamento a Grifondoro, quello che l’aveva sostenuta negli anni dell’Esercito di Silente e che aveva sbandierato con tanta fierezza nella lettera a Harry – ecco, quel coraggio sembrava essere salito su un’altalena il diciassette di giugno. C’erano giorni in cui Ginny sorrideva come una bambina davanti a Mielandia, in cui tutto sembrava facile e perfetto, perché lei era la ragazza di Harry Potter e nulla sarebbe andato storto; poi c’erano momenti in cui l’anello che portava ancora appeso al collo sembrava pesare una tonnellata, in cui si chiedeva se ci fosse un futuro per lei e Harry o se avessero firmato la loro condanna a un’eterna fuga.
   Non aveva più pensato di lasciarlo. Anzi, si vergognava tremendamente per quello che aveva fatto; Harry l’aveva perdonata – lei lo capiva da come la guardava, da come le parlava. Ma Ginny dubitava che sarebbe riuscita a perdonare sé stessa; si rimproverava continuamente quella debolezza, così meschina e terribile ai suoi occhi. Hermione le aveva ripetuto molte volte – senza che peraltro le venisse chiesto – che la sua reazione era stata comprensibile, del tutto normale e che doveva piantarla di tormentarsi. Balle. Era stata spregevole: aveva costretto Harry a prometterle di stare con lei e poi lei stessa gli aveva voltato le spalle; aveva convinto Harry ad essere sincero con lei, a parlarle di tutto, e poi lei gli aveva rifilato una Ginny edulcorata e perfezionata, una bella maschera che era crollata al primo soffio di vento.
   Negli anni Ginny aveva imparato che le proprie emozioni andavano nascoste: non puoi mai sapere cosa ne faranno quelli a cui le affidi. L’ultima volta che aveva pianto davanti a uno dei suoi fratelli aveva cinque anni: era caduta correndo in giardino, giocando con Fred e George. I due gemelli l’avevano presa in giro fino al giorno dopo; Ginny ricordava quello come il momento in cui aveva promesso a sé stessa che non avrebbe mai più pianto davanti a nessuno. L’esperienza con il diario di Tom Riddle aveva radicato ancora di più quelle idee, convincendola che l’unico modo per sopravvivere era costruire un bel muro oltre il quale non sarebbe mai andato nessuno.
   Poi Harry si era accorto di lei; era entrato nella sua vita senza chiedere permesso e aveva sconvolto tutte le sue certezze, l’aveva trascinata ad affrontare tutte le sue paure più grandi: l’abbandono e la condivisione. Lui si era seduto con calma davanti al muro che Ginny aveva faticosamente costruito negli anni e con poche parole l’aveva abbattuto: se siamo una squadra, dove non arrivo io ci sei tu e viceversa. Aveva la sgradevole sensazione di essere completamente nuda davanti a lui: Harry sapeva tutto, vedeva tutto, i pregi ma soprattutto i difetti, e comunque la voleva accanto.
   Ginny aveva atteso il giorno del rientro di Harry a casa con impazienza e terrore allo stesso tempo: una parte di lei lo desiderava, disperatamente e da sempre, come gli aveva detto qualche mese prima; ma un’altra parte si sentiva sull’orlo di un precipizio di cui non vedeva il fondo. Prima o poi si sarebbero di nuovo trovati da soli, lei e Harry, e cosa dici a una persona che prima hai cercato di lasciare, e alla quale hai poi detto il tuo primo “ti amo”?
   Il brontolio di un tuono riscosse Ginny dalle sue riflessioni cariche di ansia; la ragazza si staccò dal muro e si avvicinò alla finestra: il cielo si stava riempiendo di grosse nuvole nere, che promettevano presto pioggia. Chiuse i vetri e guardò di nuovo il suo orologio da polso: nove meno dieci. Era meglio sbrigarsi, Hermione aveva indetto una riunione di emergenza o roba del genere nella loro camera, quindi Ginny non aveva proprio modo di schivarsela e tanto valeva essere puntuali, o Hermione avrebbe dato di matto. Era tornata dal San Mungo tesa come una corda di violino e l’ultima cosa che Ginny voleva fare era contrariarla.
   Percorse il corridoio, salì pigramente le scale e aprì con una leggera spinta la porta della sua stanza; trattenne il fiato rumorosamente e per poco non estrasse la bacchetta dalla tasca dei jeans quando vide una sagoma appollaiata sul davanzale della finestra spalancata, da cui entrava già l’aria carica di pioggia.
   “Harry!” esclamò. “Che diavolo…?”
   Il ragazzo, che stava fissando un punto imprecisato fuori dalla finestra, si girò e la guardò con tenerezza, un mezzo sorriso sulle labbra.
   “Ciao Gin. Ron e Hermione stanno ancora discutendo in camera nostra, così sono venuto… qui.”
   Ginny notò con una stretta al cuore che Harry sembrava un mucchietto di stracci buttato sul davanzale; il lungo ricovero lo aveva proprio ridotto pelle e ossa, pallido e magro come lo aveva visto poche volte.
   “Hai fatto bene” disse banalmente la ragazza; si rese conto di aver attraversato la stanza quando ormai era a pochi passi dalla finestra – a pochi passi da Harry. Era molto più facile di quanto non avesse immaginato.
   “Hermione ha usato il Silencio su Ron oggi al San Mungo” spiegò Harry trattenendo a stento una risata. “Credevo che tuo fratello sarebbe esploso, tanto è diventato rosso!”
   Ginny rise, gli occhi spalancati di stupore, immaginando la scena. Ancora una volta, si avvicinò a Harry senza realmente rendersene conto se non nel momento in cui le sue mani erano già scivolate attorno ai fianchi di lui. Il ragazzo liberò il braccio sinistro dal fazzolettone e abbracciò Ginny, che senza la minima esitazione portò le labbra sulle sue, trovandosi al centro di un lungo bacio appassionato, il primo dopo settimane e settimane. Era tutto estremamente facile, naturale… e perfetto. Tutti i timori di poco prima sembravano adesso sciocche paure di una ragazzina. Ma lei non era più una ragazzina, non tra le sue braccia…
   La pioggia cominciò a cadere improvvisamente, come se qualcuno avesse aperto una doccia e una folata di vento scaraventò qualche litro di acqua direttamente su Harry e Ginny. A malincuore interruppero il bacio e si allontanarono di tutta fretta dalla finestra, ridendo come bambini; lui le teneva un braccio attorno alle spalle, protettivo. Era tutto così speciale…
   “Gin, perché piangi?”
   La ragazza sbatté gli occhi, imbarazzata.
   “Non sto piangendo” mentì.
   “Allora ti è caduta della pioggia sulla faccia.”
   Harry sorrise e le passò il pollice sulla guancia, asciugandola.
   Lui sa tutto, vede tutto, i miei pregi e i miei difetti… e mi vuole accanto lo stesso.
   Ginny si alzò sulle punte dei piedi per riprendere il bacio e magari andare anche più avanti, ma la porta della camera si aprì ed Hermione entrò di gran carriera, seguita da Ron più imbronciato che mai.
   “Ragazzi, sta piovendo dentro!” ululò Hermione, chiudendo la finestra con un colpo di bacchetta. “Ma che… per piacere, non adesso!”
   Hermione aveva proprio un bel coraggio a riprenderli, con tutte le effusioni che si erano scambiati lei e Ron senza alcun ritegno negli ultimi due mesi. Ginny si abbassò di nuovo, riservando all’amica la peggiore delle sue occhiate.
   “Lo stavo aiutando” disse in tono piatto, afferrando il braccio di Harry con una mano e il fazzolettone con l’altra; doveva essere stata un po’ troppo brusca, perché il ragazzo si lamentò sotto voce ma la lasciò comunque fare.
   Le due ragazze si sedettero sui rispettivi letti, Harry si accomodò di fianco a Ginny, la schiena appoggiata al muro, mentre Ron si appollaiò sulla sedia della scrivania, le braccia incrociate e l’aria torva. Senza aggiungere una parola, Hermione allungò all’amica una pergamena ripiegata; aspettarono tutti in silenzio che Ginny terminasse la lettura.
   “Narcissa Malfoy?” chiese la ragazza perplessa, più a sé stessa che a qualcuno in particolare. “E’ plausibile, ma… sono l’unica che pensa che ci sia qualcosa che non torna?”
   Hermione scosse la testa.
   “Per esempio, non si fa alcun accenno a chi l’avrebbe aiutata dall’interno. Non credo che i Malfoy abbiano degli agganci all’interno del Ministero adesso che la metà è reclusa ad Azkaban.”
   “Kingsley mi ha detto che Villa Malfoy è stata espropriata e adesso è usata come prigione” intervenne Harry. “Credete sia una coincidenza?”
   “Dipende da chi ha la gestione di Villa Malfoy” Ron ragionava ad alta voce, la fronte aggrottata. “So che Azkaban adesso è sotto il controllo della Squadra Speciale Magica.”
   Hermione lo guardò con le sopracciglia inarcate.
   “Che c’è? Me l’ha detto il tuo amico Greg” Ron sottolineò le parole come se fossero una grave offesa.
   “Oh, intendi il tuo collega?” ribatté Hermione, le guance arrossate ma lo sguardo duro.
   Ron aprì la bocca per replicare ma Ginny fu più veloce e cambiò argomento con il chiaro intento di evitare la lite che si profilava all’orizzonte.
   “Mamma e papà cosa ne pensano?”
   Un silenzio imbarazzato calò nella stanza, riempito dallo scrosciare della pioggia torrenziale contro i vetri. Ron guardò la sorella come se avesse appena proposto di adottare uno Schiopodo Sparacoda come animaletto domestico.
   “Non hanno letto questa?” chiese Ginny stupita alzando la pergamena che aveva ancora in mano. Hermione sbatté le palpebre a disagio, come se all’improvviso avesse dimenticato tutte e tre le leggi di Golpalott.
   “Non so cosa ne pensate, ma a me sembra un’ottima idea mettere al corrente anche loro, membri dell’Ordine della Fenice da prima che noi venissimo al mondo” proseguì Ginny, ancora stupita. “O avete altri segreti da nascondere? Silente è tornato indietro per affidarvi un’altra missione riservata?”
   Come al solito, si era lasciata prendere la mano. Evitò di incrociare lo sguardo di Harry mentre Hermione balbettava finalmente una risposta.
   “Sì, dovremmo dirlo anche a loro” ammise la ragazza. “Ma non so se dovremmo informarli anche di questo.”
   La ragazza tirò fuori da una tasca una fialetta contenente una sostanza argentea, né liquida né solida, che vorticava placida.
   “E’ il Ricordo di Greg” Ron sbuffò mentre la sua ragazza pronunciava quel nome. “Dell’interrogatorio che il signor Prewett ha fatto a Narcissa Malfoy.”
   I quattro ragazzi rimasero per qualche momento a fissare la fiala in silenzio.
   “Pensavo di scrivere alla professoressa McGranitt, nel suo ufficio dovrebbe esserci ancora il Pensatoio, no?” disse Hermione.
   Harry annuì, poi aggiunse: “Io direi tutto a Molly e Arthur. Loro… beh, non vedo motivo di farli preoccupare più di quanto non lo siano già.”
 
   “Penso anch’io che ci sia dell’altro” disse serio Arthur appoggiando la pergamena sul tavolino del salotto. Molly cullava Teddy senza che ci fosse un motivo apparente, forse più per abitudine che per reale necessità.
   “So che Kingsley ha avviato un’inchiesta interna, soprattutto perché quello che è successo durante il tentato interrogatorio di Zeismann è grave” proseguì il signor Weasley. “C’è una falla evidente nei sistemi di sicurezza, ma stanno cercando di tenere tutto all’interno dell’Ufficio Auror. E di certo non ne vanno a parlare alla Gazzetta del Profeta.”
   Harry cambiò posizione sul divano, a disagio; le parole di Arthur non facevano che accentuare la sgradevole sensazione che aveva avuto la sera in cui Kingsley era venuto a trovarlo al San Mungo: l’ex Auror assomigliava sempre più a un politico.
   Hermione, seduta sul bracciolo di fianco ad Harry, estrasse la fialetta del Ricordo di Greg e spiegò brevemente ai signori Weasley le sue intenzioni. Molly si morse un labbro, ma non disse nulla; Arthur annuì senza cambiare l’espressione grave.
   “Se vi può far stare tranquilli, date un’occhiata” disse il signor Weasley.
   “Ma state lontano dai guai” sbottò all’improvviso la signora Weasley, le orecchie rosse. “Voglio – vogliamo sapere tutto. Tutto.”
   Molly guardò i quattro ragazzi negli occhi, uno ad uno. Arthur le appoggiò una mano sul braccio.
   “L’unico consiglio che possiamo darvi è di fare attenzione” disse. “Qui siete al sicuro, a Hogwarts lo sarete. Al Ministero tenete gli occhi aperti.”
   Lo sguardo del signor Weasley scivolò su Harry e Ron.
   “E per qualsiasi cosa vi capiti di strano, fate affidamento a noi” aggiunse serio.
   “Beh, Frankie è il Capo dell’Ufficio Auror” disse Ron stringendosi nelle spalle. “E’ di famiglia, no? Possiamo contare anche su di lui.”
   Molly annuì distrattamente, continuando a cullare Teddy meccanicamente, e Arthur tenne lo sguardo basso.
   “C’è… qualcosa che non va?” chiese Harry.
   “No, no tesoro” rispose Molly con un sorriso. “Frankie è mio cugino” aggiunse come se questo bastasse a chiudere la questione.
   “Arthur?” incalzò il ragazzo.
   “Credo sia evidente che Frank non sia il mio migliore amico” disse il signor Wealey inarcando le sopracciglia. “E’ sempre stato molto chiassoso e uno sbruffone di prima classe! E a dirla tutta non è mai stato nemmeno un mago così bravo. Nella media, certo, ma nessuno si sarebbe mai aspettato che diventasse Auror né tanto meno il Capo dell’Ufficio.”
   “Kingsley ci ha lavorato insieme anni” aggiunse Molly irritata. “E lo ha scelto come suo sostituto. O all’Ufficio Intercettazioni e Confisca di Incantesimi Difensivi e Oggetti Protettivi Contraffatti avete un’opinione diversa in merito? Vista la competenza in materia…!”
   Molly aveva pronunciato il nome dell’ufficio in cui lavorava il marito tutto d’un fiato, le orecchie arrossate come se qualcuno avesse appiccato loro fuoco. Arthur scosse le spalle, per nulla intimidito dal rimprovero nella voce della moglie.
   “E’ di famiglia” concluse il signor Weasley. “E ha la fiducia di Kingsley, questo mi basta.”
 
 
 
9 luglio 1998 – Diagon Alley
 
   Per la strada non si parlava d’altro: Narcissa Malfoy era stata arrestata per l’attacco a Harry Potter. La gente commentava la notizia a gran voce, sbraitando che sì, l’avevano sempre sospettato, se non era lei era di sicuro qualcuno del loro entourage.
   Avrebbe voluto tirarsi su il cappuccio del mantello, nonostante il caldo, per tenere fuori dalla visuale tutte quelle facce piene di boria, con la verità in tasca; ma dopo la fine della Guerra quella non era decisamente una buona idea. Scrollò le spalle e attraversò il muro, diretto al Paiolo Magico, dove si lasciò cadere su uno sgabello.
   “Il solito, Tom.”
   Il barista annuì e sorridendo allungò sul bancone un bicchiere di Whisky Incendiario nonostante l’ora del mattino.
   Ingollò una sorsata del liquido ambrato, rimuginando sulle ultime settimane: era andato tutto storto. Eppure aveva pianificato la cosa con attenzione, o almeno così era stato a suo parere. Non era stato semplice convincere Narcissa Malfoy a collaborare, ma premendo i tasti giusti lei era diventata mansueta come un agnellino. Garth Goyle aveva avuto ragione, Narcissa era brava con la Magia Oscura, più di chiunque altro: la Pietra di Sangue si era rivelata estremamente efficace nelle sue mani, amplificando la Maledizione Imperius altrimenti poco attiva sui Vampiri.
   Ma per colpa di quel maledetto, piccolo Weasley, Potter non solo non era morto, ma adesso era idolatrato se possibile ancora di più. Gli articoli del Profeta per settimane erano stati illeggibili, pieni di scemenze su ogni minimo particolare che trapelasse dal San Mungo.
   Pazienza, si ripeté per l’ennesima volta, per il suo piano ci voleva pazienza. Ingurgitò un altro lungo sorso di Whisky e lasciò che la mente andasse ad Azkaban, sperando scioccamente che in qualche modo quel pensiero arrivasse a quella cella di sicurezza. Chissà come stava? Pensava a loro due qualche volta?
   Ti tirerò fuori di lì, si promise per l’ennesima volta, ti tirerò fuori di lì e insieme riporteremo un po’ di ordine.
   Lasciò le solite tre falci e due zellini sul bancone e uscì senza salutare il pulcioso barista Sanguesporco.
   Si incamminò a passi svelti lungo le vie di Londra e arrivò all’ingresso del bagno pubblico più pulito e più affollato di tutta la città. Salutò con cenni del capo alcune persone, trovò un cubicolo libero e lanciò una manciata di Polvere Volante nel camino. Era ora di cominciare un’altra giornata di lavoro al Ministero.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo di Gin
Sì, il Ricordo lo vedremo nel prossimo aggiornamento. Capitolo di passaggio, mi serviva un po’ di respiro – e una bella boccata di miele. Ma spero di essermi fatta “perdonare” con il cammeo finale: esatto, la voce narrante è quella della persona che sta dietro all’attacco a Harry. Voce che torneremo a sentire, qua e là.
Una precisazione da perfettina rompiballe: ho usato il termine Sanguesporco, al posto del classico Mezzosangue, nonostante il resto della storia mantenga fede linguisticamente alla prima traduzione; è uno dei pochi termini che "approvo" della nuova traduzione, dove finalmente hanno introdotto la differenza tra gli originali Half Blood e Mudblood - differenza rilevante e chissà per quale motivo ignorata nella prima versione! 
Il miele della prima parte è, diciamo così, la parte conclusiva dello scossone emotivo che c’è stato tra Harry e Ginny, durante il quale non ho mai usato la voce di lei, se non nella lettera, quindi ci tenevo a darle spazio!
Nel prossimo aggiornamento si torna ad Hogwarts, ci vediamo davanti alla scala di marmo!
Grazie come sempre a chi ha letto e leggerà, a chi segue e soprattutto a chi commenta!
 
Special thanks to
Gulminar, preziosa voce fuori dal coro!
 
Grazie a tutti anche per la vicinanza morale nei giorni di fermo obbligato sul divano, mi siete stati di compagnia! Questa settimana finalmente dovrei riuscire a tornare a lavoro!
 
Smack
Gin
   
 
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